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Articolo 116 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Copie, estratti e certificati

Dispositivo dell'art. 116 Codice di procedura penale

1. Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti. Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dall'esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato(3).

2. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza(1).

3. Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall'articolo 114.

3-bis. Quando il difensore, anche a mezzo dei sostituti, presenta all'autorità giudiziaria atti o documenti redatti in forma di documento analogico, ha diritto al rilascio di attestazione dell'avvenuto deposito, anche in calce ad una copia(2).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE ALLA RIFORMA CARTABIA***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


(omissis]

3-bis. Quando il difensore, anche a mezzo di sostituti, presenta all’autorità giudiziaria atti o documenti redatti in forma di documento analogico ha diritto al rilascio di attestazione dell’avvenuto deposito, anche in calce ad una copia.

__________________

(1) Secondo l'art. 43 delle disp. att. del presente codice non è dovuta nessuna autorizzazione quando specifiche disposizioni attribuiscano il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati.
(2) Tale comma è stato aggiunto ex art. 2, della l. 7 dicembre 2000, n. 397 e successivamente modificato dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia"). Il testo, nella precedente formulazione, era il seguente: "Quando il difensore, anche a mezzo dei sostituti, presenta all'autorità giudiziaria atti o documenti, ha diritto al rilascio di attestazione dell'avvenuto deposito, anche in calce ad una copia".

(3) Il comma 1 è stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera c) della L. 9 agosto 2024, n. 114.

Ratio Legis

La disposizione in esame è diretta a garantire la circolazione di atti e informazioni del procedimento.

Spiegazione dell'art. 116 Codice di procedura penale

Gli articoli 116, 117 e 118 c.p.p. si occupano della circolazione di atti o informazioni riguardanti il procedimento, nei confronti dei soggetti legittimati ad ottenerli.

Ai sensi del comma 1 dell’art. 116 c.p.p. (come modificato dalla c.d. Riforma Nordio, L. n. 114 del 2024), durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere – a proprie spese – il rilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti.

In merito alle condizioni per l’autorizzazione al rilascio, l’art. 116 c.p.p. non chiarisce – come, invece, in tema di documenti ex art. 243 del c.p.p. – se il rilascio sia subordinato a particolari requisiti, ma la dottrina ritiene che l’esistenza del segreto investigativo ex art. 329 del c.p.p. funga sempre da ostacolo al rilascio. Quindi, anche se non specificato dalla norma, l’autorità giudiziaria deve accertare che l’atto, di cui è richiesta copia o estratto o certificato, non sia coperto dal segreto investigativo o non sia divenuto oggetto di decreto di segretazione.

Peraltro, al fine di evitare la divulgazione delle intercettazioni per scopi diversi a quelli della difesa, sempre il comma 1 (come modificato dalla riforma Nordio) pone il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni diverse da quelle pubblicate a chi non è soggetto o parte interessata nel procedimento o in altro specificamente indicato.

Quest’ultima disposizione deve essere letta in stretta correlazione con il comma 2-bis dell’art. 114 del c.p.p. (anch’esso modificato dalla riforma Nordio), il quale stabilisce il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni se questo non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento (come l’ordinanza cautelare) o utilizzato durante il dibattimento.

Come previsto dal comma 2 dell’art. 116 c.p.p., sulla relativa richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice procedente al momento della presentazione della stessa o il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza. Tale provvedimento è inoppugnabile, dato che si tratta di provvedimento dal contenuto ampiamente discrezionale e non di provvedimento giurisdizionale stricto sensu inteso.

Comunque sia, a norma del comma 3, l’autorizzazione al rilascio non fa venir meno il divieto di pubblicazione degli atti previsto dall’art. 114 c.p.p.. Ciò significa che il soggetto, che ha ottenuto copia degli atti, non deve divulgarli o pubblicarli, essendo egli altrimenti passibile di condanna ai sensi dell’art. 684 del c.p. (pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale).

Infine, l’ultimo comma 3-bis stabilisce che il difensore, che presenti all’autorità giudiziaria atti o documenti redatti in forma di documento analogico (ad esempio, scritto su carta), ha diritto al rilascio della relativa attestazione dell’avvenuto deposito. Questo per avere una prova circa la data del deposito, allorquando il giudice non abbia tenuto conto del contenuto del fascicolo difensivo.

Massime relative all'art. 116 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 36167/2008

È inoppugnabile il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetti l'istanza della persona indagata di rilascio di copia degli atti del procedimento conclusosi con decreto d'archiviazione.

Cass. pen. n. 1784/2006

È inoppugnabile il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta del P.M. di archiviazione, rigetti l'istanza della parte offesa di rilascio di copia degli atti del fascicolo.(Nell'enunciare tale principio, la Corte ha peraltro precisato che l'illegittimità del diniego, precludendo alla parte l'efficace esercizio delle garanzie difensive nel procedimento di archiviazione, riverbera i suoi effetti sul regolare svolgimento di quest'ultimo).

Cass. pen. n. 45189/2004

L'inutilizzabilità dei risultati di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per violazione degli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, c.p.p., è rilevata dal giudice del procedimento diverso da quello nel quale furono autorizzate solo quando essa risulti dagli atti di tale procedimento, non essendo tenuto il giudice a ricercarne d'ufficio la prova. Grava, infatti, sulla parte interessata a farla valere l'onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende l'eccepita inutilizzabilità, sulla base di copia degli atti rilevanti del procedimento originario che la parte stessa ha diritto di ottenere, a tal fine, in applicazione dell'art. 116 stesso codice. (In motivazione la Corte ha osservato che anche nel giudizio a quo poiché l'inutilizzabilità discende dalla violazione delle norme richiamate dall'art. 271, comma primo, c.p.p., e non dalla mera indisponibilità degli atti concernenti l'intercettazione e la sua legittimità, incombe alla parte l'onere di dedurne la sussistenza).

Cass. pen. n. 21142/2001

È manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 546 c.p.p. sollevata in riferimento agli artt. 24 e 97 Cost., per la mancata previsione della illeggibilità della sentenza quale causa di nullità, atteso che, a norma dell'art. 116 dello stesso codice, la parte che vi ha interesse può sempre richiedere una copia autentica del provvedimento che sia leggibile.

In tema di atti del procedimento, la disposizione di cui all'art. 116 c.p.p., secondo cui chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio di copia a proprie spese, deve essere intesa nel senso che tale diritto si riferisce a copie leggibili e comprensibili, con la conseguenza che, ove l'originale dell'atto tale non sia, l'ufficio richiesto è tenuto a fornire una copia che delle predette caratteristiche sia dotata, allo scopo di non vanificare le finalità di garanzia cui la norma è preordinata.

Cass. pen. n. 2362/2000

È inoppugnabile il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta dell'imputato di autorizzazione ad estrarre, senza gli omissis, copia dei verbali di interrogatori di collaboratori di giustizia depositati dal P.M. nel fascicolo per il dibattimento pendente a suo carico. (Nell'enunciare tale principio, la S.C. ha precisato che il provvedimento in questione non può considerarsi abnorme, tenuto conto, da un lato, che esso rientra nei poteri del giudice e, dall'altro, che il P.M., nel formare il fascicolo per il dibattimento, può disporre con decreto motivato l'obbligo del segreto per singoli atti).

Cass. pen. n. 1815/2000

Integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio, ex art. 328, comma primo, c.p., la condotta di un pretore che rigetta la richiesta del pubblico ministero di estrarre copia degli atti di un procedimento penale ai fini della impugnazione della sentenza, atteso che le parti hanno diritto di esaminare e ottenere copia degli atti del procedimento per lo svolgimento delle attività inerenti alle facoltà processuali loro riconosciute.

Cass. pen. n. 5678/1997

Nel procedimento di camera di consiglio disciplinato dall'art. 127 c.p.p., pur non prevedendosi espressamente l'obbligo di deposito dei relativi atti, prima dell'udienza di discussione (come invece previsto, ad esempio, dagli artt. 309, comma ottavo, 416, comma secondo, 466 c.p.p.), detto obbligo può agevolmente dedursi dal complesso della disciplina in questione, sol che si consideri come una diversa interpretazione renderebbe pressoché inutile sul piano fattuale la comunicazione anticipata della data d'udienza, peraltro prevista a pena di nullità, volta che a tale comunicazione non fosse correlato il corrispondente diritto della parte di prendere cognizione degli atti del procedimento; diritto che peraltro non comprende anche quello di estrarre copia dei detti atti, operando invece, a tale ultimo riguardo, la disciplina dettata dall'art. 116 c.p.p.

Cass. pen. n. 5683/1995

L'art. 116, comma 2, c.p.p., secondo il quale sulla richiesta di copie, estratti e certificati di atti, «provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio e il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione e la sentenza», va interpretato nel senso che la competenza del pubblico ministero e quella del giudice procedente vanno correlate, rispettivamente, con carattere di reciproca esclusività, alla fase delle indagini preliminari e a quella aperta dalla richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio. È, pertanto, da qualificare come abnorme (in quanto proveniente da organo privo di qualsivoglia potere al riguardo), il provvedimento con il quale il Gip, richiesto di disporre l'archiviazione degli atti nei confronti di taluni soggetti sottoposti a indagine, autorizzi il rilascio di copia degli atti medesimi ad altro soggetto, nei cui confronti le indagini debbono invece proseguire.

Cass. pen. n. 1412/1995

Avverso il provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria sull'istanza di rilascio di copie degli atti processuali non è ammissibile l'incidente di esecuzione. Trattandosi di provvedimento di carattere puramente amministrativo sottratto a qualunque impugnazione il ricorso a tale rimedio costituirebbe espediente per renderlo surrettiziamente ricorribile attraverso il meccanismo dell'art. 666 comma sesto c.p.p. ed in tal modo verrebbe posto nel nulla il principio di tassatività delle impugnazioni sancito dall'art. 568 comma primo c.p.p.

Il provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria sull'istanza di rilascio di copie degli atti processuali è inoppugnabile: la possibilità di impugnazione non è infatti prevista né dall'art. 116 c.p.p. che disciplina specificatamente la materia né da altre disposizioni; d'altro canto la stessa non è desumibile dall'art. 111 Cost. non avendo il provvedimento natura giurisdizionale e non rientrando nelle categorie contemplate da tale norma.

Cass. pen. n. 4212/1994

L'esercizio del potere discrezionale di autorizzazione al rilascio di copia degli atti, di cui all'art. 116 c.p.p., da parte di organo giudiziario incompetente, non comporta nullità di sorta, non rientrando tale violazione in nessuna delle categorie di nullità generale né essendo tale sanzione comminata da alcuna disposizione in materia.

Cass. pen. n. 2094/1994

L'art. 324 c.p.p., che disciplina il procedimento di riesame del provvedimento che ha disposto il sequestro, stabilisce al comma sesto ultima parte che «fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria». Tale obbligo di deposito è funzionale al diritto del difensore dell'indagato di svolgere la sua funzione, per l'esercizio della quale non è possibile ridurre all'esame la facoltà del difensore stesso, ma essa deve considerarsi estesa alla possibilità di estrarre copia degli atti. Pertanto, il diniego dell'esercizio del diritto di estrarre copia degli atti depositati dà luogo alla nullità prevista dall'art. 178 lett. c) c.p.p., risolvendosi nell'indebita restrizione del diritto di assistenza e rappresentanza dell'indagato, e tale nullità deve essere dichiarata dal giudice se dedotta nei termini di cui all'art. 180 stesso codice.

Cass. pen. n. 4943/1994

La mancata autorizzazione al rilascio di copia degli atti, nei casi in cui non è espressamente sancito il diritto a tale rilascio, non costituisce motivo di lesione del diritto di difesa dell'imputato, non essendo ravvisabile, in tali casi, un concreto diritto del difensore al rilascio della copia e potendo soltanto l'impedimento all'esercizio di un siffatto diritto porsi come violazione del più ampio diritto di difesa. (Fattispecie in cui il difensore dell'indagato lamentava la lesione del diritto di difesa essendogli stato rifiutato il rilascio di copia degli atti depositati presso la cancelleria del tribunale che doveva procedere al riesame del provvedimento coercitivo disposto nei confronti del suo assistito).

Cass. pen. n. 1940/1993

L'onere di munirsi della preventiva autorizzazione, quando prescritta, ad ottenere copia degli atti processuali grava anche sull'indagato o imputato, ancorché detenuto. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la circostanza che il detenuto non possa direttamente consultare gli atti del processo non lede il suo diritto di difesa personale e diretta, in quanto egli può chiedere e ottenere copia di tutti gli atti del processo che poi può consultare nello stato di detenzione).

Le regole che disciplinano il diritto di consultazione degli atti processuali sono sostanzialmente tre: 1) durante il procedimento e dopo la sua definizione chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio, a proprie spese, di copie, estratti o certificati di singoli atti processuali; 2) del rilascio occorre fare richiesta e ottenere la relativa autorizzazione; 3) l'autorizzazione non è necessaria nel caso in cui è espressamente riconosciuto il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati. Ne consegue che l'istituto del deposito degli atti, avente preminente carattere formale, e quello del rilascio delle copie operano su piani diversi, per cui l'esercizio di questa facoltà non è necessariamente conseguente al deposito ed è subordinato, salvo eccezioni, ad autorizzazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 116 Codice di procedura penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. I. A. G. chiede
lunedì 20/06/2022 - Puglia
- sono un docente che, in riferimento alla Sicurezza e all'Igiene, ha depositato 2 esposti allo SPESAL riferiti a due Plessi scolastici dell'Istituto Scolastico presso cui lavoro, chiedendo la riservatezza;
- ho fatto richiesta di Accesso agli Atti, e il Direttore dello SPESAL, ha espresso il diniego, motivando che i loro Atti sono di Polizia Giudiziaria e che quindi non sono accessibili;
- durante un Collegio Docenti, alla presenza di 130 docenti, la Dirigente Scolastica ha detto di aver ricevuto due denunce allo SPESAL;
- la DS, sempre a 130 docenti, ha detto che, con l'Accesso agli Atti dello SPESAL, ha visto che il denunciante ero io;

DOMANDA
- che reato è ipotizzabile che abbia commesso il responsabile dello SPESAL che ha fornito il mio nome, formalmente o informalmente, come "denunciante", al mio datore di lavoro (DS), fra l'altro senza la obbligatoria richiesta al terzo interessato ai sensi del 241/90 ?
- che reato è ipotizzabile che abbia commesso la Dirigente Scolastica a comunicare il mio nome definendomi "denunciante", a 130 docenti?
- posso chiedere i danni a uno o a entrambi, Direttore e/o Dirigente

grazie”
Consulenza legale i 18/07/2022
Con riguardo al quesito posto si osserva quanto segue.

Quanto alla prima domanda:
Qualora i Suoi esposti abbiano contribuito all’istaurazione di un procedimento penale, la dirigente scolastica avrà verosimilmente depositato un'istanza ex art. 116 del c.p.p. per conoscere gli atti del procedimento, non venendo a conoscenza degli stessi dallo SPESAL.

Qualora invece abbia presentato un'istanza ex art. 22 e ss L. 241/1990 direttamente allo SPESAL, allora ciò confliggerebbe con la risposta a Lei fornita in data 14 giugno 2022.

Bisogna quindi capire se la locuzione “accesso agli atti” è utilizzata dalla dirigente scolastica in senso tecnico o a-tecnico, proprio in relazione alla normativa citata (codice di procedura penale) dal Responsabile SPESAL nella riposta fornita in data 14 giugno 2022, in quanto trattasi di materie differenti.

Quanto alla seconda domanda:
Occorre anzitutto osservare che la qualificazione giuridica del fatto è prerogativa dell'Autorità giudiziaria.

Ad ogni buon conto si potrebbe ragionare sulla fattispecie, ora depenalizzata, di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone di cui all’art. 594, quarto comma c.p.
Rimane comunque un’ipotesi sulla cui configurabilità nel caso in esame si nutre qualche dubbio.

Con riguardo all'ingiuria, essendo stato il reato abrogato, esso può costituire solo, qualora sussistano i presupposti, titolo risarcitorio in sede civile.

Quanto alla terza domanda:
Questa redazione ritiene iche non vi siano i presupposti per agire contro il Direttore dello SPESAL menzionato nel quesito.

Per quanto concerne la Dirigente scolastica, qualora Lei persista nel richiedere il risarcimento dei danni, si consiglia l’assistenza di un avvocato di fiducia per avanzare una richiesta, in un primo momento, in sede stragiudiziale attraverso una lettera di intervento.



Antonella I. chiede
domenica 23/12/2018 - Lombardia
“Buongiorno,quando la sentenza penale diventa definitiva,dopo il primo grado dal giudice di pace e l'appello in tribunale,a chi deve essere richiesto il fascicolo archiviato contenente tutti verbali delle udienze e così via?Grazie.”
Consulenza legale i 02/01/2019
La normativa che regola i giudizi innanzi al Giudice di Pace è il D.lgs. n. 274/2000; in particolare, infatti, per rispondere al quesito da Lei posto è necessario premettere che, ai sensi dell’art. 39 del predetto decreto, competente a decidere sull’impugnazione delle sentenze emesse dal Giudice di Pace “È il tribunale del circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza impugnata. Il tribunale giudica in composizione monocratica”.

Nel caso da Lei posto, dunque, la sentenza divenuta irrevocabile è una sentenza emessa dal Tribunale in composizione monocratica (penale) e questo incide sull’ufficio ove è possibile visionare / estrarre copia degli atti del procedimento.

In particolare, secondo quanto disposto dall’ art. 116 c.p.p. chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie di singoli atti processuali, anche se la richiesta deve essere previamente valutata ed autorizzata dal magistrato competente, salve alcune deroghe. La dizione “chiunque vi abbia interesse” si riferisce, nel processo penale, alle parti processuali ovvero indagato, imputato, persona offesa (anche per mezzo dei propri difensori). Ciò non esclude che altri, al di fuori delle predette parti, possano avere un interesse alla visione del fascicolo ma, in tal caso, la richiesta dovrà in ogni caso essere autorizzata dal mlagistrato competente.

Nel caso da Lei presentato, come predetto, competente è il Tribunale in composizione monocratica ed è nella cancelleria dello stesso che andrà fatta la richiesta di accesso al fascicolo. La richiesta dovrà essere fatta personalmente dalla parte o dalla persona che abbia interesse o, con apposita nomina, dal difensore degli stessi e dovranno essere pagati i diritti di cancelleria così come stabiliti nelle tabelle contenute negli allegati 6, 7 e 8 del T.U. Spese di Giustizia.

Un ultimo appunto: ogni tribunale ha alcune prassi di archiviazione dei fascicoli che non sono oggetto di normativa e che, dunque, possono essere differenti da foro a foro. La richiesta andrà dunque fatta alla cancelleria del Tribunale in composizione monocratica; a seconda dei casi, poi, il fascicolo potrà essere ancora in cancelleria oppure già in archivio e, nel caso, verrà rimandato alla cancelleria ove poi sarà possibile visionarlo.