La presente norma disciplina l'obbligo di comparizione dei testi regolarmente intimati.
Occorre distinguere l'assenza giustificata da quella ingiustificata del teste.
Nel primo caso il giudice istruttore ordina, senza necessità di una richiesta di parte, una nuova intimazione e rinvia l'escussione del teste ad una nuova udienza.
Nella seconda ipotesi il giudice adito può ordinare l'accompagnamento del teste all'udienza stessa o ad altra successiva.
In ogni caso, nell'ipotesi di mancata comparizione all'udienza di testimoni ritualmente citati dalla parte interessata, qualora il giudice non abbia esercitato né il potere di ordinare una nuova intimazione né quello di disporne l'accompagnamento coattivo, l'onere di citare i testimoni all'udienza cui il giudice abbia rinviato per l'assunzione della prova grava sulla parte interessata, a pena di decadenza.
L'accompagnamento all'udienza costituisce una forma di esecuzione coattiva dell'obbligo di comparire ed è la logica conseguenza del carattere pubblicistico del dovere di testimoniare; questo si effettua per mezzo dell'uso della forza pubblica, la quale può utilizzare qualsiasi strumento necessario al fine di raggiungere tale obiettivo.
Se il teste nonostante l'ordine di accompagnamento rifiuta di presentarsi davanti al
giudice istruttore viene incriminato di reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti previsto nell'
art. 366 del c.p..
Si precisa che il rifiuto di presentarsi è diverso dal rifiuto di deporre, in quanto quest'ultimo presuppone la presentazione del teste.
Una volta che si sono presentati, il giudice ha il dovere di escutere i testimoni, salvo che la parte che li abbia indicati sia incorsa in decadenza o vi abbia rinunciato con il consenso dello stesso giudice e l'adesione delle altre parti.
Requisito necessario per l'irrogazione della sanzione qui prevista è che la mancata comparizione non sia ricollegabile ad alcun giustificato motivo; inoltre, l’
art. 106 delle disp. att. c.p.c. richiede che i provvedimenti di cui al primo comma della norma in esame possano essere pronunciati contro il testimone non comparso solo dopo che è decorsa un'ora da quella indicata per la comparizione.
La condanna viene pronunciata con la medesima
ordinanza con cui viene disposta la nuova intimazione o l'accompagnamento del teste all'udienza e deve essere
notificata al condannato a cura del cancelliere ex
art. 179 del c.p.c..
Il secondo comma dell'
art. 106 delle disp. att. c.p.c. dispone che l'ordinanza di condanna costituisce
titolo esecutivo (
art. 474 del c.p.c., 2° co., n. 1) contro il testimone; tuttavia, l'ordinanza acquista efficacia di titolo esecutivo una volta che sia divenuta definitiva e cioè quando siano decorsi tre giorni dalla sua notificazione al teste assente e quest'ultimo non abbia esperito il
reclamo.
Infatti, entro il termine perentorio di tre giorni è possibile proporre reclamo allo stesso giudice che l'ha pronunciata e su tale reclamo il giudice pronuncia con ordinanza non impugnabile.
Va osservato che, mentre in caso di mancata comparizione del teste a seguito della prima intimazione disciplinata nel primo periodo dell’art. 255 il giudice
può condannare il teste al pagamento di una
pena pecuniaria, qualora non compaia per la seconda volta (ipotesi prevista dal secondo periodo dell'art. 255) il giudice
deve condannarlo.
L'art. 255, 2° co., disciplina i casi di esenzione dell'obbligo di comparizione delle parti.
Le esenzioni stabilite dalla legge sono quelle indicate nell'105
Disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e
art. 205 del c.p.p..
In caso di obbiettiva impossibilità a comparire la prova testimoniale viene assunta presso l'abitazione o l'ufficio del teste da parte del giudice, il quale si reca in tali luoghi e, se questi sono situati fuori della
circoscrizione del tribunale, delega all'esame il giudice istruttore del luogo.