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Articolo 2318 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Soci accomandatari

Dispositivo dell'art. 2318 Codice Civile

I soci accomandatari(1) hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo [2291, 2301, 2313].

L'amministrazione della società può essere conferita soltanto ai soci accomandatari(2) [2320, 2323, 2380, 2465, 2467, 2487, 2535].

Note

(1) I soci accomandatari rispondono personalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali.
(2) L'utilizzo del verbo "potere" indica che la facoltà di amministrare può essere attribuita solamente ad alcuni tra i soci accomandatari.

Ratio Legis

La norma, che consente di investire i soli accomandatari dei poteri di gestione e che solo ad essi addossa la responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali, è dettata dall'esigenza di rispettare il principio di corrispondenza tra potere e rischio.

Spiegazione dell'art. 2318 Codice Civile

La norma ribadisce il principio della tendenziale corrispondenza tra rischio e potere, in virtù del quale i poteri amministrativi possono essere assegnati dall’atto costitutivo solo ai soci accomandatari.
Tuttavia, a differenza della società in accomandita per azioni, nell'atto costitutivo si può prevedere che alcuni accomandatari non siano titolari del potere di amministrazione.
In caso di pluralità di soci accomandatari investiti dei poteri gestori, in assenza di una espressa previsione dell’atto costitutivo, è controverso se si possa applicare il sistema di amministrazione disgiuntiva (v. art. 2257) dal momento che questo sistema riconosce a tutti i soci la possibilità di decidere sull’opposizione promossa da un socio-amministratore.

Massime relative all'art. 2318 Codice Civile

Cass. civ. n. 26059/2022

In tema di amministrazione nella società in accomandita semplice, per effetto della regola per cui l'amministratore non può che essere un socio accomandatario, l'eventuale esclusione di questi dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale a lui facente capo, ne comporta "ipso iure" anche la cessazione dalla carica di amministratore.

Cass. civ. n. 18844/2016

In tema di società di persone, il ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di esclusione del socio è ammissibile, ex art. 2287, comma 3, c.c., esclusivamente ove la società sia composta soltanto da due soci, trovando altrimenti applicazione l'art. 2287, comma 1, c.c., ai sensi del quale detta esclusione può essere deliberata a maggioranza, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che all'interno della compagine sociale siano eventualmente configurabili due gruppi di interesse omogenei e tra loro contrapposti e che il socio da escludere, in virtù del conflitto d'interessi nel quale versa, non possa esercitare il diritto di voto, dovendosi, in tal caso, la maggioranza necessaria computarsi non già sull'intero capitale sociale, bensì sulla sola parte che fa capo all'avente diritto al voto.

Cass. civ. n. 13805/2016

In tema di società in accomandita, la responsabilità del socio accomandatario per le obbligazioni contratte dalla società (nella specie relative ad IVA e IRAP) è illimitata e non circoscritta alle somme conferitegli in base al bilancio finale di liquidazione nonostante l'estinzione della società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, atteso che tale evento non determina l'estinzione dell'obbligazione sociale, ma solo il suo trasferimento in capo ai soci, i quali ne rispondono secondo lo stesso regime di responsabilità vigente "pendente societate".

Cass. civ. n. 5019/2009

In tema di amministrazione nella società in accomandita semplice, per effetto della regola per cui l'amministratore non può che essere un socio accomandatario, l'eventuale esclusione di questi dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale a lui facente capo, ne comporta "ipso jure" anche la cessazione dalla carica di amministratore, mentre non è predicabile il contrario, ben potendo sussistere, in tale compagine, anche soci accomandatari che non siano amministratori, come desumibile dall'art. 2318 c.c.; ne consegue che le questioni dell'esclusione del socio (nella specie, ritenuta dal giudice di merito di competenza degli arbitri, in forza di clausola compromissoria prevista nell'atto costitutivo) e della revoca dell'amministratore per giusta causa (nella specie, oggetto di contestazione promossa dall'interessato avanti al giudice e culminata in pronuncia di illegittimità dell'atto) restano distinte e non sovrapponibili, per disciplina legale e presupposti differenti, essendo l'eventuale revoca dalla carica di amministratore non incidente sulla qualità di socio dello stesso.

Cass. civ. n. 1240/1996

Nella società in accomandita semplice l'approvazione del bilancio è un atto che spetta istituzionalmente ai soci accomandatari, con la conseguenza che se uno solo è il socio accomandatario, il momento dell'approvazione del bilancio coincide con quello della sua presentazione.

Cass. civ. n. 9296/1994

Il potere di rappresentanza dell'amministratore di una Sas, in virtù del rinvio alle norme sulle società in nome collettivo contenuto nell'art. 2315 c.c., si estende, salve le limitazioni che risultano dall'atto costitutivo e dalla procura, a tutti gli «atti che rientrano nell'oggetto sociale» (art. 2298 c.c.) identificato nella attività imprenditoriale che i soci intendono svolgere per fine di lucro, e perciò agli atti, in cui si concreta tale attività; nell'ambito di questa, ove il potere di rappresentanza sia escluso o limitato dallo statuto o dalla procura per gli atti di straordinaria amministrazione, la distinzione di essi rispetto agli atti di ordinaria amministrazione non dipende dal carattere conservativo o dispositivo, ma dalla incidenza dell'atto sugli elementi costitutivi dell'impresa e dai suoi effetti sulla possibilità di esistenza della stessa. Ne consegue che, nel caso di società in accomandita semplice costituita per la costruzione e vendita di immobili, l'amministratore, anche se privato, dallo statuto, del potere di compiere atti di straordinaria amministrazione, può efficacemente concludere i contratti preliminari di compravendita degli immobili costruiti per la vendita perché questi non solo rientrano nell'oggetto sociale, in quanto negozi attuativi della stessa attività imprenditoriale oggetto della società, ma si configurano anche come atti di ordinaria amministrazione perché, pur avendo contenuto dispositivo, ineriscono alla normale attività di gestione della società.

Cass. civ. n. 6871/1994

Nella società in accomandita semplice il potere di amministrazione non costituisce requisito connaturale ed essenziale del socio accomandatario, dal momento che l'art. 2318, secondo comma, c.c., non prevedendo il necessario conferimento di detto potere a tutti gli accomandatari, ammette che il socio possa assumere i diritti e gli obblighi dell'accomandatario con la esclusione di quelli inerenti alla posizione di amministratore; ne consegue che le dimissioni da amministratore del socio accomandatario, che sia l'unico socio di tale categoria, non implicano, di per sé, né il recesso dalla società, né, la perdita della veste di accomandatario. In siffatta ipotesi la società viene a trovarsi in una posizione di stallo che, ove non risolta con l'immissione di un nuovo socio accomandatario o con una modifica dell'atto costitutivo, nel senso della trasformazione del socio accomandante in accomandatario, può essere eventualmente apprezzata come causa di scioglimento della società per sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale, ovvero per il venir meno della pluralità dei soci, ai sensi, rispettivamente dei numeri 2 e 4 dell'art. 2272 c.c.

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