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Articolo 537 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Riserva a favore dei figli

Dispositivo dell'art. 537 Codice Civile

Salvo quanto disposto dall'articolo 542(1) se il genitore lascia un figlio solo(2), a questi è riservata la metà del patrimonio.

Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli(2)(3).

[I figli legittimi possono soddisfare in danaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice [38 disp. att. c.c.], valutate le circostanze personali e patrimoniali [542, 566 c.c.]](4).

Note

(1) L'articolo in commento stabilisce la quota spettante ai legittimari qualora al de cuius succeda uno o più figli. Se con essi concorre anche il coniuge si applica quanto previsto dall'art. 542 del c.c..
(2) Comma così modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) La quota di legittima riservata ai figli si calcola con il sistema della c.d. "quota mobile", ossia variabile a seconda del numero dei figli che succedono.
Se al de cuius succede un solo figlio, a questi spetta 1/2 del patrimonio.
Se i figli sono più d'uno, ad essi sono riservati 2/3 del patrimonio. Tale quota deve essere divisa in parti uguali tra tutti i figli; se uno di essi rinuncia all'eredità, non si calcola ai fini della determinazione della quota di legittima. Esempio: Tizio, vedovo, muore lasciando due figli, Caio e Sempronio; se Caio rinunzia all'eredità, a meno che non operi il diritto di rappresentazione in favore dei suoi discendenti, Sempronio ha diritto solo a metà del patrimonio ai sensi del comma 1 dell'art. 537 del c.c., e non a due terzi (comma 2).
(4) Comma abrogato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Prima della riforma il comma terzo prevedeva:
"I figli legittimi possono soddisfare in danaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano (1) (2). Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali (3)."

Note alla precedente formulazione:

(1) Si parla in proposito di diritto di commutazione, che rappresenta, nel sistema attuale, l'unica ipotesi in cui il figlio legittimo viene preferito a quello naturale.
Il figlio legittimo ha la facoltà di offrire al figlio naturale una somma di denaro o dei beni immobili in luogo della quota di legittima a cui il secondo avrebbe diritto. L'effetto è quello di escludere il figlio naturale dalla comunione ereditaria. Se vi sono più figli legittimi, vi deve essere l'accordo di tutti. Ove ad alcuni di essi succedano per rappresentazione i discendenti, alla decisione partecipano anch'essi.
Non è possibile commutare la quota di alcuni soltanto dei figli naturali, perché, altrimenti, si violerebbe il principio della parità di trattamento.

(2) La commutazione rappresenta una facoltà dei figli legittimi. Di conseguenza i figli naturali si trovano in posizione di soggezione: devono solo rispettare la volontà dei figli legittimi.

(3) Attraverso l'opposizione si può contestare la mancanza della circostanze per procedere alla commutazione, l'entità della somma offerta o della stima data agli immobili oggetto di commutazione. La decisione spetta al Tribunale.

Ratio Legis

In seguito alla riforma del diritto di famiglia del 1975, alla L. 10 dicembre 2012, n.219 e al D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 la norma accorda i medesimi diritti successori ai figli, siano essi legittimi o naturali.

Brocardi

Facultas commutationis

Spiegazione dell'art. 537 Codice Civile

Il sistema della quota variabile è stato scelto per la legittima dei figli in base a varie considerazioni. In particolare, nei casi di concorso di legittimari di classi diverse, è stata attribuita a tutti complessivamente una quota del patrimonio del defunto, assicurando in tal modo l'intangibilità della porzione disponibile.

La quota riservata ai figli, quando non concorrano con altri legittimari, è di metà o due terzi del patrimonio del genitore, a seconda che i figli siano rispettivamente uno oppure due o più; di conseguenza, la porzione disponibile è, a seconda che si avveri l’una o l'altra ipotesi, di metà o di un terzo del patrimonio. È appena il caso di notare che, nonostante la lettera della legge, il variare della legittima dipende non dal numero dei figli lasciati dal testatore, bensì da quello dei figli che effettivamente vengono alla successione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 537 Codice Civile

Cass. civ. n. 21319/2010

In tema di scioglimento della comunione relativa ad un immobile comodamente divisibile, il giudice di merito gode di un'ampia discrezionalità nell'esercizio del potere di attribuzione delle porzioni ai condividenti, salvo l'obbligo di darne conto in motivazione; nell'esercizio di tale potere discrezionale, egli può considerare anche gli interessi individuali delle parti aventi ad oggetto beni estranei alla comunione - confrontandoli con gli altri interessi rilevanti nella specie - allo scopo di compiere la scelta più appropriata. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, assegnando ad uno dei condividenti un lotto corrispondente al valore della quota, ai sensi dell'art. 727 c.c., aveva respinto la richiesta dello stesso di vedersi assegnata, invece, la porzione di terreno confinante con un altro immobile di sua proprietà esclusiva, sicché la sentenza aveva in tal modo determinato l'interclusione di quest'ultimo fabbricato).

Corte cost. n. 335/2009

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 537, comma terzo, c.c., impugnato, in riferimento agli artt. 3 e 30, comma terzo, Cost., in quanto attribuisce ai figli legittimi la facoltà di soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non si oppongano, e al giudice il potere di decidere in caso di opposizione, valutate le circostanze personali e patrimoniali. La scelta del legislatore non contraddice l'aspirazione alla tendenziale parificazione della posizione dei figli naturali, giacché non irragionevolmente si pone ancor oggi (quale opzione costituzionalmente non obbligata né vietata) come termine di bilanciamento dei diritti del figlio naturale in rapporto con i figli membri della famiglia legittima. Infatti, l'art. 30, comma terzo, Cost., che impone al legislatore di assicurare ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima, pur esprimendo, dal lato dei rapporti tra genitori e figli, una regola di equiparazione dello status di figlio naturale allo status di figlio legittimo, dal lato dei rapporti tra il figlio naturale ed i membri della famiglia legittima, si pone come norma ispiratrice di una direttiva di sempre più adeguata tutela della condizione di diritto familiare della prole naturale. Nello specifico ambito dei rapporti tra figli naturali e figli legittimi il criterio di compatibilità rappresenta lo snodo del sistema costituzionale finalizzato alla composizione dei diritti coinvolti, che deve compiersi in un contesto (non già di discriminazione della posizione degli uni rispetto a quella degli altri, quanto piuttosto) di riconoscimento della diversità delle posizioni in esame. Quanto alla previsione della decisione giurisdizionale in caso di opposizione - considerato che l'espresso riferimento in Costituzione al criterio di compatibilità assume la funzione di autentica clausola generale, aperta al divenire della società e del costume - il legislatore ha coerentemente assegnato al giudice il ruolo di garante della parità di trattamento nella diversità, attraverso il continuo adeguamento dell'effettiva applicazione della norma ai principi costituzionali. Infatti, per colmare l'ampia latitudine del riferimento normativo alle circostanze personali e patrimoniali, il giudice, nella propria opzione ermeneutica, è tenuto a dare una valutazione costituzionalmente orientata, la quale appunto non può ignorare (ma deve necessariamente prendere in considerazione) l'evoluzione nel tempo della coscienza sociale e dei costumi. Pertanto, la naturale concretezza della soluzione giurisdizionale (che può ovviamente essere a favore del figlio naturale) permette di calibrare la singola decisione alle specifiche circostanze personali e patrimoniali, così da scongiurare eventuali esercizi arbitrari del diritto di commutazione o della facoltà di opposizione.

Cass. civ. n. 1091/2007

In tema di divisione ereditaria, il criterio dell'estrazione a sorte previsto dall'art. 729 cod. civ. nel caso di uguaglianza di quote a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo - applicabile anche nell'ipotesi di divisione dei beni comuni, in virtù del rinvio recettizio di cui all'art. 1116 cod. civ.- non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, ed è pertanto derogabile in base a valutazioni prettamente discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, quale risulterebbe dall'applicazione della regola del sorteggio, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione è sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione.(Nella specie, è stata ritenuta legittima l'attribuzione dell'unità immobiliare a favore dei condividenti che vi avevano abitato per molti anni e avevano effettuato cospicui miglioramenti che - in quanto destinati a soddisfare le loro specifiche esigenze - sarebbero risultati inutili e privi di qualsiasi valore economico in caso di attribuzione agli altri condividenti). (Rigetta, App. Ancona, 17 Febbraio 2003).

Cass. civ. n. 9065/1999

Lo stato di figlio legittimo non è incompatibile con una indagine incidenter tantum, ai fini dell'esercizio dei diritti successori, di cui agli artt. 537, 580 e 594 c.c., su una diversa procreazione naturale (salvo che non si profili l'incesto) purché si versi in una situazione di impossibilità assoluta, cioé originaria, e non relativa, in quanto sopravvenuta, di proporre l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità. Non ricorre, pertanto, tale presupposto (la cui prova è a carico del richiedente) nel caso del figlio naturale che, divenuto maggiorenne, abbia omesso di esperire, nel termine di decadenza all'uopo fissato, l'azione di disconoscimento del padre legittimo, sempre che ciò configuri una volontaria scelta circa l'incontestabilità dello stato di figlio legittimo, compiuta nella consapevolezza della diversa filiazione naturale e nella ricorrenza delle condizioni previste per l'azione di disconoscimento del padre legittimo, nonché in assenza di cause di forza maggiore impeditive del tempestivo esercizio di detta azione.

Cass. civ. n. 2434/1987

Ai fini della determinazione della quota di riserva spettante al discendente legittimo (o naturale), in relazione alle varie ipotesi di concorso con altri legittimari, non va fatto riferimento alla situazione teorica, al momento dell'apertura della successione, che è suscettibile di mutare in conseguenza di eventuali rinunzie con effetto retroattivo, sibbene alla situazione concreta degli eredi legittimi che effettivamente concorrono alla ripartizione dell'asse ereditario. Pertanto, la misura di detta quota non va desunta dall'art. 542 c.c., in tema di concorso tra coniuge e figli, sibbene dall'art. 537, relativo al concorso tra soli figli, nell'ipotesi in cui il coniuge superstite, per aver accettato un legato in sostituzione della legittima, abbia abdicato alla qualità di erede, ex art. 551 c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 537 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. S. chiede
sabato 28/01/2023 - Calabria
“Mia mamma,vedova,deceduta qualche settimana fa mi aveva consegnato un testamento olografo nel 2007, nel 2006 mi aveva fatto donazione con notaio di un fabbricato che nel frattempo ho ristrutturato accedendo ad un mutuo bancario. Nel testamento ha scritto che la legittima deve essere divisa tra noi tre figlie e la disponibile che deve comprendere il fabbricato donato deve essere destinata a me. Qual è la quota di disponibile a me spettante? Ma il fabbricato nel patrimonio complessivo entra col valore attuale? O con quello al momento dell'atto di donazione?”
Consulenza legale i 02/02/2023
Contrariamente a ciò che di frequente accade in sede di apertura della successione, nel caso in esame la volontà della testatrice sembra essere abbastanza chiara, lasciando esplicitamente intendere secondo quali quote dovrà dividersi il suo patrimonio ereditario.
Il richiamo alle quote di legittima ed alla quota disponibile, infatti, consente di poter affermare che volontà della testatrice sia stata quella di fare riferimento alle norme che il codice civile detta per determinare la quota di eredità riservata ai legittimari, ed in particolare a quanto statuito dal secondo comma dell’art. 537 del c.c., ove è detto che se il de cuius lascia più figli, agli stessi deve essere riservata una quota complessiva di due terzi, da dividere in parti eguali tra loro.
Il restante terzo è quello che si definisce quota disponibile, ed è su questa che la de cuius ha voluto far gravare la donazione dell’immobile effettuata nell’anno 2006 in favore di una sola figlia.

Per quanto concerne il problema relativo al valore del fabbricato donato da prendere in considerazione per una corretta determinazione delle quote, va detto che a tale riguardo il codice civile prevede che bisogna considerare il valore dell’immobile al momento dell’apertura della successione, detraendo le migliorie apportate dal donatario al bene ricevuto.
Ciò trova puntuale disciplina agli artt. 747 e art. 748 del c.c. c.c..
Il primo prevede che “la collazione per imputazione si fa avuto riguardo al valore dell'immobile al tempo della aperta successione”, mentre il secondo aggiunge che “In tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al tempo dell'aperta successione”.
A favore del donatario, inoltre, “devono anche computarsi le spese straordinarie da lui sostenute per la conservazione della cosa, non cagionate da sua colpa”.

Un esempio numerico probabilmente può aiutare a comprendere meglio come vanno determinate le quote.
Si consideri che la de cuius abbia lasciato beni per un valore di € 160 e che l’immobile donato abbia, al momento dell’apertura della successione, un valore stimato pari ad € 160.
Si consideri, poi, che la donataria possa documentare spese per migliorie apportate all’immobile per un importo pari ad € 50.
Il patrimonio complessivo di cui occorre tenere conto per poter determinare le quote volute dalla testatrice sarà pari ad € 270 (ovvero 160 relicutm + 160 donatum – 50 migliorie).

In forza di quanto disposto dal sopra citato art. 537 c.c. a ciascun figlio spetterà una quota pari ad € 90 (270:3), mentre la restante quota di € 90 costituisce la disponibile.
Poiché la figlia donataria ha già ricevuto 110 per donazione (160 valore attuale – 50 di migliorie), alla medesima andranno soltanto 70 di relictum (ossia del patrimonio lasciato dalla de cuius).
In questo modo si farà gravare il valore della donazione per 90 sulla disponibile, mentre per 20 sul terzo che spetta alla medesima figlia donataria a titolo di quota di riserva.
Le altre sue sorelle potranno conseguire la loro quota di riserva di un terzo, pari a 90 ciascuno (come espressamente voluto dalla testatrice).

Alfonso C. chiede
martedì 07/11/2017 - Liguria
“Sono il padre di una minore, erede in rappresentanza della madre premorta della nonna deceduta. L'altro erede e' lo zio, figlio della de cuius. La nonna ha acquistato dei box pagandoli 130.000 euro + spese nel 2012 con atto notarile e con due testimoni, intestandoli alla nuora con la citazione "la provvista per detti pagamenti e' stata fornita dalla sig.ra ( la nonna) a titolo di liberalità alla signora (la nuora)". Si puo' fare una azione di collazione o riduzione in questi casi ? La nuora, moglie dello zio, se puo' essere rilevante e' citata per alcuni legati nel testamento.”
Consulenza legale i 13/11/2017
Alla successione si può venire o perché personalmente ed immediatamente chiamati, o perché si prende il posto d’un precedente chiamato, il quale non può succedere: è quanto avviene con la rappresentazione, che fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato (art. 467, 1° comma c.c.).

Succedere nel luogo vuol dire occupare il posto del rappresentato, cioè ricevere quanto lui avrebbe ricevuto.

Succedere nel grado, invece, sta a significare che la successione per rappresentazione avviene in deroga al principio che il grado prossimo esclude il più remoto; infatti, i discendenti del figlio o del fratello prenderanno il suo posto e potranno pertanto concorrere, come stirpe, con i loro zii, che hanno un grado più stretto di parentela con il de cuius.

Ciò posto, passiamo ad analizzare il dubbio insorto nel caso in esame, ossia se anche in caso di successione per rappresentazione debba rispettarsi per il rappresentante (la minore) la quota che il legislatore riserva ai legittimari: a tale dubbio va data risposta positiva.

In tal senso può argomentarsi da quanto disposto dall’art. 536 co. 3 c.c., il quale dice espressamente che a favore dei discendenti dei figli legittimi e naturali, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli legittimi o naturali.

Ovviamente, per la determinazione della quota di riserva deve aversi riguardo al numero dei rappresentati, e non a quello dei nipoti discendenti-rappresentanti (così in dottrina Azzariti).
Ciò significa che se eredi, nel nostro caso, sono soltanto la minore-rappresentante e lo zio (figlio della de cuius), per la determinazione della quota di riserva occorre fare riferimento all’art. 537 co. 2 c.c., il quale, nell’ipotesi in cui a succedere non sia un solo figlio ma più figli, riserva a questi la quota di due terzi del patrimonio del de cuius, da dividersi in parti uguali fra tutti i figli.

A questo punto il problema che si pone è quello di determinare la porzione c.d. disponibile, ossia la quota di cui il defunto poteva disporre liberamente, e per fare ciò occorre attenersi a quanto disposto dall’art. 556 c.c., il quale prevede le seguenti fasi:

  1. formazione di una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte;
  2. detrazione dei debiti;
  3. riunione fittizia dei beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione.

Sull’asse così formato si calcola il valore della quota disponibile.

E’ proprio nel compimento dell’operazione sub lettera c) che va tenuto conto della liberalità effettuata dalla nonna in favore della nuora, con la conseguenza che, allorquando con tale liberalità fosse stata lesa la quota di riserva spettante alla minore-rappresentante, quest’ultima avrà tutto il diritto di agire in riduzione ex art. 557 c.c.

Nell’agire in riduzione, tuttavia, occorre anche prestare attenzione a quanto disposto dalle seguenti norme:
  • art. 555 co. 2 c.c., il quale prevede che le donazioni non si riducono se non dopo che sia esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento.
Per effetto di tale norma, infatti, diventa rilevante la circostanza che il de cuius abbia disposto a titolo di legato in favore della medesima nuora-donataria, poiché ciò comporta che debba prima chiedersi la riduzione di quanto lasciato con disposizione a titolo particolare (ossia con legato)
  • art. 564 co. 3 c.c.: dispone tale norma che il legittimario il quale succede per rappresentazione deve imputare, oltre alle donazioni ed ai legati a lui fatti, anche quelli fatti, senza espressa riserva, al suo ascendente.

Accertato dunque che il discendente del legittimario che succede per rappresentazione ha diritto di essere reintegrato nella quota riservata al legittimario rappresentato, vediamo se a tale risultato si debba giungere per mezzo della collazione o dell’esercizio dell’azione di riduzione.

Per rispondere a tale domanda si ritiene sufficiente evidenziare che la collazione è l'atto con il quale i discendenti e il coniuge che accettano l'eredità conferiscono nell'asse ereditario quanto hanno ricevuto dal de cuius in donazione.
Dal punto di vista soggettivo, dunque, la collazione riguarda esclusivamente “i figli legittimi e naturali, i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge” (art. 737 c.c.), e presuppone l'avvenuta accettazione dell'eredità da parte degli stessi, non coinvolgendo dunque tutte le donazioni poste in essere dal de cuius, ed in particolare quelle di cui abbiano beneficiato estranei.

Nel nostro caso, dunque, non si potrà far luogo a collazione, essendo stata la liberalità effettuata in favore della nuora, coniuge del figlio legittimario e, quindi, estranea.

Sarà invece senza dubbio esperibile l'azione di riduzione, disciplinata dagli articoli 553 e ss. c.c., la quale si presenta quale azione di tipo personale, per mezzo della quale si mira a far accertare la lesione di legittima; essa si rivolge contro le disposizioni testamentarie (a titolo universale o particolare) e contro le donazioni effettuate in vita dal de cuius, in favore di chicchessia, mirando a renderle inopponibili nei confronti del legittimario leso, nei limiti in cui si renda necessario per reintegrare la sua quota di riserva.

Stefano chiede
martedì 13/11/2012 - Veneto
“Nella successione, come si dividono le quote tra figli legittimi e naturali? Grazie!”
Consulenza legale i 13/11/2012

La riforma del diritto di famiglia introdotta con la legge n. 151 del 1975 ha parificato lo status di figlio naturale riconosciuto a quello di figlio legittimo in tema di diritti successori, in modo tale che i figli naturali abbiano gli stessi diritti dei legittimi. L'eredità pertanto, andrà suddivisa secondo quanto disposto dall'art. 537 del c.c. in virtù del fatto che i figli naturali e legittimi fanno parte della categoria dei legittimari, ovvero eredi ai quali la legge riserva una quota ereditaria per legge. Nello specifico, se il figlio è soltanto uno avrà diritto alla metà del patrimonio, mentre se i figli sono più di uno avranno diritto ai due terzi dell'eredità, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali.

Residua soltanto in favore dei figli legittimi il così detto diritto di commutazione, ovvero la possibilità per il figli legittimi di soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che no vi si oppongano (art. 537 del c.c., terzo comma). In caso di opposizione, specifica poi la norma, deciderà il giudice valutate le circostanze personali e patrimoniali.

La recentissima riforma sul riconoscimento dei figli naturali, approvata il 27 novembre scorso, anche se non interviene direttamente sull'art. 537 c.c., ha fatto venir meno la categoria dei figli naturali e, secondo i primi commentatori, dovrebbe venir meno anche il diritto di commutazione che ad essi si riferiva.


Chiara chiede
domenica 31/07/2011 - Abruzzo
“Buongiorno!
secondo l'art.537 cc. si legge che se il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, a questi è riservata la metà del patrimonio. Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli. La domanda riferita al secondo caso è: a chi spetta la quota di 1/3 se i figli sono gli unici eredi? Grazie!”
Consulenza legale i 14/08/2011

Occorre distinguere tra "successione necessaria" - o dei legittimari - (art. 536 del c.c. e ss) e successione legittima.
La prima si sostanzia in un limite posto dalla legge alla volontà di disposizione del testatore e viene in rilievo solo quando il testatore ha disposto con donazioni in vita o con disposizioni testamentarie in modo tale da pretermettere uno o più dei legittimari o da lederne la quota di legittima.

La quota disponibile (cioè quella che non spetta ai legittimari e di cui il testatore può liberamente disporre) varia in base al numero e al grado dei legittimari, ma non può mai essere inferiore ad 1/4 del patrimonio del defunto.

Nel caso di specie, se i figli sono gli unici eredi, a loro sono riservati i 2/3 del patrimonio da dividersi in parti uguali. La restante quota di 1/3 sarà la quota disponibile, della quale il testatore può liberamente disporre.

Se, invece, il testatore non ha disposto con testamento ne con donazioni (da come è posto il quesito non è dato capire) e non si pongono quindi problemi di lesione delle quote riservate per legge, allora si applica la successione legittima; i due figli ereditano tutto il patrimonio del defunto padre e lo dovranno dividere in due parti uguali. In questo caso si farà quindi applicazione dell'art. 566 del c.c..


M. C. chiede
lunedì 04/12/2023
“Distinti signori,
Il mio quesito riguarda il calcolo delle quote spettanti in caso di divisione ereditaria in assenza di testamento e in presenza di donazioni fatte in vita. Nel caso in questione entrambi i genitori di 3 figli sono morti a distanza di poco tempo (meno di un anno). Durante la vita i figli hanno ricevuto dei beni dai genitori. Per fare un esempio esplicativo immaginiamo che l'ammontare della massa ereditaria complessiva sia 1000. Durante la vita i genitori hanno donato al figlio A 120 per comprare una casa e, in più, un locale del valore di 80. Agli altri due figli B e C è stato dato a ciascuno una casa dal valore di 80. Come si calcolano le quote che ogni figlio deve ricevere? Bisogna semplicemente dividere ciò che è rimasto? (Nel nostro esempio dai 1000 totali, che includono anche i beni ricevuti in vita, rimarrebbero 640 e quindi ogni figlio prenderebbe in parti uguali 213). Oppure si dovrebbero prendere in considerazione gli averi ricevuti durante la vita e quindi ogni figlio dovrebbe ricevere in totale una quota di 333? (Il figlio A prenderà una quota di 133 mentre B e C una quota di 253).
Pongo questa domanda perché ho ricevuto pareri contrastanti. Alcuni legali hanno detto che la divisione deve essere effettuata in modo che ogni figlio alla fine riceve 333, mentre altri ritengono che i beni donati in vita non devono essere presi in considerazione visto che lo squilibrio non lede la quota di legittima e quindi rientra nella quota disponibile che i genitori potevano donare a chiunque. Nel caso in cui l'ultima affermazione sia quella applicabile non mi è chiaro come sia possibile determinare il volere dei genitori senza un testamento.
P.S.: Negli atti di donazione e compravendita non mi sembra sia specificata la dispensa alla collazione”
Consulenza legale i 09/12/2023
Il calcolo sia della quota di riserva che della disponibile va fatto sulla base di quanto specificatamente dettato dall’art. 556 c.c.
Dispone tale norma che per determinare la quota disponibile occorre formare una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detrarre i debiti e riunire fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione.
Per questi ultimi la valutazione va fatta secondo le regole dettate dagli artt. da 747 a 750 c.c.
Tale operazione, però, andrebbe compiuta per ciascuno dei soggetti deceduti, ovvero sia per il padre che per la madre, trattandosi di patrimoni diversi.
Poiché nel quesito che si pone si fa riferimento ad un valore complessivo, il calcolo che si andrà a fare non può che essere del tutto approssimativo e relativo.

Ebbene, tenendo conto del valore indicato di 1000 euro, come comprensivo sia del relictum che del donatum di entrambi i defunti e considerato che non vi è testamento, la successione sarà regolata dall’art. 566 c.c., il quale dispone che al padre ed alla madre succedono i figli in parti eguali.
Ciò vale per la quota di legittima, la quale va tenuta distinta dalla quota di riserva, ovvero da quella quota che a ciascun dei soggetti che il legislatore all’art. 536 c.c. qualifica come legittimari (coniuge, figli e ascendenti) deve essere in ogni caso garantita.
In particolare, secondo quanto disposto dal successivo art. 537 c.c., se il genitore lascia più di un figlio, a questi deve essere riservata la quota di 2/3, da dividersi in parti uguali (il restante terzo è quello che si definisce disponibile, di cui il de cuius può disporre come vuole).

Per determinare la quota riservata a ciascun figlio, dunque, occorre effettuare i seguenti calcoli:
  1. dividere il patrimonio ereditario di 1000 in tre parti uguali, ciascuna delle quali sarà pari a 333,333.
  2. due parti, pari a 666,666 verranno a loro volta divise in ugual misura tra i tre figli, per determinare la c.d. quota di riserva, pari a 222,222 ciascuno.
  3. i restanti 333,333 rappresentano la quota disponibile.

A questo punto entra in gioco il valore delle donazioni ricevute da ciascuno dei figli, e precisamente:
  1. il figlio A ha ricevuto beni per 200 (120+80)
  2. i figli B e C hanno ricevuto beni per 80 ciascuno

Le donazioni effettuate in vita ammontano complessivamente a 360, il che significa che il relictum è pari a 640.
Se si procede dividendo i 640 di relcitum in parti eguali tra i tre figli, come dispone l’art. 566 c.c., si avrà il seguente risultato:
. il figlio A finisce per ricevere beni per un valore complessivo di 413,333 (ovvero 200 di donatum e 213,333 di relictum);
  • il figlio B beni per un valore complessivo di 293,333
  • il figlio C beni per un valore complessivo di 293,333

Poiché in tal modo risultano soddisfatte le quote di riserva spettanti a ciascun figlio ex art. 537 c.c. (quote che secondo il calcolo sopra effettuato sono pari a 222,222 ciascuno), è proprio in tal modo che ciascun figlio parteciperà alla successione di quel patrimonio di 1000 facente capo ad entrambi i genitori.
Come può notarsi, il figlio A finisce per ricevere, oltre alla quota di riserva (di 222,222) una ulteriore quota, presa dalla disponibile, di 191,111 (ossia la differenza tra 413,333-222,222).
I figli B e C, invece, oltre alla quota di riserva di 222,222 prendono dalla disponibile una ulteriore quota di 71,111 ciascuno.
La sommatoria di 191,111+71,111+71,111 è pari a 333,333, corrispondente appunto alla quota disponibile come sopra calcolata.

In definitiva, è corretta l’affermazione di chi sostiene che “i beni donati in vita non devono essere presi in considerazione visto che lo squilibrio non lede la quota di legittima e quindi rientra nella quota disponibile che i genitori potevano donare a chiunque”, anche se sarebbe più corretto dire che i beni donati vanno presi in considerazione, ma non incidono sulla divisione del relictum rientrando il loro valore nella quota disponibile, di cui i genitori potevano disporre a loro piacimento.


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