(massima n. 1)
L'ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l'ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall'art 143 c.p.c., deve essere valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell'art 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all'acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell'art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata. Ne consegue l'adeguatezza delle ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, ultima residenza conosciuta) in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l'attuale suo domicilio (residenza o dimora). (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto legittima la notificazione effettuata ai sensi dell'art. 143 c.p.c. ad un destinatario, imprenditore assoggettato a fallimento che, risultando impossibile effettuare la notificazione presso la sede sociale, ormai chiusa, non aveva potuto ricevere la notifica neppure presso la sua ultima residenza nota, coincidente con la residenza anagrafica, ove il suo nominativo non era stato rinvenuto sui citofoni e neppure sulle cassette postali, secondo quanto attestato dall'ufficiale giudiziario, avendo quest’ultimo anche raccolto informazioni negative, circa la reperibilità in quel luogo del destinatario dell’atto, dai residenti interpellati).