Corte cost. n. 170/2021
La decisione ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale nei confronti della norma di una legge regionale sarda (art. 1, l.r. Sardegna n.17/2020) che ha prorogato disposizioni regionali derogatorie in materia di governo del territorio e di pianificazione paesaggistica. Più precisamente, le questioni rigettate si incentravano sulla previsione di una deroga alla pianificazione paesaggistica e all’obbligo di pianificazione congiunta, censurata in riferimento all’art. 3 dello Statuto speciale e agli artt. 9, 117, secondo comma, lettera s), e 120 Cost. A giustificarne la segnalazione è ciò che la Corte osserva con riguardo a un profilo processuale, vale a dire al modo in cui deve essere motivata l'impugnazione di una norma che disponga la proroga di una disciplina derogatoria, come quella in esame. Nel caso di specie, essa rimprovera allo Stato ricorrente di non aver ricostruito il quadro normativo (con riferimento al legame fra la disciplina derogatoria originaria, prorogata, e la norma prorogante) come sarebbe stato invece necessario a questo scopo: di qui la pronuncia di inammissibilità.
Le osservazioni al riguardo sono contenute nella sezione 5 del Considerato in diritto. Qui, dopo aver ribatito che, secondo la sua costante giuriprudenza, «l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione si pone in termini ancora più rigorosi nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (come affermato in particolare nella sentenza n. 20 del 2021), la Corte illustra le ragioni per le quali ritiene che il ricorrente non abbia ottemperato al conseguente «onere [...] di suffragare le ragioni del dedotto contrasto [fra la norma impugnata e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione] con una argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa».
Nel dettaglio, «l’impugnazione concerne una disposizione che proroga, facendo seguito ad altre proroghe, la vigenza di precedenti disposizioni», ma «la difesa statale si limita a passare in rassegna la successione delle proroghe delle previsioni a partire dalla legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, fino a quella sancita dalla normativa impugnata». Tuttavia, soltanto «la disamina del contenuto delle disposizioni prorogate [...] avrebbe potuto dimostrare l’eventuale conflitto con la pianificazione paesaggistica», mentre «il mero richiamo all’elemento temporale non è sufficiente a illustrare il senso e il fondamento delle censure».
Ciò dipende dal fatto che la disposizione di proroga «rivela il suo contenuto precettivo nell’interazione con le previsioni cui si raccorda, nel differirne il termine di vigenza»: sicché «una considerazione dell’ultima modificazione, avulsa dalla complessa trama normativa in cui si colloca, non consente di far luce sui profili di illegittimità costituzionale di una disciplina che, nell’avvicendarsi delle proroghe, si presenta unitaria e inscindibile».
La lesione della sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, «che il ricorrente riconnette al mero perdurare di una disciplina transitoria [...] deve essere valutata con riguardo alla normativa originaria, di volta in volta prorogata, e non può essere esclusa soltanto sulla base della sua temporaneità»: in altri termini, «si può ravvisare un carattere lesivo della proroga, con riguardo alle attribuzioni legislative dello Stato, solo se tale carattere sia insito anche nella disposizione differita nel suo termine iniziale di efficacia».
In ragione del fatto che «sul contenuto delle disposizioni oggetto di proroga, che si saldano a quelle impugnate, il ricorrente non offre, invece, ragguagli di sorta e si limita a evidenziare che si tratta di una disciplina derogatoria, dapprima applicabile per un arco temporale limitato» e altresì in ragione dell’ulteriore considerazione per cui un’accurata ricostruzione del quadro normativo sarebbe stata ancor più necessaria alla luce tanto del carattere eterogeneo delle previsioni prorogate, contraddistinte da molteplici e dettagliati presupposti applicativi, quanto del susseguirsi di interventi legislativi che ne hanno via via mutato il contenuto», si giustifica la pronuncia di inammissibilità dell’impugnazione per il difetto di un’adeguata motivazione del ricorso.