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Articolo 692 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Sostituzione fedecommissaria

Dispositivo dell'art. 692 Codice Civile

Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge dell'interdetto [414 ss. c.c.] possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente, o il coniuge con l'obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima [536 ss. c.c.], a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell'interdetto medesimo(1) [2660 n. 6 c.c.].

La stessa disposizione si applica nel caso del minore di età, se trovasi nelle condizioni di abituale infermità di mente tali da far presumere che nel termine indicato dall'articolo 416(2) interverrà la pronuncia di interdizione.

Nel caso di pluralità di persone o enti di cui al primo comma i beni sono attribuiti proporzionalmente al tempo durante il quale gli stessi hanno avuto cura dell'interdetto(3).

La sostituzione è priva di effetto nel caso in cui l'interdizione sia negata o il relativo procedimento non sia iniziato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età del minore abitualmente infermo di mente. È anche priva di effetto nel caso di revoca dell'interdizione [429 c.c.] o rispetto alle persone o agli enti che abbiano violato gli obblighi di assistenza.

In ogni altro caso la sostituzione è nulla(4)(5).

Note

(1) La sostituzione fedecommissaria si ha quando l'eredità viene devoluta ad un soggetto con l'obbligo per questo di conservare i beni e trasmetterli, alla propria morte, ad un altro soggetto individuato dal testatore.
L'istituto è vietato, con la sola eccezione di cui alla norma in commento e con il rispetto dei seguenti limiti:
- il testatore deve essere genitore, ascendente in linea retta o coniuge del primo istituito;
- l'istituito deve essere un interdetto o un minore che, a cagione del proprio stato di infermità, si ritiene ragionevolmente che verrà interdetto;
- i sostituti possono essere solo le persone o gli enti che si sono presi cura dell'istituito. Tale assistenza deve essere successiva all'apertura della successione ed essere continuativa.
(2) Ossia nell'ultimo anno della minore età.
(3) Le persone o gli enti possono essere anche individuati in maniera generica facendo riferimento all'attività di assistenza da loro prestata.
(4) Rientra nelle disposizioni vietate il c.d. fedecommesso de residuo, ossia quello mediante il quale il testatore impone all'istituito l'obbligo di restituire al sostituto soltanto i beni ereditari che dovessero residuare alla morte dell'istituito.
Se ricorrono i presupposti del fedecommesso assistenziale, la sostituzione è valida.
(5) Si parla di clausola "si sine liberis decesserit" qualora il testatore preveda che i beni ereditari vengano devoluti ad un sostituto nel caso in cui il primo istituito muoia senza aver avuto figli.
Per stabilire se tale previsione sia valida occorre, di volta in volta, accertare se l'intenzione del testatore fosse quella di violare il divieto di sostituzione fedecommissaria o istituire un erede sotto condizione risolutiva. Nel primo caso la disposizione è nulla, nel secondo è valida.

Ratio Legis

Il divieto di sostituzione fedecommissaria trae fondamento dal fatto che, accettata l'eredità, i beni divengono di proprietà dell'erede il quale è libero di disporre di essi.
L'eccezione di cui alla norma in commento realizza una finalità assistenziale, consentendo all'interdetto di essere chiamato alla successione e di ricevere le cure necessarie dal sostituto.

Brocardi

De residuo
Ea quae precario modo relinquuntur, fideicommissa vocantur
Fidecommissum hereditatis
Fideicommissum
In fideicommissis voluntatem spectari convenit
Sciendum est eos demum fideicommissum posse relinquere, qui testandi ius habent
Si sine liberis decesserit

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

330 E' stata accolta con favore la riapparizione, entro limiti ben circoscritti, della sostituzione fedecommissaria. Le relative disposizioni sono state oggetto di poche osservazioni particolari. Si è proposto di specificare che la sostituzione può essere fatta a favore di un ente di assistenza o di cultura, anziché di un ente pubblico. Ma una siffatta restrizione mi è sembrata ingiustificata e contrastante con la finalità della norma, ispirata alla tutela di ogni superiore interesse sociale.

Massime relative all'art. 692 Codice Civile

Cass. civ. n. 25698/2018

L'interpretazione di una disposizione testamentaria volta a determinare se il testatore abbia voluto disporre una sostituzione fedecommissaria o una costituzione testamentaria di usufrutto deve muovere dalla ricerca della effettiva volontà del "de cuius", attraverso l'analisi delle finalità che il testatore intendeva perseguire, oltre che mediante il contenuto testuale della scheda testamentaria; ne consegue che la disposizione con la quale il "de cuius" lascia a persone diverse rispettivamente l'usufrutto e la nuda proprietà di uno stesso bene (o dell'intero complesso dei beni ereditari) non integra gli estremi della sostituzione fedecommissaria (ma quelli di una formale istituzione di erede) quando le disposizioni siano dirette e simultanee e non in ordine successivo, i chiamati non succedano l'uno all'altro, ma direttamente al testatore, e la consolidazione tra usufrutto e nuda proprietà costituisca un effetto non della successione, ma della "vis espansiva" della proprietà.

Cass. civ. n. 22168/2014

In tema di successioni testamentarie, è estranea al fedecommesso "de residuo" l'imposizione dell'obbligo di conservazione dei beni, rimanendo la sostituzione comunque nulla, ai sensi dell'art. 692, quinto comma, cod. civ., in quanto sussiste l'elemento della duplice vocazione in ordine successivo.

Cass. civ. n. 4435/2009

L'interpretazione di una disposizione testamentaria volta a determinare se il testatore abbia voluto disporre una sostituzione fedecommissaria o una costituzione testamentaria di usufrutto deve muovere dalla ricerca della effettiva volontà del "de cuius", attraverso l'analisi delle finalità che il testatore intendeva perseguire, oltre che mediante il contenuto testuale della scheda testamentaria; ne consegue che la disposizione con la quale il "de cuius" lascia a persone diverse rispettivamente l'usufrutto e la nuda proprietà di uno stesso bene (o dell'intero complesso dei beni ereditari) non integra gli estremi della sostituzione fedecommissaria (ma quelli di una formale istituzione di erede) quando le disposizioni siano dirette e simultanee e non in ordine successivo, i chiamati non succedano l'uno all'altro, ma direttamente al testatore, e la consolidazione tra usufrutto e nuda proprietà costituisca un effetto non della successione, ma della "vis espansiva" della proprietà

Cass. civ. n. 7035/1995

Sono valide le clausole di ultima volontà che prevedono l'attribuzione dell'usufrutto vitalizio ad un soggetto diverso da quello a cui è attribuita la nuda proprietà a meno che non si tratti di sostituzione fidecommissaria vietata, la quale ricorre allorché il designato usufruttuario risulti l'effettivo erede, a causa dei poteri di disposizione attribuitigli in contrasto con la struttura propria del diritto di usufrutto, ed il nudo proprietario risulti, così, solo chiamato a subentrargli nell'eredità al momento della di lui morte.

Cass. civ. n. 243/1995

Integra fedecommesso, vietato dall'art. 899 del c.c. del 1865, quella disposizione testamentaria, comunque articolata, che conferisca secondo un ordine successivo determinati beni ad un istituto per la durata della sua vita ed i medesimi beni ad un altro soggetto (sostituito) dopo la morte del primo, mentre tale figura non sussiste quando ai chiamati vengano attribuiti in via successiva diritti diversi. Di conseguenza la disposizione con la quale il de cuius lascia a persone diverse rispettivamente l'usufrutto e la nuda proprietà di uno stesso bene non integra gli estremi della sostituzione fidecommissoria, quando ricorrano le seguenti circostanze: a) le disposizioni siano dirette e simultanee e non in ordine successivo; b) i chiamati non succedono l'uno all'altro, ma direttamente al testatore; c) la consolidazione tra usufrutto e nuda proprietà costituisca un effetto non della successione, ma della vis espansiva della proprietà.

Cass. civ. n. 2088/1993

Al fine di stabilire se il testatore, attribuendo ad un soggetto l'usufrutto sui beni costituenti la massa ereditaria e ad un altro soggetto la nuda proprietà degli stessi beni, abbia inteso nominare erede universale il beneficiario dell'usufrutto, con la conseguenza che l'ulteriore disposizione in favore dell'altro soggetto vada riguardata come una sostituzione fedecommissaria da considerare nulla in quanto vietata dalla legge (art. 292 c.c.), assume rilievo decisivo la circostanza che il testatore abbia attribuito al beneficiario il potere di disporre dei beni costituenti la massa ereditaria senza alcuna limitazione (perché il potere di alienazione è incompatibile con il contenuto proprio del diritto di usufrutto), mentre, quando sia stato attribuito all'istituito il potere di alienare, solo in caso di bisogno, uno od alcuno di detti beni, restano configurabili due legati, uno concernente l'usufrutto e l'altro, sospensivamente condizionato al verificarsi della situazione di bisogno, avente ad oggetto i beni da vendere per sopperire alla situazione stessa.

Cass. civ. n. 7267/1991

Nell'interpretazione di una disposizione testamentaria, con riguardo alla previsione dell'attribuzione (separata) simultanea, a distinti soggetti, della nuda proprietà e dell'usufrutto dei beni ereditari oppure di una sostituzione fedecommissaria, è decisivo il criterio secondo cui la sostituzione fedecommissaria non è ravvisabile quando, indipendentemente dalla terminologia usata, dalla struttura della disposizione emerga l'attribuzione ai chiamati in via successiva di due diritti diversi, rispettivamente di godimento — ancorché dell'intero compendio dei beni ereditari — al primo e di nuda proprietà dei beni relitti al secondo, giacché in tale ipotesi erede è soltanto il nudo proprietario, il quale può esercitare i relativi poteri fin dal momento dell'apertura della successione. Al contrario è ipotizzabile un'istituzione con sostituzione fedecommissaria qualora il testatore, pur adoperando la terminologia corrispondente ad un'attribuzione separata di usufrutto e di nuda proprietà, abbia attribuito all'onorato dell'usufrutto diritti ed obblighi incompatibili con la qualità di usufruttuario e spettanti invece all'erede oppure abbia condizionato l'acquisto della qualità di erede del secondo alla sua sopravvivenza al primo.

Cass. civ. n. 11428/1990

La clausola testamentaria «si sine liberis decesserit» non implica di per sé una sostituzione fidecommissoria, dovendosi accertare caso per caso, sulla base della volontà del testatore e delle particolari circostanze e modalità della disposizione, se essa sia stata impiegata per mascherare una sostituzione fedecommissoria ovvero se essa abbia avuto la funzione di una vera e propria condizione, con tutti i caratteri che le sono propri, ivi compresa l'efficacia retroattiva, funzionante risolutivamente, rispetto all'acquisto del primo istituito.

Cass. civ. n. 207/1985

La sostituzione fedecommissaria vietata, che richiede l'attribuzione in proprietà dei beni da conservare in vista del loro ritrasferimento, non avviene quando l'usufrutto sia separato dalla proprietà, così da attribuire ai chiamati in via successiva diritti dversi, dovendosi presumere che il testatore abbia inteso disporre validamente delle proprie sostanze.

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Consulenze legali
relative all'articolo 692 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. S. chiede
giovedì 16/05/2024
“Buonasera. Chiedo cortesemente un parere legale relativo la possibilità di estromettere uno dei miei figli dal mio asse ereditario garantendo allo stesso una rendita a vita. La richiesta nasce da una situazione problematica e diagnostica a uno dei figli ma tale problematica non è tale da consentirne l’interdizione. Il mio obiettivo è pertanto di tutelare il capitale (casa) consegnando la stessa alla mia morte a un figlio e allo stesso tempo obbligandolo a riconoscere all’ altro una rendita a vita. Detto questo sono proprietario di una casa (ad oggi in parte affittata a studenti). In caso di mia morte entrambi i figli avrebbero accesso all’ eredità casa compresa. Stavo pensando di effettuare una compravendita della nuda proprietà (con mio usufrutto) a mio fratello (A) avendo come controparte una collezione di quadri di pari valore per legittimare l’atto. Dopo questo passaggio la proprietà della casa di fatto sarebbe di mio fratello (A) che non ha figli. Vorrei a questo punto garantire in forma scritta e non modificabile che alla morte di mio fratello (A) la casa passasse definitivamente a uno solo dei miei figli. Su questo punto ho alcune perplessità. Se io o mio fratello (B) o entrambi fossimo vivi alla morte del fratello (A) proprietario della casa potrebbero esserci delle rivalse sulla legittima? In caso affermativo vorrei sapere se con un preventivo atto notarile concordato tra tutti noi tre fratelli possiamo definire a priori una rinuncia parziale all’eredità per assicurarci che la casa rimanga al fratello (A) e da lì passi, alla sua morte, a uno solo dei miei figli. Vorrei anche sapere se questi atti oltre a essere possibili possono essere non modificabili. Altra domanda riguarda l’accordo post mortem del fratello (A) che destina la casa a uno solo dei nipoti su 4. E’ opportuno intervenire con una scrittura vincolante (atto notarile se necessario) che come detto lasci la casa a uno dei suoi nipoti (mio figlio) garantendo una rendita all’ altro?Chiaramente se questa strada non fosse percorribile chiedo possibili alternative Cordiali saluti”
Consulenza legale i 26/05/2024
Le soluzioni a cui si è pensato di fare ricorso, purtroppo, non possono avere pratica attuazione per le ragioni che qui di seguito si vanno ad illustrare.
Sicuramente è possibile realizzare la prima delle operazioni prospettate, ovvero trasferire al fratello la nuda proprietà, riservandosi per sé l’usufrutto, della casa in cambio di una collezione di quadri di pari valore, operazione che tecnicamente si configura come permuta e non come vendita.
Non è possibile, invece, dare pratica attuazione al passaggio successivo, ovvero obbligare, mediante sottoscrizione di un patto ad hoc, il fratello A a disporre di quella casa in favore di un preciso nipote per il momento successivo alla sua morte.
Una pattuizione di tale tipo, infatti, ricade nel divieto dei patti successori di cui all’art. 458 del c.c., in quanto si tratterebbe a tutti gli effetti di “una convenzione con cui taluno dispone della propria successione”.
L’unico modo per raggiungere tale risultato, ma senza alcuna garanzia, sarebbe quello di invitare il fratello a disporre per testamento in tal senso, ciò che sarebbe possibile non dovendo il medesimo rispettare alcun limite di riserva, in quanto trattasi di soggetto che non lascia legittimari (tali sono, ex art. 536 del c.c., il coniuge, i figli e gli ascendenti).

E’ ben noto, infatti, che il testamento si caratterizza essenzialmente per la sua revocabilità (in ciò sta proprio la ratio del divieto dei patti successori), il che significa che anche se il fratello A dovesse per testamento disporre oggi in favore di uno dei nipoti, fino ad un istante prima della sua morte potrebbe revocare quella volontà e disporre in favore di chiunque altro, anche un estraneo.

Le medesime considerazioni fatte sopra valgono anche per la soluzione a cui si fa riferimento nel prosieguo del quesito, e precisamente in relazione alla ammissibilità di un atto notarile stipulato tra tutti i fratelli contenente rinuncia parziale all’eredità e obbligo di trasferire la casa ad uno dei figli.
Anche in questo caso, infatti, vale il divieto di cui all’art. 458 c.c. ed in particolare nella seconda parte della norma, la quale sancisce la nullità di qualunque atto con il quale taluno dispone di diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta o in forza del quale si rinuncia a tali diritti.

Negativa, di conseguenza, è anche la risposta alle domande che fanno seguito.

A questo punto, si deve necessariamente pensare ad una soluzione alternativa, ed uno spunto in tal senso può essere offerto dalla sentenza n. 2769 del 09.10.2018 della Prima Sezione civile del Tribunale di Bologna, la quale sembra adattarsi alla situazione di fatto che viene qui descritta.
Nel quesito si dice che “la richiesta nasce da una situazione problematica e diagnostica di uno dei figli, ma tale problematica non è tale da consentirne l’interdizione”.
Si vuole in sostanza evitare che al figlio che si trova in tale situazione giungano beni del proprio patrimonio, in quanto sarebbe incapace di amministrarli.

Ebbene, seppure nulla venga precisato con riferimento al tipo di patologia che affligge il proprio figlio, ciò che si vuole qui prospettare è di fare ricorso all’amministrazione di sostegno, istituto giuridico disciplinato dagli artt. 404 e ss. c.c. e che ha la finalità di offrire, a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire.
Sotto questo profilo si distingue dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione (non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge che ha introdotto l’amministrazione di sostegno), ed il suo ambito di applicazione va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, quanto piuttosto alla maggiore idoneità di questo strumento di adeguarsi alle esigenze di tale soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.

La nomina di un amministratore di sostegno, che si suggerisce di individuare proprio nel fratello a cui si vuole far pervenire l’immobile, consentirebbe di fare applicazione di quanto statuito dal Tribunale di Bologna nella sentenza prima citata.
In tale occasione la Prima Sezione civile del Tribunale, nel respingere la domanda di interdizione proposta dal padre dell’incapace, in luogo dell’amministrazione di sostegno, al solo scopo di consentire allo stesso di disporre per testamento in sostituzione del figlio ex art. 692 c.c. (c.d. sostituzione fedecommissaria) a favore di terzi o enti che si fossero presi cura in vita del figlio, ha affermato che la sostituzione fedecommissaria è attuabile anche con l’amministrazione di sostegno, potendo il giudice disporre, nel provvedimento di nomina dell’amministratore o in epoca successiva, che all’amministrato si estendano effetti, limitazioni o decadenze previste per l’interdetto o l’inabilitato.

A tal fine lo stesso Tribunale, respingendo la richiesta di interdizione, ha rimesso gli atti al giudice tutelare per valutare la possibilità di estensione dei poteri dell’amministratore per la sostituzione fedecommissaria.
Tale pronuncia, peraltro, risulta conforme a quelli che sono i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. 1, n. 17962 del 11/09/2015; Sez. 1, n. 18171 del 26/07/2013; conf. n. 22332 del 2011), secondo cui il giudice, in applicazione dell'ultimo comma dell’art. 411 del c.c. deve valutare preliminarmente la possibilità che taluni effetti, limitazioni o decadenze proprie dell'interdizione possano essere estese all'amministratore di sostegno in virtù della residualità dell'istituto dell'interdizione.

Sulla base di quanto fin qui riportato, dunque, ciò che si suggerisce è di richiedere al giudice tutelare competente la nomina di un amministratore di sostegno per il figlio che presenta una situazione problematica, proponendo quale amministratore l’altro figlio, con espressa richiesta di potersi avvalere per il beneficiario dell’istituto giuridico della sostituzione fedecommissaria.
Ottenuta tale autorizzazione, si potrà redigere testamento con il quale disporre della casa di abitazione in favore di entrambi i figli e per quote eguali, ma con obbligo per il figlio beneficiario dell’amministrazione di sostegno di conservare e restituire la quota di proprietà sull’immobile a favore del fratello che si sarà preso cura di lui.
L’istituto giuridico dell’amministrazione di sostegno sarà utile anche per una corretta gestione degli eventuali frutti civili ritraibili dalla locazione di quell’immobile.


P. L. B. chiede
venerdì 03/02/2023 - Toscana
“Si tratta di una situazione familiare con un figlio interdetto mentale. Nel 2009 la mamma unico genitore ancora in vita, (deceduta il 2/10/2010), fà un testamento pubblico da un notaio indicando come erede universale la figlia interdetta mentale, nel quale viene scritto che alla morte della figlia l'eredità doveva andare a chi si prenderà cura di quest'ultima. A tale scopo di assistenza per la figlia, aveva indicato nel testamento due persone di fiducia che abitano tutt'ora vicino alla figlia, il sottoscritto e mia moglie, ..." vorrei che sia mia figlia Tizia che la sottoscritta fossimo assistite e affidate alle cure di due persone di fiducia..., i signori Caio e Sempronia...", questo è scritto nel testamento e questo abbiamo cercato di fare nel migliore dei modi. Dopo il decesso dell'interdetta nel 2014 i cugini hanno effettuato prima l'accettazione dell'eredità di Tizia da Tizia stessa e successivamente hanno impugnato il testamento della mamma, sostenendo che i sottoscritti non hanno mai fatto assistenza e rivendicando tutta l'eredità dell'interdetta. Anche io e mia moglie abbiamo accettato l'eredità di Tizia, secondo la volontà della madre dopo avergli fatto la dovuta assistenza e in seguito alla convocazione del notaio, che aveva predisposto il testamento, ma l'abbiamo accettata dalla madre dell'interdetta. La domanda che vogliamo sottoporvi è quale delle due accettazioni dell'eredità è quella corretta o se lo sono entrambi. Se una delle due è sbagliata, è possibile annullare la causa in corso o trovare un'altra soluzione a questa controversia?, in considerazione per esempio che uno dei due litiganti potrebbe avere chiesto l'eredità alla persona sbagliata che non gli può o non gli poteva cedere niente?”
Consulenza legale i 09/02/2023
Il caso descritto nel quesito integra una fattispecie giuridica che abbastanza raramente si presenta nella pratica, ma che il legislatore si è preoccupato di disciplinare.
Si tratta dell’istituto giuridico della c.d. sostituzione fedecommissaria, a cui sono dedicati gli artt. 692 e ss. c.c., e che consiste nella disposizione con la quale il testatore nomina la persona dell'erede istituito (figlio o coniuge) imponendogli di conservare quanto ricevuto onde restituirlo, alla sua morte, ad altra persona indicata nel testamento (sostituito).
Il suo carattere è esclusivamente assistenziale, in quanto mira ad assicurare ed incentivare la cura dell'incapace; infatti, una disposizione testamentaria di questo tipo è lecita solo se "istituito" è persona interdetta e "sostituito" è la persona o l'ente che ne abbia avuto cura.

Analizzando quelli che sono gli elementi costitutivi di tale fattispecie, è possibile trovare la soluzione al caso che qui viene prospettato.
Tali elementi vanno individuati nella doppia vocazione, nell’ordine successivo dei chiamati, nell’obbligo di conservare e restituire nonché nella cura dell’istituito interdetto.
Per quanto concerne il primo di tali elementi, la doppia vocazione, per aversi sostituzione fedecommissaria occorre che vi sia una doppia chiamata negli stessi beni ed al medesimo titolo di due o più persone.
A tale riguardo in giurisprudenza si evidenzia la necessità che la disposizione testamentaria contenga una doppia istituzione per il medesimo oggetto, ovvero che il testatore abbia attribuito la titolarità sugli stessi beni prima all'istituito e poi al sostituito.

Con riferimento all’ordine successivo, invece, sempre secondo la giurisprudenza, per aversi sostituzione fedecommissaria è necessario che il testatore, chiamando i soggetti alla titolarità sui medesimi beni, abbia previsto un ordine successivo, nel senso che il sostituito potrà venire all’eredità o al legato al momento e per effetto della morte del primo chiamato, risultando suo successore ma indicato e imposto dal testatore, rispetto al quale entrambi (istituito e sostituito) assumono la qualità di eredi o legatari (si vedano in tal senso Cass. civ. Sez. II sent. n. 13250/2007 e Cass. civ. sent. n. 2632/1974).

Altro presupposto essenziale sul quale si fonda la sostituzione fedecommissaria è quello della cura dell’interdetto: si tratta di un elemento di fatto, il quale deve presentare il carattere della effettività e della oggettività, nel senso che deve essere concretamente prestata in modo non occasionale.
A tale riguardo l’ultima parte del primo comma dell’art. 692 c.c. precisa che l’attività prestata dai sostituiti deve essere svolta “sotto la vigilanza del tutore”.

Delineati i presupposti ed i caratteri essenziali dell’istituto giuridico di cui si invoca l’applicazione nel caso di specie, può dirsi che corretta è l’accettazione dell’eredità effettuata dai coniugi Caio e Sempronia ed avente ad oggetto l’eredità della madre della persona interdetta.
Come è stato prima osservato, infatti, la sostituzione fedecommissaria si caratterizza per l’ordine successivo delle chiamate, assumendo sia l’istituito che il sostituito la qualità di eredi (o di legatari) nei confronti del testatore originario.

Tuttavia, va detto che neppure erronea deve ritenersi l’accettazione dell’eredità dell’interdetta posta in essere dai suoi eredi legittimi, in quanto, essendo allo stato attuale pendente una controversia giudiziaria tra questi ultimi eredi legittimi e coloro che vogliono far valere la posizione di chiamati della testatrice originaria quali sostituiti fedecommissari, potrebbe verificarsi che nel corso di tale giudizio i primi riescano a dare prova dell’inefficacia della sostituzione per violazione, ad esempio, degli obblighi di assistenza nei confronti dell’interdetta (in questo caso l’accettazione dell’eredità effettuata dagli eredi legittimi dell’interdetta assumerebbe piena validità ed efficacia).

Sotto questo profilo si ritiene che possa assumere un ruolo decisivo la posizione del tutore dell’interdetta (figura a cui nel quesito non si fa alcun riferimento, ma che non può non mancare in presenza di un soggetto giuridicamente interdetto), in quanto, considerato che la cura dell’istituita doveva essere svolta sotto la vigilanza del tutore, come sopra precisato, soltanto quest’ultimo potrà dare conferma del fatto che i sostituiti abbiano adempiuto o meno al loro obbligo.
Fatta eccezione per questa sola eventualità, e tenuto conto di quanto riferito nel quesito, non sembrano sussistere altre ragioni per le quali il giudice investito della controversia non possa non dichiarare correttamente devoluta in favore dei sostituiti (che si sono presi cura dell’interdetta) l’eredità della testatrice.

Pertanto, salvo che si possa giungere ad una soluzione transattiva tra le parti (ipotesi che, in realtà, appare poco probabile), allo stato attuale si ritiene che non vi siano i presupposti per chiudere anticipatamente il giudizio.

Roberto S. chiede
lunedì 14/05/2018 - Sardegna
“Questa è la situazione : la madre di un minore con ritardo mentale vuole evitare che il padre , non coniugato , del minore in un'eventuale sua premorienza possa interferire nella gestione dell'attuale attività della madre , proprietaria di un immobile e relativo B.& B. . Si è pensato ad un fedecommissario nella persona del fratello della madre . Gradirei avere risposta in merito , ed anche sulla metodica da attuare .
Grazie e saluti .”
Consulenza legale i 17/05/2018
La scelta della sostituzione fedecommissaria si ritiene che sia in effetti una buona soluzione per raggiungere l'effetto desiderato, in quanto consentirebbe di far pervenire al minore l'eredità della madre, garantendosi nel contempo una buona amministrazione del compendio ereditario e la cura materiale e morale dell’incapace (questa costituirebbe un vero e proprio onere per il sostituito, ed infatti si sostiene che la sostituzione non ha scopo di lucro, ma carattere assistenziale).

La disciplina di tale istituto giuridico la si riviene nell’art. 692 c.c., da cui si ricava che, per poterne beneficiare, occorre che ricorrano dei presupposti ben determinati. In particolare occorre che l’istituito sia:
  1. figlio del testatore (sia legittimo che naturale riconosciuto e adottivo);
  2. interdetto;
  3. il suo stato di incapacità permanga per tutta la durata della prima istituzione.
Nel caso che si prospetta, tuttavia, sembra che difetti proprio uno dei requisiti previsti per la sostituzione fedecommissaria, ossia lo stato di interdizione del minore con deficit psichico, a cui deve necessariamente ricollegarsi la nomina di un tutore.
Infatti, in tale istituto, l’istituito (cioè l’incapace) è rappresentato dal tutore ed ha gli stessi obblighi dell’usufruttuario, ossia deve prestare l’inventario e la garanzia e deve avere la medesima diligenza nell’amministrazione dei beni del buon padre di famiglia.

Altro dato da non trascurare, e che sembra non coincida con ciò che si vuole realmente, è che sarà il tutore, nella qualità di legale rappresentante dell’incapace, ad amministrare i beni con la qualifica di titolare di un ufficio di diritto privato, potendo anche compiere, pur con l’autorizzazione del giudice tutelare ex art.694c.c., atti di disposizione degli stessi beni.
Nessun atto di amministrazione, dunque, compete al sostituito, il quale deve soltanto occuparsi della cura dell’incapace, mentre non potrà amministrare il B&B, che vorrebbe trasmettersi in eredità.
Unica soluzione, dunque, può essere quella di far dichiarare interdetto l’incapace e di indicare quale tutore lo zio dell’interdetto nonché fratello della testatrice, in modo tale da far sì che questi, nella qualità di tutore possa amministrare il patrimonio dell’incapace, che poi riceverà in successione per effetto del fedecommesso.

Solo una parte della dottrina ha finora ritenuto che l’art. 411 c.c., nel dettare le norme applicabili all’amministratore di sostegno, prevede all’ultimo comma che il giudice tutelare possa disporre che “determinati effetti, limitazioni o decadenze” dettate per l’interdizione siano estese anche al beneficiario di tale misura di protezione, “avuto riguardo all’interesse del medesimo”, facendone da ciò discendere la possibilità che, nel provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno, sia prevista anche l’applicabilità delle norme dettate per il fedecommesso assistenziale (così Bonilini).
Si tratta, però, almeno finora, di una isolata opinione dottrinaria, per cui non vale la pena di correre il rischio di vedersi impugnata la disposizione testamentaria da parte del padre del minore, il quale potrebbe avere tutto l’interesse a curare gli interessi del figlio e dell’azienda che riceverà in successione.

Ritornando dunque alla fattispecie delineata dall’art. 692 c.c., va detto che, sotto il profilo prettamente pratico, nonostante la sostituzione fedecommissaria possa essere disposta nel solo caso in cui l’istituito sia persona interdetta, ovvero nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di interdizione precedentemente all’istituzione di erede, la relativa disciplina potrà applicarsi anche qualora venga istituito un minorenne non ancora interdetto, ma che si trovi in uno stato di abituale infermità di mente che legittimerebbe la sua pronuncia di interdizione, tanto da far presumere che la stessa interverrà nel termine indicato dall’art. 416 c.c., ossia nell’ultimo anno della sua minore età e con effetto dal giorno in cui raggiunge la sua maggiore età.
Sia la sostituzione fedecommissaria che la scelta del tutore (che, ovviamente si farà ricadere sullo zio) possono essere disposti per testamento, per la cui redazione si consiglia di rivolgersi ad un legale o ad un notaio (in quest’ultimo caso si potrà scegliere la firma del testamento pubblico), e ciò onde farsi guidare da una persona esperta in materia, in considerazione della particolarità delle disposizioni che tale testamento dovrà contenere.
Per la procedura di interdizione, invece, dovranno seguirsi le disposizioni dettate dagli artt. 414 e seguenti del codice civile.

Una soluzione alternativa, che consentirebbe di evitare di far dichiarare interdetto il minore, ottenendo effetti analoghi alla sostituzione fedecommissaria, potrebbe essere quella dell’attribuzione separata dell’usufrutto e della nuda proprietà.
Entrambe le attribuzioni (al minore della nuda proprietà ed al fratello dell’usufrutto) verrebbero fatte in modo diretto ed immediato, e non in ordine successivo (ciò che è vietato dall’art. 692 comma 5 c.c.), poichè entrambi i chiamati succedono al testatore.
Verrebbe a mancare solo l’obbligo per lo zio usufruttuario di prestare cura ed assistenza al nipote con deficit psichico, ma a ciò può ovviarsi ponendo a carico dello stesso un onere avente proprio tale contenuto e prevedendo, nel corpo dello stesso testamento, la risoluzione della disposizione testamentaria per il caso di inadempimento dell’onere.
Di particolare rilievo, per tale ipotesi, è quanto previsto dal primo comma dell’art. 648 c.c., il quale dispone che per l’adempimento dell’onere può agire qualsiasi interessato, ciò che solleva in qualche modo dal pensiero che lo zio possa godere dei beni ricevuti senza prestare cura ed assistenza al nipote.
Anche per la redazione di tale testamento, comunque, si consiglia di affidarsi ad un legale o ad un notaio, e ciò sia per la particolarità delle disposizioni che dovrà contenere sia per evitare che lo stesso possa non essere mai portato alla luce.



Gualtiero A. chiede
martedì 20/12/2016 - Liguria
“In merito all'articolo 692 codice civile. E' ammissibile che con testamento venga nominato come sostituito il tutore dell'interdetto istituito?”
Consulenza legale i 27/12/2016
La questione è oggetto di dibattito tra gli studiosi: non esiste, infatti, sul punto, alcuna pronuncia giurisprudenziale che aiuti ad interpretare l’articolo citato sotto questo profilo.

La difficoltà di dare una risposta affermativa al quesito deriva dal fatto che l’art. 692 cod. civ. statuisce che la cura dell'interdetto, da parte del sostituito, debba avvenire "sotto la vigilanza del tutore".
La finalità del legislatore è infatti quella di far sì che la cura dell'incapace si eserciti in modo da tendere, effettivamente, alla soddisfazione dei suoi bisogni, evitando iniziative arbitrarie che lo possano danneggiare: la norma quindi introduce una contrapposizione tra persone o enti che hanno "cura" dell'interdetto, ed il fatto che tale cura debba avvenire sotto la "vigilanza" del tutore, evidenziando una diversità fra colui che effettua la "cura" ed il tutore che "vigila".
E’ dunque legittimo chiedersi se tale binomio “cura-vigilanza" possa significare incompatibilità tra l'ufficio di tutore e la veste di sostituito.

Qualche studioso ritiene che proprio dalla lettera dell’articolo in commento si possa, in effetti, desumere la descritta incompatibilità, ritenendo, pertanto, che se il tutore voglia beneficiare dell’eredità come sostituito debba necessariamente rinunciare all’incarico di tutore.
Altri, invece, ritengono che tutore e sostituito possano essere la stessa persona, poiché non vi sono ragioni sufficienti per trattare in maniera diversa e sfavorevole colui che, "istituzionalmente", è demandato a provvedere alla cura e alla rappresentanza dell'incapace.
E’ certamente vero, in ogni caso, che - ammettendo al beneficio di cui all’art. 692 c.c. anche il tutore - potrebbero sorgere dei conflitti di interesse dovuti proprio alla coincidenza nella stessa persona delle due funzioni della cura e vigilanza.

In tale eventualità, la soluzione si può individuare nell'art. 360, 1° comma, c.c., che disciplina la figura del protutore chiamato a rappresentare il minore, proprio nei casi in cui l'interesse di questi, sia in opposizione con quello del tutore.
Essendo quindi il tutore il sostituito, la figura chiamata a prestare la vigilanza richiesta dalla norma in luogo di quest’ultimo sarà il protutore.

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