Cass. civ. n. 29689/2019
In materia di rappresentanza sociale, qualora il contratto richieda la forma scritta "ad probationem", la "contemplatio domini", pur non richiedendo l'uso formale di formule sacramentali, deve risultare dallo stesso documento negoziale, restando irrilevante la conoscenza o l'affidamento creato nel terzo contraente circa l'esistenza del rapporto sociale interno e dei poteri di rappresentanza reciproca che essa comporta. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 30/11/2017).
Cass. civ. n. 17004/2015
L'appello proposto da tutti i soci di una società personale (nella specie, una società semplice) investe la stessa posizione di quest'ultima, che è priva di una soggettività distinta da quella dei primi e si identifica con la compagine sociale, sicché neppure nei suoi confronti può ritenersi formato il giudicato.
Cass. civ. n. 25104/2013
In materia di rappresentanze, ove il rappresentante di una società di persone non spenda il nome di questa, il negozio concluso spiega effetto solo nei suoi confronti anche se abbia ad oggetto interessi o beni comuni; ove, peraltro, il contratto (quale, nella specie, quello di cessione di azienda) richieda la forma scritta "ad probationem", la "contemplatio domini", pur non richiedendo l'uso formale di formule sacramentali, deve risultare dallo stesso documento negoziale, restando irrilevante la conoscenza o l'affidamento creato nel terzo contraente circa l'esistenza del rapporto sociale interno e dei poteri di rappresentanza reciproca che essa comporta.
Cass. civ. n. 26744/2006
La società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia capacità processuale, sicché legittimato ad agire in giudizio per gli interessi della società e per far valere diritti, ovvero per contestare eventuali obblighi ascritti alla stessa, è esclusivamente il soggetto che, rivesta la qualità di legale rappresentante.
Cass. civ. n. 3903/2000
Anche nell'ipotesi di rappresentanza sociale è necessaria la contemplatio domini, onde, se il rappresentante di una società non ne spende il nome, il negozio dallo stesso concluso non spiega effetti nei confronti della società medesima.
Cass. civ. n. 8472/1998
Nei compiti dell'organo gestionale di una società di persone, ai sensi degli artt. 2266, 2298 e 2318 c.c., sono «naturalmente» compresi (in carenza di espressa limitazione) non solo gli atti di ordinaria amministrazione, ovvero gli atti conservativi, ma anche quelli dispositivi, se configurano strumenti per la realizzazione degli scopi perseguiti dalla società e siano di conseguenza riconducibili all'oggetto sociale. Pertanto, quando due società, di cui una di persone e l'altra di capitali, sono state create per operare in modo affiancato e coordinato nello stesso settore produttivo e commerciale, con partecipazioni in larga misura sovrapposte ed inoltre con fini convergenti, senza confronto concorrenziale, l'amministratore della società di persone, in carenza di esplicita deroga nell'atto costitutivo, ha il potere di concedere fideiussione per le esposizioni bancarie dell'altra, dovendo la fideiussione ritenersi compresa nell'oggetto sociale, essendo l'efficienza e la salute della società garantita obiettivi anche della prima.
Cass. civ. n. 7692/1996
Con riferimento alle società di fatto (società in nome collettivo irregolari per la mancata iscrizione nel registro delle imprese) — nelle quali, ai sensi degli artt. 2297 e 2266 c.c., la rappresentanza della società e il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale spetta a ciascun socio, salvo la prova di un diverso patto e della conoscenza dello stesso da parte del terzo interessato - il principio che la responsabilità per le sanzioni amministrative è personale e che quindi della singola violazione risponde la persona fisica autore dell'illecito, salva la responsabilità solidale della società (artt. 3 e 6 della legge n. 689 del 1981), comporta conseguenze applicative che possono differire a seconda della natura della condotta illecita per cui è comminata la sanzione amministrativa. Se, infatti, per la violazione di legge è richiesto un comportamento positivo, la responsabilità della condotta illecita ricade solo su chi materialmente lo ha messa in essere (salvo naturalmente, l'eventuale concorso morale o materiale di altre persone fisiche, e in particolare di altri amministratori, che sia provato dall'autorità irrogatrice della sanzione); qualora, invece, sia in questione un comportamento omissivo, come il mancato versamento alle scadenze previste dalla legge dei contributi previdenziali dovuto per un lavoratore dipendente, rileva il dovere di provvedere incombente personalmente su ciascuno dei soci aventi il potere di amministrare la società (salva l'eventuale prova dell'esistenza di un amministratore preposto in via esclusiva alla gestione del personale e all'adempimento di tutti gli obblighi conseguenti).
Cass. civ. n. 7228/1996
Anche alle società di persone, nonostante la loro non perfetta autonomia patrimoniale, — in relazione alle previsioni degli artt. 2267, 2268 e 2304 c.c. in materia di responsabilità personale dei soci per le obbligazioni sociali —, va riconosciuta la soggettività giuridica (o personalità) e quindi la titolarità di situazioni giuridiche distinte da quelle facenti capo alle persone fisiche dei soci singolarmente o cumulativamente considerati, a norma dell'art. 2266, primo comma, secondo cui «la società acquista i diritti e assume le obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio in persona dei medesimi», e delle disposizioni che riconoscono a tali società un proprio nome (utilizzabile anche in sede di trascrizione degli acquisti immobiliari, ai sensi dell'art. 2659 c.c., nel testo novellato dalla legge 27 febbraio 1985, n. 52) e una propria sede. (Nella specie la Suprema Corte, in base al riportato principio, ha annullato la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto efficace nei confronti di una società in nome collettivo la disdetta di un contratto di locazione immobiliare intimato alla persona del socio amministratore e legale rappresentante, in base alla asserita non distinguibilita di quest'ultimo dalla società, priva di propria soggettività giuridica).
Cass. civ. n. 3887/1996
La rappresentanza legale della società semplice, a norma dell'art. 2266, comma 2, c.c., spetta a ciascun socio amministratore, in mancanza di diversa disposizione del contratto; con la conseguenza che le parti possono pattiziamente derogare a tale disciplina, affidando l'indicata rappresentanza a persone che non possiedano la qualità di socio.