Cass. civ. n. 17011/2020
In tema di reddito d'impresa, ai fini della redazione del bilancio, qualora operi il principio di derivazione "semplice" del reddito imponibile, di cui all'art. 83, comma 1, primo periodo, T.U.I.R., la disciplina del bilancio è "presupposta" dal legislatore tributario, che non entra nel merito delle scelte effettuate dal redattore del bilancio, assunto quest'ultimo quale mero fatto (ferma la rilevanza dei principi contabili in quanto tali se la specifica norma fiscale dia loro rilevanza); invece, nel caso della derivazione "rafforzata", relativamente ai soggetti che, per obbligo o per scelta, redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali "IAS/IFRS", l'ultimo periodo dell'art. 83, comma 1, cit. attua un vero e proprio rinvio ad essi, inglobandoli al proprio interno, sicché l'Amministrazione finanziaria può accertarne la corretta applicazione, costituendo la loro interpretazione ed applicazione anche una questione di diritto (nella specie ritenuta rilevante ai fini dell'ammissibilità del relativo motivo di ricorso per cassazione).
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In tema di determinazione del reddito imponibile, in materia bilancistica il principio contabile internazionale "IAS 1", al paragrafo 32, detta la regola generale che non ammette compensazioni tra partite, o tra ricavi e costi, e pone l'eccezione nel caso in cui siano richieste o consentite da un "IFRS", essendo questione distinta la verifica dell'idoneità della compensazione contabile a rappresentare la sostanza dell'operazione in applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma. (Nella specie la S.C. ha escluso che la compensazione "pro quota" tra l'indennizzo contrattuale ricevuto dal terzo cedente le partecipazioni alla contribuente e gli oneri fiscali derivanti dall'adesione della medesima al PVC fosse consentita da un "IRFS" e che essa rappresentasse la sostanza del rapporto fiscale).
Cass. civ. n. 16776/2020
In tema di determinazione del reddito d'impresa, i contributi "in conto impianti", i quali sono destinati all'acquisto di beni (materiali o immateriali) strumentali, nel regime introdotto dalla l. n. 449 del 1997 non generano né sopravvenienze attive né ricavi, ma rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono, concorrendo a formare il reddito d'impresa per competenza nel quale confluiscono sotto forma di quote di ammortamento deducibili, potendo essere contabilizzati, a scelta del contribuente, in base ai principi contabili nazionali (OIC 16, par. F), imputando i contributi percepiti a riduzione diretta del cespite, oppure con la tecnica dei risconti passivi mediante imputazione graduale a conto economico pari alla stessa misura adottata per gli ammortamenti del cespite agevolato; pertanto, la loro ascrivibilità a fattori di produzione ad utilità ripetuta fa sì che la determinazione dell'obbligazione tributaria non sia istantanea e coincidente con l'incasso dei contributi stessi, ma prolungata a più periodi di imposta, in quanto collegata agli ammortamenti.
Cass. civ. n. 15754/2020
In tema di determinazione del reddito d'impresa, prima delle modifiche apportate in materia di sopravvenienze attive all'art. 55 (ora 88) T.U.I.R. dall'art. 21, comma 4, l. n. 449 del 1997, i contributi concessi in relazione all'acquisto di beni ammortizzabili erano assoggettati alla stessa disciplina fiscale dei contributi in conto capitale mentre; col nuovo regime impositivo, avente effetto dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 1998, i contributi in conto impianti non generano né sopravvenienze attive né ricavi, ma rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono; ne consegue che essi concorrono a formare il risultato economico civilistico e devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi sotto forma di quote di ammortamento deducibili.
Cass. civ. n. 13503/2020
In tema di imposte sui redditi di capitale, la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, al credito avente ad oggetto interessi maturati su finanziamenti erogati nei confronti di una società partecipata, non altera il regime fiscale del credito oggetto di rinuncia, sicché, dovendosi considerare il credito comunque utilizzato, sebbene materialmente non incassato, sussiste l'obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell'art. 26, quinto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d'imposta.
Cass. civ. n. 2057/2020
In tema di imposte sui redditi di capitale, la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, al credito avente ad oggetto interessi maturati su finanziamenti erogati nei confronti di una società partecipata, non altera il regime fiscale del credito oggetto di rinuncia, sicché, dovendosi considerare il credito comunque utilizzato, sebbene materialmente non incassato, sussiste l'obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell'art. 26, quinto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d'imposta.
Cass. civ. n. 15321/2019
In materia tributaria, integra abuso del diritto, il cui divieto costituisce principio generale antielusivo, l'operazione economica volta al conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, ancorché non contrastante con alcuna disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la gravata sentenza che aveva ritenuto antieconomica e priva di razionalità la rinuncia, da parte di un socio, ad un ingente credito nei confronti della società, cui era seguita la cessione delle quote ad un prezzo incongruo rispetto al loro valore, senza alcun ritorno economico).
Cass. civ. n. 8520/2019
In tema di IRPEG, la Fondazione Ordine Mauriziano, sebbene abbia natura di ente pubblico ospedaliero, non gode del regime di agevolazione fiscale previsto dall'art. 88, lett. b), del d.P.R. n. 817 del 1986 (applicabile "ratione temporis"), svolgendo anche ulteriori compiti in materia di beneficenza, istruzione e di culto che, sebbene non prevalenti rispetto alle finalità sanitarie, precludono l'applicazione della normativa di favore, che opera solo per gli enti istituiti esclusivamente per l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie.
Cass. civ. n. 955/2019
In tema di IRPEG, la società Eur s.p.a., Ente Eur sino al 15 marzo 2000, non ha natura di organo dello Stato, ed avendo come oggetto lo svolgimento di attività commerciale, sia prima che dopo la trasformazione in società per azioni, non può beneficiare dell'esenzione di cui all'art. 88 (ora 74) del d.P.R. n. 917 del 1986, in quanto non rientra nell'elencazione tassativa dei soggetti esenti di cui al comma 1, né esercita funzioni statali o le altre elencate al comma 2 della stessa norma, né può fruire delle agevolazioni di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 601 del 1973, riservate allo Stato e agli enti territoriali ivi elencati.
Cass. civ. n. 21058/2018
Nell'ipotesi di cessione anticipata del contratto di leasing, in capo al cessionario sorge sia il diritto di utilizzare il bene, sia quello di esercitare il diritto di riscatto, sicché il corrispettivo è assoggettato ad un diverso regime fiscale, in quanto la parte che riguarda il diritto di godere del bene si correla ai canoni futuri e va ripartita con la tecnica dei risconti sulla durata residua del negozio, mentre quella afferente l'opzione di acquisto può essere ammortizzata solo nel caso di eventuale esercizio del diritto di riscatto, con l'ulteriore conseguenza che il cessionario, ai fini della determinazione delle quote imputabili a ciascun esercizio, deve fare riferimento alla differenza tra il costo sostenuto e la sopravvenienza attiva tassabile, ovvero al valore "normale" netto del bene ai sensi degli artt. 9, comma 3, e 88, ultimo comma, TUIR.
Cass. civ. n. 19430/2018
In tema di determinazione del reddito d'impresa, i contributi, esclusi quelli per l'acquisto di beni ammortizzabili, corrisposti per effetto di decreto di "concessione provvisoria", pur essendo tassati secondo il principio di cassa, costituiscono, ai sensi dell'art. 88, comma 3, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione applicabile "ratione temporis"), sopravvenienze attive e devono pertanto essere iscritti in bilancio, in quanto la situazione giuridica che deriva dal predetto provvedimento amministrativo è di diritto soggettivo, avente ad oggetto la prestazione patrimoniale come definita e liquidata già dalla prima rata, senza che assuma rilevanza l'ipotetica possibilità che l'Amministrazione revochi il contributo (che determinerebbe, a propria volta, una sopravvenienza passiva).
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In tema di I.R.P.E.F., l'imprenditore che conceda in affitto la sua unica azienda perde la qualifica di imprenditore, e non può pertanto più avvalersi dei criteri di deducibilità previsti per il reddito d'impresa rispetto ad un reddito costituito dai canoni d'affitto dell'azienda, i quali, in difetto di qualsiasi atto di residuata gestione, non possono considerarsi come conseguiti nell'esercizio dell'originaria impresa, cessata con il subentro del terzo: pertanto, poiché ai sensi degli artt. 63 e 75 del t.u.i.r., occorre sempre e comunque un collegamento tra reddito imprenditoriale e componente negativo deducibile - che non può riferirsi ad un reddito "ontologicamente" diverso, perché estraneo alla stessa attività d'impresa -, la deducibilità degli interessi passivi, legittima ove essi siano sostenuti in presenza ed in funzione dell'esercizio dell'attività d'impresa, intesa come organizzazione di uomini e mezzi, va esclusa, per il venir meno della "ratio" della previsione, quando tale attività sia, a tutti gli effetti, esercitata da un altro soggetto.
Cass. civ. n. 4163/2018
In tema di imposte sui redditi delle persone giuridiche, l'art. 88, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 dispone che l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale, sicché il reddito fondiario derivante da terreni e fabbricati strumentali direttamente utilizzati per tali attività non subisce la trasformazione in reddito d'impresa ex art. 40, comma 1, dovendosi, al contrario, escludere dalla norma agevolatrice le rendite conseguenti a negozi di diritto privato stipulati con terzi aventi ad oggetto i suddetti beni e solo successivamente destinate a realizzare gli scopi sociali dell'ente.
Cass. civ. n. 3807/2018
L'art. 88, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, nella formulazione applicabile "ratione temporis", per il quale l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente per tali finalità non costituisce attività commerciale, non esclude che, ai sensi dell'art. 108 dello stesso decreto, siano soggetti ad imposta i redditi provenienti da altre attività svolte da tali enti, come quelli fondiari derivanti dalla locazione di immobili, senza che assuma rilevanza la circostanza che i proventi di dette attività siano statutariamente destinati all'esercizio dell'attività istituzionale.
Cass. civ. n. 1687/2016
L'agevolazione della riduzione alla metà dell'IRPEG sancita, per gli "enti ospedalieri", dall'art. 6, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 601 del 1973, espressamente inserita tra quelle di carattere soggettivo, è inapplicabile, pure in via di interpretazione estensiva, alle aziende sanitarie locali costituitesi per effetto del d.lgs. n. 502 del 1992, non potendo esse, alla stregua del quadro normativo succedutosi nel tempo, equipararsi ai primi, perché assegnatarie, oltre che dell'assistenza ospedaliera, di attività e funzioni nuove e diverse da quelle già di questi ultimi, i quali, peraltro, hanno mantenuto una loro autonomia, o perché costituiti in "aziende ospedaliere" oppure quali "presidi ospedalieri" nell'ambito delle predette a.s.l. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Veneto, 12/01/2009).
Cass. civ. n. 23782/2015
In tema di determinazione della base imponibile ai fini dell'IRES, l'erogazione alla società di una somma da parte dei soci come finanziamento infruttifero non costituisce una sopravvenienza attiva, in quanto, se il finanziamento avviene a titolo di mutuo, l'obbligo di restituzione esclude che esso determini nuova ricchezza, mentre, se avviene in conto capitale, la configurabilità della sopravvenienza è esclusa dall'art. 88, comma 4, del d.P.R. n. 917 del 1986. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 30/05/2013).
Cass. civ. n. 25109/2014
In tema di I.R.A.P., alle comunità montane che, seppure possano svolgere attività agricole per lo svolgimento delle loro funzioni, non operano con carattere di professionalità nel settore agricolo, si applica l'aliquota generale di cui all'art. 16 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, atteso che l'art. 45 del citato d.lgs., che prevede un'aliquota agevolata per i soggetti esercenti attività economica organizzata nel settore agricolo, è norma eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Campania sez. dist. Salerno, 18/12/2006).
Cass. civ. n. 22917/2014
In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'esenzione prevista dall'art. 55 (oggi 88), quarto comma, del d.P.R. n. 22 dicembre 1986 n. 917, che, nella versione "ratione temporis" applicabile, non considera sopravvenienze attive i versamenti dei soci in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società in nome collettivo o in accomandita semplice, pur estendendosi, in virtù del combinato disposto degli artt. 95, primo comma, e 87, primo comma, del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986 alle società di capitali, non è applicabile ai conferimenti effettuati da soggetti diversi dai soci della beneficiata, anche se da questi ultimi delegati al pagamento nell'ambito di operazioni tra società del medesimo gruppo, in quanto trattandosi di disposizione fiscale di favore, che sottrae a tassazione le suddette tipologie di versamenti, è norma di natura eccezionale e, pertanto, di stretta interpretazione. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 25/11/2009).
Cass. civ. n. 9791/2014
In tema di IRPEG, l'esenzione dal relativo pagamento sancita dall'art. 88, primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguarda solo gli organi e le amministrazioni dello Stato, gli enti territoriali, i consorzi ed associazioni tra enti locali, nonché gli enti gestori di demani collettivi, non anche gli enti pubblici istituiti esclusivamente al fine dell'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie (nella specie l'Istituto Regina Margherita), che, invece, sono assoggettati al pagamento in forza del combinato disposto di cui agli artt. 87, primo comma, lett. c), 88, secondo comma, e 108 del d.P.R. cit. che assegna rilievo all'attività, non commerciale, per cui detti enti sono stati istituiti. Ne consegue che il reddito complessivo di questi ultimi va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, che mantengono la loro autonomia impositiva e non confluiscono nell'unica categoria del reddito d'impresa, senza che sia applicabile la deroga di cui all'art. 40 del d.P.R. n. 917 cit. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. della Sicilia, Sez. dist. di Messina, 21/11/2008).
Cass. civ. n. 9560/2014
In tema di radiofonia mobile, l'abrogazione dell'art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell'art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno l'assoggettabilità dell'uso del "telefono cellulare" alla tassa governativa di cui all'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell'art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa - come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l'art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione - una differenziazione di regolamentazione tra "telefoni cellulari" e "radio-trasmittenti", risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all'art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell'art. 219 del medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare "nuovi o maggiori oneri per lo Stato", e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l'applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l'esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre 2013 in C-335/2013). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 14/10/2011).
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In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l'esenzione riconosciuta dall'art. 13 bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore dell'Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l'inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 14/10/2011).