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Articolo 893 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi

Dispositivo dell'art. 893 Codice Civile

Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano, trattandosi di boschi, canali e strade di proprietà privata, i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, si osservano le distanze prescritte dall'articolo precedente.

Ratio Legis

La disposizione è sussidiaria e si applica ove per le fattispecie considerate non sussistano regolamenti o, in mancanza di questi, usi locali.

Spiegazione dell'art. 893 Codice Civile

Distanze per gli alberi. Codici Italiani preesistenti

Gli alberi hanno dei rami che proiettano un'ombra più o meno densa fino a una certa distanza, e delle radici che possono estendersi sottoterra anche per vari metri di lunghezza. Ora tanto i rami con l'ombra che proiettano, quanto le radici con lo sfruttamento del terreno, producono danno alle proprietà vicine. Di qui l'esigenza di limitare, nell'interesse delle proprietà vicine, il diritto del proprietario degli alberi prescrivendo una certa distanza dal confine per le piantagioni, maggiore o minore secondo la loro altezza.

Dei codici italiani preesistenti, il codice napoletano (art. 592 e 593) riproduceva le disposizioni del codice Napoleone, che peraltro furono in seguito modificate dalla legge 20 agosto 1881. Anche il codice parmense (art. 522 e 523) seguiva il codice francese, variandone però le distanze, che erano stabilite in braccia tre ed once otto per gli alberi di alto fusto, braccia uno ed once cinque per gli altri. Il codice estense (art. 570-572) conteneva in questa materia disposizioni molto particolareggiate. Nel Lombardo-Veneto il codice austriaco non conteneva alcuna prescrizione di distanze, dava però diritto ad ogni proprietario (§ 422) di svellere dal proprio fondo le radici e tagliare i rami pendenti nello spazio aereo sovrastante il suo fondo, e trarne qualunque altro vantaggio. Al codice sardo (art. 603, 6o6) si era conformato, con poche variazioni, il codice del 1865, le cui disposizioni sono state in gran parte riprodotte nel nuovo (artt. 892-896) con le modificazioni che verranno rilevate nella spiegazione dei vari articoli.


Prevalenza data dal codice alle distanze fissate dai regolamenti e dagli usi locali

Il fissare distanze uniformi per tutto il territorio del Regno, senza tener conto della grande varietà delle condizioni locali (clima, qualità dei terreni, ecc.) non sarebbe stata una cosa opportuna. D'altra parte, come era possibile considerare questa varietà di condizioni locali in una disposizione legislativa regolatrice delle distanze? Il codice francese (art. 671) temperava le due diverse esigenze disponendo che le distanze legali per le piantagioni da esso prescritte dovessero essere osservate solo in mancanza di regolamenti particolari esistenti in materia odi usi costanti e riconosciuti. II codice sardo ebbe riguardo solo ai regolamenti particolari, quanto agli usi non ne fece parola e risulta dai lavori preparatori che ciò fu fatto per la difficoltà di accertarli in modo sicuro in caso di controversia.

A differenza del vecchio codice (art. 579) che aveva seguito il sistema del codice sardo, il nuovo codice ha riguardo, oltre che ai regolamenti, anche agli usi locali, dando loro la preferenza sulle distanze fissate dalla legge: infatti l’articolo in esame prevede che chi vuole piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Solo se gli uni e gli altri non dispongono si applicano le distanze stabilite dal codice, che hanno quindi carattere meramente suppletivo.

Il nostro codice, richiamando i regolamenti locali, non fa alcuna distinzione se essi siano anteriori o posteriori alla sua pubblicazione, mentre il codice francese si riferisce solo ai regolamenti esistenti al momento della sua pubblicazione (actuellement existants). Tale limitazione è opportuna, tanto che è stata ribadita poi dalla legge francese del 20 agosto 1881: essa ha il risultato di togliere per l'avvenire la possibilità di introdurre regolamenti sulle distanze delle piantagioni nelle località che ne mancavano all'epoca della pubblicazione del codice, e per quelle che li avevano toglie la facoltà di innovarli secondo nuovi bisogni (nuovi sistemi di coltivazione, ecc.) prima non avvertiti. Si ritiene che quelle stesse ragioni che giustificano la prevalenza data in questa materia dal legislatore ai regolamenti locali, di fronte alle distanze fissate dalla legge, dimostrino la superiorità del sistema seguito dal nostro codice rispetto a quello del codice francese.


Triplice categoria di piante nei riguardi dell'altezza

Agli effetti delle distanze, il codice distingue tre categorie di piante, secondo l'altezza del fusto (art. 893). La prima categoria è formata dagli alberi di alto fusto: la legge considera alberi di alto fusto quelli il cui fusto, o semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole come sono i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili. Per questa prima categoria la distanza da osservare e di tre metri.

La seconda categoria è formata dagli alberi di non alto fusto: la legge reputa tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami, e per tale categoria deve osservarsi la distanza di un metro e mezzo.

Nella terza categoria la legge pone le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo. Una disposizione speciale è prevista dal codice per le siepi, e cioè la distanza di un metro per le siepi di ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e la distanza di due metri per le siepi di robinie.

Notevoli sono le modificazioni introdotte dal nuovo codice per la seconda e terza categoria, allo scopo di togliere di mezzo vecchie questioni dibattute sotto il vecchio codice specialmente nei riguardi degli alberi da frutto.

Sotto il vecchio codice si era discusso circa il modo di misurare la distanza degli alberi: alcuni sostenevano che la distanza dovesse misurarsi prendendo come punto di partenza il centro dell'albero, altri sostenevano che dovesse considerarsi invece la parte esterna del tronco. Il nuovo codice ha risolto testualmente la questione prescrivendo (art. 893, ult. capov.) che la distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo dove fu fatta la semina.

Diverse altre questioni possono presentarsi nei singoli casi, ma sono tutte di fa­cile soluzione. Così è chiaro che per i terreni in declivio la distanza dovrà misurarsi non sulla superficie del terreno, ma sulla perpendicolare tirata fra il tronco e la linea di confine. È poi chiaro che trattandosi di alberi con fusto inclinato la distanza è da misurarsi sempre alla base del fusto, qualunque sia il senso della inclinazione. Anche se l'inclinazione fosse verso il confine, la condizione del vicino non ne sarebbe aggravata: infatti, quanto alle radici, esse sono indipendenti dalla inclinazione del tronco, e quanto ai rami, il vicino ha sempre il diritto di far recidere quelli che si protendono sul suo fondo (art. 896 del c.c.).


Misurazione delle distanze

Sotto la vigenza del codice francese si era dubitato se le distanze prescritte per le piantagioni dovessero osservarsi anche quando il fondo vicino fosse occupato da un edificio. I sostenitori della tesi negativa osservavano che, in questo caso, l'ombra dei rami e la presenza delle radici non avrebbero potuto cagionare il danno che il legislatore ha inteso evitare per riguardo all'agricoltura; per i sostenitori di quella affermativa invece l'osservanza delle distanze legali interessava anche l'edificio vicino, per evitargli l'urto dei rami mossi dal vento e la spinta delle radici contro le fondazioni.

La questione fu risolta dal codice sardo con una disposizione che fu ripetuta nel codice del 1865 ed è stata riprodotta nel nuovo (art. 893 ult. capov.): le distanze non si devono osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommità del muro. Da tale norma deriva che se il muro che esiste sul confine è di proprietà del vicino, permane l'obbligo dell'osservanza delle distanze legali; come pure permane, senza distinzione dell'appartenenza del muro, quando la pianta eccede l'altezza del muro.


Se l'obbligo della distanza cessi quando sul confine esiste un edificio

All'art. art. 892 del c.c. fa seguito l'art. 893 relativo alle distanze degli alberi presso strade, canali e sul confine di boschi. Dispone tale norma che per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano, trattandosi di boschi, canali, e strade di proprietà privata, i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, si osservano le distanze prescritte dagli articoli precedenti.

Questo articolo rappresenta una non felice riproduzione, con alcune modificazioni, dell'art. 580 vecchio codice, della quale si sarebbe potuto fare a meno. Infatti nel vecchio codice tale disposizione aveva una speciale ragion d'essere per il fatto che in mancanza di regolamenti si faceva richiamo agli usi locali, che erano invece esclusi dalla disposizione generale dell'art. 579. E il richiamo agli usi locali si giustificava considerando che per questi casi particolari di alberi presso strade, canali e sul confine di boschi, l'uso locale avrebbe potuto stabilire norme più adatte alle speciali condizioni dei luoghi, più di quello che non potessero essere le regole stabilite in generale dall'art. 579.

Ma una volta che il nuovo codice, con felice innovazione, ha richiamato, oltre che i regolamenti, anche gli usi locali per riconoscere alle distanze da essi stabilite efficacia prevalente sulle distanze fissate dal codice, la norma dell'art. 893 diventa una inutile ripetizione, per casi speciali, della norma stabilita in generale dall'art. 892. Di nuovo non resta che la limitazione della norma ai boschi, canali, e strade di proprietà privata, di cui si sarebbe potuto fare a meno poiché per quelli di proprietà pubblica le distanze sono disciplinate da leggi speciali. L'articolo contiene infine un richiamo alle distanze prescritte dagli articoli precedenti al plurale, mentre l'articolo precedente in materia, e uno solo.

Qualora il proprietario di un fondo abbia piantato alberi di alto fusto sino alla distanza di cinquanta centimetri dal fondo del vicino coltivato a bosco, uniformandosi in ciò alla consuetudine locale, non è tenuto a spostare le sue piantagioni a maggiore distanza qualora il vicino trasformi la coltura del terreno da bosco in seminativo.
Quanto alle distanze stabilite da leggi speciali per gli alberi piantati lungo le strade pubbliche, riferiamo la disposizione del T. U. 8 dicembre 1933, n. 749 per la tutela delle strade, che all'art. 1, n. 13, vieta di piantare alberi e siepi lateralmente alle strade esterne degli abitati a distanza minore delle seguenti:

a) per gli alberi, metri tre misurati dal confine della strada, salvo che dalle autorità competenti siano consentite distanze minori;
b) per le siepi, tenute all'altezza non maggiore di un metro sul terreno, centimetri cinquanta misurati dal confine della strada;
c) per le siepi di maggiore altezza la distanza sarà di metri due e centimetri cinquanta misurati dal ciglio esterno del fosso, oppure dal piede della scarpa, se la strada è in rilevato ed in ogni caso non minore di tre metri dal ciglio della strada.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

424 Circa le distanze da osservarsi per alcune piantagioni, l'art. 892 del c.c. riproduce con lievi modificazioni l'art. 579 del codice del 1865, precisando, quanto agli alberi di non alto fusto, l'altezza massima del fusto non ramificato (tre metri), la quale non era invece determinata dal codice anteriore, che faceva riferimento alla «breve altezza» del fusto semplice, e precisando altresì, quanto al modo di calcolare le distanze, che queste si misurano dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo in cui fu fatta la semina. Inoltre, a differenza del codice precedente che non faceva menzione degli usi locali e dava prevalenza soltanto ai regolamenti, l'art. 892 dispone che, in mancanza di regolamenti, gli usi locali prevalgono sulle disposizioni del codice. A queste i regolamenti e gli usi locali prevalgono anche quando si tratta di alberi presso strade, canali o su confini di boschi (art. 893 del c.c.). È conservata nell'art. 894 del c.c. (art. 581 del codice del 1865) la facoltà del vicino di esigere che siano estirpati gli alberi e le siepi che sorgono a distanza minore di quella legale. L'art. 895 del c.c. regola il caso che si sia acquistato il diritto di tenere l'albero a distanza minore di quella legale e l'albero muoia o venga reciso o abbattuto: in questo caso l'albero che sia ripiantato dovrà essere tenuto alla distanza legale. Non così se la pianta perita faceva parte di un filare lungo il confine, poiché la sistemazione in filare conferisce al complesso arboreo un carattere unitario. Ad eliminare ogni ragione di dubbio ho esplicitamente dichiarato (art. 896 del c.c., primo comma) che il diritto di esigere il taglio dei rami degli alberi del vicino che si protendono sul proprio fondo e di tagliare le radici che vi si addentrano può esercitarsi in qualunque tempo. In questa materia è lasciato però ampio campo di applicazione, oltre che ai regolamenti, agli usi locali, e ciò per tutte le specie arboree, in quanto si è soppressa l'inopportuna limitazione del codice del 1865 (art. 582), che gli usi richiamava soltanto per gli ulivi. A proposito dei rami che si protendono dal fondo del vicino, il secondo comma dell'art. 896 risolve un'annosa questione, e cioè se i frutti naturalmente caduti da tali rami appartengano al proprietario dell'albero che li ha prodotti ovvero al proprietario del fondo su cui sono caduti. Facendo salvi gli usi locali, è sembrato preferibile adottare la seconda soluzione.

Massime relative all'art. 893 Codice Civile

Cass. civ. n. 17400/2004

In tema di distanze per gli alberi piantati in boschi sul confine con terreni non boschivi, lungo le strade o le sponde dei canali — che siano di proprietà privata — il rinvio all'art. 892 c.c. formulato dall'ultimo comma dell'art. 893 c.c., con riferimento alla maggiore distanza prevista dai regolamenti comunali, deve intendersi esteso alle disposizioni regolamentari di carattere generale in materia di distanze richiamate dal primo comma dell'art. 892 c.c.

Cass. civ. n. 2505/1977

La norma dell'art. 893 c.c. — per cui, tra l'altro, in materia di distanze per gli alberi che nascono o si piantano lungo le sponde dei canali si osservano i regolamenti o, in mancanza, gli usi locali e, soltanto se gli uni e gli altri nulla dispongono, le regole stabilite nell'art. 892 dello stesso codice — fa indifferentemente riferimento sia ai canali artificiali che a quelli naturali.

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