Acquisto del diritto di tenere alberi a distanza minore della legale
Come rilevato nella spiegazione dell’art.
894, poiché le distanze dell'art.
892 sono stabilite nell'interesse privato e non hanno carattere di ordine pubblico, esse sono
derogabili dalla volontà, degli interessati, mediante la. costituzione di una servitù contraria. Oltre che per convenzione, il diritto di tenere una pianta a distanza minore di quella legale può nascere tanto per
destinazione del padre di famiglia come per prescrizione.
Relativamente a tale servitù costituita per fatto dell’uomo, sotto la vigenza del vecchio codice sono sorte due questioni: anzitutto, se recisa la pianta che dà luogo alla servitù questa si estingua, o se invece perduri relativamente ai nuovi polloni che sorgono dalla ceppaia.. Ci si chiedeva poi se, nel caso in cui la pianta venisse estirpata o morisse, si avesse il diritto di surrogarla entro il termine di prescrizione con una nuova pianta, posta alla stessa distanza della prima.
Appartenenza dei frutti caduti dai rami protesi sul fondo vicino
Questa seconda questione, che aveva dato luogo a vivaci discussioni, è stata ora risoluta testualmente dal nuovo codice in
senso negativo. Dispone appunto l'art. 895 che se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore della legale, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto, il vicino non può sostituirlo, se non osservando la distanza legale: si è così sanzionata l'opinione dominante tanto della dottrina quanto della giurisprudenza.
Senonché, a tale soluzione negativa la giurisprudenza prevalente faceva eccezione quando invece di una pianta singola si trattasse di
piante a filare. È vero che qualche sentenza della Cassazione aveva deciso negativamente tale questione osservando che
« l'intendimento di chi pianta gli alberi è irrilevante, perché il legislatore considera gli alberi isolatamente e non fa alcuna eccezione per i filari di alberi ». Ma fu osservato in senso contrario che quando i filari di alberi (un viale di pini, di cipressi, ecc.) sono tali da costituire una collettività
, l'intendimento di chi pianta non può considerarsi irrilevante, sia che la servitù sia sorta per titolo, sia che per destinazione del padre di famiglia; e anche nell'acquisto per prescrizione può dirsi che il possesso si riferisce obbiettivamente alla collettività, e non ai singoli alberi.
Anche tale questione è stata ora testualmente risoluta dal nuovo codice, il quale dispone che la disposizione dell'art. 895 non si applica quando gli alberi fanno parte di un filare situato lungo il confine.
Se tale divieto si estende ai nuovi polloni sorti dalla ceppaia dell’albero reciso
È ancora dubbio invece se possa ritenersi testualmente risolta in senso negativo dall'art. 895 anche l'altra questione sopra accennata per prima, relativa ai nuovi polloni che sorgono dalla ceppaia. Si risponde
negativamente, perché tale ipotesi non può certamente rientrare nei casi di albero che muore o che venga abbattuto, di cui è fatta menzione nell'art. 895. Potrebbe rientrare, è vero, nella ipotesi di albero che venga reciso, ma non pare che il sorgere dei nuovi polloni dalla ceppaia, che è un fatto naturale, possa. identificarsi col fatto della sostituzione del nuovo albero da parte del vicino, che è quello previsto e vietato dall'art. 895.
Conviene allora accennare alla questione sorta in proposito sotto il vecchio codice, che perdurerebbe anche sotto il nuovo. L'opinione dominante ritiene che la servitù perduri relativamente ai nuovi polloni che sorgono dalla ceppaia: si dice che, anche se reciso, non è stato tolto integralmente, perché ne resta la ceppaia, che ne + parte essenziale, di modo che i nuovi polloni, più che alberi nuovi, dovrebbero considerarsi come continuazione dell' albero preesistente.
Contro tale soluzione non mancano però delle
obiezioni. La principale è che con la recisione della pianta subentrano un certo numero di polloni, i quali crescendo vengono a costituire qualche cosa di diverso da quello che poteva restare l'albero originario. Si pensi che per certi alberi, ad es. per il castagno, la ceppaia in seguito ai successivi tagli potrebbe estendersi tanto da toccare e anche invadere il fondo vicino: cosa che invece non fa mai il normale accrescimento di un albero. Ora, è innegabile che il pregiudizio che la proprietà vicina viene a risentire in questo modo è molto maggiore di quello che essa risentirebbe dalla permanenza dell'albero preesistente.
Quindi, la
soluzione affermativa dovrebbe essere condizionata, come è stato detto in qualche decisione, alla circostanza che i polloni sorti dalla ceppaia preesistente mantengano la stessa linea. La soluzione nettamente e indistintamente negativa data alla questione dalla Cassazione sembra, in verità, eccessiva, quantunque non manchi di precedenti nella giurisprudenza.