Cass. civ. n. 37716/2022
Il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere il rapporto di lavoro, salvo che ricorrano, ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale, la esistenza delle quali ha l'onere di provare, senza che a questo fine possano assumere rilevanza eventi riconducibili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l'esaurimento dell'attività produttiva. Ne consegue che il dipendente "sospeso" non è tenuto a provare d'aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative nel periodo in contestazione, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un'ipotesi di "mora credendi", il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione.
Cass. civ. n. 3974/2019
La distruzione del bene locato, la quale fa venir meno l'obbligo di manutenzione a carico del locatore rendendo applicabile la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta (totale o parziale) della prestazione, ricorre non solo quando il bene locato sia totalmente distrutto, ma anche quando la rovina, pur essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene pregiudicandone definitivamente la funzionalità e l'attitudine a prestarsi al godimento previsto dalle parti con il contratto, fermo restando che la distruzione di un singolo elemento essenziale o strutturale non equivale a distruzione parziale dell'immobile locato solo se gli altri elementi, rimasti in efficienza, assicurino la consistenza complessiva dell'immobile e la sua funzionalità. (Nella specie, il giudice di merito, con decisione confermata dalla S.C., aveva affermato che non fosse stato dimostrato il verificarsi di una causa di impossibilità sopravvenuta tenuto conto che la dichiarazione di inagibilità dell'immobile riconducibile ad un evento sismico non poteva ritenersi equivalente alla sua distruzione totale o parziale, avendo inoltre accertato che, a seguito del sisma, il rapporto locatizio era proseguito per un triennio).
Cass. civ. n. 31763/2018
Le regole dettate dall'art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze da malattia del lavoratore prevalgono, in quanto speciali, sulla disciplina dei licenziamenti individuali e si sostanziano nell'impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cd. comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa, dal giudice, nonché nel considerare quel superamento unica condizione di legittimità del recesso, nell'ottica di un contemperamento tra gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi, senza perdere i mezzi di sostentamento); ne deriva che lo scarso rendimento e l'eventuale disservizio aziendale determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non possono legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Cass. civ. n. 20761/2018
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, tanto nel caso di una sola affezione continuata, quanto in quello del succedersi di diversi episodi morbosi (cosiddetta eccessiva morbilità), la risoluzione del rapporto costituisce la conseguenza di un caso di impossibilità parziale sopravvenuta dell'adempimento, in cui il dato dell'assenza dal lavoro per infermità ha una valenza puramente oggettiva; non rileva, pertanto, la mancata conoscenza da parte del lavoratore del limite cd. esterno del comporto e della durata complessiva delle malattie e, in mancanza di un obbligo contrattuale in tal senso, non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell'approssimarsi del superamento del periodo di comporto, in quanto tale comunicazione servirebbe in realtà a consentire al dipendente di porre in essere iniziative, quali richieste di ferie o di aspettativa, sostanzialmente elusive dell'accertamento della sua inidoneità ad adempiere l'obbligazione.
Cass. civ. n. 13662/2018
In tema di licenziamento per motivo oggettivo, il ritiro del tesserino di accesso all'area aeroportuale determina per l'operatore addetto l'impossibilità di svolgere la prestazione, giustificando la risoluzione del rapporto; la sussistenza dell'impedimento va verificata al momento del recesso, a nulla rilevando l'eventuale successivo superamento della causa di revoca del tesserino e senza che il giudice del lavoro possa sindacare i motivi posti a base del provvedimento amministrativo ovvero disapplicarlo.
Cass. civ. n. 29250/2017
La sopravvenuta infermità permanente del lavoratore non costituisce una impossibilità della prestazione lavorativa integrante giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro qualora il dipendente possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche inferiori purché, da un lato,la diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute, e, dall’altro, l’adeguamento sia sorretto dal consenso e dall’interesse dello stesso lavoratore. Ne consegue che, ove il dipendente abbia manifestato, pur senza forme rituali, il consenso a svolgere mansioni inferiori, il datore ha l’onere di giustificare il recesso, fornendo la prova delle attività svolte in azienda e della relativa inidoneità fisica del lavoratore o dell’impossibilità di assegnarlo ad esse per ragioni tecnico-produttive, considerato che egli non è tenuto ad adottare particolari misure, che vadano oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge, al fine di porsi in condizione di cooperare all'accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità.
Cass. civ. n. 1591/2004
La sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa dovuta ad un evento estraneo al rapporto di lavoro e non imputabile al dipendente autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto stesso, ai sensi dell'art. 1464 c.c., in mancanza di un suo interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative, la sussistenza o meno del quale deve essere accertata, con valutazione ex ante in riferimento alla prevedibilità o meno del protrarsi della causa dell'impossibilità di esecuzione della prestazione e del tempo occorrente per il suo venir meno, nonché dei pregiudizi derivanti all'organizzazione del datore di lavoro ; l'impossibilità parziale della prestazione, infatti, non giustifica il recesso solo quando, sulla base di tutte le circostanze del caso concreto, si può prevedere (dunque necessariamente a livello di prognosi ) la ripresa della attualità del rapporto senza significativi pregiudizi per l'organizzazione del datore di lavoro in relazione alla prevedibile durata dell'assenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, giudicando in sede di rinvio e discostandosi dal principio di diritto stabilito ex art. 384 c.p.c., aveva ritenuto ingiustificato il recesso del datore di lavoro per impossibilità parziale della prestazione dovuta al ritiro del tesserino di accesso alle aree aeroportuali ad un dipendente aeroportuale sottoposto a procedimento penale, in quanto, con valutazione ex post l'assenza del dipendente era risultata «sostenibile » per il datore di lavoro in considerazione del fatto che non era stato assunto alcun lavoratore e non erano stati modificati in modo significativo i moduli organizzativi ).
Cass. civ. n. 6378/2003
La sopravvenuta impossibilità anche parziale della prestazione lavorativa per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore a svolgere le mansioni assegnategli viene a costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, non avendo il datore di lavoro l'obbligo di mantenere il dipendente in servizio attribuendogli mansioni compatibili con le sue residue e inferiori capacità lavorative, qualora ciò comporti una modificazione dell'assetto organizzativo dell'impresa.
Cass. civ. n. 7638/1996
La sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa dovuta ad un evento estraneo al rapporto di lavoro e non imputabile al dipendente autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto stesso, ai sensi dell'art. 1464 c.c., in mancanza di un suo interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative, la sussistenza o meno del quale deve essere peraltro verificata, dato il coordinamento di detta norma con l'art. 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604, con riguardo alle ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa. Ne consegue che, nell'ipotesi di temporaneo ritiro, ad un dipendente aeroportuale svolgente le proprie mansioni negli spazi doganali, del tesserino di accesso ai medesimi per denuncia penale ancorché risoltasi con la piena assoluzione del dipendente, la legittimità del licenziamento presuppone la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, sia delle ragioni tecnico produttive che rendevano impossibile attendere la rimozione del temporaneo impedimento alle normali funzioni del lavoratore, sia delle analoghe ragioni ostative ad un impiego del medesimo, con mansioni almeno equivalenti, in luoghi diversi; tali ragioni devono essere inoltre valutate dal giudice del merito tenendo conto delle oggettive esigenze dell'impresa, delle dimensioni della stessa, del tipo di organizzazione tecnico produttiva ivi attuato, del periodo di assenza, della ragionevolmente prevedibile, secondo un giudizio ex ante, protrazione della stessa e della natura delle mansioni espletate dal lavoratore.
Cass. civ. n. 5713/1993
Una consolidata situazione di ridotta capacità lavorativa, derivante da uno stato morboso ed avente il carattere della permanenza o dell'imprevedibilità della sua durata, autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto, ai sensi dell'art. 1464 c.c., in mancanza di un suo apprezzabile interesse alle future prestazioni lavorative (ridotte), non rilevando l'eventuale successivo recupero, da parte del lavoratore, della propria (piena) idoneità fisica. L'accertamento del giudice del merito in ordine alla sussistenza (o no) della predetta situazione d'inabilità è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi.
Cass. civ. n. 7754/1991
Nell'ipotesi in cui l'esecuzione della prestazione da parte del lavoratore subordinato sia divenuta parzialmente impossibile per fatto del terzo il datore di lavoro ha diritto, in base al principio generale dettato dall'art. 1464 c.c. per i contratti a prestazioni corrispettive, ad ottenere la corrispondente riduzione della controprestazione da lui dovuta. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che in relazione alla pattuizione di un compenso ragguagliato ad una percentuale del fatturato delle forniture navali eseguite dal dipendente per navi passeggeri e mercantili battenti bandiera sovietica ha ricondotto al legittimo esercizio di tale diritto l'erogazione dell'emolumento in misura ridotta a seguito del divieto di accesso del lavoratore alle navi passeggeri emanato dalla compagnia armatrice).
Cass. civ. n. 8/1988
La sopravvenuta inidoneità permanente del lavoratore a svolgere regolarmente le mansioni assegnategli trova disciplina non nell'art. 2110 c.c. – che presuppone un impedimento temporaneo del lavoratore affetto da malattia, anche reiterata, a prestare l'attività dovuta – bensì nella norma dell'art. 1464 c.c., il quale, regolando gli effetti dell'impossibilità parziale della prestazione nei contratti sinallagmatici, prevede la possibilità del recesso dell'altra parte, ove questa non abbia un interesse apprezzabile a ricevere un adempimento parziale, con la conseguenza per l'imprenditore dell'adozione di un giustificato motivo di licenziamento, a norma dell'art. 3 della L. 15 luglio 1966, n. 604, per ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa.
Cass. civ. n. 6299/1987
Il creditore che a norma dell'art. 1464 c.c. in tema di impossibilità parziale della prestazione, accetta la prestazione ridotta, acquista il diritto ad eseguire in misura proporzionalmente ridotta anche la propria controprestazione, senza necessità di ricorrere al giudice, il cui intervento si rende necessario solo se sorge contestazione.
Cass. civ. n. 4140/1975
La sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione è causa di risoluzione del contratto quando la prestazione ancora possibile lo sia in misura tale da compromettere la funzione economico-giuridica del contratto.
Cass. civ. n. 3066/1975
L'eventuale equiparazione economica dell'impossibilità parziale sopravvenuta della prestazione contrattuale alla sua impossibilità totale non è rimessa alla valutazione del giudice di merito, bensì a quella del contraente interessato.