Cass. civ. n. 27934/2018
                                      L'indennità  di  espropriazione  di  costruzioni legittimamente edificate - nella specie, un appartamento  situato in  un  edificio  inserito  nel programma  regionale  di  riqualificazione  urbana - dev'essere  commisurata  al  valore  venale  del  bene, ossia al suo valore di mercato, da determinarsi attraverso indagini e sulla base dei criteri della scienza estimativa, i quali  non  tengono  conto  della  maggiore  spesa  che l'espropriato  dovrebbe  sostenere  per  l'acquisto  e  la sistemazione  di  un  altro  bene  conforme  alle  proprie esigenze  abitative,  trattandosi  di  elementi  soggettivi  di valutazione,  forieri  di  disparità  di  trattamento  tra proprietari  di  beni  aventi  caratteristiche  omogenee  e comunque  idonei  a  far  sorgere  complicazioni  nel procedimento  di  stima,  ispirato  invece  a  finalità  di semplificazione  ed  accelerazione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 645/2018
                                      Il  diritto  all'indennità,  a  seguito  dell'esproprio, non è escluso dalla iniziale abusività dell'edificazione,  se  l'immobile,  alla  data  in  cui interviene  l'esproprio,  è  stato  fatto  oggetto  di  una domanda di sanatoria che la pubblica amministrazione non abbia ancora scrutinato: in tale ipotesi  occorre  cioè  che  l'amministrazione,  per  i  fini  del riconoscimento  dell'indennità,  effettui  una  valutazione prognostica  circa  la  formazione  del  silenzio  assenso  o circa la sua condonabilità, il cui esito, se positivo, impone di  tener  conto  di  esso  nella  quantificazione  di  quella indennità,  altrimenti  restando  la  stessa  Corte  di Cassazione - copia  non  ufficiale  rapportata  non  già  alle caratteristiche  oggettive  del  bene  sottoposto  ad esproprio,  ma  ad  una  circostanza  del  tutto  casuale  ed insignificante,  quale  l'avere  la  P.A.  deciso  o  meno sull'istanza  di  condono,  anche  se - per  ipotesi- in violazione dei termini all'uopo previsti.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 499/2017
                                      In tema di espropriazione per pubblica utilità, l'area "edificata" presuppone che su di essa siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature tali da avere impresso al terreno  una  stabile  trasformazione,  così  da  renderne attuali le originarie potenzialità edificatorie. Con riguardo, poi,  alle strutture  necessarie  all'esercizio  di  attività d'impresa, il terreno è da considerare edificato solo se vi sia stata installazione di stabili manufatti, non rimuovibili se non provocando alterazione della morfologia dell'area, con modifica della destinazione urbanistica, senza alcuna possibilità  di  distinguere  il  valore  delle  costruzioni  da quello dell'area su cui insistono. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto  la  qualificazione  di  area  edificata  ad  un immobile  già  adibito  a  cinema  all'aperto,  in  quanto  tale destinazione  era  comprovata  dai  muri  perimetrali intervallati  da  aperture  finalizzate  ad  agevolare  l'uscita del  pubblico,  dalla  presenza di vani adibiti  a  biglietteria, sala di proiezione e ripostiglio, da un muro per lo schermo e  da un  palcoscenico  in muratura).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25799/2013
                                      La  legittimità  del  manufatto  danneggiato  dall'opera pubblica  costituisce  il  presupposto  del  pregiudizio risarcibile,  consentendosi  altrimenti  al  proprietario  di trarre beneficio dalla sua illecita attività, invece preclusa, sotto  ogni  possibile  profilo,  dalla  legge  n.  47  del  1985. Accertato,  pertanto,  il carattere  abusivo dell'immobile e  la  contestuale  impossibilità  per  l'Amministrazione comunale  di  rilasciare  l'istanza  di  concessione  in sanatoria,  è  del  tutto  irrilevante  la  questione  di costituzionalità degli artt. 16, comma 9 della legge n. 865 del  1971,  e  38, comma 2, D.P.R.  n. 327  del  2001,  nella parte  in  cui  consentendo  di  negare  il  risarcimento  del danno  nonostante  la  pendenza  della  procedura  di condono,  violerebbero  i  principi  della  proprietà  privata tutelati degli artt. 42, commi 2 e 3, e 117, comma 1, Cost., nonché dell'art. 1 del protocollo n. 1 della CEDU.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 24703/2007
                                      In tema di calcolo dell'indennità di espropriazione, non ha natura di area edificata - cui si applica il parametro del valore di mercato secondo l'art. 38  D.P.R.  n.  327  del  2001  e  l'art.  8,  comma  5,  L.  prov. Bolzano 15 aprile 1991 n. 10 - l'area asfaltata adibita a deposito di materiali e parcheggio a servizio di aree limitrofe occupate da impianti industriali, in quanto le pertinenze  mantengono  la  propria  individualità  fisica  e giuridica  e  sono  separatamente  indennizzabili,  come aree  edificabili,  se  possiedono  autonome  possibilità  di sfruttamento  edificatorio,  o  come  aree  agricole,  se interessate  da  vincolo  di  inedificabilità,  restandone  di conseguenza  esclusa  l'adozione  di  un  criterio indennitario unico, fondato sulla natura e sul valore della cosa  principale.  Né  l'area  integra  un'opera  di urbanizzazione - per la quale, l'indicata norma provinciale prevede l'indennità di espropriazione nel giusto prezzo - in quanto gli spazi di sosta e parcheggio che l'art. 4 L. 29 settembre  1964  n.  847  include  tra  tali  opere,  sono  solo quelli aventi natura pubblica.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 25523/2006
                                      Ai fini  della  determinazione  dell'indennità per l'espropriazione  di  terreno  edificato, vigendo  il principio generale, desumibile dall'art. 16, nono comma, della L.  n.  865  del  1971,  collegato  all'art.  15  della L. n.  10  del  1977,  e consistente  nell'elisione  di qualsiasi  effetto  dell'abusivismo, viene  meno,  in presenza  di  un  fabbricato  abusivo,  il  criterio  della liquidazione  unitaria  dell'immobile,  a  valore  venale complessivo  dell'edificio e del  suolo su  cui  il primo insista,  dovendosi  valutare  la  sola  area  nuda, con applicazione dell'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992, conv. in L. n. 359 del 1992, mentre se trattasi di porzione non autonoma,  inserita  in  fabbricato  per  il  resto  munito dei  prescritti  provvedimenti  autorizzatori,  il  suo valore deve essere detratto da quello complessivo in cui è inglobata, sì da evitare che l'abusività possa anche in tal caso concorrere ad accrescere il valore del fondo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5528/2006
                                      In tema  di espropriazione per  pubblico  interesse, il criterio  indennitario  previsto  per  le  aree  edificabili, introdotto  dall'art.  5-bis  D.L.  11  luglio  1992  n.  333  (conv.  in  L.  8  agosto  1992  n.  359), non  è  applicabile all'area  di  sedime  su  cui  insiste  un  fabbricato, la quale, a differenza dell'area pertinenziale, autonomamente  indennizzabile, costituisce  parte integrante  del  fabbricato  stesso  e  fruisce, inscindibilmente, del criterio indennitario previsto dall'art. 39  L.  25  giugno  1865  n.  2359,  donde  l'impossibilità  di valutazione separata ed autonoma dell'area occupata dal fabbricato,  anche  qualora  questo  sia  costituito  da complesso  edificato  adibito  a  impianti  industriali.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2612/2006
                                      Con riguardo all'espropriazione di area su cui insista una  costruzione  abusiva, l'indennità  è  commisurabile al  valore  della  sola  area  ove  per  la  costruzione  non risulti  rilasciata  (anche  se  richiesta)  la  concessione in sanatoria, pur se riguardo alla costruzione non risulti disposta  o  eseguita  la  demolizione.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 21638/2005
                                      Il  principio  per  cui  l'indennità  di  espropriazione  di un'area  edificata va  determinata  in  modo  unitario, senza possibilità di distinguere l'area di sedime dalla costruzione,  non  trova  applicazione  quante  volte  il fabbricato  risulti  privo  di  autonomia  funzionale  o abbia  scarsa  consistenza  economica  rispetto  al suolo, oppure  sia  in  condizioni  talmente  fatiscenti  da consigliarne  la  demolizione  e  la  riedificazione  (nella specie  si  è  ritenuta  esente  da  censure  la  sentenza  di merito  che,  in  base  all'accertamento  dell'inesistenza  di manufatti,  sia  pure  in  stato  di  degrado,  e  dell'esistenza solo di ruderi, costituenti inutili ingombri, aveva liquidato l'indennità in riferimento al solo valore edificabile dell'area di sedime).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 13001/2005
                                      Il  principio  per  cui,  agli  effetti  dell'indennità  di espropriazione  o  del  risarcimento  del  danno  da occupazione appropriativa, il valore dei fabbricati deve essere  considerato  in  aggiunta  al  valore  del  suolo, effettuandosi  la  liquidazione  con  riferimento  al  valore  di mercato per l'edificio (comprensivo di area di sedime, che da  esso  non  è  scindibile  né  autonomamente apprezzabile), senza che rilevi il fatto che il fabbricato sia destinato dall'espropriante alla demolizione, non trova applicazione quante volte il fabbricato risulti privo di autonomia  funzionale  o  abbia  scarsa  consistenza economica  rispetto  al  suolo, oppure  sia  in  condizioni talmente  fatiscenti  da  consigliarne  la  demolizione  con riedificazione  (nella  specie  si  è  ritenuta  esente  da censure  la  sentenza  di  merito  che,  in  considerazione della precarietà di alcuni ruderi, aveva liquidato il danno da occupazione appropriativa in riferimento al solo valore edificabile dell'area di sedime).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 12844/2005
                                      L'edificazione del suolo, da cui consegue, in caso di espropriazione, la necessità di commisurare l'indennizzo al valore di mercato, anziché secondo il criterio della semisomma di cui all'art. 5-bis della L. n. 359 del 1992, presuppone  che  si  tratti  di  un'area  sulla  quale siano  stati  costruiti  edifici  ed  installate  attrezzature tali da avere impresso al terreno su cui sorgono una stabile  trasformazione, così  da  rendere  attuali  le originarie potenzialità edificatorie del terreno medesimo, e,  con  riguardo  alle  strutture  necessarie  all'esercizio  di attività  d'impresa,  il  terreno  è  da  considerare  edificato solo se vi sia stata installazione di stabili manufatti, non rimuovibili  se  non  provocando  alterazione  della morfologia  dell'area,  con  modifica  della  destinazione urbanistica,  senza  alcuna  possibilità  di  distinguere  il valore  delle  costruzioni  da  quello  dell'area  su  cui insistono.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9372/2005
                                      Nella  determinazione  dell'indennità  di  esproprio  di un'area edificata, secondo il criterio del valore venale, il valore del sedime, diversamente dalle aree pertinenziali (che,  mantenendo  la  propria  individualità  fisica  e giuridica,  sono  separatamente  indennizzabili), non  è scindibile né autonomamente apprezzabile rispetto al valore  della  costruzione, per  la  quale,  peraltro, l'applicazione  del  predetto  criterio  non  può  escludere  la considerazione  del  corrispettivo  derivante  dalle possibilità  di  trasformazione  dell'edificio  (attraverso ristrutturazioni, demolizioni, riedificazioni ecc.), delle quali occorre tener conto sia in base ad un metodo sintetico-comparativo  sia  in  base  ad  un  metodo  analitico-ricostruttivo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4921/2003
                                      Nell'ipotesi di espropriazione di un fabbricato con un'area  latistante  di  terreno  edificabile, devono adottarsi  diversi  criteri  indennitari:  quello  del valore venale, ex  art.  39  L.  n.  2359  del  1865,  per  il fabbricato,  e  quello  introdotto  dall'art. 5-bis  D.L.  n.  333 del 1992 (conv., con modif., nella L. n. 359 del 1992) per la menzionata area, senza che abbia rilievo il vincolo pertinenziale,  o  comunque  di  accessorietà,  di quest'ultima,  posto  che  le  pertinenze,  ancorché funzionalmente  collegate  con  la  cosa  principale, conservano la propria individualità fisica e giuridica, con conseguente  applicabilità  della  disciplina  ad  esse inerente,  se  diversa  da  quella  della  cosa  cui  accedono; detto vincolo rileva, invece, ai fini della determinazione in concreto del valore dell'area in relazione al "quantum" di edificabilità possibile.