(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
570 La mora del creditore e quella del debitore mantengono la tipica differenziazione di presupposti e di effetti, che era nello spirito e nella lettera del codice del 1865. La mora accipiendi deriva da un ostacolo per l'adempimento, ricollegato al creditore e prescindente da una colpa di lui (
art. 1206 del c.c.); la mora debendi ha origine da un ritardo di cui il debitore debba rispondere secondo i principii dell'inadempimento che saranno più avanti illustrati (n. 571). La mora accipiendi pone a carico del creditore l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore (
art. 1207 del c.c., primo comma e, in applicazione,
art. 1673 del c.c. e
art. 1805 del c.c., secondo comma); non sono più dovuti gli interessi nè i frutti della cosa, salvo che il debitore li abbia effettivamente percepiti (
art. 1207 del c.c., primo comma); il creditore deve sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta (
art. 1207 del c.c., secondo cornma). La mora debendi pone a carico del debitore il rischio dell'impossibilità della prestazione, se egli non dimostri che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore (
art. 1221 del c.c., primo comma), la perdita o lo smarrimento di una cosa illecitamente sottratta, comunque avvenuta, non libera chi l'ha sottratta dall'obbligo di restituirne il valore (
art. 1221 del c.c., secondo comma). Mora accipiendi e mora debendi hanno comune l'effetto del risarcimento del danno (
art. 1207 del c.c., secondo comma, e
art. 1218 del c.c.); ma la mora del debitore riacquista caratteri autonomi nel caso di obbligazioni pecuniarie, perchè il danno che produce l'inadempimento di queste consiste, di regola, nel pagamento degli interessi (
art. 1224 del c.c., primo comma). In tal caso un maggior danno può essere risarcito (ad esempio, differenza di cambio nei debiti di moneta estera); ma solo quando non vi è convenzione sulla misura degli interessi moratori, perchè, se esiste tale convenzione, deve presumersi che le parti hanno inteso liquidare preventivamente ogni conseguenza patrimoniale dell'inadempimento (
art. 1224 del c.c., secondo comma). Si può parlare ancora di interessi moratori non ostante, come si vedrà (n. 593), sia stato accolto il principio secondo cui gli interessi decorrono di diritto in ogni caso di credito esigibile (
art. 1282 del c.c., primo comma); e infatti, a seguito della mora, la prestazione di interessi assume il carattere di compenso per il ritardo, e non per l'uso legittimo del danaro, come è nell'essenza della corrispettività. Non si tratta di un semplice mutamento di terminologia, perchè è possibile che l'interesse moratorio sia superiore a quello (corrispettivo) decorrente per il solo fatto dell'esigibilità, del credito (
art. 1224 del c.c., primo comma), e perchè è possibile, per legge o per convenzione, che gli interessi decorrano solo dopo la mora. Gli interessi compensativi, i quali prescindono dalla mora del debitore (interessi moratori) ed anche dalla semplice scadenza del debito (interessi corrispettivi) appaiono in taluni casi specificatamente previsti (
art. 1499 del c.c.,
art. 1815 del c.c.,
art. 1825 del c.c.).