Obbligo delle riparazioni e ricostruzioni
Gli obblighi derivanti dalla comunione dei muri sono in genere quelli stabiliti per ogni forma di comunione, e come tali derivanti dai principi generali dell'istituto e sanzionati nel titolo della
comunione. In termini generali tali obblighi sono compresi nella disposizione di cui all’
art. 1104 del c.c., che impone a ciascun partecipante l'obbligo di contribuire alle spese necessarie per la conservazione della cosa comune, e in modo più specifico nell'
art. 882 del c.c., il quale pone le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune a carico di tutti quelli che vi hanno diritto ed in proporzione del diritto di ciascuno.
Sarà di volta in volta una
questione di fatto decidere se l'obbligo si debba limitare alle riparazioni o estendersi alla ricostruzione: non si dovrà ricorrere a quest'ultima se non nel caso in cui il muro si trovi in condizioni tanto deteriorate da ritenersi più conveniente, nell'interesse comune, l’ affrontare una spesa, sia pure maggiore, ma che eviterà continue e infruttuose riparazioni. In caso di dubbio, il giudizio deve essere piuttosto restrittivo, per non aggravare più del necessario l'obbligo del condomino che non voglia affrontare la spesa della ricostruzione.
L'obbligo imposto dalla legge vale soltanto per le
riparazioni necessarie: anche qui in caso di disaccordo tra i condomini deciderà i1 giudice con giudizio di fatto. Constatata la necessità, ognuno dei condomini ha l'obbligo di contribuire in proporzione del proprio diritto, senza distinguere in quale punto le riparazioni devono eseguirsi, perché si tratta di comunione
pro indiviso.
L'obbligo delle riparazioni e ricostruzioni porta naturalmente con sè anche quello di subire tutti
gli incomodi e i danni a cui esse possono dar luogo (inabitabilità di locali, perdita di pigioni ecc.).
Il condomino che abbia proceduto alle riparazioni o alla ricostruzione del muro anticipando la spesa anche per la parte spettante all'altro condomino ha diritto ad esserne
rimborsato. L'obbligo del rimborso da parte dell'altro condomino costituisce però una prestazione di natura personale, non un'obbligazione
propter rem: quindi al pagamento predetto è tenuto il condomino e con lui i suoi successori a titolo universale, ma non i successori a titolo particolare.
Riparazioni dipendenti dal fatto colposo o non colposo del condomino
Tuttavia quest'obbligo sussiste se le riparazioni e ricostruzioni necessarie dipendono da
vetustà del muro o da
forza maggiore, cessa se derivano dal
fatto esclusivo, colposo o non colposo di uno dei condomini o di un terzo. Questa limitazione è stata sancita testualmente dal nuovo codice con l'aggiunta dell’inciso: «
salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti ».
Il fatto del condomino è colposo quando il danno al muro comune deriva da incuria, per esempio, per l'urto dei suoi carri, o per avere ammucchiato contro il muro terra, legnami, letame od altre materie, senza prendere le precauzioni necessarie affinché tali mucchi non possano nuocere con l'umidità o con la spinta, o in qualunque altro modo.
Ma può anche non essere colposo: gli artt.
884 e
885 enumerano, come si vedrà in seguito, una serie di
diritti che il condomino può esercitare sul muro comune, come appoggiarvi costruzioni, immettervi travi, attraversarlo con chiavi e catene di rinforzo, alzarlo, ecc.: ma l'esercizio di tutti questi diritti è sottoposto alla condizione che egli faccia tutte le opere necessarie
per non arrecare danno alla solidità del muro, riparando in ogni caso i danni causati dalle opere compiute. E in questa ampia locuzione sono comprese anche le riparazioni e le ricostruzioni del muro causate dal fatto, ancorché non colposo, del condomino. Ma su ciò si ritornerà in seguito.
In tale ordine di idee è stato deciso che il proprietario di un camino aperto nel muro divisorio comune è tenuto da solo a sostenere le spese per le riparazioni del muro medesimo, in relazione ai danni arrecati dall'esercizio del camino di sua spettanza.
Il condomino può liberarsi dall'obbligo di contribuire alla spesa rinunziando al diritto di comunione. Limiti della rinunzia. Non si estende al suolo su cui il muro è costruito
L'obbligo di contribuire alle spese di riparazione e ricostruzione è fondato sul rapporto di comunione del muro: ne consegue che il condomino può sottrarsi a quest'obbligo rinunciando alla comunione, come appunto che dispone l'art.
882.
A proposito di questa
rinuncia alla comunione nascono alcune questioni, e la prima sorge per determinare l'
oggetto della rinuncia. L’
art. 882 del c.c. parla di rinuncia «
al diritto di comunione »: da che dovrebbe argomentarsi che la rinuncia si estende a tutte le cose che sono comuni ai confinanti, e cioè tanto al muro, quanto al terreno su cui il muro è fabbricato, perché anch'esso comune. E questa era l'opinione dominante sotto il codice del 1865 (art. 549) conformemente alla dottrina francese.
Una contraria soluzione si impone ora nel nuovo codice in base alla disposizione dell'art.
888 che a proposito dell'analoga rinuncia alla comunione del muro di cinta fatta allo scopo di esimersi dal contributo per le spese di costruzione — rinuncia subordinata alla cessione, senza diritto a compenso, della metà del terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito — fa salva la facoltà del vicino di renderlo comune « senza obbligo però di pagare la meta del valore del suolo su cui il muro è stato costruito ». Ciò dunque significa che in questo caso la rinuncia si limita al muro da costruire, ma non si estende al suolo su cui il muro deve essere costruito; analogamente deve ritenersi che anche nel caso in esame la rinunci, alla comunione di cui all'art.
884 si limiti al muro e non si estenda al suolo.
Il legislatore deve essere stato indotto a tale soluzione dal fatto che in sostanza le riparazioni e ricostruzioni riguardano la costruzione e non il suolo, e quindi l'obbligo della rinunzia deve limitarsi a quello che forma oggetto di riparazione o di costruzione, ossia al muro, e
non deve estendersi al suolo che ne resta del tutto estraneo. Nello stesso ordine di idee il codice estense (art. 536) disponeva che il rifiuto del condomino di concorrere alle spese configurasse una rinuncia al condominio del muro, e che con tale rinuncia non alterasse la linea di confine, intendendosi che l’area su cui poggiava la metà del muro rinunciato fosse semplicemente come prestata per l’uso di sostenerlo.
Se è ammessa la rinuncia parziale
Altra questione dibattuta è se è o meno ammissibile un
abbandono parziale del muro, l’abbandono, cioè, limitato a quella parte in cui sono necessarie le riparazioni. In
Francia la Cassazione decise per la tesi affermativa, argomentando dall’art. 601 del codice francese, che ammette l’acquisto parziale della comunione: come è ammesso l’acquisto parziale, deve essere ammessa anche la rinuncia parziale.
In
Italia, sulla base della motivazione della Cassazione francese, dovrebbe venirsi ad una soluzione modificata in coerenza alla diversa disposizione del nuovo codice (
art. 874 del c.c.), che ammette l’ acquisto parziale in altezza ma non in lunghezza.
In realtà l’'art. 883 parla di rinuncia al diritto di comunione in generale, e quindi tutto il muro che si trova in comunione deve formare oggetto della rinuncia: una rinunzia parziale non è possibile nè in lunghezza, né in altezza.
Inefficacia liberatoria della rinuncia per i danni causati da fatto proprio del rinunciante
Sotto la vigenza del codice francese si discuteva se il diritto di rinuncia competesse al condomino anche quando le riparazioni erano state rese necessarie per fatto suo, di cui egli cioè dovesse ritenersi responsabile.
Da noi la questione fu risoluta testualmente dalla disposizione dell’art. 549 capov. vecchio codice, che è stata riprodotta nel nuovo codice (art. 8833 capov.):
la rinuncia non libera il rinunciante dall'obbligo delle riparazioni e ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio. Resta l'efficacia della rinuncia per le spese a cui egli non avesse dato luogo.
La causa del danno, quando questo è attribuito al fatto del rinunciante, deve essere provata dall'altro condomino: fino a prova contraria il danno si presume dovuto alle naturali condizioni del muro.
Impossibilità della rinuncia se il muro sostiene un edificio che spetta al rinunciante
Il diritto di rinuncia alla comunione non può essere esercitato quando il muro alla cui comunione si vorrebbe rinunciare sostenga un edificio appartenente al condomino che vuole fare la rinunzia (art.
880, I° capov.). Il caso normale previsto dalla legge è quello di un muro comune divisorio fra due edifici: non sarebbe lecito che uno dei condomini rinunciasse al diritto di comunione per esimersi dalle spese di riparazione e di ricostruzione del muro comune, perché anche dopo la rinunzia egli continuerebbe di fatto ad usufruire del muro al cui godimento egli ha rinunciato in diritto.
Lo stesso deve dirsi quando un muro comune non sostenga un edificio propriamente detto, ma qualsiasi altra opera appartenente al condomino che vorrebbe fare la rinuncia. È vero che l'art. 883 parla solo di edificio, ma la disposizione di questo articolo deve estendersi ragionevolmente al muro comune che serve di sostegno a qualsiasi opera di spettanza del rinunciante.
Abbattimento dell'edificio appoggiato al muro comune e conseguente rinunzia alla comunione
Il proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro comune può rinunciare alla comunione di questo, ma deve farvi le riparazioni e le opere che la demolizione rende necessarie per evitare ogni danno al vicino.
Questa disposizione ha assunto una notevole importanza a causa del grande numero di demolizioni causate dall'esecuzione dei
piani regolatori dei grandi centri. Il Comune infatti espropria il fabbricato ricadente nella zona di demolizione e lo demolisce: normalmente questo ha in comune con l'edificio attiguo un muro divisorio. Allora il Comune, che ha espropriato anche la comunione di questo muro, può rinunciare alla comunione a norma dell'art. 883. Ma nasce la questione di sapere quali siano le riparazioni e le opere che l'articolo mette a carico del rinunciante: questione di grande importanza pratica perché la demolizione dell'edificio espropriato spesso rende necessario il consolidamento del muro divisorio comune, che senza l'appoggio dell'edificio demolito viene a perdere la primitiva solidità. La questione può diventare anche grave quando in mancanza di tale consolidamento il muro divisorio crolli, trascinando con sé la rovina dell'edificio sostenuto: in questo caso sarà l'espropriante il responsabile di tali danni?
La Corte di Appello di Palermo interpreta restrittivamente la disposizione della legge: il Comune che acquista una casa per demolirla e la demolisce non dovrebbe rispondere verso il vicino il cui muro divisorio diventa esterno, se non dei danni recati da una demolizione non ponderata.
Al contrario, invece, la locuzione dell'art. 883 autorizza una interpretazione ben più estesa. L'articolo dice nel modo più generale possibile che il rinunciante deve fare al muro le riparazioni e le opere che la demolizione rende necessarie per evitare ogni danno al vicino. Ora, è la demolizione che rende necessarie le opere dirette ad assicurare al muro diventato esterno la solidità necessaria per reggere l'edificio vicino: pertanto l'espropriante deve eseguire queste opere a sue spese, ed in mancanza deve rispondere verso il vicino di ogni danno e anche della rovina del muro divisorio e dell'annesso edificio.
Il corrispondente art. 550 vecchio codice limitava l'obbligo del condomino che demolisce alle riparazioni e alle opere rese necessarie dalla demolizione per la prima volta
. Benché questa specificazione sia stata tolta nel testo dell'attuale art. 883 si ritiene che sia implicita nella disposizione della legge. È evidente, infatti, che l'obbligo deve essere circoscritto alle opere necessarie a seguito della demolizione e della rinuncia alla comunione: una volta ottenuto cosi il consolidamento del muro, le ulteriori spese che nel tempo si rendessero necessarie nei confronti del muro diventato ormai di proprietà esclusiva riguardano solo il proprietario e non più l'antico condomino divenuto da tempo estraneo.
La rinunzia non è tacitamente subordinata alla condizione che l'altro condomino esegua lui le riparazioni
Secondo la dottrina tradizionale, che mette capo a Pothier
, la rinunzia di cui all'art. 883 non è pura e semplice, ma è sottoposta alla
condizione tacita che l'altro condomino esegua lui le riparazioni e ricostruzioni richieste. Ma tale condizione non è scritta nella legge e pare arbitrario sottintenderla: chi rinuncia alla comunione lo fa col solo intento di sottrarsi alle spese di cui all'art. 883, pertanto, una volta esonerato dalle spese, il suo intento è raggiunto e non deve cercare altro. Pretendere, come l'opinione contraria vorrebbe, che l'altro condomino esegua lui le riparazioni richieste e che senza di questo la rinuncia debba intendersi come cosa non fatta, è un aggiunta alla legge. Non sarebbe poi conforme a quanto previsto dall’ordinamento che il diritto di rinuncia si facesse servire non solo allo scopo di esimersi dalle spese, ma altresì a quello di addossarle al vicino.
Pertanto la rinuncia di cui all'art. 883 è
pura e semplice: il rinunciante, eseguita la rinunzia, non può più vantare nessuna pretesa sul muro. L' altro condomino potrà eseguire le riparazioni nei limiti e nei modi che crederà più convenienti al suo interesse e lo potrà fare perché ormai proprietario esclusivo del muro.
Riacquisto della comunione del muro a norma dell'art.874
La rinunzia al diritto di comunione del muro non toglie al rinunciante il diritto di riacquistarla in un secondo tempo, anche contro la volontà del vicino: lo si deduce dalla locuzione generale dell'art.
874 sulla comunione forzosa del muro di confine, nonché per analogia dalla disposizione dell'
art. 878 del c.c..
L'acquirente deve conformarsi alle disposizioni richieste dall'art.
874 e pagare la metà della comunione del muro. Non è però tenuto a pagare la metà del valore del suolo su cui ii muro è costruito: si fa riferimento in proposito alle ragioni addotte sopra, al n. 3.