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Articolo 1464 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Impossibilità parziale

Dispositivo dell'art. 1464 Codice Civile

Quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto [1373] qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale [1181](1).

Note

(1) Ad esempio, se un incendio colpisce uno solo dei tre magazzini in cui è custodita la merce che Tizio deve a Caio, Caio dovrà corrispondere un prezzo inferiore a Tizio. Se, invece, un incendio distrugge la gran parte di un appartamento da locare, salva solo una camera da letto, Caio potrà recedere dal contratto in quanto non avrà più interesse a prendere in locazione l'immobile.

Ratio Legis

Anche tale norma (v. 1463 c.c.) si giustifica in considerazione della natura sinallagmatica del contratto, in base alla quale la prestazione cui ciascuna parte è tenuta si giustifica in considerazione della controprestazione altrui.

Spiegazione dell'art. 1464 Codice Civile

Significato della frase «interesse apprezzabile all'adempimento parziale»

Questo articolo si riferisce ancora a contratti sinallagmatici con efficacia puramente obbligatoria.

Se, invece di impossibilità totale, si verifica una impossibilità parziale nell'eseguire la prestazione dovuta (su questo concetto di impos­sibilità parziale, si veda retro, sub art. 1258), l'obbligazione non si estingue ipso iure.

In questo caso, il legislatore distingue due ipotesi:

I) per il creditore di quella prestazione sussiste un interesse apprezzabile a riceverla ugualmente, ancorché ridotta,
II) tale interesse non esiste più per il creditore.

Vien fatto qui di osservare, in via preliminare, che la ricerca circa la sussistenza, o meno, per il creditore di un interesse apprezzabile a ricevere la prestazione ridotta ha da essere fatta seguendo un criterio essenzialmente obbiettivo (ben inteso, quando sia il creditore ad obbiettare la mancanza di interesse per lui a ricevere la prestazione parziale, perché, in caso diverso, varrebbe quanto ho detto sub articolo 1463, in principio).

Va cioè tenuto distinto il concetto di interesse apprezzabile ex articolo 1464, dal concetto di scarsa importanza dell'adempimento ex articolo 1455.

Infatti, ex art. 1455 la risoluzione non è da ammettersi quando l'inadempimento di una parte non impedisce la realizzabilità dell'intento perseguito dalle parti con il contratto, per cui l'interesse di cui parla questo articolo non deve valutarsi in sè e per sè, cioè astrattamente (retro, sub art. 1455).

Invece, ex articolo 1464, la prestazione parziale deve essere tale da poter ancora costituire per sé stessa un bene apprezzabile: qui cioè ha da tenersi presente il bene in sé e per sé, senza che possa valere il criterio soggettivo della c.d. contemplatio, secondo il quale occorrerebbe vedere se il contraente avrebbe ugualmente, oppure no, concluso il contratto anche per quella sola parte rimasta possibile.

II criterio soggettivo [che pur tuttavia è seguito da non pochi scrittori] non sembra accettabile perché, trattandosi qui di un problema del rischio e pericolo, dove nessuna responsabilità esiste per il debitore, può essere adottato il solo criterio oggettivo di valutazione, dovendosi qui vedere semplicemente se la parte di prestazione rimasta possibile presenti, dal punto di vista economico, una frazione dell'intero e di questo e di questo mantenga la stessa destinazione economica.

Il caso tipico, ma non esclusivo, in cui la prestazione parziale non costituisca più bene apprezzabile per il creditore si avrà quando quella prestazione, così ridotta, sia da considerarsi aliud pro alio. Poniamo ad es., che un fornitore mi somministri soltanto un terzo della carta pattuita per i bisogni della mia tipografia, per cui io debba ricorrere ad altri fornitori: se l'inadempimento non dipende da caso fortuito, il contratto potrà essere risolto ex art. 1453 e seg., essendo venuta meno la realizzabilità dello scopo perseguito con quel contratto; se invece dipende da caso fortuito, io non potrò recedere dal contratto perché la carta fornitami conserva pur sempre per me la caratteristica di un bene apprezzabile.

Va ricordato infine che, per il Codice Argentino, se rimane deteriorato per fortuito l'oggetto della obbligazione, il creditore può in ogni caso chiedere, a sua volta, o la risoluzione del rapporto o la riduzione della controprestazione (art. 580). Per il B.G.B., nel caso di impossibilità parziale in seguito a fortuito, il § 323 accorda soltanto la riduzione e non il recesso.


Caso in cui sussiste per il creditore un interesse apprezzabile a ricevere la prestazione ridotta

In questo caso si verifica il seguente fenomeno giuridico: si ha una modificazione oggettiva delle due obbligazioni corrispettive: l’obbligazione la cui prestazione è diventata parzialmente impossibile viene ad avere per oggetto quella parte di bene non toccato dalla impossibilità; l'altra obbligazione, dal canto suo, subisce una corrispondente riduzione dell'oggetto, in modo che sia conservata quella corrispettività economica tra gli arricchimenti voluta originariamente dalle parti.

Pertanto, anche questa modificazione oggettiva delle due obbligazioni avviene per cause diverse: l'obbligazione colpita da fortuito si riduce oggettivamente ex art. 1258; la modificazione oggettiva della contro obbligazione avviene ex art. 1464 e tale modificazione non è che l'espressione concreta del rilievo indiretto, esterno e reattivo della volontà causale.

Vien fatto qui di osservare che nel regime dettato dall'art. 1464 per l'impossibilità parziale della prestazione si contiene un'altra eccezione al principio contenuto nell'art. 1181, secondo il quale il creditore non può essere tenuto a riconoscere come adempimento l'esecuzione di parte della prestazione a lui dovuta: eccezione che qui trova la sua giustificazione, ad un tempo, nella mancanza di ogni colpa nel debitore, e nel principio generale della conservazione del contratto (di cui si può vedere un'altra specifica applicazione nell'art. 1367).


Caso in cui non sussiste per il creditore un interesse apprezzabile a ricevere la prestazione ridotta

In questo caso, dice l’art. 1464, il creditore «può anche recedere dal contratto»: dunque non estinzione automatica delle obbligazioni.

Il fondamento di questo potere è ancora da ricollegare al rilievo indiretto, esterno e reattivo della volontà causale e costituisce un rimedio contro la rottura di quel rapporto di corrispettività teleologica ed economica voluto dalle parti.

Il meccanismo messo in opera dal recesso del creditore ex art. 1464 va costruito così:

I) l'obbligazione del debitore della prestazione divenuta parzialmente impossibile (la quale già aveva subito una modificazione oggettiva ex art. 1258) si estingue per effetto dell'esercizio del potere di recesso della controparte;

II) per l'obbligazione del recedente occorre distinguere:

α) se essa non è ancora stata adempiuta, detta obbligazione si estingue pure senz'altro: a differenza di quanto avviene nel caso di impossibilità totale (in cui le due obbligazioni si estinguono per cause diverse), qui le due obbligazioni si estinguono per la stessa causa, cioè per l'esercizio del potere di recesso;

β) se essa è già stata adempiuta, l'adempiente acquista il diritto alla restituzione della prestazione eseguita (si avrà qui una condictio ob causam finitare).


Il mutamento giuridico che si opera in seguito al recesso non può affatto identificarsi con gli effetti di una risoluzione in senso tecnico

Anche il mutamento giuridico che si opera in seguito al recesso, non può affatto identificarsi con gli effetti di una risoluzione in senso tecnico. Infatti:

a) mentre la risoluzione ha efficacia retroattiva obbligatoria (1458, 1467), qui il recesso non ha effetto retroattivo di sorta;
b) a differenza della risoluzione, il recesso è un rimedio che opera sempre stragiudizialmente,
c) mentre, in seguito alla risoluzione vera e propria, il diritto trasmesso ritorna automaticamente all'attore, invece, nel caso di recesso ex art. 1464 il recedente, che abbia già eseguito la propria prestazione, ha semplicemente un'azione personale alla restituzione della prestazione effettuata.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

244 Se la prestazione è divenuta parzialmente impossibile, l'art. 265, applicando i principi generali, dà diritto al creditore di chiedere una corrispondente riduzione della sua controprestazione; se, però, non ha alcun interesse apprezzabile all'adempimento parziale, egli può recedere dal contratto.
Sembra inutile chiarire che, in quest'ultimo caso, non si dà valore assoluto ai motivi. In base alle regole dell'affidamento, occorre che sia riconoscibile la mancanza di interesse all'adempimento parziale, e tale riconoscibilità deve essere considerata in relazione alla natura del contratto, alle circostanze in cui questo viene concluso, e ad ogni altro fatto che sia da ritenersi specificatamente rilevante.

Massime relative all'art. 1464 Codice Civile

Cass. civ. n. 37716/2022

Il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere il rapporto di lavoro, salvo che ricorrano, ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale, la esistenza delle quali ha l'onere di provare, senza che a questo fine possano assumere rilevanza eventi riconducibili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l'esaurimento dell'attività produttiva. Ne consegue che il dipendente "sospeso" non è tenuto a provare d'aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative nel periodo in contestazione, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un'ipotesi di "mora credendi", il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione.

Cass. civ. n. 3974/2019

La distruzione del bene locato, la quale fa venir meno l'obbligo di manutenzione a carico del locatore rendendo applicabile la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta (totale o parziale) della prestazione, ricorre non solo quando il bene locato sia totalmente distrutto, ma anche quando la rovina, pur essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene pregiudicandone definitivamente la funzionalità e l'attitudine a prestarsi al godimento previsto dalle parti con il contratto, fermo restando che la distruzione di un singolo elemento essenziale o strutturale non equivale a distruzione parziale dell'immobile locato solo se gli altri elementi, rimasti in efficienza, assicurino la consistenza complessiva dell'immobile e la sua funzionalità. (Nella specie, il giudice di merito, con decisione confermata dalla S.C., aveva affermato che non fosse stato dimostrato il verificarsi di una causa di impossibilità sopravvenuta tenuto conto che la dichiarazione di inagibilità dell'immobile riconducibile ad un evento sismico non poteva ritenersi equivalente alla sua distruzione totale o parziale, avendo inoltre accertato che, a seguito del sisma, il rapporto locatizio era proseguito per un triennio).

Cass. civ. n. 31763/2018

Le regole dettate dall'art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze da malattia del lavoratore prevalgono, in quanto speciali, sulla disciplina dei licenziamenti individuali e si sostanziano nell'impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cd. comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa, dal giudice, nonché nel considerare quel superamento unica condizione di legittimità del recesso, nell'ottica di un contemperamento tra gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi, senza perdere i mezzi di sostentamento); ne deriva che lo scarso rendimento e l'eventuale disservizio aziendale determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non possono legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Cass. civ. n. 20761/2018

In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, tanto nel caso di una sola affezione continuata, quanto in quello del succedersi di diversi episodi morbosi (cosiddetta eccessiva morbilità), la risoluzione del rapporto costituisce la conseguenza di un caso di impossibilità parziale sopravvenuta dell'adempimento, in cui il dato dell'assenza dal lavoro per infermità ha una valenza puramente oggettiva; non rileva, pertanto, la mancata conoscenza da parte del lavoratore del limite cd. esterno del comporto e della durata complessiva delle malattie e, in mancanza di un obbligo contrattuale in tal senso, non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell'approssimarsi del superamento del periodo di comporto, in quanto tale comunicazione servirebbe in realtà a consentire al dipendente di porre in essere iniziative, quali richieste di ferie o di aspettativa, sostanzialmente elusive dell'accertamento della sua inidoneità ad adempiere l'obbligazione.

Cass. civ. n. 13662/2018

In tema di licenziamento per motivo oggettivo, il ritiro del tesserino di accesso all'area aeroportuale determina per l'operatore addetto l'impossibilità di svolgere la prestazione, giustificando la risoluzione del rapporto; la sussistenza dell'impedimento va verificata al momento del recesso, a nulla rilevando l'eventuale successivo superamento della causa di revoca del tesserino e senza che il giudice del lavoro possa sindacare i motivi posti a base del provvedimento amministrativo ovvero disapplicarlo.

Cass. civ. n. 29250/2017

La sopravvenuta infermità permanente del lavoratore non costituisce una impossibilità della prestazione lavorativa integrante giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro qualora il dipendente possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche inferiori purché, da un lato,la diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute, e, dall’altro, l’adeguamento sia sorretto dal consenso e dall’interesse dello stesso lavoratore. Ne consegue che, ove il dipendente abbia manifestato, pur senza forme rituali, il consenso a svolgere mansioni inferiori, il datore ha l’onere di giustificare il recesso, fornendo la prova delle attività svolte in azienda e della relativa inidoneità fisica del lavoratore o dell’impossibilità di assegnarlo ad esse per ragioni tecnico-produttive, considerato che egli non è tenuto ad adottare particolari misure, che vadano oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge, al fine di porsi in condizione di cooperare all'accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità.

Cass. civ. n. 1591/2004

La sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa dovuta ad un evento estraneo al rapporto di lavoro e non imputabile al dipendente autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto stesso, ai sensi dell'art. 1464 c.c., in mancanza di un suo interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative, la sussistenza o meno del quale deve essere accertata, con valutazione ex ante in riferimento alla prevedibilità o meno del protrarsi della causa dell'impossibilità di esecuzione della prestazione e del tempo occorrente per il suo venir meno, nonché dei pregiudizi derivanti all'organizzazione del datore di lavoro ; l'impossibilità parziale della prestazione, infatti, non giustifica il recesso solo quando, sulla base di tutte le circostanze del caso concreto, si può prevedere (dunque necessariamente a livello di prognosi ) la ripresa della attualità del rapporto senza significativi pregiudizi per l'organizzazione del datore di lavoro in relazione alla prevedibile durata dell'assenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, giudicando in sede di rinvio e discostandosi dal principio di diritto stabilito ex art. 384 c.p.c., aveva ritenuto ingiustificato il recesso del datore di lavoro per impossibilità parziale della prestazione dovuta al ritiro del tesserino di accesso alle aree aeroportuali ad un dipendente aeroportuale sottoposto a procedimento penale, in quanto, con valutazione ex post l'assenza del dipendente era risultata «sostenibile » per il datore di lavoro in considerazione del fatto che non era stato assunto alcun lavoratore e non erano stati modificati in modo significativo i moduli organizzativi ).

Cass. civ. n. 6378/2003

La sopravvenuta impossibilità anche parziale della prestazione lavorativa per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore a svolgere le mansioni assegnategli viene a costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, non avendo il datore di lavoro l'obbligo di mantenere il dipendente in servizio attribuendogli mansioni compatibili con le sue residue e inferiori capacità lavorative, qualora ciò comporti una modificazione dell'assetto organizzativo dell'impresa.

Cass. civ. n. 7638/1996

La sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa dovuta ad un evento estraneo al rapporto di lavoro e non imputabile al dipendente autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto stesso, ai sensi dell'art. 1464 c.c., in mancanza di un suo interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative, la sussistenza o meno del quale deve essere peraltro verificata, dato il coordinamento di detta norma con l'art. 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604, con riguardo alle ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa. Ne consegue che, nell'ipotesi di temporaneo ritiro, ad un dipendente aeroportuale svolgente le proprie mansioni negli spazi doganali, del tesserino di accesso ai medesimi per denuncia penale ancorché risoltasi con la piena assoluzione del dipendente, la legittimità del licenziamento presuppone la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, sia delle ragioni tecnico produttive che rendevano impossibile attendere la rimozione del temporaneo impedimento alle normali funzioni del lavoratore, sia delle analoghe ragioni ostative ad un impiego del medesimo, con mansioni almeno equivalenti, in luoghi diversi; tali ragioni devono essere inoltre valutate dal giudice del merito tenendo conto delle oggettive esigenze dell'impresa, delle dimensioni della stessa, del tipo di organizzazione tecnico produttiva ivi attuato, del periodo di assenza, della ragionevolmente prevedibile, secondo un giudizio ex ante, protrazione della stessa e della natura delle mansioni espletate dal lavoratore.

Cass. civ. n. 5713/1993

Una consolidata situazione di ridotta capacità lavorativa, derivante da uno stato morboso ed avente il carattere della permanenza o dell'imprevedibilità della sua durata, autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto, ai sensi dell'art. 1464 c.c., in mancanza di un suo apprezzabile interesse alle future prestazioni lavorative (ridotte), non rilevando l'eventuale successivo recupero, da parte del lavoratore, della propria (piena) idoneità fisica. L'accertamento del giudice del merito in ordine alla sussistenza (o no) della predetta situazione d'inabilità è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi.

Cass. civ. n. 7754/1991

Nell'ipotesi in cui l'esecuzione della prestazione da parte del lavoratore subordinato sia divenuta parzialmente impossibile per fatto del terzo il datore di lavoro ha diritto, in base al principio generale dettato dall'art. 1464 c.c. per i contratti a prestazioni corrispettive, ad ottenere la corrispondente riduzione della controprestazione da lui dovuta. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che in relazione alla pattuizione di un compenso ragguagliato ad una percentuale del fatturato delle forniture navali eseguite dal dipendente per navi passeggeri e mercantili battenti bandiera sovietica ha ricondotto al legittimo esercizio di tale diritto l'erogazione dell'emolumento in misura ridotta a seguito del divieto di accesso del lavoratore alle navi passeggeri emanato dalla compagnia armatrice).

Cass. civ. n. 8/1988

La sopravvenuta inidoneità permanente del lavoratore a svolgere regolarmente le mansioni assegnategli trova disciplina non nell'art. 2110 c.c. – che presuppone un impedimento temporaneo del lavoratore affetto da malattia, anche reiterata, a prestare l'attività dovuta – bensì nella norma dell'art. 1464 c.c., il quale, regolando gli effetti dell'impossibilità parziale della prestazione nei contratti sinallagmatici, prevede la possibilità del recesso dell'altra parte, ove questa non abbia un interesse apprezzabile a ricevere un adempimento parziale, con la conseguenza per l'imprenditore dell'adozione di un giustificato motivo di licenziamento, a norma dell'art. 3 della L. 15 luglio 1966, n. 604, per ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa.

Cass. civ. n. 6299/1987

Il creditore che a norma dell'art. 1464 c.c. in tema di impossibilità parziale della prestazione, accetta la prestazione ridotta, acquista il diritto ad eseguire in misura proporzionalmente ridotta anche la propria controprestazione, senza necessità di ricorrere al giudice, il cui intervento si rende necessario solo se sorge contestazione.

Cass. civ. n. 4140/1975

La sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione è causa di risoluzione del contratto quando la prestazione ancora possibile lo sia in misura tale da compromettere la funzione economico-giuridica del contratto.

Cass. civ. n. 3066/1975

L'eventuale equiparazione economica dell'impossibilità parziale sopravvenuta della prestazione contrattuale alla sua impossibilità totale non è rimessa alla valutazione del giudice di merito, bensì a quella del contraente interessato.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1464 Codice Civile

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Claudia P. chiede
lunedì 09/03/2020 - Emilia-Romagna
“Buonasera,
Sono Claudia P. , abito in provincia di Rimini e con la presente chiedo se è possibile per cause di forza maggiore la rescissione da un contratto stipulato il 17 Febbraio 2020 nella sede di Rimini della scuola di inglese (omissis).
Tale contratto ha come clausola l'impossibilità di rescissione, ma considerato tutto quello che è accaduto poco dopo , e che sta succedendo ora a causa dell’epidemia del virus Sars -CoV- 2, ritengo che le regole dettate dal contratto sono state disattese e lo saranno anche nel futuro.
Il corso del valore di € 1392,00, ha come oggetto la fornitura di tecniche didattiche finalizzate alla conoscenza della lingua inglese partendo da un livello di abilità che loro nel mio caso denominano da “livello 4 “, fino a “livello 5”. Quindi 2 livelli in totale.
Secondo la progressione didattica della scuola , ogni livello deve essere completato e verificato da un tutor in 8 ripetuti step ( le 8 unità didattiche ), nell’arco di tempo che va da minimo 2 mesi a massimo 3 mesi per ciascun livello, quindi al massimo il tutto va terminato in 6 mesi.
Ognuna di queste 8 unità didattiche è composta da 3 lezioni “da fare preferibilmente presso la sede della scuola “ ( come mi consiglia la consulente della scuola ),
da un incontro di 1 ora con tutor e altri studenti per socializzare e parlare in inglese (social club ), e da un incontro di 1 ora con un tutor e altri studenti per ripassare quello che serve (complementary class). Dopo ciò c’è la verifica col tutor (encounter ).
Il tutto per 8 volte.
Così il 21 Febbraio 2020 mi reco presso la scuola e comincio una parte della mia prima lezione ; dopo di ciò lunedì 24 febbraio la scuola mi manda un WA telefonico dove avvisa che la scuola rimane chiusa tutta la settimana fino al 29 Febbraio a causa del decreto regionale che dispone la chiusura di tutte la scuole a causa dell’epidemia Corona Virus.
Poi mi arriva il 2 Marzo un altro WA telefonico dove la scuola mi avvisa che la chiusura perdura per un’altra settimana.
Il 4 marzo mi dicono sempre tramite WA che “ se possibile continuate a studiare da casa accedendo al sito wallstreetenglish .com”.
Oggi 9 Marzo sempre con la stessa modalità mi avvisano che possono offrire la verifica con il tutor (Encounter ) online tramite Google Meet , che invece social club e compementary class sono sospese. E , cito il testo del messaggio “certamente potete continuare a studiare online e la reception vi contatterà per confermare e prenotare i vostri Encounters online.”( Le verifiche col tutor ).
Precedentemente , il giorno 6 Marzo, scrivo Mail alla consulente con la quale ho stipulato il contratto, che vi inoltro ,dove chiedo “una riprogrammazione dei tempi di svolgimento del corso a data da definirsi quando sarà possibile “e “sospensione conseguente dell’incasso delle rate del finanziamento” ; non ho ancora ricevuto risposta.
Il valore del corso è erogato tramite un finanziamento di Fiditalia, e al 15 di Marzo scade la prima delle 6 rate in addebito diretto sul mio cc bancario, che vorrei bloccare.
Alla luce di tutto quello che sta succedendo per l’epidemia di Corona virus, ritengo che il servizio sopra descritto concordato con la scuola WSE in questo periodo non si possa attuare da ambedue le parti, e non si può prevedere quanto questa situazione perdurerà nel tempo.
A questo punto, visto che il tutto si ridurrebbe ad uno studio esclusivamente online, reputo esorbitante il costo del corso, e vorrei recedere dallo stesso.
Anche perché in questo momento di emergenza ,per varie ragioni ,non ho la tranquillità per studiare in modo proficuo.
Se non si potesse recedere, vorrei la sospensione e riformulazione temporale del programma del corso a data da destinarsi, potendo così con serenità e ordine accedere a tutti i plus che la scuola offre contrattualmente, con la giusta progressione didattica e potendo frequentare le persone all’interno della sede della scuola, motivo che mi aveva fatto scegliere all’inizio quel tipo di proposta .
In attesa della vostra risposta,
Porgo distinti saluti
Claudia P.”
Consulenza legale i 21/03/2020
Il quesito che ci viene posto è - purtroppo - particolarmente calato in uno scenario di drammatica attualità. Il tentativo, tuttora in atto, di contrastare l’epidemia - o meglio la pandemia - di Covid-19 ha portato al progressivo “stop” di molte attività, inizialmente previsto solo per scuole, manifestazioni sportive ed eventi di vario tipo, successivamente esteso fino ad arrivare a forti restrizioni della libertà personale, sulla base di provvedimenti emanati sia dal Governo che a livello locale, nell’ottica di una riduzione delle possibilità di contagio.
Per tornare alla consulenza, la forzata chiusura ha comportato per la scuola l’impossibilità di fornire il servizio oggetto del contratto, quanto meno nella parte relativa alle lezioni da frequentare fisicamente, nonché agli incontri ed alle verifiche da eseguirsi sempre presso il centro con la presenza del tutor nonché di altri studenti.
L’impossibilità della prestazione dedotta nel contratto è disciplinata specificamente dal nostro codice civile.
In primo luogo, l’art. 1463 del c.c. prevede l’ipotesi di impossibilità totale, stabilendo che, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione (che nel nostro caso consiste nel pagamento del corrispettivo), e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.
Tuttavia, nel nostro caso non può parlarsi di impossibilità totale, dal momento che rimane in piedi la possibilità di fruizione a distanza di alcuni contenuti, che ora la scuola vorrebbe estendere anche a prestazioni ulteriori rispetto a quelle per cui era originariamente prevista.
Appare pertanto più corretto fare riferimento all’art. 1464 del c.c., relativo all’impossibilità parziale. Recita la norma: “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale”.
Nel nostro caso, poiché nell’attuale situazione (destinata per il momento a protrarsi per un periodo di tempo indefinito) risultano impossibili per lo studente la frequenza “fisica” della scuola e la fruizione di una buona parte dei servizi compresi nel contratto, e considerato anche che il programma prevede scadenze temporali ben definite, qualora la cliente intendesse accettare una modalità di studio da attuarsi esclusivamente online, avrebbe comunque diritto ad una riduzione del prezzo originariamente pattuito.
In alternativa, nulla impedisce che, sull’accordo delle parti, il corso venga sospeso e rinviato a data da destinarsi, in modo da poter usufruire di tutte le opportunità didattiche offerte dal metodo di studio prescelto.
Quanto alla eventuale possibilità di recedere dal contratto, si pone il delicato problema di stabilire se sussista, o meno, un “interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.
La giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, n. 2274/1997) in proposito ha precisato che, nel contratto a prestazioni corrispettive, in caso di impossibilità parziale della prestazione dovuta da una delle parti, è solo la parte creditrice della prestazione divenuta parzialmente impossibile (dunque il cliente, nel nostro caso) che ha il diritto di avvalersi dei rimedi previsti dall'art. 1464 c.c., e che quindi può, in difetto di un interesse apprezzabile all'adempimento parziale, recedere dal contratto invece che usufruire di una riduzione della sua prestazione.
Nel nostro caso, è possibile sostenere che, proprio per le caratteristiche e le modalità del corso scelto dalla cliente, non sussista un interesse apprezzabile ad un adempimento parziale, che si limiti solo ad alcune tra le prestazioni inizialmente offerte, da fruirsi in ogni caso esclusivamente online, senza la possibilità di confronto diretto sia con altri studenti che con gli insegnanti, particolarmente importante nello studio delle lingue.