Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta: opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.
1) L'opposizione costituisce il solo mezzo processuale tramite cui il creditore può impugnare il provvedimento del g.d. che, dichiarando esecutivo lo stato passivo, abbia respinto l'insinuazione o la rivendica o l'abbia accolta soltanto in parte. Requisito per esercitare l'opposizione è la soccombenza, che fondi l'interesse del creditore, e cioè il riconoscimento di una «utilità minore» di quella richiesta dall'opponente in sede di insinuazione o rivendica. Si ha soccombenza ad es. nel caso di mancata ammissione o di ammissione per un importo inferiore a quello richiesto, o anche nel caso del mancato riconoscimento del privilegio o della prededuzione richiesti.
La legittimazione attiva spetta solo al creditore o al rivendicante, essendo esclusa al curatore o ad altri creditori, posto che questi hanno a propria disposizione i diversi rimedi della impugnazione.
La legittimazione passiva spetta in via esclusiva al curatore, il quale finisce per tutelare indirettamente pure gli interessi dell'imprenditore assoggettato a l.g., giustificando l'esclusione della legittimazione di quest'ultimo.
2) L'impugnazione è il mezzo processuale concesso al curatore e ai creditori concorrenti per impugnare i provvedimenti favorevoli al soggetto che si sia insinuato al passivo (o abbia rivendicato beni), così da ottenere l'esclusione totale o parziale di quest'ultimo.
Legittimati attivi ad impugnare le decisioni sullo stato passivo sono in via concorrente il curatore e i creditori, ferma restando la regola di necessaria partecipazione del curatore all'impugnazione anche se promossa da uno dei creditori.
La legittimazione attiva spetta anche ai titolari di diritti azionabili nelle forme della restituzione o rivendica nei confronti di altri soggetti le cui pretese di similare tipologia sui medesimi beni siano state recepite in sede di stato passivo.
Legittimati passivi sono il creditore o l'«altro concorrente», dovendosi riferire tale espressione al soggetto che abbia esercitato con successo la rivendica, a prescindere dal fatto che questi soggetti abbiano visto recepite le proprie istanze nello stato passivo delle domande tempestive o in quello delle tardive.
3) La revocazione costituisce il mezzo processuale straordinario, come si deduce dal fatto che essa è proponibile «decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione». Quanto alla legittimazione attiva, qualora la revocazione sia proposta contro un provvedimento di rigetto dell'insinuazione o rivendica, spetta al creditore o rivendicante soccombente; se ad essere impugnato sia un provvedimento di accoglimento, la legittimazione spetta al curatore e al creditore concorrente o al rivendicante che avanzi pretese incompatibili con quelle del soggetto la cui rivendica sia stata accolta.
La legittimazione passiva spetta solo al curatore, se ad essere impugnato è un provvedimento di rigetto, mentre spetta congiuntamente al creditore o al rivendicante ammesso e al curatore (litisconsorte necessario), sempre che la revocazione non sia stata proprio dal curatore medesimo proposta, se ad essere impugnato è il provvedimento di ammissione.
Passando alle singole ipotesi di revocazione:
a) la falsità deve viziare documenti o altro materiale probatorio impiegato per la decisione;
b) nel dolo sono inclusi il dolo del giudice e quello della parte, ma anche la collusione tra parti (creditore e curatore); consiste in artifizi o raggiri idonei a generare una falsa percezione degli elementi di causa;
c) l'errore essenziale di fatto, visto il silenzio della norma sul punto, è proponibile anche contro errori non evidenti o non rilevabili direttamente dagli atti di causa; deve trattarsi di un errore di giudizio (non di diritto) che investe l'accertamento del fatto, e deve avere carattere essenziale, ossia dev'essere in grado di determinare la decisione.
d) La mancata conoscenza di documenti decisivi presuppone che tali documenti non siano stati conosciuti per causa non imputabile alla parte; tali documenti, in quanto decisivi, devono necessariamente riferirsi a fatti determinanti ai fini della decisione, preesistenti alla decisione impugnata, ma che la parte non sia riuscita a produrre per fatto ad essa non imputabile.
La correzione degli errori materiali è un rimedio volto a consentire di emendare lo stato passivo da meri errori di calcolo, omissioni, refusi, senza rendere necessaria l'impugnazione del provvedimento (non si tratta di un vero e proprio mezzo di impugnazione). Presupposto è la riconoscibilità ictu oculi dell'errore materiale.