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Articolo 2651 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Trascrizione di sentenze

Dispositivo dell'art. 2651 Codice Civile

Si devono trascrivere le sentenze da cui risulta estinto per prescrizione o acquistato per usucapione ovvero in altro modo non soggetto a trascrizione uno dei diritti indicati dai numeri 1, 2 e 4 dell'articolo 2643(1).

Note

(1) L'articolo comprende gli acquisti a titolo originario nei casi di accessione (v. 934), alluvione (v. 941), avulsione (v. 944) e alveus derelictus (v. 946). La disposizione non viene applicata invece nelle ipotesi di occupazione "bona fide" di una porzione di fondo attiguo.

Ratio Legis

La trascrizione in questa norma è richiesta prevalentemente a fini fiscali e per rendere noti determinati atti o fatti a terzi, non anche per l'opponibilità del titolo.

Spiegazione dell'art. 2651 Codice Civile

Usucapione e pubblicità

Richiamiamo le considerazioni già svolte in termini generali nella parte introduttiva del nostro commento, riguardo alla nuova di­sposizione dell'art. 2651, secondo cui si debbono trascrivere le sentenze da cui risulta estinto per prescrizione o acquistato per usucapione o in altro modo non sottoposto a trascrizione un, diritto reale immobiliare Abbiamo già menzionato i motivi che hanno indotto il legislatore a non porre l'obbligo di trascrizione delle sentenze di cui all'art. 2651, sotto la sanzione dell'art. 2650.

Ogni qualsiasi sanzione non avrebbe potuto che intaccare la posizione dell'usucapiente, mentre appare una fondamentale e pregiudiziale esigenza del nostro sistema di diritto civile, il rispetto della struttura ed efficacia tradizionali dell'usucapione che resta pur sempre— come ben osserva la Relazione — il mezzo migliore per rimediare alle inevita­bili lacune del nostro sistema di pubblicitá.2 Per una preconcetta neces­sità di allargare al massimo l'ambito di applicazione della pubblicità si sarebbe dato un grave colpo a quell'istituto che ne costituisce uno dei più utili correttivi e in certa guisa un fondamento.

Opportunamente perciò il legislatore non ha fatto propri i criteri accolti nell'art. 365 del progetto della Commissione reale, secondo cui sarebbero fatti salvi i diritti acquistati dai terzi verso il vera proprietario anteriormente alla pubblicazione della domanda od eccezione tendente a far dichiarare verificata la prescrizione acquisitiva. La certezza del di­ritto fondato sull'usucapione sarebbe 'stata tolta di mezzo, dal momento che, anche compiuta la usucapione ma non pubblicata, il precedente proprietario avrebbe pur sempre potuto dispone efficacemente del­l'immobile. Né deve trascurarsi l'essenziale rilievo che la forza e il significato dell'usucapione non possono farsi dipendere dall'accertamento giudiziale ; questo non può che essere un posterius che presuppone il diritto stabilito.

L'usucapione è una situazione di fatto che deve ricavare esclusivamente da se stessa gli estremi della sua efficacia se non se ne vuole svisare totalmente la portata. Or deve insieme rilevarsi ciò, trattandosi di un fatto che in sé non si estrinseca in alcuna strut­tura documentale, esso non può venire in considerazione ai fini della pubblicità prima che gli estremi di esso non si siano espressi in atti (domande od eccezioni) e ciò evidentemente solo in caso di una contro­versia. Ancora : in quale momento l'usucapiente potrebbe utilmente iniziare l'accertamento del suo diritto e pubblicare gli atti relativi, onde essere veramente sicuro nei confronti degli atti di disposizione compiuti dal proprietario usucapito ? Quali sono gli atti di alienazione o in genere disposizione del proprietario usucapito nei riguardi dei quali l'usucapiente potrebbe difendersi anteponendo la pubblicazione del suo ti­tolo d'acquisto: solo quelli che il proprietario usucapito (nel caso, l'ex proprietario ; ma l'art. 365 del progetto parla di «vero proprietario ») ha posto in essere dopo che si sia compiuto il periodo della usucapione, o anche quelli che ha posto in essere prima ? Se si facesse dipendere dalla pubblicità la conservazione del titolo dell'usucapiente, essendo certo che, fino a tanto che l'usucapione non è compiuta, diritto non è acquistato, in un conflitto con chi ha acquistato diritti sull'immobile dovrebbe a priori prevalere il diritto del terzo di fronte a chi ha l'usuca­pione in corso e non può pubblicare un acquisto che non è ancora com­piuto. Naturalmente il diritto del terzo prevarrebbe se tempestivamente trascritto ; ma in tal guisa, facendosi una totale equiparazione dell’usucapione con ogni altro modo di acquisto, se ne sviserebbe completa­mente — come si è detto la natura e la ragion d'essere. Tanto sarebbe valso valso abolire l'istituto.

La Relazione dopo aver spiegato i motivi per cui fu ritenuto di non accogliere l'applicazione della trascrizione ai rapporti fra i terzi e l'usucapiente, conclude osservando che resta invece aperta la questione della sorte dei diritti costituiti dal vero proprietario prima che sia compiuta l'usucapione. Si è in un altro tema, di fronte a distinti problemi. Il c. d. effetto retroattivo della usucapione potrebbe ammettersi o meno in base ai principii propri a quell'istituto, senza che venga toccata l'esi­genza della pubblicità.


Trascrizione delle sentenze da cui ri­sulta l'acquisto per usucapione

Resta a chiedersi quale sia la portata dell'art. 2651. Non solo è esclusa l'applicazione della sanzione dell'art. 2644, ma altresì — come già abbiamo detto — quella dell'art. 2650. Le ragioni, di cui si fa eco la Relazione, sono quelle di carattere generale che abbiamo or ora men­zionato e che attengono alla necessità di non toccare la struttura o le caratteristiche dell'istituto della usucapione. Aggiungiamo che, ove si avesse voluto aver riguardo alla sanzione disposta dall'art. 2650, anche più evidente sarebbe stata la impossibilità tecnica di sottoporre l'usuca­pione (ma lo stesso si dica dell'acquisto per accessione) al regime nor­male delle trascrizioni. In un conflitto fra un subacquirente da chi è diventato proprietario per usucapione e un terzo direttamente acqui­rente dall'antico proprietario usucapito, se per far salvo l'acquisto del subacquirente (da chi , ha usucapito) dovesse valere la sanzione del principio di continuità, costringerebbe detto acquirente a pubbli­care il titolo del suo dante causa (l'usucapione), un titolo di cui, non sussiste di per sé alcuna struttura documentale. figli non solo dovrebbe provocare un giudizio di accertamento onde procurarsi il titolo da trascriversi ; ma quel che è più strano dovrebbe porre quale oggetto del giudizio la valutazione di fatti e circostanze estranei alla sua attuale posizione. Se aberrante sarebbe stato il far dipendere la efficacia del­l'acquisto per usucapione dalla pubblicità, ancor più lo sarebbe stato il porre i subacquirenti da chi ha usucapito nella necessità di trascri­vere il fatto della usucapione.

Perciò deve dirsi che l'usucapione, così come la, successione mortis causa, sono il primo degli anelli di ogni catena di trasferimenti che valga considerare ai fini e per le esigenze del nostro sistema di pubbli­cità. Infatti in entrambe le ipotesi non vi è, oltre un certo punto risa­lendo, possibilità di conflitto che la trascrizione debba dirimere : non nella fattispecie della successione mortis causa, ove non vi è possibilità di conflitto fra a e T per la semplice circostanza che in base ai principii successori uno solo (E) è l'avente causa da D, e questi dopo che è de­funto non può ovviamente più alienare ; non nella fattispecie che ora esaminiamo ove i principii della usucapione escludono che il primo pro­prietario (P) possa efficacemente disporre in favore di terzi (T) in contra­sto col diritto dell'usucapiente (U) e quindi dei subacquirenti da esso.

Sola differenza fra le due ipotesi é che in un caso il titolo, avendo una struttura documentale, può essere pubblicato anche a prescindere da un giudizio d'accertamento o da eventuali controversie giudiziali nell'altra ipotesi invece non sussiste in sé alcuna documentalità del fatto acquisitivo. In un caso (art. 2648) perciò è esplicito il richiamo alla esigenza della pubblicità ; nel caso dell'usucapione. La Relazione spiega che in un caso si è inteso applicare il principio della conti­nuità ; nell'altro caso no : anzi — dice la Relazione — nessun effetto di diritto sostanziale segue al mancato adempimento del precetto dell'art. 2651, ma solo le conseguenze che si riallacciano al generale obbligo della legge fiscale.

Tale divario di considerazione fra le due ipotesi non appare giustificato. Per un verso, infatti, come abbiamo visto commentando l'articolo 2650, non è vero che il principio di continuità si manifesti in tutta la sua portata nei riguardi degli acquisti mortis causa, dal momento che l'obbligo dell'erede o legatario di trascrivere il suo acquisto non ha una precisa sanzione diretta e, in ogni caso, limitata è la portata anche riguardo ai subacquirenti. Per altro verso, al contrario, non è neppure vero che l'obbligo nei riguardi dell'usucapiente rilevi soltanto dal punto di vista fiscale. Come già abbiamo accennato nella parte generale del presente commento, deve dirsi che, sia pur senza alcuna sanzione di inefficacia od altro, anche il precetto dell'art. 2651 può intendersi sta­bilito in vista dell'attuazione del principio di continuità. Che un obbligo non sia sancito con precise conseguenze sfavorevoli per chi non adempia, non significa che non possa esservi un interesse del privato ad adempiere il precetto, e la legge opportunamente predispone tale possibilità. Il fine generale è di realizzare la continuità, con riguardo a quello «stato civile» o prospetto generale della situazione giuridica dei fondi nel tempo e nello spazio, che è una tendenziale finalità cui anche un sistema di Pubblicità quale è il nostro non può non mirare, pur senza pretendere alla perfezione e alla completezza, ideali non raggiungibili e forse nep­pur utili.

Deve dirsi ad ogni buon conto che, data la mancanza di precise sanzioni dirette nell'uno e nell'altro caso, non giova molto più allo scopo il precetto dell'art. 2648 di quanto non giovi quello dell'art. 2651. Non è connesso col problema generale e con l'esigenza della continuità l'uno più di quanto non lo sia l'altro. Massima parte delle considerazioni svolte si applicano altresì alla accessione ; ma si tratta di fattispecie di assai minore importanza nel nostro tema.



Trascrizione delle sentenze da cui risulta la prescrizione estintiva di un diritto immobiliare
Quanto alla trascrizione delle sentenze da cui risulta la prescrizione estintiva per non uso di un diritto reale particolare, il precetto si riconnette alla esigenza generale per cui vanno pubblicati non solo i fatti acquisitivi ma anche quelli estintivi. D'altronde, nel caso che il fatto estintivo può rilevare quello che fa capo alla liberazione della proprietà dal peso dipendente dalla esistenza del particolare diritto limitatore. Lato sensu liberazione vale come acquisto (di libertà), ai fini non foss'altro per cui è disposta la pubblicità immobiliare.

Se S aliena ad a era b e per altro verso si verifica la circostanza della estinzione per prescrizione di una servitù che gravava la proprietà di S, il primo fra a e b che abbia trascritto suo acquisto a titolo di proprietà, acquisterà la proprietà libera senza che occorra la trascrizione della estinzione della servitù, perché la liberazione opera ipso iure ac­cedendo realmente alla proprietà in se stessa. Né certo potrebbe mai applicarsi la normale sanzione del principio di continuità. Se un acqui­rente (b) non trascriva il suo acquisto prima di a o a' ; ma trascriva invece la prescrizione della servitù D, ciò non avrà alcuna influenza sull'acquisto di proprietà che sia stato pubblicato da a e a'. Anche se a' non ha trascritto il suo acquisto da a, la estinzione del vincolo ope­rerà a vantaggio della proprietà acquistata da a' anche a prescindere dalla pubblicità. Se a autore di trascrisse il suo titolo prima di b, la sua posizione e così quella dei suoi aventi causa nel titolo di proprietà resta consolidata anche per ciò che attiene ad "eventuali futuri incre­menti, accessioni e liberazioni. Anche se b trascrive prima di a' (nei ri­guardi di a) il sud acquisto da S e insieme la estinzione della servitù, tale estinzione non può giovare a b dal momento che non può accedere a un titolo di proprietà che b possa affermare in conflitto con altri.

Non è qui allora che può trovarsi la portata del nuovo precetto. Interes­sato ad attuare la trascrizione della estinzione del diritto di servitù per non uso potrebbe apparire il proprietario del fondo servente S (per il quale la estinzione porta liberazione dal peso) in un possibile conflitto con un terzo acquirente ti della proprietà del fondo dominante D (o cre­ditore iscritto),il quale può affermare l'interesse opposto di mantenere la situazione di servizio a vantaggio del fondo acquistato. Questa è la impostazione che abbiamo dato al problema riguardo alla estinzione per rinuncia ; ma è dubitabile se la stessa possa valere nel caso ora in esame. Infatti la liberazione del fondo servente in caso di prescri­zione per non uso della servitù (lo stesso deve dirsi per l'usufrutto) non può che seguire automaticamente ipso iure non appena Si siano realizzate le circostanze di fatto cui la legge riconnette l'effetto estin­tivo. Diverso è il caso della rinuncia che è un atto giuridico per se me­desimo. Non si potrebbe, per le stesse ragioni svolte parlando della usu­capione, condizionare l'efficacia liberatoria della prescrizione estintiva alla pubblicità : non fosse altro perché ciò vorrebbe dire richiedere in Ogni caso, come elemento costitutivo della fattispecie, una pronuncia giudiziale; il che snaturerebbe la portata dell'istituto.

Volendo pertanto giustificare il disposto dell'art. 2651 per ciò che attiene alla trascrizione delle sentenze da cui risulta l’estinzione per prescrizione di un diritto reale, deve dirsi che la sola portata plausibile è quella che fa capo all'attuazione della continuità latamente intesa come prospetto generale della situazione giuridica dei fondi. Vi è anche un interesse dei proprietari a favore dei quali si attua la liberazione da servitù e pesi vari, di far risultare dai pubblici registri la libertà del fondo. Che tale interesse privato venga dalla legge oggettivamente interpretato, sancendosi l'obbligo della trascrizione nel caso che si addivenga ad una pronuncia giudiziale in merito, non può però già significare che si sia voluto condizionare alla pubblicità l'efficacia liberatoria della prescrizione estintiva, la quale opera certamente in fatto ancora prima che si sia determinata su di essa una eventuale lite e una pro­nuncia giudiziale (oggetto della pubblicità).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1074 Il codice del 1865 non prevedeva alcuna forma di pubblicità per le sentenze da cui risulti estinto per prescrizione ovvero acquistato per usucapione o altrimenti a titolo originario un diritto reale immobiliare. L'art. 2651 del c.c. ne dispone invece la trascrizione, senza peraltro indicare le conseguenze, che discendono dalla mancata osservanza della formalità e anzi mostrando chiaramente, data la sua collocazione, che per le ipotesi in esso previste non trova applicazione la disposizione dell'ara 2650. In realtà mi è pareo che in tali ipotesi siano sufficienti lo sanzioni poste dalla legge fiscale, dato che non sarebbe stato opportuno ricollegare conseguenze di diritto sostanziale alla mancanza di trascrizione delle sentenze indicate nell'art. 2651. Se infatti si fosse voluto applicare anche all'acquisto per usucapione, che è l'ipotesi di gran lunga più rilevante tra quelle previste nell'art. 2651, la sanzione dell'inefficacia delle trascrizioni o iscrizioni prese contro l'usucapiente sino a che non fosse trascritta la sentenza che la dichiara, si sarebbe dato un colpo assai grave all'istituto dell'usucapione che invece nel nostro ordinamento ha un'importanza fondamentale, infatti colui che ha acquistato per usucapione sarebbe costretto, per avere la libera disponibilità di fatto del suo diritto, di provocare l'accertamento giurisdizionale dell'acquisto nei confronti di colui che per effetto dell'usucapione ha perduto il suo diritto. Ora addossare all'acquirente l'onere di un giudizio di accertamento anche quando il suo diritto non subisce alcuna contestazione, e per di più un giudizio nei confronti di persone che possono essere ignote e a distanza di molti anni dal giorno in cui l'usucapiente ha cominciato a possedere in violazione del diritto del proprietario, non sarebbe stato certo molto opportuno, anche a prescindere dal fatto che l'usucapione è un modo di acquisto che ha in sé, nel prolungato esercizio del diritto, la sua virtù e la sua ragione d'essere, e che quindi non può essere condizionato, neppure sotto profilo della disponibilità di fatto della cosa, a una pronuncia giudiziale, che ne accerti il compimento. Le medesime ragioni valgono per i casi in cui un diritto reale sia estinto per prescrizione o in cui uri diritto venga acquistato a titolo originario (es. accessione). Tanto meno poi è apparso opportuno riprodurre la norma esistente nel progetto della Commissione Reale, per cui erano fatti salvi i diritti acquistati dai terzi verso il vero proprietario anteriormente alla pubblicazione della domanda o dell'eccezione tendente a far dichiarare verificata l'usucapione. Una tale disposizione avrebbe annullato praticamente l'efficacia dell'usucapione, perché avrebbe costretto colui che ha usucapito a iniziare in ogni caso un giudizio per l'accertamento del suo acquisto per evitare il pericolo che, malgrado l'avvenuta usucapione, l'ex dominus potesse ancora costituire diritti sulla cosa. Le esigenze della pubblicità avrebbero così annullato un'altra fondamentale esigenza, che è quella di non attenuare l'efficacia dell'usucapione, la quale resta sempre il mezzo migliore per rimediare alle inevitabili lacune del nostro sistema di pubblicità.

Massime relative all'art. 2651 Codice Civile

Cass. civ. n. 8590/2022

In tema di trascrizione, il conflitto fra l'acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto, nel regime ordinario del codice civile, a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l'usucapione e dall'anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell'acquisto a titolo derivativo, atteso che il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall'art. 2644 c.c., con riferimento agli atti indicati nell'art. 2643 c.c., non risolve il conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario, ma unicamente fra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa.

Cass. civ. n. 4957/1988

L'esercizio del diritto di riscatto agrario, previsto dall'art. 8 della L. 26 maggio 1965, n. 590 a favore del coltivatore diretto pretermesso nel caso di vendita del fondo, ha come effetto non la risoluzione del contratto traslativo a favore del terzo e la contestuale formazione di un titolo d'acquisto ex nunc a favore del riscattante, né un nuovo trasferimento del diritto sul bene dal terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, ma la sostituzione con effetto ex tunc di detto titolare al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia. Conseguentemente, la pronuncia che decida affermativamente sul valido esercizio di tale potere, è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento e non di condanna degli acquirenti a trasferire il fondo, e costituisce valido titolo per la trascrizione ai sensi dell'art. 2651 c.c. quale sentenza da cui risulta acquistato il diritto di proprietà su un bene immobile.

Cass. civ. n. 2717/1982

La sentenza con cui viene pronunciato l'acquisto per usucapione del diritto di servitù ha natura dichiarativa e non costitutiva del diritto stesso e, pertanto, la trascrizione di detta sentenza non ricade nella disciplina dell'art. 2644, n. 14 c.c., bensì in quella dell'art. 2651 dello stesso codice per il quale la trascrizione ha funzione di mera pubblicità-notizia ed è, quindi, priva di efficacia sostanziale.

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C. T. chiede
giovedì 06/06/2024
“Buongiorno.
Possiedo un terreno agricolo ereditato dai miei nonni, in Sicilia, in origine coltivato a vigneto.
Dal 1970 questo terreno venne affidato ad un parente che coltivava il suddetto terreno per conto suo ed ogni anno pagava una quota di affitto.
Dopo una quindicina d'anni circa, il terreno, su iniziativa dell'affidatario senza aver chiesto il consenso, estirpava il vigneto e continuava l'attività agricola adibendola a coltivazioni cerealicole.
Dopo questa trasformazione di coltivazione e quindi dal 1985 e fino ad oggi, non è stata più pagata la quota di affitto anche se il terreno viene sempre coltivato.
Purtroppo non risulta un contratto di affitto del fondo.
Volevo chiedervi se con questa situazione posso liberamente vendere il terreno o sono sottoposto ad una serie di vincoli di vario genere (tipo usucapione,liquidazione,etc.) che complicano la cessione del terreno al un compratore qualsiasi.
Grazie”
Consulenza legale i 12/06/2024
Le informazioni fornite nel quesito inducono a dover considerare come non sicura la vendita che si intende fare a terzi di quel terreno.
La ragione principale di tale insicurezza sta nel fatto che colui il quale attualmente possiede il terreno e lo coltiva potrebbe legittimamente opporre nei confronti del terzo acquirente l’avvenuto acquisto in suo favore del diritto di piena proprietà sullo stesso fondo.
Come si ritiene possa essere ben noto, il codice civile qualifica l’usucapione quale modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale a seguito del possesso pacifico, non violento e ininterrotto di un bene mobile o immobile per un determinato periodo di tempo stabilito dalla legge (con esclusione dei soli beni demaniali, del patrimonio dello Stato o degli altri enti pubblici).

Presupposti dell’usucapione sono, dunque, due:
  1. il possesso, il quale deve essere:
  • inequivoco: deve cioè consistere in modo certo nell'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale.
  • pacifico e pubblico: ossia non acquistato in modo violento o clandestino: se il possesso è stato conseguito con violenza o in modo clandestino, il tempo utile per l'usucapione comincia a decorrere solo da quando sia cessata la violenza o la clandestinità.
  • continuato e non interrotto: è interrotto quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno.

  1. il decorso dei termini di legge: il termine ordinario per usucapire un immobile è fissato dal legislatore in venti anni (art. 1158 del c.c.) e può essere interrotto solo dall’atto con cui il proprietario della cosa agisce in giudizio contro il possessore per recuperare il possesso della cosa ovvero dal riconoscimento da parte del possessore del diritto altrui.

Non si ritengono sufficienti ad interrompere il termine per usucapire la diffida stragiudiziale del proprietario né la dichiarazione di successione e conseguente voltura catastale per il caso di morte del proprietario, potendo in particolare questi ultimi atti assumere rilevanza soltanto ai fini fiscali (così Cass. 12.06.1987 n. 5135).

Ebbene, nel caso in esame si ritiene che i requisiti sopra descritti possano essere agevolmente vantati da colui che ininterrottamente ha coltivato il fondo dall’anno 1985, ovvero da quando ne è stato mutato, senza alcun preventivo consenso del proprietario, il tipo di coltura, in totale spregio a quello che in genere può prevedere qualunque contratto di affitto e con l’inequivoca intenzione di voler fare proprio quell’immobile.

Si potrebbe obiettare che l’usucapiente non si è mai preoccupato di formalizzare l’acquisto, il che si realizza esperendo un’apposita azione giudiziale, volta ad ottenere una sentenza che accerti e dichiari l’avvenuta usucapione.
Di contro, però, non si può fare a meno di far osservare che la sentenza così ottenuta ha natura di sentenza di mero accertamento (con natura dichiarativa e non costitutiva) e che la stessa va trascritta nei pubblici registri immobiliari ex art. 2651 c.c., trascrizione che assolve ad una esclusiva funzione di pubblicità-notizia e che, a differenza di quanto avviene per gli acquisti a titolo derivativo, non rileva ai fini dell’opponibilità ai terzi.
Con ciò si vuol dire che l’usucapione, anche se non accertata giudizialmente e, quindi, non pubblicizzata attraverso la trascrizione, non è vanificata da eventuali acquisti effettuati da terzi successivamente al compimento dell'usucapione stessa, benchè trascritti nei pubblici registri.
Lo stesso principio vale nel caso di iscrizioni pregiudizievoli (quale ad esempio l'iscrizione di ipoteca ad opera di un creditore), avvenute successivamente al momento in cui si è compiuta l'usucapione (per Cass. n. 8792/2000 l'usucapione compiutasi all'esito di possesso ventennale esercitato da un soggetto privo di titolo trascritto estingue le iscrizioni).

Pertanto, ciò che si consiglia, prima di avventurarsi in una vendita a terzi del fondo, è di informare l’attuale possessore della propria intenzione di alienare, facendogli intendere, in via del tutto bonaria ed amichevole, di preferirlo come acquirente.
Tale manifestazione di intenti può sortire un duplice effetto:
  1. il possessore può dichiarare di non essere interessato all’acquisto, dichiarazione che esplicherebbe l’effetto di un riconoscimento del diritto altrui, da utilizzare in un eventuale causa per usucapione;
  2. il possessore può opporsi a quella vendita, manifestando espressamente il suo intento di voler far valere l’intervenuto acquisto per usucapione del terreno.

In questo secondo caso, non essendovi nulla da poter opporre (almeno stando a quanto riferito nel quesito), non resta che rinunziare alla vendita, cedere alle intenzioni del possessore e subire la perdita del diritto di proprietà su quel bene, con l’unico vantaggio di non dover più rispondere dello stesso ai fini fiscali (per imposte e tasse legate alla proprietà).