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Articolo 315 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 06/02/2025]

Diritti e doveri del figlio

Dispositivo dell'art. 315 bis Codice Civile

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa(1).

Note

(1) Dall'entrata in vigore della L. 219/2012, tutte le disposizioni di legge ove si fa riferimento ai termini figli legittimi o naturali vengono sostituite dalla parola “figli”. Già dal punto di vista sistematico è variata l'architettura codicistica: il Titolo IX del libro I del codice civile non è più intitolato “Della potestà dei genitori”, bensì “Potestà dei genitori e diritti e doveri del figlio”. Nello specifico della nuova disposizione in esame, inserita con la L. 219/2012, si nota come venga riconosciuta maggior centralità al ruolo del minore tanto all’interno del processo che lo riguardasse (conferendo maggiori possibilità di ascolto del minore), quanto nella relazione con i genitori (implementando il concetto di responsabilità genitoriale).
L’art. 315 bis c.c. dedica i primi tre commi all’elencazione dei diritti del figlio (punto di arrivo di istanze comunitarie cui il legislatore italiano era da tempo sfuggito), ed il successivo quarto comma al dovere dello stesso di rispettare i genitori, di contribuire al mantenimento della famiglia, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze ed al proprie reddito, finché convive con essa.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 315 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 7409/2025

La mera archiviazione di procedimenti penali per violenza domestica non esclude l'accertamento di condotte violente rilevanti in sede civile ai fini dell'affidamento dei figli minori. La Corte di Cassazione afferma che la presenza di comportamenti violenti e intemperanti, anche se non sanzionati penalmente, può giustificare l'affidamento super esclusivo a un solo genitore per proteggere i minori da un ambiente deteriorato e garantire il loro interesse morale e materiale.

Cass. civ. n. 4561/2025

E' legittima la decisione dei giudici di merito di non procedere direttamente all'audizione dei minori, comunque sentiti personalmente dalla psicologa e dai servizi sociali, sulla base di una espressa e specifica motivazione, articolata su vari aspetti (manifesta superfluità, ascolto già effettuato da esperti, contrasto con l'interesse dei minori), così come consentito dal secondo periodo del comma 1 dell'art. 336-bis c.c., e come ammesso dalla giurisprudenza di legittimità per derogare ad un adempimento altrimenti ritenuto essenziale ed ineliminabile.

Cass. civ. n. 24731/2024

L'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente e la prova delle condizioni che fondano tale diritto verte sulla circostanza che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o si sia, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il "figlio adulto", in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendono giustificato il mancato conseguimento di un'autonoma collocazione lavorativa.

Cass. civ. n. 14770/2024

La violazione dei doveri connessi alla genitorialità non trova la sua sanzione necessariamente e soltanto nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma nell'ipotesi in cui provochi la lesione di diritti costituzionalmente protetti può integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell'art. 2059 c.c. (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza di merito che aveva accertato il danno subìto dalla figlia a causa dell'assenza e del totale disinteresse mostrato dal padre che ha fatto gravare unicamente sulla madre i compiti genitoriali).

Cass. civ. n. 10278/2024

In tema di adozione del minore d'età, in virtù dell'interpretazione costituzionalmente orientata, data all'art. 27, comma 3, della l. n. 184 del 1983 dalla sentenza n. 183 del 2023 della Corte cost., la decisione del giudice di consentire, ove sia conforme all'interesse del minore, il mantenimento dei rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia d'origine, si può collocare nella fase di accertamento dello stato di abbandono, in quella dell'affidamento a rischio giuridico, nella statuizione di adottabilità e nella successiva fase prodromica alla pronuncia di adozione legittimante, relativa all'affidamento preadottivo.

Cass. civ. n. 10250/2024

Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni è funzionale all'interesse di questi ultimi e presuppone una relazione positiva, gratificante e soddisfacente per ciascuno di essi, pertanto il giudice non può disporre il mantenimento di tali rapporti dopo aver riscontrato semplicemente l'assenza di alcun pregiudizio per i minori, dovendo, invece, accertare il preciso vantaggio a loro derivante dalla partecipazione degli ascendenti al progetto educativo e formativo che li riguarda, senza imporre alcuna frequentazione contro la volontà espressa dei nipoti che abbiano compiuto i dodici anni o che comunque risultino capaci di discernimento, individuando piuttosto strumenti di modulazione delle relazioni, in grado di favorire la necessaria spontaneità dei rapporti.

In tema di ascolto del minore infradodicenne, nelle procedure giudiziarie che lo riguardino, l'audizione è adempimento necessario, a meno che l'ascolto sia ritenuto in contrasto con gli interessi superiori del minore medesimo (in ragione dell'età o del grado di maturità o per altre circostanze), come va specificamente enunciato dal giudice, in tal caso restando non necessaria la motivazione espressa sulla preventiva valutazione del discernimento del minore.

Cass. civ. n. 8240/2024

In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il "figlio adulto" in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.

Cass. civ. n. 6455/2024

L'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (In applicazione di detto principio, la Suprema Corte ha cassato la decisione impugnata, che aveva imposto ad una ragazza sedicenne le visite al padre, sebbene la minore avesse manifestato una condizione di disagio per il rifiuto frapposto dalla seconda moglie del genitore).

Cass. civ. n. 2536/2024

In tema di contributo al mantenimento dei figli, che si caratterizza per la sua bidimensionalità, da una parte, vi è il rapporto tra i genitori ed i figli, informato al principio di uguaglianza, in base al quale tutti i figli - indipendentemente dalla condizione di coniugio dei genitori - hanno uguale diritto di essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni; dall'altro, vi é il rapporto interno tra i genitori, governato dal principio di proporzionalità, in base al quale i genitori devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o casalingo, valutando altresì i tempi di permanenza del figlio presso l'uno o l'altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, nel confermare la statuizione di primo grado sul contributo al mantenimento per i figli, non aveva ponderato alcun elemento concreto per verificare il principio di proporzionalità, non prendendo in considerazione nè le condizioni reddituali e patrimoniali del padre dei due figli, né il fatto che la madre degli stessi, priva di redditi e di cespiti patrimoniali, percepisse dall'ex marito un assegno divorzile con funzione assistenziale).

Cass. civ. n. 437/2024

Nei procedimenti minorili, l'audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica ad ogni istanza, reiterata nel grado d'appello o nelle fasi endoprocedimentali della modifica e revoca dei provvedimenti adottati, ove sia stata già disposta ed eseguita, non essendo l'ascolto del minore un atto istruttorio o burocratico, ma l'esercizio di un diritto, sottratto alla disponibilità delle parti e garantito dal giudice, il quale è tenuto a rendere una motivazione esplicita e puntuale soltanto in caso di totale omissione dell'ascolto o di richiesta in tal senso proveniente dal curatore speciale del minore, quale rappresentante del titolare del diritto, potendo il diniego alle richieste di rinnovo, fuori dalle ipotesi sopra indicate, essere anche implicito.

Cass. civ. n. 34560/2023

L'ascolto del minore "nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano", lungi dall'avere valenza meramente processuale, quale elemento, pur necessario, dell'istruzione probatoria, costituisce, piuttosto, una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato ed esprimere la propria opinione, con la conseguenza che esso è obbligatorio in tutti i procedimenti in cui il minore, pur non rivestendo la qualità di parte in senso formale, rivesta tuttavia quella di parte in senso sostanziale, quale portatore di interessi sui quali il provvedimento giudiziale è in grado di incidere. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'obbligatorietà dell'ascolto nell'ambito di un giudizio, vertente tra i genitori, di responsabilità per danno da privazione del rapporto genitoriale, in quanto destinato a culminare in una pronuncia non concernente la sfera giuridica del minore, che non produce alcuna modificazione delle situazioni giuridiche soggettive inerenti al rapporto di filiazione con ciascuno dei genitori, né incide sui suoi specifici interessi).

Cass. civ. n. 32466/2023

In tema di mantenimento del figlio minore, la quantificazione del contributo dovuto dai genitori deve osservare un principio di proporzionalità, che postula una valutazione comparata dei loro redditi, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del minore e del tenore di vita da lui goduto, sicché, una volta accertata, in sede di procedimento di revisione o modifica dell'assegno, la riduzione delle entrate patrimoniali del genitore non collocatario nonché la sopravvenuta nascita di altro figlio al cui mantenimento egli debba contribuire, il giudice è tenuto a procedere alla nuova quantificazione del contributo in parola, tenendo conto anche delle risorse della madre convivente e delle necessità correnti del minore di età.

Cass. civ. n. 32290/2023

L'ascolto del minore è disegnato dall'art. 315 bis c.c. non come un atto istruttorio, ma come un diritto, esercitato dal minore capace di discernimento, di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tutte le questioni e procedure che lo riguardano, vale a dire sulle questioni che hanno incidenza sulla sua vita e sulla relazione familiare. Si tratta di un diritto personalissimo, proprio della persona minore di età, attraverso il quale è assicurata, a prescindere dall'acquisto della capacità di agire, la libertà di autodeterminarsi, di esprimere la propria opinione e di partecipare in prima persona, e non solo tramite rappresentante, al processo; costituisce al tempo stesso primario elemento di valutazione del miglior interesse del minore. Tuttavia non sussiste un obbligo generalizzato ed officioso di ascolto dei minori di età inferiore ai dodici anni poiché il diritto alla partecipazione alle decisioni deve essere esercitato in modo consapevole ed effettivo e dunque il giudice può, in ogni caso, omettere l'ascolto del minore qualora lo ritenga contrario al suo interesse dandone adeguata motivazione e ritenere come mezzo migliore per recepire le istanze e le esigenze delle minori quello dell'ascolto indiretto tramite cioè lo psicologo dei servizi sociali.

Cass. civ. n. 26820/2023

In caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione, ai sensi dell'art. 337-ter, comma 3, c.p.c., è rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l'adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore ad una crescita sana ed equilibrata, con la conseguenza che il conflitto sulla scuola primaria e dell'infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l'adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l'assolvimento dell'onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa, ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell'età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell'istituto scolastico rispetto all'abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l'accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, in quanto, nella scelta tra la scuola pubblica e privata, aveva considerato criterio dirimente l'assolvimento dell'esborso economico da parte di uno dei due genitori).

Cass. civ. n. 26698/2023

In materia di diritto alla bigenitorialità, l'ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni. Ne consegue che poiché la capacità di discernimento del minore viene intesa e, soprattutto, può essere considerata come una "competenza specifica" del bambino strettamente legata alle sue capacità cognitive e relazionali che fa riferimento alla capacità di capire ciò che è utile per sé, all'abilità nel valutare i propri bisogni ed adottare strategie utili per il loro soddisfacimento, e alla possibilità di prendere decisioni e fare scelte in maniera autonoma, a prescindere da eventuali condizionamenti, l'ascolto del minore, anche poco prima dei dodici anni d'età e, dunque, nella fase autoriflessiva del suo sviluppo cognitivo, è rilevante e necessaria, oltre che obbligatoria, considerata la tipologia dei provvedimenti da adottare, quale ulteriore strumento finalizzato a comprendere se le dichiarazioni del minore stesso riflettono non tanto i suoi vissuti o idee, quanto quelli di uno o di entrambi i genitori o se, invece, esprimono un'adeguata autodeterminazione.

Cass. civ. n. 24972/2023

In materia di affidamento dei minori, il giudice deve prendere in esame le ragioni della conflittualità tra i genitori, qualora sussistente, senza limitarsi a dare rilievo alla medesima per giustificare un affidamento ai servizi sociali, in quanto l'individuazione dei motivi che hanno determinato e continuano a determinare tale conflittualità influisce sulla valutazione della capacità genitoriale, che deve essere improntata al perseguimento del migliore interesse del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nel confermare l'affidamento della minore al servizio sociale, aveva attribuito rilevanza decisiva alla conflittualità tra i genitori, senza considerare che tale condizione derivava dal fatto che, mentre il padre della minore aveva deciso di allontanarsi da un ambiente criminale cui in passato aveva aderito, collaborando con la giustizia, la madre non aveva condiviso tale scelta, mantenendo legami con il sodalizio criminale).

Cass. civ. n. 24626/2023

In tema di ascolto del minore infradodicenne, nelle procedure giudiziarie che lo riguardino, l'audizione è adempimento necessario, a meno che l'ascolto sia ritenuto in contrasto con gli interessi superiori del minore medesimo (in ragione dell'età o del grado di maturità o per altre circostanze), come va specificamente enunciato dal giudice, in tal caso restando non necessaria la motivazione espressa sulla preventiva valutazione del discernimento del minore.

Cass. civ. n. 23247/2023

In tema di ascolto del minore maltrattato, il giudice deve sempre operare un bilanciamento tra l'esigenza di ricostruzione del volere e del sentimento del minore, quale principio fondamentale applicabile anche nel procedimento relativo alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, e quella della tutela del minore maltrattato, come persona fragile, nel caso in cui l'ascolto possa costituire pericolo di vittimizzazione secondaria per gli ulteriori traumi che il fanciullo che li abbia già vissuti possa essere costretto a rivivere.

Cass. civ. n. 15710/2023

L'ascolto del minore costituisce adempimento necessario ai sensi dell'art. 315-bis c.c., introdotto dalla L. 10 dicembre 2012, n. 219, in tutte le questioni e procedure che lo riguardano, in attuazione dell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.

Anche alla luce dell'art. 8 CEDU, costituisce necessario corollario del diritto del minore a essere ascoltato la regola secondo la quale l'autorità giudiziaria, chiamata a pronunciarsi su decisioni che lo riguardano, debba esaminare in maniera dettagliata e analitica le dichiarazioni rese, in sede di ascolto, dal minore dotato di capacità di discernimento, sicché, in caso di opposizione di quest'ultimo al trasferimento all'estero è obbligatoria la considerazione di tale volontà e anche la verifica di tutte le circostanze fattuali che la giustifichino, al fine di pervenire a conclusioni che tengano in considerazione il suo miglior interesse per come si atteggia nello specifico caso in esame.

Cass. civ. n. 8229/2023

In tema di sottrazione internazionale di minori, la possibilità per il minore, capace di discernimento, di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano integra un diritto che deve essere esercitato in modo effettivo e concreto: ne consegue che, ove il minore si opponga al rientro, l'autorità giudiziaria ha l'obbligo di tenere conto della sua opinione potendo anche, in applicazione del principio del "superiore interesse del minore" ed all'esito di un esame approfondito di tutti gli aspetti che vengono in rilievo, di cui deve essere data adeguata motivazione, discostarsi dalla contingente manifestazione di volontà del minore medesimo, al fine di salvaguardare il suo interesse a coltivare una relazione appagante con entrambi i genitori.

Cass. civ. n. 2881/2023

In una prospettiva avente di mira, costantemente, il superiore interesse del minore occorre verificare - in caso di non armonici rapporti fra genitori e ascendenti - se si possa in qualche modo attuare una cooperazione fra gli adulti partecipanti alla comunità parentale nella realizzazione del progetto educativo e formativo del bambino, determinare le concrete modalità di questa necessaria collaborazione, tenendo conto dei differenti ruoli educativi, e stabilire, di conseguenza, - per ciascuno dei minori coinvolti, anche procedendo al loro ascolto nei termini previsti dall'art. 315-bis c.c., co. 3, e rispetto a ognuno degli ascendenti aventi interesse a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni - i sistemi più proficui di frequentazione e le più opportune modalità di organizzazione degli incontri.

Cass. civ. n. 2001/2023

In tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora opti, in luogo dell'ascolto diretto, per quello effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda.

Cass. civ. n. 34950/2022

Ai fini del risarcimento del danno subito dal figlio in conseguenza dell'abbandono da parte di uno dei genitori, occorre che quest'ultimo non abbia assolto ai propri doveri consapevolmente e intenzionalmente o anche solo ignorando per colpa l'esistenza del rapporto di filiazione. La prova di ciò può desumersi da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi, da valutarsi, non atomisticamente, ma nel loro insieme e l'uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno di essi, quand'anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, può rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che aveva escluso l'elemento soggettivo della menzionata responsabilità, limitandosi a negare l'esistenza di sufficienti indizi circa la conseguita consapevolezza da parte del padre della propria paternità subito dopo la nascita del figlio, sulla base della ritenuta inattendibilità della testimonianza della madre, non adeguatamente motivata e senza valutare plurimi elementi indiziari, quali la certezza di un rapporto sessuale non protetto avvenuto tra i genitori in epoca compatibile con il concepimento, la vicinanza tra le abitazioni di questi ultimi, situate in un piccolo paese, e la continuazione della frequentazione del ristorante paterno da parte della madre anche durante la gravidanza).

Cass. civ. n. 16410/2020

In generale i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, perché la legittimazione processuale non risulta attribuita loro da alcuna disposizione di legge; essi sono, tuttavia, parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori. La tutela del minore, in questi giudizi, si realizza mediante la previsione che deve essere ascoltato, e costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore il suo mancato ascolto, quando non sia sorretto da un'espressa motivazione sull'assenza di discernimento, tale da giustificarne l'omissione. (La S.C. ha dettato il principio in giudizio nel quale i nonni del minore, che domandavano di essere ammessi ad incontrarlo, avevano contestato la nullità della sentenza a causa della mancata nomina di un difensore del minore, critica respinta, e della sua mancata audizione, censura che è stata invece accolta, con rinvio al giudice dell'appello).

Cass. civ. n. 19779/2018

Gli ascendenti hanno sì il diritto, previsto dall'art. 317-bis c.c., di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, ma tale posizione soggettiva è piena solo nei confronti dei terzi, mentre diviene recessiva nei confronti dei minori, titolari dello speculare quanto prevalente diritto di conservare rapporti significativi con i parenti, qualora non sia funzionale alla loro crescita serena ed equilibrata, sicché la frequentazione con i nonni comporti loro turbamento e disequilibrio affettivo (la Suprema corte, ritenendolo ricorribile per cassazione, ha confermato il provvedimento di merito che, a tutela del superiore interesse dei minori, ha escluso ogni contatto tra un nonno e i nipoti, in ragione della condotta violenta e prevaricatrice del primo, tenuto anche conto della volontà espressa dai secondi).

Cass. civ. n. 12957/2018

In tema di separazione personale tra coniugi, ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l'audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione – tanto più necessaria quanto più l'età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l'obbligo legale dell'ascolto – non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio.

Cass. civ. n. 12954/2018

In tema di affidamento dei figli minori, il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissare le relative modalità, in caso di conflitto genitoriale, è quello del superiore interesse della prole, stante il preminente diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata, sicché il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l'adozione di provvedimenti – quali, nella specie, il divieto di condurre il minore agli incontri della confessione religiosa abbracciata dal genitore dopo la fine della convivenza – contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, ove la loro esteriorizzazione determini conseguenze pregiudizievoli per il figlio che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo.

Cass. civ. n. 19327/2015

In tema di separazione personale tra coniugi, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento - direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali - costituisce adempimento previsto a pena di nullità ove si assumano provvedimenti che lo riguardino, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata in quanto il giudice d'appello, confermando l'affidamento della minore ai servizi sociali, non aveva provveduto al suo ascolto, nonostante la stessa, all'epoca dei fatti di anni dieci, ne avesse fatto richiesta e fosse da ritenersi capace di discernimento, come da certificazione medica e relazione scolastica in atti).

Cass. civ. n. 6129/2015

L'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, nonché dell'art. 315-bis c.c. (introdotto dalla legge n. 219 del 2012) e degli artt. 336 bis e 337 octies c.c. (inseriti dal d.l.vo n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l'art. 155-sexies c.c.). Ne consegue che l'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Cass. civ. n. 18538/2013

L'art. 315 bis c.c., introdotto dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, prevede il diritto del minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, e quindi anche in quelle relative all'affidamento ai genitori, salvo che l'ascolto possa essere in contrasto con il suo "superiore interesse". (Nella specie, la S.C., nell'enunciare il principio, ha rigettato la doglianza in ordine alla mancata audizione del minore ai fini della sua collocazione prevalente presso uno dei genitori, in quanto la stessa non era stata richiesta nel corso del giudizio di merito e la questione risultava proposta per la prima volta nella memoria ex art. 378 c.p.c. peraltro solo con riferimento al sopravvenuto art. 315 bis c.c.).

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Anonimo chiede
martedì 19/11/2024
“Una donna del Kenya (ora tornata nel suo Paese, ma che potrebbe tornare a trovarmi in Italia o invitarmi nel suo Paese) mi ha chiesto di aiutarla ad avere un figlio, dicendo che poi se ne occuperebbe completamente lei. Mi chiedo se sia possibile accontentare la sua richiesta senza però avere poi la responsabilità e gli obblighi della paternità (rivendicati magari una domani dalla donna stessa o dall’eventuale figlio) e se sia possibile firmare una sorta di "contratto" a riguardo, come se la ma funzione fosse sola quella di una sorta di "banca del seme".”
Consulenza legale i 26/11/2024
La risposta al quesito non può che essere negativa. Non è ammissibile un “contratto” con cui le parti - genitori o futuri genitori - si accordino nel senso di escludere gli obblighi derivanti dalla nascita di un figlio.
Infatti i diritti e doveri relativi, rispettivamente, allo status di figlio e di genitore si collocano nel campo dei diritti indisponibili, che non possono dunque essere "soppressi" per effetto di un contratto o, comunque, di un accordo tra le parti, il quale sarebbe radicalmente nullo.

Maria L. B. chiede
giovedì 25/05/2017 - Calabria
“Ho 2 quesiti:
1)Mio fratello- maggiorenne- è da tempo interdetto.La nuova tutrice,mia parente,laureta in lettere,(a differenza del precedente tutore,deceduto) per pura antipatia nei miei confronti si rifiuta di fornire qulunque notizia su mio fratello.(persino quelle "mediche " a me che medico ospedaliero sono).
Non intendendo seguire la strada della segnalazione al giudice tutelare x abuso di autorità, vorrei sapere in base a quali articoli di legge e/o sentenze del tribunale possa chiedere formalmente alla tutrice stessa collaborazione e informazioni .
2)Una mia parente, di 64 anni, vedova,invalida al 100/100,pensionata dal lavoro x patologia,autosufficiente ma con gravi difficoltà motorie,è stata "abbandonata" dall'unico figlio trentenne, che gira l'Europa x diletto e si rifiuta di occuparsi della madre.
Ha obbligo di assistenza morale e materiale nei confronti della madre,e in base a quali leggi?

Consulenza legale i 05/06/2017
Per quanto riguarda la prima domanda, si osserva come le norme che disciplinano la tutela degli interdetti facciano, per lo più, rinvio a quelle relative alla tutela dei minori (articoli 343 e seguenti del cod. civ.).
Né tra le prime, tuttavia, né tra le seconde esiste, purtroppo, alcuna norma che imponga al tutore di fornire informazioni ai parenti o altre persone in merito alla tutela: egli deve relazionarsi e rendere conto solo al giudice tutelare.
L’unico suggerimento che si può offrire nel caso di specie è quello di consultare periodicamente il registro delle tutele, tenuto presso il Tribunale: si tratta, infatti, di un registro pubblico, liberamente consultabile da chiunque, nel quale sono pubblicati anche i rendiconti periodici cui è tenuto il tutore, rendiconti che riguardano sia lo stato di salute che la situazione economico-patrimoniale dell’interdetto.

In ordine, invece, alla seconda domanda, esistono, in effetti, alcune norme che possono costituire un utile punto di riferimento per valutare e censurare il comportamento del figlio della zia invalida.
Viene in considerazione, in primo luogo, l’art. 315 bis cod. civ., secondo il quale: “(…) Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.
Tale articolo, come si vede, impone al figlio maggiorenne innanzitutto il rispetto nei confronti dei genitori: si tratta di un obbligo cui il figlio, sia minorenne che maggiorenne, è tenuto senza limiti di tempo. Qualche commentatore ha precisato, in ordine al significato da attribuire al termine “rispetto”, che si deve trattare di un atteggiamento attivo, un dare sul piano personale, un prestare attenzione e comprensione per la personalità del genitore, sentimenti ed atteggiamenti tutti idonei a far consolidare e crescere il rapporto reciproco.

Il medesimo articolo, poi, impone altresì al figlio di contribuire al mantenimento della famiglia, qualora egli conviva con quest’ultima.
Nel caso in esame, bisognerebbe capire se il presupposto della convivenza sia integrato o meno: parrebbe evincersi tra le righe che il figlio in questione, benché si allontani anche per lunghi periodi dalla casa della madre a motivo dei suoi viaggi, rimanga pur sempre con quest’ultima convivente. In tal caso, se così fosse, il figlio avrebbe senz’altro l’obbligo di mantenimento nei confronti della madre.
I commentatori ritengono che per “convivenza” si debba intendere, in effetti, una coabitazione in senso meramente oggettivo e materiale, senza che vi debba essere in aggiunta una comunione di vita “spirituale” con la famiglia.

Sotto il profilo civilistico, in definitiva, si può dire che il figlio è senz’altro tenuto moralmente a non trascurare la madre, in virtù dell’obbligo di rispetto sancito dall’art. 315 bis cod. civ.; per quanto riguarda, invece, l’obbligo al mantenimento, la risposta è più incerta perché – come già detto – bisogna chiarire se esista una “convivenza” con la madre nel senso anzidetto e richiesto dalla norma oppure no (dal quesito non emergono ulteriori elementi che possano aiutare a dare una risposta nel merito).

Sotto il profilo penale, infine, mentre la condotta del figlio parrebbe non integrare gli estremi della fattispecie di reato di cui all’art. 570 c.p., poiché quest’ultima sanziona solamente l’ipotesi in cui il figlio faccia mancare alla madre i mezzi di sussistenza, si può invece ravvisare l’ipotesi dell’abbandono di persone incapaci, di cui all’art. 591 c.p..
Quest’ultimo recita infatti: “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
(…) Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato”.

S.M. chiede
giovedì 23/05/2024
“Buongiorno. Al di fuori di come andrà il divorzio tra mia figlia e suo marito, io e mia moglie gestiamo in qualità di nonni mia nipote per il periodo che la madre lavora... felicissimi di questo ma il nostro tempo libero non esiste praticamente più. Es. al sabato partivamo x escursioni in montagna ecc.... La domanda è la seguente... E' legittimo chiedere in via privata, al di fuori del divorzio, un rimborso agli altri nonni che nel frattempo se ne vanno al mare? Premetto che la nipote sta con noi ormai da due anni.”
Consulenza legale i 29/05/2024
La risposta al quesito posto non può che essere negativa. Non esiste, infatti, un diritto al rimborso né al risarcimento in capo ai nonni che si occupano di accudire i nipoti, da esercitarsi nei confronti dei nonni dell’altro ramo genitoriale che, invece, non fanno i "baby-sitter".
L’art. 317-bis c.c. stabilisce che “gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”, tanto che, se l’esercizio di tale diritto viene loro impedito, possono ricorrere al giudice.
A tale previsione corrispondono sia quella dell’art. 315 bis c.c., comma 2 - ai sensi del quale “il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” - sia - in caso di crisi della coppia genitoriale - l’art. 337 ter c.c., il quale elenca tra i diritti dei figli quello “di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Quanto ai doveri, l’art. 316 bis c.c. prevede la possibilità che i nonni vengano chiamati a contribuire al mantenimento dei nipoti, ma ciò solo in via sussidiaria, solo cioè se i genitori non abbiano mezzi sufficienti.
Al di fuori di questi precisi diritti ed obblighi, però, ogni questione relativa all’accudimento dei nipoti in caso di impegni, lavorativi e non, dei genitori va risolta con questi ultimi, e non possono certo essere avanzate pretese nei confronti dei consuoceri o ex-consuoceri.