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Diritto privato comparato -

Buona fede e due diligence nella restituzione di opere d’arte: analisi storico-comparatistica

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2017
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Firenze
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’indagine si concentra sulle situazioni di acquisto a non domino di un bene artistico sottratto al suo legittimo proprietario. Alla luce dello studio condotto, emerge come gli ordinamenti di civil law adottino un approccio del tutto opposto a quelli di common law in materia di restituzione. L’ordinamento italiano protegge in modo estremo il terzo acquirente in buona fede dell’opera rubata, consentendogli di diventare proprietario a titolo originario al momento dell’acquisto e impedendo al proprietario qualunque azione in rivendicazione nei suoi confronti. Il diritto privato svizzero accorda una tutela relativamente ampia all’acquirente in buona fede, benché subordinata al trascorrere di un determinato lasso di tempo, durante il quale è possibile al proprietario spossessato agire in rivendicazione del proprio bene. I termini entro i quali l’azione è limitata sono stati notevolmente ampliati dal legislatore con specifico riguardo al recupero di beni culturali. La common law inglese, al contrario, prevede la massima salvaguardia del proprietario originale del bene sottratto, garantendogli sistematicamente un’azione di rivendica fondata sulla disciplina extracontrattuale dei torts. Nel corso dell’analisi comparatistica, emerge come la nozione di “buona fede”, tipica degli ordinamenti di diritto continentale, stia gradualmente cedendo il posto a quella di due diligence nella disciplina privatistica della restituzione di opere d’arte. In particolare, la ricerca mette in evidenza che, negli ordinamenti in cui il terzo acquirente in buona fede del bene rubato è tutelato di fronte alla rivendicazione del proprietario originale, la sola ignoranza della lesione dell’altrui diritto non è più ritenuta un criterio sufficiente a convalidare l’acquisto. I tribunali hanno infatti sviluppato un’interpretazione della buona fede tale da farle assumere una connotazione oggettiva, legata al rispetto di una condotta standard esigibile al momento dell’acquisto. Quest’ultima consiste in concreto nel portare avanti indagini approfondite quanto alla provenienza dell’oggetto che ci si accinge ad acquistare, affinché possa essere appurato con certezza che esso non abbia origine illecita. Tale evoluzione interpretativa si inserisce in un movimento su scala globale volto a garantire la restituzione dei beni di importanza artistica e culturale ai loro legittimi proprietari, come e testimoniato dai recenti impegni assunti in sede internazionale. Tuttavia, non pochi sono gli inconvenienti risultanti dall’applicazione degli attuali meccanismi restitutori. Da una parte, si assiste a una dicotomia delle soluzioni giudiziali, alquanto sbilanciate in favore di una parte o dell’altra a seconda del sistema giuridico di riferimento. Per di più, resta tuttora aperta e delicata la questione delle opere d’arte sequestrate dai nazisti che, in assenza di una convenzione efficace in materia, incontrano l’ostacolo posto dagli ormai decorsi termini di prescrizione previsti dal diritto comune di ciascuno Stato. Di fronte a tali problematiche, si denota un sempre più frequente ricorso a nuovi metodi di risoluzione delle controversie. Tramite negoziazione, arbitrato e mediazione si arrivano oggi ad ottenere soluzioni “giuste ed eque”, subordinate al rispetto di un comune standard di diligenza.

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