Ciò perché le condizioni generali di contratto, all’art. 13, precisavano il foro esclusivo (quello di Roma) come unicamente competente per ogni controversia in ordine all’interpretazione, esecuzione e risoluzione del contratto e detta clausola era stata sottoscritta dal professionista-attore.
Secondo il Giudice primae curae, inoltre, l’attore non sarebbe apparso quale consumatore a causa dell’utilizzo della propria partita IVA.
Avverso tale ordinanza il dentista proponeva regolamento di competenza, investendo della cognizione della questione la Corte di Cassazione.
Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe considerato che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 D. lgs. 206/2005, va qualificato consumatore “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
Anche il professionista, “parte” di un contratto estraneo al settore professionale in cui operi, inoltre, dovrebbe essere qualificato in tal modo.
Ancora, il ricorrente lamentava che l’acquisto dell’autovettura (oggetto del contratto) non fosse in alcun modo connesso all’esercizio della professione, ma che fosse palesemente finalizzato a dare soddisfazione a propri bisogni inerenti all’esplicazione di attività di vita quotidiana.
Non sarebbe sufficiente, inoltre, l’indicazione del numero di partita IVA per escludere la qualificazione di consumatore.
Il Supremo Consesso, con ordinanza n. 33310/2019, ha ritenuto il ricorso infondato.
Si è preliminarmente osservato che costituisce orientamento cristallizzato quello secondo cui “[…] per assumere la qualifica di professionista, ai sensi e per i fini di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 206 del 2005, non è necessario stipulare un contratto che costituisca di per sé esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, ma è sufficiente che il contratto sia stipulato al fine di soddisfare interessi anche solo connessi od accessori rispetto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale o professionale”.
La conclusione di un contratto ai fini del soddisfacimento di esigenze della vita quotidiana ben può permettere alla persona fisica imprenditore o professionista di essere qualificata consumatore, a patto che dette esigenze siano completamente avulse dall’esercizio dell’impresa o della professione.
Nella fattispecie concreta, ad avviso dei giudici di legittimità, l’uso della partita IVA nel contratto di vendita, unitamente alla sottoscrizione dell’assegno bancario finalizzato al pagamento della caparra, assegno recante il timbro “Dott…odontoiatra e protesi dentaria”, costituirebbero prova dell’aver destinato l’automobile a “corredo” della propria attività professionale. Nell’ottica, dunque, della determinazione del giudice competente, il Supremo Consesso ha ritenuto di qualificare il ricorrente quale parte contrattuale-professionista, con conseguente conferma della statuizione del Tribunale ed esclusione del foro del cosiddetto consumatore.