Presunzione di comunione delle siepi fra due fondi
Ogni siepe tra due fondi si presume comune (art. 898): questa presunzione legale di comunione delle siepi divisorie tra i fondi è fondata su ragioni di probabilità e di utilità reciproca, su cui si fondano anche le analoghe disposizioni di cui agli artt.
880 e
897.
La disposizione della legge è
generale e comprende quindi tanto le siepi vive, formate da piante in vegetazione (sambuchi, canneti, bianco-spini, roveti, ecc.) quanto le siepi morte. La distinzione tra siepi vive e siepi morte può essere importante agli effetti della
prova contraria alla presunzione di comunione, perché mentre le siepi morte possono stare sul confine e appartenere in esclusiva proprietà ad uno dei confinanti, le siepi vive non possono mai trovarsi sul confine senza essere comuni, o almeno senza che il proprietario delle medesime abbia acquistato la servita di tenerle a distanza minore della legale. Infatti l'art.
892 prescrive la distanza di mezzo metro dal confine per le siepi vive, che può estendersi anche a un metro se le siepi siano di ontano, castagno e simili e fino a due metri per le siepi di robinie.
La
presunzione di comunione posta dall'articolo in esame
semplice e quindi ammette la prova contraria.
Cade se tra i due fondi vi è termine di confine. Altre prove contrarie
La presunzione di comunione cade se vi è un termine di confine tra i due fondi. Questa disposizione fu introdotta dal codice Albertino (art. 589) dal quale passò al vecchio codice ed ora nel nuovo. Il
fondamento della disposizione è intuitivo: la legge parla di termine in generale, quindi esso può essere un termine lapideo, un albero, ecc. Se esso si trova da una parte, la siepe appartiene in esclusiva proprietà al proprietario del fondo che si trova dall'altra parte; se la siepe è a distanza minore della legale (
art. 892 del c.c.) vuol dire che il proprietario ne ha acquistato per servitù il diritto, che deve essere provato in caso di contestazione. Se il termine si trova in mezzo alla siepe, questa apparterrà, metà per parte, ai due confinanti.
L'art. 898 fa salva altresì, in termini generali, la
prova contraria alla presunzione di comunione. In questa locuzione generale è compreso anzitutto il titolo, nel significato di qualsiasi modo di acquisto della proprietà esclusiva della siepe, tra cui va ricompresa anche la prescrizione. Vi si devono inoltre ritenere compresi tutti gli altri mezzi di prova ammessi dalla legge, come presunzioni
hominis derivanti da segni usati nei luoghi, dal genere di cultura delle terre, ecc.
Presunzioni di proprietà esclusiva
Se uno solo dei due fondi è recintato, il nuovo codice (art. 898 capov.) presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recintato, a differenza del vecchio codice che (art. 568), in base alla recinzione di uno solo dei fondi divisi dalla siepe, faceva cadere la presunzione di comunione, ma non giungeva a presumere la proprietà esclusiva a favore dell'unico fondo recinto.
La legge non dice in che cosa debba consistere l'
opera di cinta: può trattarsi quindi tanto di una siepe (non importa se della stessa natura di quella divisoria di cui si tratta) quanto di un'altra opera qualunque, tale però che il fondo venga a trovarsi in condizione di chiusura da tutti i lati.
Il fondamento della presunzione di per sé è chiaro: la reciproca utilità su cui si fonda la presunzione di comunione cessa, per lo meno ai fini prevalenti della chiusura, quando un solo fondo sia cinto, perché quello che rimane aperto dagli altri lati non ritrae alcuna utilità dalla siepe di cui si tratta.
Il nuovo codice aggiunge anche una
nuova presunzione di proprietà esclusiva nel caso in cui, pur essendo recinto uno solo dei fondi, tra la siepe e uno dei fondi - non importa se quello recinto o l'altro non recinto - esistano termini di confine. In questo caso si presume che la siepe appartenga in proprietà esclusiva al proprietario dell'altro fondo ossia, come dice l'art. 898 con locuzione alquanto infelice, al proprietario del fondo «
dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti ».
Coesistenza di un fosso e di una siepe
La legge non ha previsto, come ha fatto dei termini di confine, che i due fondi siano simultaneamente separati dalla siepe e da un fosso. In questo caso sorge un conflitto tra la presunzione di comunione stabilita dall'art.
897 per i fossi e l'altra dell'art. 898 relati va alle siepi: quale delle due dovrà prevalere?
Da un punto di vista teorico, sarebbe arbitrario stabilire qualsiasi prevalenza tra le due presunzioni legali: il solo effetto della loro coesistenza è di annullarsi a vicenda. Ne segue che chi pretende la proprietà esclusiva della siepe non può fondarsi sulla presunzione dei fossi, e viceversa, chi pretende la proprietà esclusiva del fosso che sta al di qua della siepe, non può avvalersi della presunzione legale della comunione delle siepi. I frontisti, quindi, potranno ricorrere ad
ogni genere di prova per dimostrare i rispettivi diritti sul fosso e sulla siepi: l'onere della prova incombe all'attore, secondo i principi generali. Una volta provata la proprietà esclusiva del fosso da parte di uno, sorge la
presunzione legale della comunione della siepe, e viceversa. Provata invece la comunione della siepe o del fosso, ne deriva indirettamente la proprietà esclusiva del fosso o della siepe a favore del proprietario che li tiene al di là della siepe o del fosso comune. Questo in via normale, ma non è escluso poi che tanto il fosso quanto la siepe possano appartenere insieme in
comunione ai due proprietari frontisti, ma in tal caso devono trovarsi in condizioni di fatto tali che entrambi ne usufruiscano egualmente, cosa che in pratica non avviene quasi mai.
Diritti e obblighi dei condomini
In mancanza di una esplicita disposizione di legge che regoli i diritti dei comproprietari sulla siepe comune, trova applicazione la regola generale stabilita per la comunione in genere, pertanto i
frutti della siepe (frutta, legna, ecc.) spettano per metà a ognuno dei frontisti. Per gli alberi sorgenti nella siepe comune dispone l'art.
art. 899 del c.c..
Invece l'art. 898 (a differenza dell'art.
897 per i fossi) sancisce esplicitamente l
'obbligo della manutenzione della siepe comune a spese comuni. Ciascun condomino, quindi, può obbligare l'altro a contribuire alle spese necessarie per la conservazione della siepe comune, come per le potature periodiche, la sostituzione di nuove piante a quelle che fossero venute a mancare, ecc., trattandosi di siepi vive, e alle riparazioni necessarie alla manutenzione delle siepi morte.
Ma qui si ripropone allora la solita domanda, se il condomino possa, in applicazione dell'art.
1104, liberarsi dall'obbligo di contribuire a queste spese, mediante l'abbandono della comunione. La questione si ripete in termini analoghi a quella trattata relativamente al diritto di abbandono della comunione dei fossi (art.
897, n. 4) cui si rinvia.
Sostituzione della siepe con muro
Ci si domanda, da ultimo, se uno dei condomini può pretendere l'atterramento della siepe per sostituirvi un muro a spese comuni. Si deve rispondere
negativamente, se lo domanda in forza del diritto di comunione, perché questa non può conferire un tale diritto salva, del resto, l'applicazione dell'art.
886 relativo alla chiusura obbligatoria, nei casi determinati da questo articolo.
La legge 20 agosto 1881 in Francia riconobbe però a uno dei condomini il diritto di pretendere l'atterramento della siepe, sino al limite della sua proprietà, alla condizione di costruire un muro su questo limite (attuale art. 668 codice francese). Possiamo ritenere che un simile diritto competa anche nel nostro ordinamento, in mancanza di una disposizione esplicita ? Anche qui, come già per la divisione del fosso comune (art.
887, n. 5) la questione deve decidersi con una interpretazione ampia dell'art.
1111, e la soluzione può essere affermativa. Secondo l’
art. 1111 del c.c. lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, divise, cesserebbero all'uso cui sono destinate. A stretto rigore, dunque, stando alla lettera dell'articolo, la divisione della siepe non dovrebbe essere concessa a uno dei condomini contro il volere dell'altro. Ma qual’ è l'uso a cui è de-stinata la siepe? La chiusura del fondo. Se quindi il condomino domanda di atterrare la siepe fino alla linea mediana, allo scopo di fabbricare entro il suo confine un muro divisorio, lo scopo della chiusura non solo non viene meno, ma anzi viene raggiunto in modo più completo. Non pare dunque che possa negarsi al condomino il diritto alla divisione della siepe, purché sotto la condizione accennata.
Invece non è possibile ritenere che uno dei condomini possa pretendere di
sostituire alla siepe viva, che lo danneggi con la soverchia protensione dei rami e delle radici,
una siepe morta, contro il volere dell'altro condomino. Qualora però la siepe sia formata da piante della natura di quelle indicate nel terzultimo capoverso dell’art.
892, crediamo che possa trovare applicazione l'art.
899 ult. capov., e l'atterramento della siepe viva deve essere concesso dall'autorità giudiziaria secondo le circostanze indicate.