La sanatoria edilizia è una procedura amministrativa che consente di riparare ad un’irregolarità formale presente su un edificio. Si rende necessaria quando lo stato in cui l’immobile si trova è difforme da quello riportato nelle planimetrie depositate presso gli Uffici comunali competenti. In altre parole, la sanatoria edilizia è quella che si rende necessaria quando l’immobile non si trovi nel suo “stato legittimo”.
Ai sensi del comma 1 bis dell’art. 9 bis del T.U. edilizia, "lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.”
Dunque, un immobile si potrà considerare come effettivamente privo di abusi edilizi solo quando la planimetria di progetto e la planimetria dello stato di fatto combaciano perfettamente o, come vedremo più avanti, quando si discostino in maniera “tollerabile”.
Quando ciò non accade, per il soggetto che desidera vendere l’immobile abusivo sarà necessario effettuare una sanatoria, le cui spese saranno a suo carico. Questo in virtù dell’art. 46 del d.P.R. n. 380/2001, che sancisce la nullità degli atti giuridici aventi ad oggetto edifici costruiti abusivamente dopo il 17/03/1985.
Per tal motivo, al momento del rogito è proprio il notaio che chiede al venditore di dichiarare che l’immobile non sia soggetto ad irregolarità edilizie, informandolo sulle conseguenze penali di eventuali dichiarazioni mendaci.
Vi è di più: l’omissione, da parte del venditore, della dichiarazione di irregolarità edilizie gravanti sull’immobile oggetto di compravendita comporterà senz’altro la nullità dell’atto stipulato, con il conseguente obbligo di restituzione del prezzo da lui riscosso al momento della stipula ed un'eventuale, possibile condanna al risarcimento del danno arrecato all'aspirante acquirente.
L’abuso edilizio non è soggetto ad alcuna prescrizione, il che significa che, in mancanza di stato legittimo, la Pubblica Amministrazione potrà sempre procedere a sanzionare l’edificio abusivo, anche a distanza di molto tempo dalla realizzazione dell’abuso edilizio le cui sanzioni, ricordiamo, consistono nell’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria o nell’ordine di demolizione.
Oltre al profilo della legittimità dello stato in cui versa un immobile, c’è un ulteriore aspetto da considerare, e cioè quello pratico: non è possibile effettuare interventi di ristrutturazione edilizia su di un immobile che non versi in stato legittimo.
Infatti, per la presentazione di CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) o SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), è necessario che la documentazione relativa all’immobile da ristrutturare sia in regola. In mancanza, sarà necessario prima pagare una sanzione per la mancata corrispondenza tra lo stato attuale dei luoghi e quello indicato nel titolo abilitativo, dal momento che, alla presentazione di CILA o SCIA, il titolare dovrà dichiarare la regolarità edilizia ed urbanistica dell’immobile, consapevole dell’illiceità di eventuali omissioni che restano sanzionabili sia sotto il profilo amministrativo che, soprattutto, penale.
Vi sono poi alcune difformità tra lo stato di fatto e lo stato di progetto dell’immobile che la legge considera come “tollerabili”. Ai sensi dell’art. 34 bis del T.U. edilizia “il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.
Dunque, a meno che non si tratti di immobili sottoposti alla tutela dei beni culturali, le difformità che si discostino al massimo del 2% - rispetto a quanto previsto nel titolo abilitativo - non costituiranno abuso edilizio e dovranno essere dichiarate dal tecnico abilitato, che renderà così l’immobile legittimo nella propria costruzione.
L’abuso edilizio può concretizzarsi attraverso il mancato rispetto di:
Dunque, un immobile si potrà considerare come effettivamente privo di abusi edilizi solo quando la planimetria di progetto e la planimetria dello stato di fatto combaciano perfettamente o, come vedremo più avanti, quando si discostino in maniera “tollerabile”.
Quando ciò non accade, per il soggetto che desidera vendere l’immobile abusivo sarà necessario effettuare una sanatoria, le cui spese saranno a suo carico. Questo in virtù dell’art. 46 del d.P.R. n. 380/2001, che sancisce la nullità degli atti giuridici aventi ad oggetto edifici costruiti abusivamente dopo il 17/03/1985.
Per tal motivo, al momento del rogito è proprio il notaio che chiede al venditore di dichiarare che l’immobile non sia soggetto ad irregolarità edilizie, informandolo sulle conseguenze penali di eventuali dichiarazioni mendaci.
Vi è di più: l’omissione, da parte del venditore, della dichiarazione di irregolarità edilizie gravanti sull’immobile oggetto di compravendita comporterà senz’altro la nullità dell’atto stipulato, con il conseguente obbligo di restituzione del prezzo da lui riscosso al momento della stipula ed un'eventuale, possibile condanna al risarcimento del danno arrecato all'aspirante acquirente.
L’abuso edilizio non è soggetto ad alcuna prescrizione, il che significa che, in mancanza di stato legittimo, la Pubblica Amministrazione potrà sempre procedere a sanzionare l’edificio abusivo, anche a distanza di molto tempo dalla realizzazione dell’abuso edilizio le cui sanzioni, ricordiamo, consistono nell’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria o nell’ordine di demolizione.
Oltre al profilo della legittimità dello stato in cui versa un immobile, c’è un ulteriore aspetto da considerare, e cioè quello pratico: non è possibile effettuare interventi di ristrutturazione edilizia su di un immobile che non versi in stato legittimo.
Infatti, per la presentazione di CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) o SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), è necessario che la documentazione relativa all’immobile da ristrutturare sia in regola. In mancanza, sarà necessario prima pagare una sanzione per la mancata corrispondenza tra lo stato attuale dei luoghi e quello indicato nel titolo abilitativo, dal momento che, alla presentazione di CILA o SCIA, il titolare dovrà dichiarare la regolarità edilizia ed urbanistica dell’immobile, consapevole dell’illiceità di eventuali omissioni che restano sanzionabili sia sotto il profilo amministrativo che, soprattutto, penale.
Vi sono poi alcune difformità tra lo stato di fatto e lo stato di progetto dell’immobile che la legge considera come “tollerabili”. Ai sensi dell’art. 34 bis del T.U. edilizia “il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.
Dunque, a meno che non si tratti di immobili sottoposti alla tutela dei beni culturali, le difformità che si discostino al massimo del 2% - rispetto a quanto previsto nel titolo abilitativo - non costituiranno abuso edilizio e dovranno essere dichiarate dal tecnico abilitato, che renderà così l’immobile legittimo nella propria costruzione.
L’abuso edilizio può concretizzarsi attraverso il mancato rispetto di:
- regolamenti edilizi vigenti o della normativa in materia sismica;
- Codice dei beni culturali e del paesaggio;
- Codice della Strada o del Codice civile;
- norme di sicurezza o igienico-sanitarie,
e può inoltre essere di tipo documentale o sostanziale.
È documentale l’abuso edilizio commesso in mancanza del permesso di costruire, ma l’intervento risulta essere comunque conforme a quanto prescritto dalla legge; invece, è un abuso sostanziale l’intervento effettuato in violazione delle norme in materia edilizia. In quest’ultimo caso, l’unica sanzione possibile è quella della demolizione dell’edificio costruito mediante un abuso edilizio di tipo sostanziale.
Vediamo ora i possibili abusi designati dal Testo Unico Edilizia:
È documentale l’abuso edilizio commesso in mancanza del permesso di costruire, ma l’intervento risulta essere comunque conforme a quanto prescritto dalla legge; invece, è un abuso sostanziale l’intervento effettuato in violazione delle norme in materia edilizia. In quest’ultimo caso, l’unica sanzione possibile è quella della demolizione dell’edificio costruito mediante un abuso edilizio di tipo sostanziale.
Vediamo ora i possibili abusi designati dal Testo Unico Edilizia:
- art. 31 del T.U. edilizia: interventi eseguiti in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali;
- art. 33 del T.U. edilizia: interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- art. 34 del T.U. edilizia: interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- art. 37 del T.U. edilizia: interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità;
- art. 38 del T.U. edilizia: interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato.
I tipi di sanatoria contemplati dalla legge sono:
- Permesso di costruire in sanatoria (art. 36 del T.U. edilizia): in caso di interventi realizzati in assenza del permesso di costruire, ma solo quando tali interventi siano conformi alle normative in materia edilizia, sarà possibile sanare l’abuso ottenendo il permesso di costruire dietro pagamento di un’oblazione pari al doppio del contributo di costruzione o, quando gratuito, al doppio del contributo per il rilascio del permesso di costruire.
- SCIA in sanatoria (art. 37 del T.U. edilizia): nel caso di interventi eseguiti in mancanza di SCIA, sarà possibile sanare la difformità pagando una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore che l'immobile ha subito grazie alla realizzazione degli interventi, in misura comunque non inferiore a 516 euro.
- CILA tardiva (art. 6 bis del T.U. edilizia): nel caso di interventi eseguiti in mancanza di CILA, sarà possibile presentarla appunto “tardivamente”, ossia in corso d’opera o a fine lavori, mediante il pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro.
Per richiedere la sanatoria, l’istanza va presentata al Comune o alla Regione entro 90 giorni dalla scoperta della difformità. Tale istanza, presentata a mezzo di un tecnico di fiducia incaricato dall’interessato, dovrà essere corredata da tutta la documentazione attestante lo stato di fatto e lo stato di progetto dell’immobile, sì da permettere all’amministrazione competente di inquadrare al meglio la situazione.
Successivamente, il richiedente dovrà pagare il contributo di sanatoria edilizia, calcolato a seconda dell’entità dell'intervento effettuato abusivamente e delle tariffe localmente vigenti.
Entro 60 giorni dal deposito dell’istanza, l’ente competente provvederà, se del caso, all’emanazione di un provvedimento di sanatoria. Per poter essere idoneo alla sanatoria, l’intervento effettuato sull’immobile deve essere soggetto al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ossia deve essere conforme sia alla legge in materia edilizia vigente al momento dell’intervento, che a quella vigente al momento della richiesta. Qualora tale requisito non sia soddisfatto, si dovrà procedere alla demolizione degli interventi effettuati in violazione della legge.
I costi della sanatoria saranno dunque quelli delle sanzioni, calcolate a seconda del caso di specie, da aggiungere all'onorario del tecnico che istruirà la pratica presso il Comune o la Regione di competenza.
Va precisato, infine, che per l’anno 2024 non sono previsti condoni edilizi e, pertanto, la procedura di sanatoria è solo quella ordinaria, indicata nel Testo Unico sull’Edilizia e descritta in questa sede.