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Servitù di veduta: ammissibile anche se il balcone non è ancora stato completato

Servitù di veduta: ammissibile anche se il balcone non è ancora stato completato
Si può costituire una servitù di veduta per destinazione del padre di famiglia anche in relazione a verande o balconi la cui costruzione non sia ancora stata ultimata.
La Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7783/2020, si è pronunciata in materia di servitù, interrogandosi in merito alla possibilità o meno di far nascere una servitù per destinazione del padre di famiglia, ex art. 1062 del c.c., anche in relazione ad opere che non siano ancora state completate o, comunque, rifinite.

Nel caso di specie una donna aveva citato in giudizio il proprietario dell’appartamento sottostante al suo, al fine di ottenere il riconoscimento, in suo favore, della sussistenza di una servitù di veduta esercitabile dal suo balcone ed acquisita per destinazione del padre di famiglia, nonché la condanna del convenuto a rimuovere la copertura della propria veranda, poiché posta ad una distanza inferiore a quella prevista dall’art. 907 del c.c., rispetto alla veduta esercitata dal balcone dell’attrice.

Nonostante il giudice di primo grado avesse rigettato le istanze attoree, esse venivano accolte dalla Corte d’Appello. La Corte territoriale osservava, infatti, che gli appartamenti di proprietà delle parti in causa, prima di essere trasferiti a loro, erano appartenuti al costruttore, il quale li aveva costruiti su un terreno acquistato in forza di una permuta con i suoi stessi proprietari, i quali, poi, come corrispettivo, avevano avuto la proprietà delle due unità abitative, poste l’una sopra l’altra. Su tali premesse, dunque, i giudici di secondo grado riconoscevano l’esistenza dei presupposti per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, considerato che il costruttore, originario proprietario dei due appartamenti, aveva edificato le unità immobiliari del complesso residenziale attraverso la costruzione di verande e balconi, idonei a costituire la servitù apparente di veduta a favore dell’appartamento al primo piano e a carico di quello posto al piano terra.

Il convenuto, rimasto soccombente, ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, eccependo, in primo luogo, una violazione e falsa applicazione dell’art. 952 del c.c. Secondo il ricorrente la Corte d’Appello non avrebbe esaminato la clausola, contenuta nell’originario contratto di permuta, con cui i proprietari del terreno si erano riservati espressamente il diritto di superficie sul suolo preposto alla realizzazione dei due appartamenti a loro destinati. A suo parere, considerato che, per consolidata giurisprudenza, in presenza di una riserva, non si realizza una vendita di cosa futura, in quanto l’acquisto del diritto di superficie è immediato, il costruttore non era mai diventato proprietario dei due appartamenti, poiché gli stessi erano stati acquistati per accessione dai venditori del terreno man mano che il costruttore li edificava. Veniva così a mancare, secondo il ricorrente, il presupposto essenziale per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, rappresentato dall’originaria unica appartenenza dei fondi.

Si lamentava, poi, la violazione e falsa applicazione anche degli articoli 1062, 1472 e 1552 del Codice Civile. Secondo il ricorrente la Corte d’Appello avrebbe dovuto attenersi al principio di diritto per cui “in ipotesi di permuta di cosa presente con cosa futura, nel contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire, in tutto in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, l’effetto traslativo si verifica ex art. 1472 c.c. non appena la cosa viene ad esistenza, momento che si identifica, quando la cosa futura consista in una porzione dell’edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ossia nella realizzazione delle strutture fondamentali, senza che abbiano rilevanza le rifiniture o gli accessori, così come conforta la lettera dell’art. 2645 bis, ultimo comma, del c.c.” (Cass. Civ., n. 24172/2013). La corretta applicazione di tale principio, infatti, secondo l’uomo, avrebbe dovuto indurre la Corte a riconoscere che, quando si era verificato l’effetto traslativo con la venuta ad esistenza dei beni nelle loro strutture fondamentali, non esistevano ancora i presupposti della servitù, la quale richiedeva la realizzazione di una terrazza praticabile, accessibile e munita di idoneo parapetto, tale da consentire l’esercizio della veduta.

La Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato il ricorso, ritenendo, innanzitutto, inammissibile il motivo con cui il ricorrente aveva lamentato l’insussistenza dei presupposti per la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia, considerato che si trattava di una questione nuova, e, quindi, non esaminabile in sede di legittimità.

Pur ritenendola infondata in diritto, gli Ermellini si sono maggiormente soffermati sulla tesi, avanzata dal ricorrente, per cui, ai fini della costituzione della servitù di veduta per destinazione del padre di famiglia, sarebbe necessaria l’ultimazione delle opere.
I giudici di legittimità, richiamando un loro precedente orientamento, hanno evidenziato come lo stesso art. 1062 del c.c. stabilisca che una servitù possa essere acquistata per destinazione del padre di famiglia quando vi siano segni che si concretizzino in opere, artificiali o naturali, di natura permanente, obiettivamente destinate all’esercizio di essa e che rivelino, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente (cfr. Cass. Civ., n. 1510/1980). Ad essere necessaria è, quindi, l’esistenza dell’opera, non l’esercizio in atto dello stato di servizio, la presenza di opere totalmente finite (cfr. Cass. Civ., n. 3751/1975).

La stessa Cassazione ha, infatti, in passato, chiarito che “l’esistenza di aperture nel muro, sebbene prive di intelaiatura, ma che rivelino, in modo palese, la specifica e normale funzione di consentire l’esercizio della veduta sul fondo del vicino deve considerarsi sufficiente a creare de facto quella situazione che occorre per dar vita alla costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia e ciò in quanto a tale fine non occorre che la situazione oggettiva di subordinazione o di servizio tra i due fondi derivi da opere complete e munite di tutti gli attributi ad esse inerenti, essendo, invece, sufficiente che esistano segni visibili, precisi ed inconfondibili, che valgano a rilevare, obiettivamente ed in modo non equivoco, la destinazione dell’opera all’esercizio della servitù(Cass. Civ., n. 2213/1964).

Alla luce di tali principi, dunque, la Cassazione non ha potuto far altro che evidenziare come sia possibile costituire, ai sensi dell’art. 1062 del c.c., una servitù di veduta da una terrazza, sebbene questa, al momento della separazione, sia in uno stato tale da non poter essere utilizzata.


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