Cass. civ. n. 5015/2013
Nel caso in cui alla procedura di concordato preventivo, nel corso della quale si sia realizzata la vendita di un bene immobile con relativo realizzo, sia seguito il fallimento senza soluzione di continuità, per risoluzione del concordato, il credito ICI, relativo al periodo tra la domanda di ammissione al concordato e la vendita, deve essere ammesso al passivo del fallimento in prededuzione, dovendo detto credito ritenersi necessario e funzionale al corso della procedura, ex art. 111, comma secondo, legge fall..
Cass. civ. n. 5035/2012
In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), nell'ipotesi in cui l'immobile sia compreso nel fallimento, gli oneri fiscali sono a carico dell'assuntore del concordato fallimentare omologato che si impegni al pagamento delle spese di procedura, perché tra queste, ai sensi dell'art. 111 legge fall., rientrano, come debiti prededucibili, anche i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, né il creditore del tributo è tenuto ad insinuarsi al passivo, potendo soddisfarsi direttamente sul ricavato della vendita dell'immobile in via preferenziale, ed essendo l'assuntore l'unico obbligato ad eseguire le obbligazioni derivanti dal concordato.
Cass. civ. n. 3402/2012
Ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, ora menzionato dall'art. 111 legge fall., va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare. Invero, la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma anche tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono sugli interessi dell'intero ceto creditorio. (Nella specie, è stato ammesso in prededuzione il credito, sorto in periodo anteriore al fallimento, relativo al corrispettivo di un subappalto concluso con il gruppo della società fallita, cui le opere erano state appaltate da un ente pubblico, sussistendo il nesso di strumentalità tra il pagamento del credito del subappaltatore, da eseguire con detta preferenza e seppur a seguito di riparto, e la soddisfazione del credito della fallita, tenuto conto che il pagamento di quest'ultimo risulta sospeso, ai sensi dell'art. 118, comma 3, del D.L.vo n. 163 del 2006, da parte della stazione appaltante, ed invece può essere adempiuto se consti il pagamento al predetto subappaltatore).
Cass. civ. n. 3581/2011
I crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo, cui segua la risoluzione per inadempimento, non possono, nel successivo fallimento, essere soddisfatti in prededuzione e gli atti solutori degli stessi, sia di natura dispositiva che meramente liquidatoria, sono suscettibili, ricorrendone i presupposti, di revocatoria fallimentare, stante la funzione liquidatoria del concordato, rispetto alla quale la continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del debitore è estranea, in quanto meramente eventuale.
Cass. civ. n. 21643/2010
In tema di INVIM decennale, dovuta dalle società ai sensi dell'art. 3 del d.p.r. n. 643 del 1972 al compimento di ciascun decennio dalla data di acquisto di un immobile, anche la società fallita rientra tra i soggetti cui si applica tale tributo, non operando come condizione di esonero la diversa disposizione di cui all'art. 1 del d.l. n. 396 del 1991 (convertito nella legge n. 65 del 1992), che si è limitata a dichiarare non applicabili ai soggetti falliti l'INVIM straordinaria, imposta dall'art. 1 del d.l. n. 299 del 1991 (convertito nella legge n.363 del 1991) sul possesso degli immobili compresi nello stato attivo alla data del 31 ottobre 1991; ne consegue che, in caso di maturazione del predetto decennio nel corso del fallimento, subentrando la procedura nei rapporti del fallito, e dunque per gli immobili acquisiti all'attivo, il relativo tributo va pagato in prededuzione, dovendosi ritenere incluso, ai sensi dell'art. 111 legge fall., tra quelli contratti per l'amministrazione del fallimento.
Cass. civ. n. 14758/2010
Il credito per l'indennità di preavviso del dirigente di impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa non nasce né dall'amministrazione del fallimento né dalla continuazione dell'esercizio dell'impresa che sia stato eventualmente autorizzato, bensì dalla fattispecie legale di risoluzione del contratto prevista dall'art. 5 del d.l. 26 settembre 1978, n. 576, convertito nella legge 24 novembre 1978, n. 738. Solo qualora sia stata autorizzata la suddetta continuazione dell'esercizio dell'impresa e il rapporto di lavoro con il dirigente sia stato a tal fine mantenuto, i suoi crediti, maturati nel corso del rapporto di lavoro successivamente alla data del decreto di liquidazione coatta amministrativa, sono qualificabili per l'impresa in liquidazione come debiti contratti per la prosecuzione dell'attività e sono, perciò, prededucibili ai sensi dell'art. 111 della legge fall..
Cass. civ. n. 11500/2010
In tema di ripartizione dell'attivo fallimentare, sul ricavato della vendita degli immobili gravati da garanzia reale (nella specie, ipotecaria) vanno collocate in prededuzione non solo le spese riconducibili alla conservazione e alla liquidazione del bene ipotecato ma anche una quota parte del compenso del curatore, ottenuta ponendo a confronto l'attività svolta nell'interesse generale e quella esercitata nell'interesse del creditore garantito, ed infine una porzione delle spese generali della procedura, da determinarsi in misura corrispondente all'accertata utilità delle stesse per il creditore garantito, adottando, ove non sia possibile un'esatta valutazione dell'incidenza delle spese generali su quelle specifiche, il criterio di proporzionalità, la cui applicabilità è tuttavia subordinata alla certezza dell'utilità di tali spese per il creditore garantito.
Cass. civ. n. 9289/2010
Il decreto di rimessione "in bonis" dell'impresa assoggettata ad amministrazione controllata, certificando l'avvenuto superamento dello stato di dissesto che ha dato luogo alla procedura, evidenzia l'assenza d'interdipendenza e continuità tra la stessa e l'eventuale successiva dichiarazione di fallimento. Pertanto, il fallimento che agisca in revocatoria relativamente a pagamenti eseguiti nel corso dell'amministrazione controllata, è tenuto, al fine di escludere la prededucibilità dei crediti cui si riferiscono i pagamenti, a fornire la prova dell'identità dello stato d'insolvenza che ha dato luogo alle due procedure, in quanto tale prova, che sarebbe superflua in caso di consecuzione tra amministrazione controllata e fallimento, si rende invece necessaria in ragione della buona riuscita del tentativo di risanamento. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che, pur escludendo la consecuzione tra le procedure, in quanto il fallimento era stato dichiarato otto mesi dopo la positiva chiusura dell'amministrazione controllata, aveva accolto l'azione revocatoria, desumendo la conoscenza dello stato d'insolvenza dall'avvenuta ammissione dell'impresa alla procedura minore e dalla stipulazione nel corso della stessa di un accordo stragiudiziale con il quale il creditore rinunciava a parte dei propri crediti anteriori all'apertura della procedura).
Cass. civ. n. 10599/2009
Nell'ipotesi in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l'espropriazione di immobili del fallito, a norma dell'art. 107 legge fall., il curatore si sostituisce al creditore istante, e tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento da parte del curatore o un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell'esecuzione e, se non sia stato nominato un custode diverso dal debitore, anche la custodia dei beni pignorati si trasferisce immediatamente in capo al curatore, ex artt. 42 legge fall. e 559 c.p.c. Ne consegue che, in caso di danni subiti da un immobile acquistato all'incanto in sede di esecuzione individuale e rimasto privo di custodia tra l'aggiudicazione e la consegna, della relativa obbligazione risarcitoria risponde la massa, dovendosi pertanto ammettere il relativo credito, ove insinuato al passivo, tra quelli prededucibili ex art. 111 n. 1 legge fall.
Cass. civ. n. 6709/2009
Allorché il curatore fallimentare abbia ricevuto un pagamento poi assoggettato ad azione revocatoria, ex art. 67 legge fall., esercitata con successo dal curatore del "solvens", a sua volta dichiarato fallito, la circostanza non vale a trasformare il conseguente credito restitutorio, in capo alla parte vittoriosa, in obbligazione prededucibile; ai fini del riconoscimento di tale qualità, infatti, costituiscono debiti di massa, ex art. 111 legge fall., solo le spese di procedura e le obbligazioni contratte dall'amministrazione del fallimento e per la continuazione autorizzata dell'esercizio dell'impresa, mentre non rileva che il credito tragga origine da un versamento effettuato in favore dell'organo concorsuale, limitandosi questi a subentrare nella posizione sostanziale e processuale del fallito ed in tale veste conseguendo un pagamento lecito, reso inefficace con la predetta azione costitutiva.
Cass. civ. n. 18565/2008
In tema di liquidazione coatta amministrativa, il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso, in favore del lavoratore dipendente il cui rapporto di lavoro sia continuato con l'amministrazione della l.c.a., può essere soddisfatto in prededuzione solo in quanto trovi esclusivo fondamento nella gestione del rapporto da parte del curatore, laddove, ove la cessazione del rapporto sia avvenuta "ex lege" (nella specie, nell'ambito della disciplina di cui all'art. 5 del d.l. 576 del 1978, conv. in legge 738 del 1978, in relazione a dirigenti dell'impresa il cui rapporto non sia proseguito con l'impresa cessionaria, per mancata domanda del dirigente o mancato accoglimento della stessa), il credito in questione potrà essere soddisfatto solo nell'ambito della liquidazione dell'attivo fallimentare, al pari di ogni altro credito di lavoro.
Cass. civ. n. 15690/2008
Il credito di rivalsa Iva di un professionista che, eseguite prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento (nella specie, a seguito del pagamento ricevuto in esecuzione di un riparto parziale ), non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione ai sensi dell'art. 111, primo comma, legge fall. (applicabile nel testo ratione temporis ), in quanto la disposizione dell'art. 6 del D.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale rilevante in ogni campo del diritto, cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l'evento generatore del credito di rivalsa Iva, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso. Il medesimo credito di rivalsa può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all'art. 2758, secondo comma, c.c., nel testo di cui all'art. 5 della legge n. 426 del 1975, nel caso in cui sussistano beni che il creditore ha l'onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo su cui esercitare la causa di prelazione. Nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, non è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell'art. 2041 c.c., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell'Iva di cui alla fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema normativo concorsuale.
Cass. civ. n. 16426/2007
La prededuzione, ammissibile anche nel concordato preventivo, deve corrispondere ai debiti della massa, contratti cioè per le spese e dunque a causa dello svolgimento e della gestione della procedura, nell'interesse dei creditori; deve escludersi tale natura al credito per il prezzo di una vendita coattiva, nel caso in cui la citazione per la esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, in relazione al preliminare stipulato quando le parti erano in bonis, sia stata notificata al debitore anteriormente all'apertura del concordato, mentre la sentenza costitutiva sia sopravvenuta quando il concordato era già stato omologato e si era aperta la fase della liquidazione.
Cass. civ. n. 13663/2007
I crediti per i servizi resi in favore della custodia giudiziaria della società fallita maturano nei confronti di quest'ultima, non essendo la custodia un soggetto diverso dall'ente fallito ma l'organo di una procedura aperta in una situazione di inadempienza della debitrice, assoggettata a procedimento espropriativo; tali crediti devono, pertanto, essere verificati in sede concorsuale, quand'anche abbiano titolo alla prededuzione.
Cass. civ. n. 13672/2006
Il criterio per porre le spese per l'acquisto di beni mobili anche sulla massa attiva immobiliare ai sensi dell'art. 111 n. 1 legge falliment. è quello della utilità generalizzata dell'attività compiuta dalla procedura, in favore dell'intera massa passiva concorsuale, così da assumere il carattere della prededuzione piena ed assoluta, ovvero della utilità specifica di singole categorie di creditori, sulle quali tale onere deve riflettersi.
Cass. civ. n. 2329/2006
In sede di riparto dell'attivo, la prededuzione delle spese sostenute nel corso della procedura fallimentare incide sul ricavato del bene oggetto di garanzia speciale nei limiti in cui tali spese si riferiscano all'esecuzione relativa a detto bene, e tali limiti vanno individuati nelle spese specificamente sostenute per l'amministrazione e liquidazione del medesimo bene e in un'aliquota delle spese generali, da calcolarsi, in relazione alle circostanze concrete, in misura corrispondente (secondo l'apprezzamento del giudice di merito) all'utilità — anche solo potenziale, cioè sperata, ma non concretamente realizzata — del creditore garantito.
Cass. civ. n. 1186/2006
In tema di opposizione allo stato passivo, non sono ammesse in prededuzione le spese sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, senza che assuma rilievo la sua qualità di litisconsorte necessario, non potendosi desumere da essa la inerenza delle spese sostenute all'amministrazione del fallimento o alla sua conservazione.
Cass. civ. n. 18194/2004
In tema di fallimento, l'obbligo di pagamento della tassa di possesso relativa a veicoli di proprietà di una società fallita — tassa prevista dall'art. 5, commi trentunesimo ss., del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953 (convertito nella legge 28 febbraio 1983, n. 53) —, qualora sia sorto dopo la dichiarazione di fallimento, costituisce indubbiamente un debito di massa e, come tale, prededucibile ai sensi dell'art. 111 legge fall., il quale riguarda tutte le obbligazioni sorte appunto dopo la dichiarazione di fallimento e collegate alla gestione del patrimonio del fallito, nel quale certamente rientrano le autovetture anzidette, delle quali la curatela ha la disponibilità. Ne consegue che legittimamente il relativo credito tributario viene fatto valere, in caso di contestazione, in sede contenziosa con il procedimento previsto dagli artt. 98 e segg. legge fall.
Cass. civ. n. 335/2004
In sede di ripartizione fallimentare delle somme ricavate dalla vendita di beni oggetto di ipoteca, i crediti ipotecari prevalgono sui crediti prededucibili che ineriscano ad obbligazioni sorte nell'ambito dell'amministrazione controllata, precedente al fallimento, anche nel caso non vi siano beni diversi da quelli ipotecati sul cui ricavo collocare utilmente i detti crediti prededucibili, salvo che gli stessi si ricolleghino ad attività direttamente e specificamente rivolte ad incrementare o ad amministrare o a liquidare i beni ipotecati, ovvero comunque rechino ai titolari specifiche utilità (non individuabili nella semplice esistenza della procedura di risanamento), e salvo il limite di un'aliquota delle spese generali, che deve in ogni caso gravare sui beni assoggettati a garanzia reale.
Cass. civ. n. 1832/2003
Il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso in favore del lavoratore dipendente, il cui rapporto di lavoro sia continuato con l'amministrazione fallimentare, per le esigenze del fallimento, dopo la dichiarazione di questo, va integralmente soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell'art. 111, n. 1, legge fall., e non è consentito il frazionamento dell'indennità ai fini della sua parziale collocazione tra i crediti concorrenti nel passivo fallimentare, atteso che il diritto all'indennità in questione, equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, ai sensi dell'art. 2118 c.c., trova esclusivo fondamento nella gestione del rapporto da parte del curatore.
Cass. civ. n. 13056/2002
Con riferimento all'ipotesi di concordato preventivo cui abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento, il credito relativo a mutuo contratto, con l'autorizzazione del giudice delegato, dall'imprenditore (il quale, come si evince dall'art. 167 legge fall., non è spossessato dei beni, ma conserva l'amministrazione di essi e l'esercizio dell'impresa e può validamente obbligarsi, da solo, nell'ambito dell'amministrazione ordinaria e, previa autorizzazione del giudice delegato, nell'ambito dell'amministrazione straordinaria), per effettuare il deposito (ai sensi dell'art. 163, n. 4 legge fall.) della somma necessaria per le spese della procedura di concordato, non costituisce debito di massa, ma debito contratto dall'imprenditore nel suo esclusivo interesse e, come tale, non può essere soddisfatto in prededuzione, atteso che il predetto deposito non si identifica, agli effetti dell'art. 111, n. 1, legge fall., con le spese del procedimento che lo stesso mira a soddisfare, né il mutuo a tal fine stipulato è riconducibile ai debiti contratti per la gestione della procedura, a nulla rilevando l'autorizzazione concessa dal giudice delegato, la quale è volta semplicemente a porre la massa dei creditori anteriori al riparo dai pregiudizi derivanti dall'indiscriminata assunzione di nuove obbligazioni da parte del debitore, e non trasforma, dunque, l'operazione di finanziamento dell'imprenditore in debito contratto, nell'interesse dei creditori, dagli organi della procedura per la gestione della stessa.
Cass. civ. n. 11580/2002
In tema di fallimento susseguente alla procedura di concordato preventivo, deve escludersi la prededucibilità, in seno alla procedura fallimentare, del credito vantato dal garante del concordato per effetto di pagamenti effettuati non già in adempimento di debiti contratti dal debitore poi fallito ai fini della continuazione dell'impresa, bensì (come nella specie) in adempimento di crediti concorsuali sorti anteriormente alla domanda di concordato.
Cass. civ. n. 9262/2002
L'incarico professionale conferito, in assenza di autorizzazione del giudice delegato, dall'imprenditore il quale si trovi in regime di amministrazione controllata o di concordato preventivo, ove si inserisca nel quadro di un piano di risanamento dell'impresa, allo scopo di conservare il patrimonio e prevenire il fallimento, si rivela estraneo tanto alla categoria degli atti di straordinaria quanto a quella degli atti di ordinaria amministrazione, come tali insuscettibili di autorizzazione. La relativa spesa, pertanto, in caso di successiva dichiarazione di fallimento, non va inclusa, ove non autorizzata, tra le passività concorsuali.
Cass. civ. n. 4715/1996
La disciplina del comma 2 dell'art. 72 L. fall. (a norma del quale il curatore subentrante nel contratto di somministrazione deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute), non essendo attuazione concreta di un principio generale attinente alla natura del contratto, non può avere generale applicazione a tutti i casi di continuazione del rapporto nel corso di procedure concorsuali cui detta disciplina specifica non sia normativamente estesa; né il carattere eccezionale della disciplina stessa, tipicamente connessa ad una procedura concorsuale e liquidatoria con carattere satisfattivo, può comportare l'applicazione analogica ad altre procedure, come l'amministrazione controllata, in cui la concorsualità assume connotazioni particolari, con finalità essenzialmente conservative delle condizioni originarie del concorso, in relazione alla temporaneità dell'esperimento della singola procedura. Ne consegue che il credito da somministrazione maturato da un soggetto agente in situazione di monopolio, ex art. 2597 c.c., per erogazioni di energia elettrica eseguite in favore di una impresa in periodo anteriore all'ammissione della stessa alla procedura di amministrazione controllata, non ha il carattere della prededucibilità nella consecutiva procedura di amministrazione straordinaria, cui la somministrata sia stata successivamente ammessa.