La norma in esame, rubricata “
Diritto di regresso”, nella sua precedente versione aveva ad oggetto il “
carattere imperativo delle disposizioni”.
La disciplina è quasi invariata rispetto a quella dettata dal precedente art. 131, fatto salvo un inciso relativo ai beni e servizi digitali.
In particolare, il legislatore ha voluto introdurre una forma di tutela per il venditore appartenente ad una catena distributiva (c.d. venditore finale), ovvero quel
professionista che non produce direttamente il bene per venderlo, ma che è preceduto da altri soggetti, quali un precedente venditore, un intermediario, un
produttore.
Scopo di tale norma è, appunto, quello di tutelare il venditore finale dalle conseguenze di aver venduto al
consumatore un bene difettoso, senza che gli si possa addossare alcuna
responsabilità, in quanto il difetto riscontrato dall’
acquirente dipende dalle azioni o dai comportamenti posti in essere dagli altri soggetti appartenenti alla catena distributiva.
Infatti, è sempre il venditore finale a dover rispondere in prima persona nei confronti del consumatore di eventuali difetti di conformità del bene acquistato, compresa adesso l'omissione di fornire gli aggiornamenti per i beni con elementi digitali, essendo tenuto ad offrire al consumatore uno dei rimedi previsti dalla legge (ovvero la riparazione, la sostituzione, la riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto).
In conseguenza di ciò la norma attribuisce allo stesso venditore finale il
diritto di rivalsa, essendo legittimato a chiedere al soggetto veramente responsabile del danno (produttore o distributore) di farsi carico delle spese e degli oneri che è stato costretto a sopportare.
Presupposti per l’esercizio dell’azione di regresso sono i seguenti:
a) che il consumatore abbia richiesto al venditore di rispondere del difetto di conformità del prodotto;
b) che la non conformità derivi da un difetto imputabile al produttore o ad altro soggetto della catena distributiva.
In ogni caso, in giurisprudenza è stato precisato che l’esercizio del
diritto di regresso del venditore finale nei confronti del produttore o degli altri soggetti della catena distributiva non può esser subordinato all’avvenuto
adempimento di quanto preteso dal consumatore verso il venditore, allorchè quest’ultimo ritenga che il danno subito dal consumatore sia conseguenza di un difetto di conformità imputabile ad un’azione od omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario.
Né in senso contrario non si può tra l’altro argomentare dal disposto di cui all’
art. 1299 del c.c., considerato che anche i relazione a tale norma la stessa giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel senso di ritenere che il condebitore solidale, convenuto in giudizio dall'unico
creditore, può promuovere l'azione di regresso di cui all'art. 1299 c.c., nei confronti degli altri coobbligati anche prima di aver pagato la propria
obbligazione, fermo restando che l'eventuale sentenza di accoglimento non potrà essere messa in esecuzione se chi l'ha promossa non abbia a sua volta adempiuto nei confronti del creditore principale.
In tale ipotesi, va rimarcato che la giurisprudenza di legittimità ha espressamente precisato che il coobbligato solidale condannato a pagare l'intero al danneggiato potrà recuperare la quota riconosciutagli in sede di regresso contro l'altro obbligato solo dopo il pagamento da parte sua dell'intero debito, operando in tale caso l'estinzione dell'obbligazione come condizione non dell'azione cognitiva di regresso bensì dell'
azione esecutiva contro l'altro obbligato.
Il secondo comma della norma, infine, fissa in un anno il limite temporale per l’esercizio dell’azione di regresso, decorrente da quando il bene è stato sostituito o riparato oppure si è risolto il contratto o è avvenuta la riduzione del prezzo.
Tale termine deve intendersi fissato a pena di
decadenza dal relativo diritto.