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Riduzione dell’assegno per la figlia se la madre ha un posto fisso

Famiglia - -
Riduzione dell’assegno per la figlia se la madre ha un posto fisso
Può essere ridotto l’ammontare del mantenimento per la figlia, posto a carico del padre, se la madre ha un aumento di stipendio.
La Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7230/2020, si è pronunciata in merito alla possibilità o meno di ridurre l’ammontare dell’assegno disposto, a carico del padre, per il mantenimento della figlia, qualora l’ex moglie, dopo il divorzio, abbia ottenuto un posto di lavoro fisso con un conseguente aumento del proprio stipendio.

Nel caso di specie, dopo che l’ex moglie, successivamente al divorzio, era diventata un’insegnante di ruolo, l’ex marito, a carico del quale era stato disposto l’obbligo di versare mensilmente un assegno, a titolo di mantenimento, in favore della figlia, aveva presentato la propria istanza dinanzi al Tribunale per vederne ridurre l’ammontare.

Dopo il rigetto da parte del Tribunale adito, la Corte d’Appello riduceva il quantum dell’assegno di mantenimento, ma non in una misura ritenuta sufficiente dall’obbligato che, pertanto, ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione.

Con il proprio atto di ricorso, l’uomo lamentava come il giudice di secondo grado non avesse tenuto adeguatamente conto di alcuni elementi fattuali, prima tra tutti la sproporzione esistente tra le condizioni economiche dei due ex coniugi, considerato che l’uomo, con la somma di stipendio residua, non riusciva a mantenere né se stesso né, tantomeno, la sua nuova famiglia. Si evidenziava, poi, come l’ex moglie avesse, nel frattempo, ottenuto un posto di insegnante di ruolo, percependo uno stipendio più cospicuo, e come la stessa avesse, inoltre, la disponibilità della casa familiare.
Il ricorrente eccepiva, infine, come il giudice d’appello avesse errato nel ridurre l’ammontare dell’assegno a far data dalla pubblicazione della sentenza, invece che dal giorno in cui era stata presentata la relativa domanda.

La Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato il ricorso, giudicando infondati i motivi proposti.
Secondo gli Ermellini, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di secondo grado ha attribuito il dovuto peso a tutti gli elementi del caso.

I giudici di legittimità hanno, altresì, evidenziato come, in ossequio a quanto disposto dalla precedente sentenza della Cassazione n. 9533/2019, i provvedimenti volti a regolare i rapporti economici tra gli ex coniugi, adottati in sede di separazione o di divorzio, possano essere modificati qualora le condizioni delle parti, in un momento successivo, mutino e sia, inoltre, possibile “modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni (oltre che di disporne la modifica in un successivo giudizio di revisione), con la conseguenza che il giudice d'appello, nel rispetto del principio della disponibilità e di quello generale della domanda, è tenuto a considerare l'evoluzione delle condizioni delle parti verificatisi nelle more del giudizio.”



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