Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 2323 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Cause di scioglimento

Dispositivo dell'art. 2323 Codice Civile

La società si scioglie [2250, 2711], oltre che per le cause previste nell'articolo 2308, quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari [2318], sempreché nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno [2284](1).

Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo indicato dal comma precedente gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio(2) per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione [2468]. L'amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario [2272, n. 4].

Note

(1) Lo scioglimento si verifica ex nunc, allo scadere del termine di sei mesi.
(2) Può ricoprire il ruolo di amministratore provvisorio sia un accomandante che un terzo estraneo alla società.

Ratio Legis

La norma è volta a garantire la sussistenza dell'elemento che contraddistingue il tipo societario in accomandita semplice, da ravvisarsi nella necessaria presenza di due categorie di soci cui la legge riconnette diversi regimi di responsabilità. Qualora pertanto simile elemento venga a mancare nel corso della vita societaria, l'ente sarà inevitabilmente destinato allo scioglimento nel caso in cui non vengano tempestivamente ricostituite le due categorie di soci.

Spiegazione dell'art. 2323 Codice Civile

Oltre che per le tipiche cause di scioglimento previste per le società di persone (v. artt. 2272 e 2308), la s.a.s. si scioglie anche per il venir meno di una delle due categorie di soci, a meno che la categoria venuta a mancare non sia ricostituita entro il termine di sei mesi.
Nel caso in cui vengano a mancare gli accomandatari, tuttavia, la norma prescrive la nomina di un amministratore provvisorio investito dei poteri gestori (senza divenire per ciò solo accomandatario), al fine di evitare la paralisi della società. Si reputa che anche un socio accomandante possa essere nominato amministratore provvisorio.

Massime relative all'art. 2323 Codice Civile

Cass. civ. n. 15067/2011

Nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323 cod. civ., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale, posto che l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità ai sensi dell'art. 2320 cod. civ., non determina l'acquisto, da parte sua, del potere di rappresentanza della società.

Cass. civ. n. 21803/2006

Nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323 c.c., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale. In tale tipo di società, infatti, diversamente da quanto accade nella società in accomandita per azioni, non vi è necessaria coincidenza tra la qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore, nel senso che non tutti gli accomandatari devono essere anche amministratori, con la conseguenza che l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità, ai sensi dell'art. 2320 c.c., non si traduce anche nell'acquisto del potere di rap-presentanza della società.

Cass. civ. n. 12732/1992

In tema di società in accomandita semplice, qualora l'unico socio accomandatario venga giudizialmente privato della facoltà di amministrare, non può applicarsi analogicamente l'art. 2323, secondo comma, c.c. (a norma del quale, ove vengano meno tutti gli accomandatari per il periodo indicato nel comma precedente, gli accomandanti nominano, per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, un amministratore provvisorio), alla stregua della persistente presenza della compagine sociale di detto accomandatario, ma si determina una causa di scioglimento della società, per impossibilità di funzionamento, tenendo conto che il potere di amministrazione è riservato esclusivamente al socio accomandatario.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 2323 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S.C. chiede
martedì 12/03/2024
“Buongiorno,
quando una sas si scioglie art. 2323 per mancanza dell' accomandatario amministratore provvisorio, successivamente la Camera di Commercio cancella la sas dal registro dell'imprese. quindi un Tribunale stabilisce che il suo credito è ormai inesigibile, possono gli accomandanti 9 anni dopo l'incarico all'amministratore provvisorio incassare il credito della sas?
Grazie
Cordiali saluti

Consulenza legale i 26/03/2024
Con l'estinzione della società di persone i crediti societari si trasferiscono ai soci, in favore dei quali si verifica una vera e propria successione universale della titolarità dei diritti società; di conseguenza, si trasferisce agli ex soci anche la legittimazione processuale a far valere tali diritti.
Ciò comporta che ciascun socio può agire da solo per il recupero dell’intero credito senza che sia necessario l’intervento degli altri, verificando una vera e propria comunione ereditaria.
Detta successione non è condizionata dalla definizione del giudizio vertente sul credito, posto che ove quel giudizio sia interrotto per l’intervenuta cancellazione della società, ai soci è riconosciuta la possibilità di proseguire o riassumere il processo quali successori dell’ente ai sensi dell’art. 110 del c.p.c..

Sul punto si è espressa la Suprema Corte, a Sezioni Unite, la quale ha statuito che “dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: … b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo” (Cass. Sez. Un. 12 marzo 2013, n. 6070).
Nello stesso senso, ha recentemente ribadito che “i crediti di una società cancellata d’ufficio dal registro delle imprese […] non possono ritenersi rinunciati in mancanza di circostanze inequivoche di una volontà abdicativa, transitando nella titolarità dei soci.” (Cass. Civ., sentenza n. 13600/2023).

Ciò che si impone di valutare è se, nel caso di specie, vi sia stata espressione di una rinuncia abdicativa al credito nei termini sopra evidenziati; valutazione che non è possibile compiere adeguatamente se non conoscendo il titolo e la natura del credito, nonché gli atti del procedimento a cui si fa riferimento.
In linea generale, si può affermare che i soci succedono nei diritti di credito della società, quindi gli ex soci (accomandanti e accomandatari) hanno la titolarità per pretendere il credito insoddisfatto della s.a.s. cancellata.

LUIGI B. chiede
lunedì 22/01/2018 - Veneto
“L'unico Socio Accomandante di una Sas, composta da un altro socio accomandatario, in data 15/04/2017, comunica il proprio recesso dalla Società. Tale recesso viene comunicato tramite Pec a mezzo del proprio legale.
Dopo nove mesi il Socio Accomandatario non ha ancora provveduto ad aggiornare e regolarizzare la posizione della società con atto notarile con l'entrata di un nuovo Socio Accomandante.
E stata fatta solamente la comunicazione del recesso alla Camera di Commercio.
CHIEDO
a) La società può ancora operare?
b) Se potesse ancora operare quali sono le condizioni?
c) Se invece non potesse operare è obbligatoria la messa in liquidazione?
d) L'Accomandante receduto sia ai fini civilistici che fiscali ha diritto agli utili? Per quale periodo?
e) Quali responsabilità rimangono in capo al Socio Accomandatario se continuasse l'attività in questa situazione irregolare senza procedere alla messa in liquidazione.”
Consulenza legale i 29/01/2018
Il caso in esame riguarda il tema della mancanza della pluralità dei soci in una società in accomandita semplice e le relative conseguenze.

L’art. 2272 c.c. elenca le cause che comportano lo scioglimento delle società di persone (tra le quali rientra anche la società in accomandita semplice): decorso del termine; conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; per la volontà di tutti i soci; quando viene a mancare la pluralità dei soci; se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita; per le altre cause previste dal contratto sociale.

Nelle s.a.s., alle richiamate cause, si aggiunge anche il caso relativo al venir meno di una categoria di soci, ai sensi dell’art. 2323 c.c. secondo il quale “la società si scioglie, oltre che per le cause previste nell’art. [[n2308cc]], quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari, semprechè nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno..”.

La società in accomandita semplice è, difatti, una società di persone che si caratterizza per la presenza di due categorie di soci:

1) I soci accomandatari che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali;

2) I soci accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita.

La duplice categoria di soci che caratterizza la società in accomandita semplice deve permanere per tutta la vita della società.

Infatti, tale società si scioglie, tra gli altri motivi, quando rimangono soltanto soci accomandatari o soci accomandanti, semprechè nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio venuto meno.

Durante il periodo di 6 mesi, concesso per ricostruire la duplice categoria di soci, l’attività della società continua normalmente se sono venuti meno i soci accomandanti.

Se non viene ricostituita la categoria di soci nel termine di 6 mesi, la società dovrebbe intendersi in stato di liquidazione.

Se, tuttavia, il socio superstite continua l’attività sociale senza dare avvio al procedimento di liquidazione, è possibile che la società continui a tempo indeterminato con un unico socio.

La mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di 6 mesi, difatti, pur provocando una causa di scioglimento, non determina di per sé l’estinzione della società che, quindi, continua ad esistere nonostante sia diventata unipersonale.

E’ inoltre possibile che l’attività continui e far subentrare, anche successivamente, un nuovo socio.

La pluralità dei soci è, difatti, requisito essenziale per la costituzione della società, non per la sua prosecuzione.

Ovvio che la società viene a trovarsi comunque in una situazione di irregolarità che, anche se protratta per più di sei mesi, dovrà essere comunque sanata.

Pertanto, la società, se il socio superstite ha in animo di voler continuare l’attività, si trasforma in ditta individuale.

Cioè la società si scioglie e l’azienda viene assegnata all’unico socio che proseguirà l’attività come impresa individuale, subentrando nei rapporti attivi e passivi in essere.

Il socio superstite, divenuto imprenditore individuale, dovrà liquidare la quota al socio receduto in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento.

La valutazione della quota verrà fatta al valore effettivo (inteso quale capacitàreddituale futura dei beni) e non a quello contabile.

Si dovrà procedere, dunque, alla valutazione dell’attivo e del passivo in funzione della loro attitudine a produrre redditi.

Al socio al quale viene liquidata la quota sociale spetta anche la quota di partecipazione agli utili e alle perdite in corso di realizzazione sia con riferimento a operazioni già concluse e sia con riferimento a operazioni non ancora concluse (art. 2289 c.c.).

Le somme spettanti al socio uscente dovranno essere corrisposte entro 6 mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto, senza che

si esse maturino interessi. Questi ultimi matureranno solo se le somme spettanti venissero pagate oltra la data in cui erano dovute.

In conclusione, dunque, in merito alle domande avanzate nel quesito, possiamo rispondere nel seguente modo:

a) La società può ancora operare anche se è venuto meno il socio accomandante.

b) Il socio accomandatario dovrà però porre in essere tutte le attività necessarie alla trasformazione della società in società uni personale laddove intendesse proseguire la propria attività.

c) Il procedimento di liquidazione delle società di persone risulta essere facoltativo. Il socio superstite dovrebbe dare corso al procedimento di liquidazione solo laddove non volesse più proseguire l’attività.

d) L’accomandante receduto, oltre alla liquidazione della propria quota, avrà diritto agli utili dell’esercizio in corso, cioè alle sopravvenienze attive che trovino la loro fonte in situazioni già esistenti alla data del recesso.

Si precisa che il socio receduto ha diritto agli utili ma a suo carico vi saranno anche le perdite inerenti le sopravvenienze passive che trovino la loro fonte in situazioni già esistenti alla data del recesso.

e) Il socio accomandatario non andrà in corso ad ulteriori responsabilità in quanto è già solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali.