Cass. civ. n. 17667/2022
In tema di recesso del socio dalla società cooperativa, la clausola statutaria che preveda la necessaria autorizzazione del consiglio di amministrazione, non vale a rendere quest'ultima una accettazione contrattuale, dovendo la stessa qualificarsi, piuttosto, come una condizione di efficacia della dichiarazione unilaterale recettizia del socio; pertanto, in caso di inerzia dell'organo societario, risulta applicabile l'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento.
Cass. civ. n. 10135/2006
In tema di società cooperative, il recesso convenzionale, contemplato dagli ant. 2518 e 2526 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'ari. 8 del D.L.vo 17 gennaio 2006, n. 6), in quanto previsto dall'atto costitutivo, costituisce manifestazione della volontà negoziale, la quale può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l'esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all'autorizzazione o all'approvazione del consiglio d'amministrazione o dell'assemblea dei soci. Tali clausole, volte a garantire il perseguimento dell'oggetto della società attraverso la conservazione dell'integrità della compagine sociale, attribuiscono ai predetti organi un potere discrezionale, che non può tuttavia essere esercitato in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell'approvazione, i quali, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede, che vanno rispettati anche nell'esecuzione del contratto sociale, comporterebbero una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, il cui esercizio, ai sensi dell'art. 2437, terzo comma c.c. (applicabile anche alle società cooperative), non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso. La violazione di tale diritto, per inosservanza dei predetti principi, rende applicabile l'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell'autorizzazione non comporta infatti la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell'ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito, e rispetto alla deliberazione del consiglio di amministrazione o dell'assemblea
opera come condizione di efficacia.
Cass. civ. n. 5126/2001
Oltre al recesso legale del socio, previsto dagli arti. 2523 e 2437 c.c. (norma, quest'ultima dettata per le società per azioni, ma estensibile alle società cooperative) l'ordinamento prevede il recesso convenzionale (artt. 2518 e 2526 c.c.) e se il primo non può essere limitato o soppresso neppure da clausole statutarie, attraverso la previsione dell'approvazione degli organi statutari (la quale finirebbe per trasformare l'esercizio di un diritto potestativo in una proposta negoziale e per rimetterne l'efficacia alla discrezione di un terzo), non altrettanto può affermarsi per il recesso statutario, il quale, nascendo con l'atto costitutivo, come atto di manifestazione della volontà negoziale, dalla stessa volontà può essere disciplinato attraverso clausole, determinative del contenuto, sia quando attribuiscono al socio la facoltà di recedere in situazioni specifiche, sia quando questa stessa facoltà limitano o condizionano. Ne consegue che è legittima la disciplina convenzionale che subordina il recesso a determinati presupposti o condizioni, tra i quali l'autorizzazione o l'approvazione del consiglio d'amministrazione o dell'assemblea dei soci.
Cass. civ. n. 3151/2001
L'articolo 2526, comma secondo c.c. sulla efficacia del recesso del socio differita, se tempestiva, a chiusura esercizio, o, se intempestiva, a chiusura dell'esercizio successivo, è previsione privatistica formulata nell'esclusivo interesse della società e, non afferendo l'ordine pubblico, derogabile da clausola statutaria.
Cass. civ. n. 3114/1996
Il consiglio d'amministrazione di una società cooperativa, pur avendo il potere di annullare d'ufficio le proprie delibere affette da un vizio originario, non può unilateralmente revocare una deliberazione di accettazione delle dichiarazioni di recesso presentate da alcuni soci, poiché detta accettazione, con la quale si attua il controllo della sussistenza dei presupposti del recesso, si inserisce in una fattispecie complessa di natura negoziale, con la conseguenza che il ritiro unilaterale della deliberazione comporterebbe la violazione del vincolo contrattuale.
Cass. civ. n. 2304/1995
Nel caso in cui lo statuto di una cooperativa subordini il recesso di un socio a presupposti specifici, la dichiarazione di recesso va valutata sulla base della disciplina statutaria vigente al momento in cui la dichiarazione stessa è stata presentata.
Cass. civ. n. 8802/1992
In presenza di una clausola dello statuto di una società cooperativa che attribuisca al socio il diritto di recesso, ma che condizioni l'efficacia del recesso stesso all'apprezzamento da parte del consiglio d'amministrazione della cooperativa delle ragioni indicate dal socio, il comportamento di tale organo sociale, che ometta per lungo tempo di esaminare la domanda di recesso, limitandosi ad invocare la mancata previsione all'uopo di un termine essenziale, comporta la violazione dei principi della correttezza e della buona fede (art. 1375 c.c.), cui è soggetta l'attuazione anche del contratto sociale, e giustifica, quindi, la risoluzione del rapporto.
Cass. civ. n. 3437/1991
In materia di cooperative edilizie operanti con il contributo anche parziale dello Stato, la controversia fra il socio e la cooperativa medesima, insorta prima della stipulazione del mutuo individuale, avente ad oggetto, fra l'altro, il recesso o l'esclusione del socio (ancorché investa posizioni di diritto soggettivo) spetta alle commissioni di vigilanza e poi al giudice amministrativo in sede di impugnazione delle deliberazioni di dette commissioni, non essendo tale giurisdizione, prevista dall'ars. 131 del R.D. n. 1165 del 1938, venuta meno a seguito dell'entrata in vigore del codice civile, che agli artt. 2516 e 2517 espressamente richiede per l'applicabilità della relativa disciplina la compatibilità con le leggi speciali.
Cass. civ. n. 2524/1990
Con riguardo ad una cooperativa edilizia che abbia esaurito l'attività di costruzione e di assegnazione degli alloggi, realizzando così completamente il proprio scopo sociale, è invalido il recesso da parte di tutti i soci, costituendo esso un espediente per eludere le disposizioni degli artt. 2448, primo comma, n. 2, e 2449 ss. c.c., richiamati per le cooperative dal successivo art. 2539, che prevedono, nel caso di conseguimento dell'oggetto sociale, lo scioglimento e la messa in liquidazione della società.