Cass. civ. n. 41383/2021
Nel caso di chiamata di terzo compiuta senza il rispetto delle modalità, stabilite a pena di decadenza dall'art. 269 commi 2 e 3, c.p.c., rispettivamente per il convenuto e per l'attore (nella specie, effettuata senza autorizzazione del giudice tramite l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo), il giudice di primo grado può rilevare d'ufficio la nullità della chiamata ma, in mancanza di tale rilievo, ove il chiamato si sia costituito senza eccepire la decadenza del chiamante, la rilevabilità officiosa del vizio, non dedotto come motivo di gravame, non si estende al grado successivo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 02/05/2018).
Cass. civ. n. 3692/2020
In tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo; ne consegue che, sebbene sia stata tempestivamente chiesta dal convenuto tale chiamata ex art. 269 c.p.c., in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del detto terzo. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE NAPOLI, 15/01/2018).
Cass. civ. n. 23123/2019
Le spese di giudizio sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta che sia stata rigettata la domanda principale, vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia, trovando tale statuizione adeguata giustificazione nel principio di causalità, che governa la regolamentazione delle spese di lite, anche se l'attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo, salvo che l'iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria.
Cass. civ. n. 21706/2019
L'opponente a decreto ingiuntivo che intenda chiamare in causa un terzo non può direttamente citarlo per la prima udienza ma deve chiedere al giudice, nell'atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato in quanto, per effetto dell'opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l'opponente quella di convenuto; peraltro, il provvedimento con il quale il giudice autorizza o nega la chiamata in causa di un terzo ad istanza di parte, ove non si verta in ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto di appello né di ricorso per cassazione. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORRE ANNUNZIATA, 23/04/2018).
Cass. civ. n. 30601/2018
Qualora il convenuto in un giudizio di risarcimento dei danni, chiami in causa un terzo indicandolo come soggetto (cor)responsabile della pretesa fatta valere dall'attore e chieda di essere manlevato in caso di accoglimento della pretesa attorea, senza porre in dubbio la propria legittimazione passiva, si versa in una ipotesi di chiamata in garanzia, nella quale non opera la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato, atteso che la posizione assunta dal terzo nel giudizio non contrasta, ma anzi coesiste, con quella del convenuto rispetto all'azione risarcitoria, salvo che l'attore danneggiato proponga nei confronti del chiamato (quale coobbligato solidale) una nuova autonoma domanda di condanna. (Nella fattispecie, la S.C., in applicazione del principio di cui in massima, ha confermato la decisione di merito, che aveva considerato non operante la regola della automatica estensione al terzo chiamato della domanda risarcitoria principale relativamente ad un'ipotesi in cui l'Azienda Ospedaliera convenuta aveva chiamato in causa il proprio dipendente medico-chirurgo, limitandosi a svolgere nei suoi confronti domanda di rivalsa condizionata all'accoglimento della pretesa attorea e senza che l'attore avesse proposto in via autonoma una domanda di condanna nei confronti del chiamato). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 26/11/2016).
Cass. civ. n. 21462/2016
In materia di chiamata in causa ad istanza di parte, qualora sia stata proposta dal convenuto, a tale scopo, tempestiva richiesta di differimento della prima udienza di trattazione, l'eventuale provvedimento di rigetto può essere revocato (anche implicitamente) dallo stesso giudice, o da altro avanti al quale la causa sia stata riassunta a seguito di declinatoria di competenza ad opera del primo, sempreché ciò avvenga anteriormente all'esaurimento della fase della prima udienza di trattazione.
Cass. civ. n. 2492/2016
In tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l'attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo.
Cass. civ. n. 9570/2015
In tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo: conseguentemente, sebbene sia stata tempestivamente chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo ex art. 269 cod. proc. civ., in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo. (Cassa con rinvio, Trib. Cremona, 19/04/2011).
Cass. civ. n. 801/2015
Ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo, il periodo occorso per la chiamata in causa di un terzo in garanzia non può essere automaticamente escluso dal relativo calcolo, ma potrà essere considerato quale circostanza da valutare sotto il profilo del criterio della "complessità", di cui all'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, e, quindi, consentire una deroga generale ai parametri di durata indicati dalla CEDU, giustificandone l'incremento, in quanto non addebitabile interamente alla parte che ne ha fatto richiesta. (Cassa con rinvio, App. Firenze, 21/02/2013).
Cass. civ. n. 12009/2014
In tema di chiamata in garanzia, il terzo chiamato - che assume la posizione di convenuto rispetto alla domanda proposta nei suoi riguardi ex art. 269 cod. proc. civ. - ove contesti la competenza territoriale del giudice adìto, ha l'onere di farlo, prioritariamente, secondo i criteri ordinari e solo in via gradata sotto il profilo dell'art. 32 cod. proc. civ., ovvero assumendo che non si verte in ipotesi di garanzia propria. Ne segue che, qualora la domanda oggetto della chiamata sia regolata secondo i criteri ordinari di competenza territoriale dal foro generale e dai fori concorrenti dell'art. 25 cod. proc. civ., l'eccezione deve riguardare - a seconda che il terzo sia persona fisica o soggetto collettivo - non solo il foro generale di cui agli artt. 18 e 19 cod. proc. civ. (e in base a tutti i criteri da essi previsti), ma anche quelli concorrenti, pena l'irritualità dell'eccezione proposta, a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 32 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 10579/2013
Il terzo, chiamato in causa su istanza di parte, non può eccepire l'irritualità della stessa per mancata osservanza delle prescrizioni stabilite dall'art. 269, secondo comma, cod. proc. civ., essendo al riguardo carente di interesse, atteso che il suo interesse a far valere questioni relative al rapporto processuale originario è correlato esclusivamente alla correttezza della decisione in merito o in rito su di esso e non anche alla stessa ritualità della chiamata in giudizio.
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In base al disposto dell'art. 269, secondo comma, cod. proc. civ., il convenuto che intenda chiamare in giudizio un terzo ha l'onere di inserire nella comparsa di risposta sia la formulazione della chiamata che l'istanza di spostamento della prima udienza, sicché incorre nella decadenza prevista dalla medesima di disposizione anche quando provveda solo al primo di tali adempimenti, ma non al secondo.
Cass. civ. n. 4309/2010
In tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all'art. 102 c.p.c., è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell'art. 269 c.p.c., come modificato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353; conseguentemente, qualora sia stata chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo, in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la propria scelta sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo.
Cass. civ. n. 10682/2008
La chiamata in causa del terzo ad istanza dell'attore non può essere chiesta, né autorizzata, dopo la prima udienza, nemmeno nell'ipotesi in cui l'interesse alla chiamata sia sorto successivamente a tale momento. La violazione del termine in esame è rilevabile d'ufficio e non è sanata dalla costituzione del terzo chiamato, a meno che quest'ultimo non accetti il contraddittorio nello stato in cui si trova la causa (fattispecie anteriore alle modifiche apportate all'art. 269 c.p.c. dalla legge n. 353 del 1990 ).
Cass. civ. n. 12490/2007
Il convenuto per poter legittimamente formulare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 167, comma terzo, e 269 c.p.c., l'istanza di chiamata in causa di un terzo deve necessariamente costituirsi tempestivamente, ovvero nel rispetto del termine fissato dall'art. 166 dello stesso codice di rito, di modo che in caso di tardività della costituzione deve conseguire la declaratoria di inammissibilità della predetta richiesta. Ai fini dell'osservanza di detto termine, stante l'esplicita previsione contenuta nello stesso art. 166 c.p.c., per il suo computo a ritroso deve aversi riguardo (in via esclusiva) all'udienza indicata nell'atto di citazione e non (anche) a quella eventualmente successiva, cui la causa sia stata rinviata d'ufficio, ai sensi dell'art. 168 bis, comma quarto, c.p.c., in ragione del calendario delle udienze del giudice designato.
Cass. civ. n. 984/2006
La chiamata del terzo disposta, ex art. 106 c.p.c., ad istanza di parte è rimessa alla esclusiva valutazione discrezionale del giudice del merito, sicché l'esercizio del relativo potere non può formare oggetto d'impugnazione né, tantomeno, è sindacabile nel giudizio di appello e in quello di legittimità
Cass. civ. n. 776/2004
La parte che non abbia provveduto alla chiamata del terzo in giudizio nelle forme e nei termini fissati dall'art. 269, comma I c.p.c. non può denunciare, in sede di gravame (appello o cassazione), la mancata concessione di un termine per effettuare detta chiamata ex art. 269, comma II, c.p.c., ovvero il mancato esercizio del potere di ordinare l'intervento di detto terzo a norma del precedente art. 107, vertendosi in tema di prerogative esclusive e discrezionali del giudice di primo grado.
Cass. civ. n. 3156/2002
Il concetto di «prima udienza» ex art. 269 c.p.c., agli effetti della chiamata del terzo, deve essere inteso in senso non meramente cronologico, bensì sostanziale, come indicativo della fase in cui si abbia una effettiva trattazione e cioè esercizio di attività di istruttoria oppure la risoluzione di questioni insorte fra le parti, senza, quindi, che la preclusione per tale chiamata possa verificarsi, qualora, esaurite le attività preparatorie attinenti alla comparizione e costituzione delle parti, si siano avute udienze di mero rinvio, ma non anche espletamento, sia pure in parte, di attività istruttoria o decisoria, a pregiudizio definitivo del terzo chiamato.
Cass. civ. n. 15370/2000
Ai fini della chiamata in causa di un terzo il difensore non necessita di una apposita procura in aggiunta all'altra già ottenuta per iniziare la lite.
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La previsione della decadenza dalla possibilità di chiamare in causa un terzo se il convenuto non ne manifesti l'intenzione nella comparsa di risposta, di cui all'art. 167 c.p.c., non è applicabile nel procedimento davanti al giudice di pace.
Cass. civ. n. 6092/2000
La chiamata in causa di un terzo non può essere autorizzata dal giudice dopo la prima udienza, neanche se l'interesse della parte ad ottenere la partecipazione del detto terzo nel giudizio sia sorto nel corso dello svolgimento del processo ed a seguito della difesa avversaria e dell'istruttoria espletata.
Cass. civ. n. 1206/1999
La parte che, in ottemperanza all'ordine del giudice di integrare il contraddittorio con il litisconsorte necessario, cita il terzo, deve, a pena di estinzione del giudizio, rispettare il termine previsto dall'art. 163 bis c.p.c., senza che rilevino, in senso impeditivo della sussistenza di quest'onere, né la mancata indicazione nell'ordinanza del termine per la notificazione, né la circostanza che la data dell'udienza di comparizione sia fissata a data più breve del termine dilatorio per comparire.
Cass. civ. n. 12233/1998
È nulla la chiamata in causa del terzo, contro il quale sia proposta una domanda di garanzia impropria, ove il procuratore del chiamante sia sfornito di procura ad hoc. Tuttavia tale procura deve considerarsi implicitamente conferita, ove la volontà di chiamare il terzo sia chiaramente manifestata nella comparsa di risposta, e la procura alle liti sia apposta in margine od in calce alla stessa.
Cass. civ. n. 512/1995
Nel caso di chiamata per garanzia impropria, come in ogni altro caso nel quale non sia imposta dalla necessità di integrare il contraddittorio, la chiamata in causa del terzo autorizzata dal giudice ai sensi dell'art. 269 c.p.c., a seguito dell'istanza tempestivamente proposta alla prima udienza di effettiva trattazione, resta nella libera disponibilità della parte che la ha richiesta, sulla quale ricade pertanto l'onere di osservare il termine di comparizione per il terzo chiamato. Ne consegue che qualora il giudice abbia concesso per tale chiamata (esplicitamente o attraverso la semplice indicazione dell'udienza di comparizione del terzo) un termine insufficiente a consentire il rispetto dei termini di comparizione, la parte interessata può chiedere per la rinnovazione dell'atto un termine più congruo, sempre suscettibile di proroga, ed ove a ciò non provveda non può dolersi, in sede di gravame, della declaratoria di nullità dell'atto di chiamata in causa per inosservanza del termine.
Cass. civ. n. 2238/1990
La parte costituita in giudizio può proporre domanda di garanzia nei confronti di un'altra parte, anch'essa costituita, mediante la comunicazione di una comparsa nelle forme previste dall'art. 170 c.p.c., non essendo necessario, perché sia rispettato il principio del contraddittorio, la notificazione di un atto di citazione, atteso che la comunicazione della comparsa è idonea a consentire al destinatario della domanda di interloquire sulla stessa e di apprestare le sue difese.
Cass. civ. n. 3815/1986
In appello non è ammissibile l'intervento coatto, né a istanza di parte né iussu iudicis, ancorché sia stato sollecitato al riguardo il potere discrezionale del giudice di primo grado.
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In forza del principio della conversione dei motivi di nullità della sentenza in motivi di gravame, nel giudizio di appello l'aspetto rescissorio ha la prevalenza su quello rescindente con la conseguenza che, salvo nei casi previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c., il giudice d'appello deve esercitare i suoi poteri di riesame della controversia e non può, quindi, rimettere la causa al primo giudice per la concessione del termine previsto dalla norma dell'art. 269 c.p.c. al fine della chiamata di terzo.
Cass. civ. n. 7341/1983
Nel caso di chiamata di un terzo in causa (ad integrazione del contraddittorio) il termine di dieci giorni entro il quale, ai sensi dell'art. 269 c.p.c., deve essere depositata la citazione integrativa, ha natura ordinatoria e se non rispettato non comporta l'improcedibilità della domanda nei confronti del chiamato.
Cass. civ. n. 3441/1980
Il termine (di dieci giorni dalla notificazione) stabilito dall'ultimo comma dell'art. 269 c.p.c. per il deposito dell'atto di citazione del terzo chiamato in causa ha, a differenza di quello previsto per la costituzione dell'attore, natura ordinatoria, anche nel caso in cui il terzo sia chiamato ad integrazione del contraddittorio e, pertanto, la sua inosservanza non incide sulla regolarità del rapporto processuale. (Nella specie, alla stregua del principio suesposto, la Suprema Corte ha rigettato la censura secondo cui il mancato deposito, nel termine sopra indicato, dell'atto d'integrazione del contraddittorio nel giudizio di secondo grado avrebbe comportato l'improcedibilità dell'appello).
Cass. civ. n. 4680/1978
La tardività della chiamata in causa del terzo, per violazione dei termini fissati dall'art. 269 c.p.c., è rilevabile anche d'ufficio, atteso che l'indicata norma, diretta ad assicurare il contemporaneo instaurarsi del processo nei confronti di tutti i soggetti che vi partecipano, ha carattere inderogabile. Questo principio non osta a che la costituzione in giudizio del terzo, tardivamente chiamato, possa avere valore di intervento volontario, consentito fino a che la causa non venga rimessa al collegio (art. 268 c.p.c.), ma tale effetto postula che il terzo medesimo accetti il contraddittorio, aderendo allo stato in cui la controversia si trova, e, pertanto, non può verificarsi ove il terzo medesimo eccepisca in via principale l'irritualità della sua chiamata, e solo in via subordinata si difenda nel merito. Le disposizioni dettate dai primi due commi dell'art. 269 c.p.c., sulle modalità ed i termini della chiamata in causa di un terzo, non sono suscettibili di deroga, neppure quando l'interesse alla chiamata del terzo sia sorto dopo la prima udienza, o per effetto della posizione assunta dalla difesa avversaria.