La
condizione per promuovere l'istanza di imposizione della
cauzione prevista dalla norma in esame è che non vi sia contestazione sul diritto relativo alla
successione, poiché in tale diversa ipotesi la relativa richiesta dovrà essere proposta al giudice ordinario dinanzi al quale pende il giudizio successorio.
Legittimati a presentare la suddetta
istanza, nei confronti dell'erede beneficiato, sono i creditori relativamente ai beni mobili compresi nell'
inventario e ai i frutti degli immobili (si veda
art. 492 del c.c.), mentre nel caso di disposizione testamentaria sottoposta a condizione risolutiva, sono legittimati, nei confronti dell'
erede o del
legatario, coloro ai quali si devolverebbe l'
eredità o il
legato nel caso in cui la condizione si verificasse (si veda
art. 639 del c.c.).
L'ultimo comma di questa norma estende espressamente l'applicazione del procedimento in esame alle ipotesi disciplinate dagli artt.
708 e
710 c.c. con riferimento agli esecutori testamentari.
Inoltre, questo stesso procedimento è richiamato dall'
art. 81 delle disp. att. c.c. in relazione ai casi previsti dal terzo comma dell’
art. 1286 del c.c. e dal terzo comma dell’
art. 1287 del c.c. relativi alle obbligazioni alternative.
Secondo la tesi che si ritiene preferibile, il procedimento in esame va ricondotto alla categoria dei procedimenti di
volontaria giurisdizione, sebbene parte della dottrina contesti tale classificazione, ritenendo che si tratti di una tipica forma di tutela camerale avente per oggetto diritti soggettivi.
L'atto introduttivo riveste, anche in questo caso, la forma del ricorso, il quale deve essere diretto al
presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione (che, ex [[456cc], coincide con quello dell'ultimo
domicilio del defunto).
Il suo contenuto è quello previsto dall’
art. 125 del c.p.c. e deve contenere l'esposizione dei motivi per i quali l'istante teme pregiudizio per le proprie ragioni.
Dopo la presentazione del ricorso, il presidente del tribunale pronuncia il decreto di fissazione dell'udienza davanti a sé, alla quale dovranno comparire il ricorrente e l'erede o il legatario; con lo steso decreto il presidente fissa il termine entro il quale ricorso e decreto devono essere notificati agli interessati.
Il provvedimento conclusivo riveste la forma di ordinanza con la quale il presidente stabilisce le modalità e l'ammontare della cauzione.
Per il contenuto dell'ordinanza occorre fare riferimento alle previsioni degli artt.
119 c.p.c. e
art. 86 delle disp. att. c.p.c..
In particolare, la prima di tali norme stabilisce che nel provvedimento con cui il giudice impone una cauzione ne deve essere indicato l'oggetto, il modo di prestarla e il termine entro cui la prestazione deve avvenire.
La seconda norma, invece, dispone che, di regola, la cauzione debba essere prestata in danaro o in titoli del
debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari, ma il giudice può disporre diversamente (può, infatti, consistere anche nella prestazione di una
garanzia reale, quali
pegno o
ipoteca, o personale, quale una
fideiussione).
L'ordinanza pronunciata dal presidente del tribunale è soggetta a reclamo, che va proposto al presidente della corte d'
appello.
Il procedimento di
reclamo segue lo stesso modello di quello previsto per il primo grado e si conclude, previa instaurazione del
contraddittorio tra le parti, con la pronuncia di una nuova ordinanza presidenziale.
Quest’ultima, però, non è impugnabile secondo quanto espressamente previsto al comma 3 della norma in esame.