Cass. civ. n. 14712/2024
Nel caso di illegittima cessione di ramo d'azienda, le prestazioni lavorative offerte al datore di lavoro cedente e da questi non ricevute senza giustificato motivo, producendo gli effetti della mora credendi, sono equiparate a quelle eseguite e generano la sua obbligazione retributiva corrispettiva, senza che da questa possa detrarsi quanto percepito dal lavoratore ceduto nell'ambito del diverso ed autonomo rapporto instaurato con il cessionario in via di mero fatto ex art. 2126 c.c., sia perché l'aliunde perceptum attiene al risarcimento del danno, sia perché si è in presenza di due rapporti lavorativi, per i quali il principio di corrispettività giustifica il diritto a due retribuzioni.
Cass. civ. n. 3505/2024
L'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore è a carico del creditore quando questi è in mora (art. 1207, comma 1°, c.c.).
Cass. civ. n. 30087/2023
Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società, alle quali fanno capo i rapporti di lavoro dei dipendenti in servizio presso le distinte e rispettive imprese (salva l'ipotesi di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro in caso di simulazione o preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i diversi soggetti), con la conseguenza che, in caso di accertamento giudiziale dell'illegittimità della cessione di ramo d'azienda e di conseguente condanna al ripristino del rapporto di lavoro, il pagamento delle retribuzioni da parte del cessionario che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore non estingue l'obbligazione retributiva gravante sul cedente che abbia ingiustificatamente rifiutato la controprestazione lavorativa, essendo configurabili due distinti rapporti di lavoro (di fatto, con la cessionaria; de iure con la cedente), con la conseguenza che il cessionario adempie un'obbligazione propria e non estingue un'obbligazione altrui; è, pertanto, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1207, comma 1, c.p.c. sollevata, per violazione degli art. 3, 36 e 41 cost., in riferimento al diritto del lavoratore di ricevere una retribuzione, per l'unica prestazione materialmente resa, in favore di un soggetto che l'abbia utilizzata e retribuita, spettando, invece, al lavoratore anche la retribuzione della prestazione lavorativa offerta e rifiutata dal cedente, in quanto giuridicamente equiparata a quella effettivamente resa, non essendo esclusa la validità dell'offerta di prestazione al datore di lavoro cedente dalla prestazione resa in favore del cessionario.
Cass. civ. n. 22294/2023
In tema di pubblico impiego, l'esercizio dell'azione giudiziale volta all'accertamento del diritto all'assunzione per scorrimento della graduatoria costituisce messa in mora del datore di lavoro, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1217 c.c., sufficiente alla decorrenza del diritto del lavoratore non assunto al risarcimento dei danni per tardiva attuazione di quanto dovuto.
Cass. civ. n. 5735/2023
Il conduttore di un immobile ad uso diverso da quello abitativo, il quale, in presenza di un accertato pericolo di crolli, poi effettivamente verificatisi, abbia subito un danno, può essere considerato esclusivo responsabile del danno soltanto qualora, a seguito di offerta del locatore ex art. 1207 c.c. di procedere all'esecuzione dei lavori di manutenzione, necessari per eliminare il pericolo, accompagnata dall'offerta di un provvisorio trasferimento del godimento per lo svolgimento della sua attività in altro locale messogli a disposizione dal locatore, abbia rifiutato ingiustificatamente di trasferirvisi provvisoriamente.
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La condotta del conduttore di un immobile ad uso diverso da quello abitativo - il quale rifiuti di traferirsi in altri locali per consentire l'esecuzione dei lavori idonei a neutralizzare un accertato pericolo di crolli, poi effettivamente verificatisi - può assumere rilievo nell'eziologia del danno ed essere ritenuta da sola sufficiente a provocarlo, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., solo qualora il rifiuto sia ingiustificato ed il locatore possa ritenersi liberato dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione a seguito di formale intimazione ex art. 1207 c.c., accompagnata dalla proposta di un provvisorio trasferimento dell'attività in altro locale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Corte territoriale che, pur in presenza di un ritardo del locatore nel procedere alle riparazioni, aveva ritenuto determinante nella causazione del danno il rifiuto opposto dal conduttore al trasferimento provvisorio in altri locali, senza previamente verificare se l'offerta di tale trasferimento, avanzata dal locatore, avesse formato oggetto di apposita intimazione ex art. 1207 c.c. e fosse stata ingiustificatamente rifiutata).
Cass. civ. n. 8711/2015
In materia di esecuzione forzata, il creditore è legittimato all'esercizio dell'azione esecutiva anche se destinatario di atto di costituzione in mora "credendi", in quanto esso, e la conseguente offerta di restituzione, vale unicamente a stabilire il momento di decorrenza degli effetti della mora, specificamente indicati dall'art. 1207 c.c., ma non anche a determinare la liberazione del debitore, che resta subordinata, dalla legge, all'esecuzione del deposito accettato dal creditore o dichiarato valido con sentenza passata in giudicato.
Cass. civ. n. 5518/2004
Il lavoratore che, ottenuta una pronunzia di conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di una pluralità di rapporti di lavoro a termine, contrastanti con le previsioni della legge 18 aprile 1962 n. 230, non venga riammesso in servizio, ha diritto al ristoro del danno commisurato al pregiudizio economico derivante dal rifiuto di riassunzione del datore di lavoro, nei cui confronti trovano applicazione le regole sulla mora del creditore e in particolare quella concernente l'obbligo risarcitorio, fissata nell'art. 1206 (
recte: 1207 - N.d.R.) secondo comma c.c., con conseguente necessità di riconoscere al lavoratore il diritto alla retribuzione per l'attività lavorativa ingiustificatamente impeditagli, comprensivo del trattamento spettante ai dipendenti che svolgono analoghe mansioni. Nè; al fine di limitare il suddetto risarcimento e di attribuire invece al lavoratore, anche per il periodo successivo alla pronunzia di conversione, un trattamento retributivo commisurato alle scansioni temporali cicliche originariamente concordate tra le prestazioni dei singoli servizi prima di tale pronunzia (e quindi in concreto la sola retribuzione per i periodi nei quali, conformemente alle modalità originarie, vi sarebbe stata effettiva prestazione) può farsi riferimento al carattere sinallagmatico del rapporto, utilmente invocabile solo in relazione al periodo anteriore alla conversione, o a legittime pattuizioni relative alla misura ed alla quantità della prestazione lavorativa, pattuizioni la cui esistenza non può peraltro venir dedotta dal solo succedersi nel tempo di una pluralità di contratti a termine in violazione della cit. legge 230 del 1960, pena la sostanziale vanificazione dei precetti da questa stabiliti.
Cass. civ. n. 7520/2003
La convalida dell'offerta reale non coinvolge diritti indisponibili, ovvero attribuiti al soggetto per soddisfare un interesse generale e superiore a quello dei singoli, ma solo diritti patrimoniali meramente privatistici e dunque disponibili. Ne consegue che la controversia sulla validità dell'offerta reale può essere devoluta ad arbitri rituali e può essere definita in via negoziale, mediante un negozio di accertamento ovvero strumenti conciliativi o transattivi.
Cass. civ. n. 202/1985
Le «spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta», che il creditore in mora, secondo la previsione dell'art. 1207 terzo comma c.c., è tenuto a rifondere al debitore, integrano una componente dell'obbligazione risarcitoria conseguente alla
mora accipiendi, e, quindi, un debito di valore, come tale sottratto al principio nominalistico e suscettibile di rivalutazione monetaria.
Cass. civ. n. 1790/1974
Mora accipiendi e liberazione del debitore non coincidono, in quanto la costituzione in mora e la conseguente offerta di restituzione valgono unicamente a stabilire il momento di decorrenza degli effetti della mora, specificamente indicati dall'art. 1207 c.c. nel passaggio del rischio della cosa a carico del creditore, nella cessazione nel corso degli interessi, nel particolare regolamento della cessazione nel corso degli interessi, nel particolare regolamento della corresponsione dei frutti, negli obblighi di risarcimento del danno (
propter moram) e di rimborso delle spese. Tra gli effetti della mora del creditore non vi è la liberazione del debitore, subordinata, dalla legge, all'esecuzione del deposito accettato dal creditore o dichiarato valido con sentenza passata in giudicato.