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Articolo 578 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione e nel caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione

Dispositivo dell'art. 578 Codice di procedura penale

1. (1)Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia [151 c.p.] o per prescrizione [157 c.p.], decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

1-bis. Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 344 bis, rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile(2).

1-ter. Nei casi di cui al comma 1-bis, gli effetti del sequestro conservativo disposto a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato permangono fino a che la sentenza che decide sulle questioni civili non è più soggetta a impugnazione(3).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


[omissis]
1-bis. Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare improcedibile l'azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 344-bis, rinviano per la prosecuzione al giudice civile
competente per valore in grado di appello, che decide valutando le prove acquisite nel processo penale.

1-bis. Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 344-bis, rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.
1-ter. Nei casi di cui al comma 1-bis, gli effetti del sequestro conservativo disposto a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato permangono fino a che la sentenza che decide sulle questioni civili non è più soggetta a impugnazione.

__________________

(1) La rubrica è stata modificata dall'art. 2, comma 2, lettera b), della L. 27 settembre 2021, n. 134.
(2) Comma modificato dall'art. 33, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
(3) Comma introdotto dall'art. 33, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

La norma in esame trova la propria ratio nell'esigenza di evitare che la parte civile, uscita vittoriosa in primo grado o in appello, patisca poi conseguenze pregiudizievoli.

Spiegazione dell'art. 578 Codice di procedura penale

L’art. 578 c.p.p. (come modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) disciplina la decisione sugli effetti civili da parte del giudice dell’impugnazione (giudice di appello o Cassazione) in due ipotesi specifiche: nel caso di dichiarazione dell’estinzione del reato per amnistia o per prescrizione; nel caso di dichiarazione dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione ex art. 344 bis del c.p.p..

Il comma 1 prende in considerazione l’ipotesi in cui sia stata pronunciata, nei confronti dell’imputato, una sentenza di condanna (anche generica) alle restituzioni o al risarcimento del danno in favore della parte civile e si debba dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione. In tal caso, il giudice dell’impugnazione – nel dichiarare l’estinzione del reato per amnistia o prescrizione – decide sull’impugnazione ai soli effetti civili (ossia, ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che riguardano gli interessi civili).

La disposizione trova chiaramente applicazione quando l’imputato, dopo esser stato condannato alle restituzioni ed al risarcimento per i danni causati dal reato, impugni la sentenza solo per ottenere vantaggi in tal senso, dato che il reato è estinto.

L’amnistia e la prescrizione due cause di estinzione del reato:
  • l’amnistia è l’atto con cui c’è la rinuncia dello Stato all’applicazione della pena nei confronti di chi abbia commesso un reato prima dell’entrata in vigore della legge che concede tale beneficio (l’amnistia non può applicarsi a chi abbia commesso un reato il giorno seguente alla presentazione del disegno di legge, determinandosi altrimenti una licenza a delinquere). Se l’amnistia interviene prima che ci sia stata una condanna irrevocabile, si parla di amnistia propria. Viceversa, si parla di amnistia impropria.
  • la prescrizione fa cessare la pretesa punitiva dello Stato per il decorso del tempo stabilito dalla legge senza che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna.

Il nuovo comma 1-bis (come modificato dalla riforma Cartabia) disciplina l’ipotesi in cui sia stata pronunciata, nei confronti dell’imputato, sentenza di condanna (anche generica) alle restituzioni o al risarcimento del danno in favore della parte civile, nonché in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili. In tal caso, qualora si debba dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini massimi di durata del giudizio di impugnazione ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 344 bis del c.p.p. (mancata definizione del giudizio di appello entro due anni e mancata definizione del giudizio in Cassazione entro un anno dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 544 del c.p.p., come eventualmente prorogato per il deposito della motivazione), il giudice dell’impugnazione rinvia per la prosecuzione al giudice civile competente nello stesso grado, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.

Infine, il comma 1-ter (introdotto dalla riforma Cartabia) stabilisce che, nei casi previsti dal comma 1-bis, gli effetti del sequestro conservativo disposto a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato permangono finché la sentenza, che decide sulle questioni civili, non è più soggetta ad impugnazione (cioè, quando la sentenza diventa irrevocabile).

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
In attuazione dei criteri di cui alla legge delega, le nuove disposizioni disciplinano i rapporti dell’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione con l’azione civile esercitata nel processo penale e la confisca disposta con la sentenza impugnata.


L’attuale regime applicabile in caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione regola in modo omogeneo le due ipotesi negli artt. 578 e 578 bis c.p.p., attribuendo al giudice penale il compito di decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, o ai soli effetti della confisca “in casi particolari”, secondo un’impostazione che, tuttavia, è in parte superata alla luce del quadro normativo sopravvenuto e, comunque, riguardando la diversa ipotesi di proscioglimento per estinzione del reato, non è mutuabile per disciplinare i rapporti tra azione civile o confisca e improcedibilità per superamento dei termini massimi del giudizio di impugnazione.
Per attuare la delega con riguardo ai rapporti con la dichiarazione d’improcedibilità, quindi, occorre tenere conto dei principi ricavabili dalla stessa legge n. 134 del 2021 e dei principi generali del sistema.


Quanto ai principi ricavabili dalla legge delega, la direttiva che impone di «disciplinare i rapporti tra l’improcedibilità dell’azione penale […] e l’azione civile esercitata nel processo penale, nonché i rapporti tra la medesima improcedibilità dell’azione penale e la confisca disposta con la sentenza impugnata», non fornisce indicazioni specifiche su come atteggiare tali rapporti, lasciando astrattamente aperte soluzioni diverse (quali la caducazione delle statuizioni civili e in materia di confisca o la prosecuzione o devoluzione del giudizio in altra sede).
Dirimente, quindi, nell’orientare la scelta del legislatore delegato, è il quadro generale di sistema. Sotto tale profilo, occorre considerare che la pronunzia di improcedibilità ha carattere processuale e, come tale, impedisce di proseguire nell’esame del merito e di giungere a una condanna definitiva, caducando la precedente pronuncia.


L’improcedibilità preclude, quindi, l’applicazione della confisca che presuppone una “condanna” (comunque la si voglia intendere, tanto in senso formale, quanto in senso sostanziale).
Né può ricorrersi a un’estensione della differente disciplina prevista dall’art. 578 bis c.p.p. nel caso di estinzione del reato per prescrizione, poiché il superamento dei termini massimi previsti per il giudizio di impugnazione è uno sbarramento processuale che impedisce qualsivoglia prosecuzione del giudizio, anche solo finalizzata all’accertamento della responsabilità da un punto di vista sostanziale e svincolato dalla forma assunta dal provvedimento (come invece consentito, a seguito della sentenza della C. Cost., 26.3.2015 n. 49, nel caso di sentenza di proscioglimento per prescrizione).
Sarebbe impropria, del resto, l’assimilazione di una causa impediente della prosecuzione del giudizio, di natura processuale, a una causa estintiva del reato, che è fenomeno attinente al merito del processo.


Esclusa la possibilità che il processo penale prosegua ai soli effetti della confisca, un’alternativa che trasferisca altrove l’accertamento dei suoi presupposti, consentendo all’imputato di difendersi anche in ordine alla responsabilità penale, non è proponibile, trattandosi di misura che deve essere applicata in un procedimento giurisdizionale informato a tutte le garanzie costituzionali e convenzionali della materia penale (ivi inclusa la garanzia della ragionevole durata).
Pertanto, non si potrebbe trasferire nel procedimento di prevenzione l’azione patrimoniale dopo che la confisca sia stata applicata con una sentenza penale non definitiva.


L’imputato potrebbe difendersi rispetto alla decisione di confisca, appellando anche o soltanto i punti riguardanti la responsabilità penale (presupposto della confisca), che non potrebbero essere decisi, seppur incidenter tantum, dal giudice della prevenzione.
Neppure potrebbe essere previsto un trasferimento della decisione al giudice penale dell’esecuzione. Se l’azione patrimoniale fosse trasferita in sede esecutiva dopo una sentenza penale di condanna non definitiva, senza il presupposto dell’accertamento (definitivo) sul tema della responsabilità penale, nel procedimento dinanzi al giudice dell’esecuzione dovrebbe paradossalmente svolgersi il controllo sul giudizio penale di primo grado demandato alle impugnazioni (appello e ricorso per cassazione) penali.


In definitiva, il criterio di delega riguardante «i rapporti tra l’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione […] e la confisca disposta con la sentenza impugnata» non può che attuarsi nel senso della privazione di effetti della confisca in sede penale, con la sola eccezione costituita dalle ipotesi di confisca obbligatoriamente prevista dalla legge anche fuori dai casi di condanna (come è, ad esempio, per le cose intrinsecamente criminose di cui all’art. 240, secondo comma, n. 2 c.p.).


Non di meno, nel caso in cui, con la sentenza impugnata, sia stata disposta la confisca di beni in sequestro, si prevede che il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare l’improcedibilità ai sensi dell’art 344 bis c.p.p., trasmetta gli atti all’autorità giudiziaria competente per la proposta di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, affinché la stessa valuti la sussistenza dei presupposti per l’instaurazione del procedimento di prevenzione e l’applicazione, anche in via d’urgenza, di misure conservative, in vista dell’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale.
Non si tratta, quindi, di trasferimento o prosecuzione del giudizio ai fini della confisca penale in altra sede, ma di impulso per l’eventuale attivazione di altra e distinta procedura, da svolgersi nel rispetto della propria disciplina, dettata dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
Onde garantire il necessario coordinamento tra le procedure e impedire l’eventuale dispersione dei beni sequestrati in sede penale nelle more della decisione del giudice della prevenzione, si prevede che il sequestro penale cessi di avere effetto se, entro novanta giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, non è disposto il sequestro dal tribunale competente per le misure di prevenzione, ai sensi dell’articolo 20 o 22 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.


Analoga contraddizione sistematica, in ragione del carattere processuale e impediente della pronuncia di improcedibilità, produrrebbe una prosecuzione del giudizio di impugnazione ai soli effetti civili, considerata la natura accessoria dell’azione civile nel processo penale.
A tale ultimo riguardo, peraltro, soccorre un ulteriore dato sistematico, ricavabile dalla disposizione già in vigore introdotta nel comma 1 bis dell’art. 578 c.p.p., ad opera della legge n. 134 del 2021, secondo cui, in caso di condanna per la responsabilità civile, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare improcedibile l’azione penale ai sensi dell’art. 344 bis c.p.p, rinvia per la prosecuzione al giudice civile.


Il legislatore, per quanto concerne i rapporti tra improcedibilità e azione civile, ha quindi scelto di percorrere una “terza via”, mediana rispetto alla soluzione di lasciare al giudice penale il compito di decidere sulla domanda risarcitoria nonostante l’improcedibilità e a quella di imporre una riproposizione della domanda al giudice civile di primo grado.
La scelta punta a ridurre il carico di lavoro del giudice penale nella fase delle impugnazioni, assicurando il diritto della parte civile a una decisione sull’azione risarcitoria in tempi non irragionevoli.


In coerenza con tale scelta e con la ratio stessa della legge n. 134/2021, pertanto, si propone di attuare la delega in ordine ai rapporti tra improcedibilità dell’azione penale e azione civile trasferendo la decisione al giudice civile.
L’opzione di trasferire al giudice civile la decisione sull’impugnazione, dopo la formazione del giudicato sui capi penali, sviluppa il percorso esegetico seguito dalla giurisprudenza costituzionale relativa all’art. 578, comma 1, c.p.p e, quindi, si basa sul presupposto che, per non incorrere in violazioni della presunzione d’innocenza dell’imputato, è necessario restringere l’oggetto di accertamento al solo diritto del danneggiato al risarcimento del danno, dopo lo spartiacque del giudicato.


È pertanto ragionevole attribuire il compito di decidere al giudice civile, in una situazione in cui devono essere verificati gli estremi della responsabilità civile, senza poter accertare nemmeno incidentalmente la responsabilità penale. Ciò accade già, secondo la sentenza costituzionale n. 182 del 2021, nelle ipotesi coperte dall’art. 578, comma 1, c.p.p dove “il giudice penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria, non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice”, ma “se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano (art. 2043 cod. civ.)”, valutando quindi se la condotta contestata “si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno”.
Secondo la Corte costituzionale, “la mancanza di un accertamento incidentale della responsabilità penale in ordine al reato estinto per prescrizione non preclude la possibilità per il danneggiato di ottenere l’accertamento giudiziale del suo diritto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, la cui tutela deve essere assicurata, nella valutazione sistemica e bilanciata dei valori di rilevanza costituzionale al pari di quella, per l’imputato, derivante dalla presunzione di innocenza” (sent. n. 182/2021, par. 14 m.).


Questa ricostruzione è stata portata alle logiche conseguenze in sede di attuazione della legge delega, nella parte in cui impone di disciplinare i rapporti tra l’improcedibilità dell’azione penale e l’azione civile. L’art. 578, comma 1 bis, c.p.p. è stato pertanto modificato, includendo il riferimento ad “ogni caso” di impugnazione della sentenza “anche” per gli interessi civili (quindi anche in mancanza di una pronuncia di condanna alle restituzioni o al risarcimento dei danni).


La “prosecuzione” del processo davanti al giudice civile, disposta dopo il necessario controllo del giudice penale sull’assenza di cause d’inammissibilità dell’impugnazione, non determina effetti pregiudizievoli per la parte civile o per l’imputato né dal punto di vista cognitivo, in quanto il giudice competente deve decidere tutte le “questioni civili”, con esclusione di quelle penali coperte dal giudicato (la decisione civile non potrebbe quindi incidere sulla presunzione d’innocenza), né dal punto di vista probatorio, in quanto restano utilizzabili le prove acquisite nel processo penale, in contraddittorio con l’imputato, oltre a quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.


Onde salvaguardare anche le cautele reali che assistono la domanda civile in sede penale, si introduce, con il nuovo comma 1 ter dell’art. 578 c.p.p., una disposizione che – in deroga a quanto previsto dall’art. 317, comma 4, c.p.p. (a tal fine opportunamente interpolato) – prevede, nel caso di trasferimento dell’azione civile, la persistenza degli effetti del sequestro conservativo disposto a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato fino a che la sentenza che decide sulle questioni civili non sia più soggetta a impugnazione.

Massime relative all'art. 578 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 5433/2020

La declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non consente di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, poichè si può far luogo alle statuizioni civili nel giudizio penale solo in presenza di una sentenza di condanna o nelle ipotesi previste dall'art. 578 cod. proc. pen., tra le quali non rientra quella di cui all'art. 131-bis cod. pen. (Annulla in parte senza rinvio, CORTE APPELLO SALERNO, 13/11/2019).

Cass. pen. n. 20568/2018

All'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo il caso in cui il giudice, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, sia chiamato a valutare, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen. il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, senza limitarsi al criterio di economia processuale ex art. 129 cod. proc. pen..

Cass. pen. n. 28959/2017

Nell'ipotesi in cui, a seguito di appello proposto dall'imputato, il giudice dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizione, l'accertamento giudiziale prosegue ai soli fini dell'accertamento della responsabilità civile, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen., secondo le regole e le garanzie del processo penale. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d'appello che, rilevata l'intervenuta prescrizione del reato, aveva respinto la richiesta di rinnovazione dibattimentale avanzata dall'imputato in ragione del fatto che l'imputato, non avendo rinunciato alla prescrizione, aveva limitato il suo interesse alla dimostrazione dell'assenza di responsabilità ai fini civili).

Cass. pen. n. 18889/2017

Nel giudizio di impugnazione, il giudice, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale è intervenuta condanna, deve decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, non essendo sufficiente, ai fini della conferma della condanna al risarcimento del danno, dare atto della insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 46688/2016

In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell' impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire "ex novo" nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l'eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile.

Cass. pen. n. 46257/2013

Non sussistono i presupposti per l'operatività dell'art. 578 cod. proc. pen. nel caso in cui il giudice di appello, in riforma della sentenza di primo grado di assoluzione debba pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione ed, in assenza della impugnazione della parte civile, nemmeno sussistono i presupposti per l'applicabilità dell'art. 576 cod. proc. pen., che conferisce al Giudice della impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza relativo alla azione risarcitoria, anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

Cass. pen. n. 28289/2013

Il giudice di appello nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili ed, a tal fine, i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno dalla mancanza di prova dell'innocenza degli imputati secondo quanto previsto dall'art. 129 c.p.p..

Cass. pen. n. 26016/2013

La disciplina di cui all'art. 578 c.p.p. non si applica quando appellante o ricorrente sia la parte civile, alla quale la previsione contenuta nell'art. 576 c.p.p. riconosce il diritto ad una decisione incondizionata sul merito della propria domanda.

Cass. pen. n. 5764/2013

La previsione di cui all'art. 578 cod. proc. pen. - per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l'estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo grado condanna, sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili - comporta che i motivi di impugnazione dell'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna (anche solo generica) al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen.; qualora, pertanto, tale motivazione manchi, l'annullamento della sentenza di appello, limitatamente alla conferma delle statuizioni civili, deve essere disposto con rinvio al giudice penale.

Cass. pen. n. 25083/2006

Il giudice di appello, nel dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, atteso che l'art. 576 c.p.p. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

Cass. pen. n. 7816/2006

Ai fini dell'operatività del disposto di cui all'art. 578 c.p.p., secondo cui la Corte d'appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto un reato per amnistia o prescrizione, decidono comunque sull'impugnazione ai soli effetti civili, quando vi sia stata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni in favore della parte civile, tale condizione può dirsi sussistente solo quando si sia in presenza di condanna validamente pronunciata, per cui essa è da escludere nel caso in cui, assolto l'imputato in primo grado e condannato in appello, la sentenza d'appello sia stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto illegittima la decisione del giudice di rinvio il quale, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, aveva tuttavia ritenuto sussistente la civile responsabilità degli imputati, condannandoli quindi al risarcimento dei danni).

Cass. pen. n. 31314/2005

L'intervenuta estinzione del reato per morte del reo, nel determinare la cessazione del rapporto processualpenalistico, comporta anche la caducazione delle statuizioni civilistiche adottate con la sentenza non ancora definitiva nei di lui confronti.

Cass. pen. n. 28116/2004

In tema di declaratoria di estinzione del reato, l'art. 578 c.p.p. prevede che il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili e per tale decisione devono ovviamente esaminare e valutare i motivi della impugnazione proposta dall'imputato. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha annullato in parte qua la sentenza della Corte di appello, la quale, dopo aver derubricato il delitto originariamente contestato all'imputato in una contravvenzione dichiarata estinta per prescrizione, confermava le statuizioni civilistiche della sentenza impugnata).

Cass. pen. n. 21102/2004

L'art. 578 c.p.p. prevede che il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, siano tenuti a decidere sulla impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Nella prospettiva di tale decisione, i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna (anche solo generica) al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza degli imputati, secondo quanto previsto dall'art. 129 comma secondo c.p.p. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto del tutto insufficiente la motivazione con la quale il giudice di appello aveva ritenuto desumibile la prova del reato « dalle indagini espletate nel corso del giudizio» senza che fossero state prese in esame le specifiche censure mosse dall'imputato alla sentenza di primo grado ed ha disposto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, rinviando al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell'art. 622 c.p.p.).

Cass. pen. n. 33398/2002

La decisione del giudice dell'impugnazione sugli effetti civili del reato estinto presuppone che la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli interessi civili, mentre, qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado ed il giudice erroneamente non l'abbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dell'art. 578 c.p.p., poiché tale decisione presuppone una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado. (In applicazione di tale principio la S.C. ha annullato la decisione del giudice di appello che aveva dichiarato — a seguito di derubricazione — l'estinzione del reato per essere maturato il termine prescrizionale prima della pronuncia di primo grado, confermando, inoltre, le statuizioni civili della sentenza di primo grado, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile).

Cass. pen. n. 19026/2002

Qualora il giudice d'appello, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, impugnata dal pubblico ministero e dalla parte civile, dichiari — nel presupposto della ritenuta configurabilità della responsabilità penale dell'imputato — l'estinzione del reato per sopravvenuto maturarsi del termine prescrizionale, è da escludere che a tale declaratoria possa accompagnarsi, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., la condanna dell'imputato medesimo al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Cass. pen. n. 12762/2002

Il giudice d'appello, qualora, su impugnazione del pubblico ministero e della parte civile, ritenga configurabile la penale responsabilità dell'imputato, negata dal giudice di primo grado, dichiarando nel contempo l'estinzione del reato per prescrizione (nella specie, in conseguenza della ritenuta riconducibilità delle attenuanti generiche), può nel contempo pronunciare condanna dell'imputato medesimo al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non ostandovi il disposto dell'art. 578 c.p.p. da riguardarsi, nell'ipotesi data, come inconferente.

Cass. pen. n. 16067/2001

In tema di declaratoria di estinzione del reato, l'art. 578 c.p.p. prevede che il giudice di appello, nel caso sussista costituzione di parte civile, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, debba operare una duplice valutazione, da un lato al fine di stabilire se sussistano gli estremi del reato dal quale la parte civile fa discendere il proprio diritto al risarcimento, e dell'altro onde accertare, sia pure in modo sommario, la sussistenza di tale diritto.

Cass. pen. n. 6742/1999

In tema di declaratoria di estinzione del reato, l'art. 578 c.p.p. prevede che il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili; al fine di tale decisione i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno dalla mancanza di prova della innocenza degli imputati secondo quanto previsto dall'art. 129, secondo comma, c.p.p.

Cass. pen. n. 10086/1998

È illegittima la sentenza d'appello nella parte in cui, accertando che la prescrizione del reato è maturata prima della pronuncia di primo grado, conferma le statuizioni civili in questa contenute; in tale ipotesi, infatti, non sussistono i presupposti in presenza dei quali l'art. 578 c.p.p. consente al giudice dell'impugnazione di decidere sugli effetti civili anche nel caso in cui dichiari l'estinzione del reato. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza d'appello che, dichiarando - a seguito di derubricazione - a seguito di derubricazione - l'estinzione del reato per essere maturato il termine prescrizionale prima della pronuncia di primo grado, aveva comunque confermato le statuizioni relative all'azione civile in quest'ultima contenute e condannato l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile).

Cass. pen. n. 1983/1997

In tema di declaratoria di estinzione del reato, l'art. 578 c.p.p. prevede che il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili e per tale decisione devono ovviamente esaminare e valutare i motivi della impugnazione proposta dall'imputato. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha annullato «in parte qua» la sentenza della corte di appello, la quale, senza prendere in alcun modo in esame gli articolati motivi di appello degli imputati, aveva confermato le statuizioni civili della sentenza di primo grado limitandosi a richiamare l'art. 578 c.p.p., interpretandolo erroneamente come se dalla ritenuta mancanza di prova della «innocenza» degli imputati dovesse automaticamente derivare la conferma della condanna al risarcimento dei danni).

Cass. pen. n. 10498/1995

L'art. 578 c.p.p., che prevede la decisione da parte del giudice dell'impugnazione sugli efetti civili del reato estinto per amnistia o prescrizione quando nei confronti dell'imputato sia stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni, non trova applicazione nell'ipotesi di ricorso avverso sentenza di patteggiamento, poiché con questa il giudice non decide sulla domanda della parte civile, salvo che sulle spese.

Cass. pen. n. 6881/1995

Nel caso in cui il giudice di primo grado, invece di dichiarare estinto il reato per amnistia, abbia giudicato sul merito, ritenendo erroneamente sussistente un'aggravante, ed abbia condannato l'imputato al risarcimento del danno, il giudice del gravame che, correggendo l'errore ed eliminando l'aggravante, dichiari estinto il reato, non può decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle statuizioni civili, sia perché tale decisione deve avere come presupposto una pronuncia di condanna sugli effetti civili emessa validamente in primo grado, sia perché gli effetti della sentenza di appello vanno sempre riportati al momento di quella di primo grado.

Cass. pen. n. 6198/1995

Presupposto per l'applicazione della norma dell'art. 578 c.p.p. — secondo cui quando è stata pronunciata condanna dell'imputato al risarcimento dei danni cagionati dal reato il giudice dell'impugnazione che dichiari estinto il reato decide tuttavia sulla impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili — è che l'estinzione del reato sia dichiarata per amnistia o per prescrizione: tale presupposto non può essere esteso per via analogica all'estinzione del reato urbanistico per sanatoria.

Cass. pen. n. 8702/1992

L'art. 578 c.p.p. stabilisce espressamente che quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna anche generica al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello, nel dichiarare il reato estinto per amnistia, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. La decisione sull'impugnazione, in ordine a tali capi, deve essere motivata. (Fattispecie relativa ad annullamento con rinvio della sentenza impugnata perché priva di motivazione in ordine alla responsabilità civile dell'imputato che, con l'appello, aveva motivatamente richiesto di essere assolto).

Cass. pen. n. 6017/1992

L'imputato prosciolto a seguito di estinzione del reato per prescrizione con decisione sulla domanda civile, a norma dell'art. 578 c.p.p., applicabile anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale e che proseguono alla stregua delle norme anteriormente vigenti, a norma dell'art. 245, secondo comma, lett. n), del D.L.vo 28 luglio 1989, n. 271, ha diritto di ricorrere per cassazione per ottenere in sede di rinvio, dal giudice penale, ma ai soli fini civili, una formula proscioglitiva per lui più favorevole.

Cass. pen. n. 11178/1990

L'immediata applicazione dell'art. 578 c.p.p. nei procedimenti che proseguono con l'osservanza delle norme anteriormente vigenti è subordinata alla condizione che la pronuncia impugnata sia di condanna. Ne consegue che la corte di cassazione, ove, nel ritenere fondati i ricorsi del procuratore generale e della parte civile avverso sentenza assolutoria, annulli senza rinvio la sentenza impugnata per prescrizione del reato, non può contestualmente decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni concernenti gli interessi civili, ma deve rinviare gli atti al giudice civile competente per valore in grado d'appello anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile, ai sensi dell'art. 541 dell'abrogato codice di rito penale.

Cass. pen. n. 10893/1990

A norma dell'art. 578 c.p.p., l'estinzione del reato non esime il giudice dal pronunziare sulla condanna del ricorrente al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

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