Cass. civ. n. 16370/2005
Nell'espropriazione immobiliare, per poter procedere alla distribuzione del ricavato della vendita forzata, è necessario che non vi siano contestazioni in ordine all'esistenza o all'ammontare del credito, perché in tal caso il progetto di distribuzione non può essere approvato, ed occorre accertare l'ammontare del credito contestato mediante un ordinario giudizio di cognizione, in attesa della cui definizione la distribuzione dev'essere sospesa: ne consegue che qualora, nonostante l'avvenuto accertamento del credito, il debitore abbia continuato ad opporsi all'assegnazione, anche parziale, del ricavato al creditore, quest'ultimo non è responsabile della lievitazione del credito, ancorché giustificata dal diritto dell'opponente di ottenere la determinazione definitiva del proprio debito. (Nella specie, il debitore si era opposto al pagamento della somma assegnata al creditore nel progetto di distribuzione, segnalando la pendenza di un giudizio per l'accertamento del credito, all'esito del quale, tuttavia, aveva ribadito le proprie contestazioni, determinando un ritardo complessivo di circa tre anni nella soddisfazione del credito).
Cass. civ. n. 15826/2005
Nell'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, la distribuzione del ricavato, che segna la chiusura del procedimento esecutivo, precludendo l'opposizione di cui all'art. 615 c.p.c., non dev'essere intesa in senso letterale come ripartizione effettiva e concreta, ma come ordine di distribuzione e pagamento, il quale, pur essendo previsto dall'art. 598 c.p.c. come adempimento successivo all'approvazione del progetto di distribuzione, può anche essere emesso contemporaneamente, con la conseguenza che incombe all'opponente l'onere di fornire la prova della posteriorità della vicenda distributiva rispetto alla proposizione dell'opposizione.
Cass. civ. n. 7148/1986
La mancata opposizione all'ordinanza di vendita all'asta di un immobile pignorato, gravato da ipoteca a favore di un istituto di credito fondiario, nella quale sia stato previsto il diritto dell'aggiudicatario di accollarsi il residuo mutuo previo pagamento all'istituto mutuante delle semestralità scadute, degli accessori e delle spese, non preclude l'ammissibilità dell'opposizione al progetto di distribuzione, con la quale si contesti l'estensione della prelazione dell'istituto riguardo alle annualità e alla misura degli interessi.
Cass. civ. n. 2534/1982
Nell'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, l'ordinanza, con la quale il giudice dell'esecuzione, dopo che il tribunale abbia deciso eventuali contestazioni ed opposizioni avverso il progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita, fissa definitivamente il riparto, segna la chiusura del procedimento, e, quindi, con riguardo alla prescrizione del credito azionato, implica la cessazione degli effetti permanenti dell'interruzione della prescrizione medesima, verificatasi a seguito dell'instaurazione dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 2396/1980
Nell'espropriazione immobiliare, l'azione promossa dall'aggiudicatario di un immobile (nella specie, fondo rustico) al fine di sentire dichiarare il diritto a conseguire il prezzo di un bene facente parte per accessione dell'immobile aggiudicato (nella specie: un pioppeto esistente sul fondo), ma venduto dal custode pochi giorni prima dell'asta, non è opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, e neppure può considerarsi alla stregua di una controversia in sede di distribuzione, a norma dell'art. 512 c.p.c., ma tende all'esclusione della distribuzione fra i creditori della somma ricavata dalla vendita di un bene costituente accessione dell'immobile aggiudicato a seguito della vendita forzata. Trattasi, perciò, di un'azione atipica esperibile nel corso del processo esecutivo, essendo la sua nascita correlata eziologicamente al compimento delle attività di tale processo ed avendo la sua decisione l'effetto di determinare la somma da ripartire tra i creditori concorrenti, con la conseguenza che — inserendo un processo di cognizione in via incidentale — va proposta nelle forme del ricorso al giudice della esecuzione nei confronti del creditore procedente e di tutti i creditori intervenuti senza che possa rilevare l'estinzione del processo esecutivo per rinuncia dei creditori muniti di titolo esecutivo (e per l'avvenuta tacitazione di quelli che non ne siano muniti), salvo che risulti l'avvenuta restituzione della somma ricavata dalla vendita al debitore esecutato, ed in tal modo la sua esclusiva legittimazione passiva.
Cass. civ. n. 87/1980
Il consenso del creditore, che, ai sensi dell'art. 1194 c.c., è necessario perché il pagamento sia imputato al capitale piuttosto che agli interessi e alle spese, non può essere ravvisato nella accettazione, da parte del creditore medesimo, del provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione ai sensi degli artt. 596 e 598 c.p.c., che è insuscettibile di giudicato, avendo natura di ordinanza, ed è dotato di operatività limitata all'ambito del procedimento esecutivo.
Cass. civ. n. 4578/1976
Il provvedimento, con il quale il giudice dell'esecuzione immobiliare statuisce definitivamente sulla spettanza di somme acquisite nel corso della procedura, è un atto esecutivo decisorio. Pertanto, il ricorso con cui la parte interessata chieda la rimozione di detto provvedimento, perché illegittimo, comporta la necessità di instaurare il procedimento di cognizione previsto dagli artt. 617 e ss. c.p.c., e di decidere il ricorso medesimo con sentenza. Ove a ciò non si provveda, in quanto il ricorso venga erroneamente qualificato come «reclamo» avverso provvedimento ordinatorio e deciso con ordinanza del collegio, va affermata la nullità della relativa statuizione, siccome emessa senza alcuna attività istruttoria e senza le garanzie processuali del procedimento di opposizione agli atti esecutivi. Tale nullità, attesa l'indicata natura e definitiva della decisione, può essere fatta valere con ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione.
Cass. civ. n. 2135/1974
Qualora nell'udienza fissata per l'esame del progetto di distribuzione della somma ricavata — depositato ai sensi dell'art. 596 c.p.c. — il giudice dell'esecuzione immobiliare, di fronte alla controversia insorta sull'ammissione di crediti privilegiati, risolva il contrasto con propria ordinanza, rigettando l'istanza di ammissione del privilegio, e successivamente — proposta opposizione avverso tale ordinanza ai sensi dell'art. 617 c.p.c. — pronunci una seconda ordinanza di rigetto del ricorso in opposizione, anziché adeguarsi alla procedura di cui al combinato disposto degli artt. 512, 617 e 618 c.p.c., si arroga un potere che è di competenza del collegio. In tal caso la seconda ordinanza, non prevista dall'ordinamento, presenta tuttavia i caratteri della definitività e della decisorietà, in quanto incide su diritti soggettivi, e non è soggetta ad alcuna specifica impugnazione, e pertanto è denunciabile per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. L'ordinanza medesima va cassata con rimessione della controversia allo stesso giudice dell'esecuzione perché provveda in ordine all'opposizione agli atti esecutivi, secondo la procedura prevista dalla legge per tale mezzo di impugnazione.
Cass. civ. n. 949/1972
In tema di distribuzione della somma ricavata nell'espropriazione immobiliare, le questioni dell'art. 598 c.p.c. sottratte alla competenza del giudice dell'esecuzione ed attribuite a quella del collegio sono esclusivamente quelle sollevate dai creditori o dal debitore, all'udienza fissata ai sensi dell'art. 596 stesso codice. Conseguentemente, ove il giudice dell'esecuzione, pur in presenza di contestazioni del debitore, abbia con ordinanza ripartito tra i creditori la somma ricavata, siffatto provvedimento può essere impugnato con opposizione agli atti esecutivi, ma soltanto per le ragioni tempestivamente dedotte all'udienza.