Presunzione legale di comunione dei fossi divisori
Ogni fosso interposto fra due fondi si presume comune (art. 897): si tratta anche qui di una presunzione che ha lo stesso fondamento di quella posta dall'art.
880 per i muri divisori, in base alla quale un fosso si trova tra due fondi e serve all'uso di entrambi, per ricevere lo scolo delle acque, per la delimitazione e la chiusura dei medesimi; è molto probabile che esso sia stato fatto a spese comuni o che se ne sia in altro modo acquistata la comunione.
Seguendo l'opinione dominante, si ritiene che si tratti anche qui, come per i muri divisori, di
una presunzione di comunione pro indiviso. Tale presunzione, però, riguarda soltanto i proprietari dei due fondi tra i quali si svolge il tratto di fosso che funge perciò da confine di entrambi; non si estende, viceversa, a tutti i proprietari dei terreni situati a valle e a monte lungo la continuazione di detto fosso.
Perché la presunzione di comunione abbia luogo, il fosso deve trovarsi tra
due fondi contigui: la legge tace sulla destinazione dei fondi come sulla lunghezza, profondità e destinazione del fosso, quindi qualunque limitazione sarebbe arbitraria. Non si potrebbe, per es., ritenere che i fossi di cui all'art. 897 siano solo quelli destinati a raccogliere e far scolare le acque: certamente questo sarà il caso più frequente, ma non vi è ragione di escludere la presunzione di comunione per quei fossi che non servono o non servono più a questo scopo. Deve però trattarsi di un fosso: tale non sarebbe un canale irrigatorio, che non deve quindi presumersi comune solo perché scorre sul confine tra due proprietà.
Come per la presunzione dei muri divisori (v. sopra, art.
880, n. 2), anche per i fossi trattasi di
presunzione semplice, che ammette la prova contraria. Non vi osta il fatto che l'art. 897 non abbia ripetuto esplicitamente la clausola di salvezza che si leggeva nell'art. 565 vecchio codice («
se non vi è titolo o segno in contrario »).
Segni di presunzione di proprietà esclusiva
Il nuovo codice ha riunito sotto uno stesso articolo (art. 897) le disposizioni che il vecchio codice prevedeva in
tre separati articoli (565, 566, 567), raggruppando insieme tre segni da cui la legge presume la proprietà esclusiva dei fossi divisori. Si presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve per gli scoli delle sue terre o al proprietario del fondo dalla cui parte vi è il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre anni.
Il
primo segno di presunzione di proprietà esclusiva, tratto dall' uso per gli scoli delle terre, fu introdotto dal vecchio codice sulla scia del codice estense (art. 554). Il fatto che il fosso riceveagli scoli solo da uno dei fondi che divide è un buon argomento per sostenere la proprietà esclusiva perché, almeno agli effetti dello scolo delle acque, l'utilità è esclusiva del solo fondo che se ne serve.
Cosi pure si giustifica facilmente il
secondo segno: se il getto della terra è tutto da una parte, è ragionevole presumere che il fosso sia stato scavato a spese e per l'uso esclusivo del fondo su cui è stata gettata la terra, perché non vi sarebbe stato motivo di fare un diverso trattamento tra i due condomini se il fosso fosse stato scavato in comune.
Lo stesso dicasi del
terzo segno, tratto dall'ammucchiamento dello spurgo. C’è chi ha sostenuto che getto della terra e spurgo siano la stessa cosa e quindi raggruppa tali due segni in uno solo, ma ciò è errato: il getto della terra si riferisce all'originario scavamento del fosso, o anche al successivo approfondimento; lo spurgo, invece, è un’ opera di semplice manutenzione del fosso. Solo per il materiale di spurgo infatti (terra, ciottoli trasportati dall'acqua, foglie e frasche marcite che la stessa acqua o il vento hanno ammucchiato in fondo al fosso, interrimenti ecc.) il vecchio codice, sulle orme del codice sardo (art. 587), aveva posto la condizione che fosse ammucchiato da almeno tre anni: condizione che è rimasta anche nel nuovo codice.
In Francia e in Italia si è molto discusso relativamente a questi tre segni, ma si tratta di discussioni più teoriche che pratiche, come dimostra il fatto che la giurisprudenza ben di rado ha dovuto occuparsene. Non è quindi il caso di dilungarsi in proposito, rinviandosi pertanto alle trattazioni speciali sulla materia.
Il nuovo codice (art. 897, ult. capov.) ha aggiunto un capoverso disponendo che se dei tre suddetti segni di presunzione di proprietà esclusiva uno o più sono da una parte, e uno o più dalla parte opposta,
il fondo si presume comune.
Diritti e obblighi dei condomini
Il vecchio codice non conteneva alcuna disposizione circa i diritti che competono ai condomini sui fossi comuni: quanto agli obblighi, diceva che «
sono mantenuti a spese comuni ».
Questa disposizione relativa alle spese nel codice francese formava un articolo a parte (art. 669) e così pure nei codici italiani preesistenti. Ma il Progetto di revisione del codice Albertino (1860) la riunì in uno stesso articolo (art. 671) con la norma che disponeva la presunzione di comunione dei fossi divisori, e con lo stesso ordine era passata nel vecchio codice (art. 565). Questa trasposizione aveva dato luogo a dubbi interpretativi: il nuovo codice,
semplificando, ha soppresso la disposizione relativa alle spese di manutenzione, essendo sufficiente solo l'applicazione dei principi generali in materia di comunione (art. [[n1100]] c.c.); e lo stesso vale per i diritti che spettano ai condomini sui fossi divisori comuni.
Facoltà del condomino di liberarsi dalle spese di manutenzione rinunciando al diritto di comunione
Si è discusso se sia consentito al condomino esonerarsi dalle spese di manutenzione con l'abbandono del diritto di comunione sul fosso divisorio: il dubbio è sorto perché anche dopo l'abbandono il condomino rinunciante continuerebbe a godere del fosso per immettervi gli scoli, se non più a titolo di comproprietà, almeno a titolo di scolo naturale (
art. 913 del c.c.). Si avrebbe qui una rinuncia volta al solo effetto di esonerare il condomino dalle spese, pur facendolo restare in grado di poter ricavare dal fosso abbandonato quasi tutte, se non tutte, le utilità che ne ricavava prima. Ora ciò non pare lecito, così come per esplicita disposizione dell'art.
882 non è consentito al comproprietario del muro comune di rinunciare alla comunione quando it muro sostenga un edificio di sua spettanza: un esplicito divieto in questo senso, per i fossi destinati abitualmente allo scolo delle acque, si trova nella legge francese 20 agosto 1881.
Tali ragioni però non sono sufficienti per escludere in genere il
diritto di abbandono. Il fatto che il rinunciante seguiti a trarre utilità dal fosso per immettervi gli scoli costituisce un diritto per nulla speciale, che comunque gli sarebbe sempre spettato in base all'art.
882, anche se originariamente il fosso fosse stato in esclusiva proprietà del vicino. E nemmeno è corretto affermare che egli possa continuare a trarne utilità come prima, perché prima, da condomino, poteva servirsene illimitatamente, mentre dopo la rinuncia non potrebbe usufruire di altro che dello scolo naturale, senza possibilità di aggravarlo o variarlo in qualunque modo.
Non appare contrario a tale tesi quanto disposto in Francia dalla legge 20 agosto 1881: essa ha sanzionato il diritto di abbandono, ma vi ha fatto eccezione per i fossi destinati a scolo permanente, infatti questa eccezione che spiega con la loro speciale destinazione.
Sembrano, pertanto, del tutto arbitrarie le distinzioni e suddistinzioni che si vorrebbe fare tra fossi naturali e fossi artificiali allo scopo di ammettere o negare l'esercizio del diritto di abbandono. Deve perciò applicarsi il
principio generale stabilito in materia di
comunione dall'art. [[n1104]], che riconosce al condomino la facoltà di liberarsi dall'onere delle spese con la rinuncia al suo diritto.
Diritto del condomino di chiedere la divisione
Può il condomino domandare la divisione del fosso comune? La questione è sorta in Francia e si è riproposta in Italia: alcuni ammettono la divisibilità, altri sostengono invece l’ indivisibilità. V'e chi poi, seguendo una opinione intermedia, ne fa una questione di fatto, da decidersi caso per caso: la divisibilità dovrebbe essere ammessa se il fosso non servisse più all'uso a cui era destinato; ma dovrebbe essere negata se con la divisione il fosso cessasse di servire all'uso destinatogli. In Francia la legge 20 agosto 1881 ammise la divisibilità del fosso solo quando era necessario alla chiusura, alla condizione però di costruire un muro sul confine.
Nello stesso ordine di idee, fondandosi sui principi generali, riteniamo che non può chiedersi lo scioglimento della comunione del fosso, quando, così diviso, esso cessi di servire all'
uso a cui è destinato. Ma nel caso in cui esso serva solo alla chiusura, il condomino può chiederne la divisione costruendo un muro affinchè la chiusura non venga meno, pur restandone mutata la modalità.