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Articolo 2728 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Prova contro le presunzioni legali

Dispositivo dell'art. 2728 Codice Civile

Le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite.

Contro le presunzioni sul fondamento delle quali la legge dichiara nulli certi atti o non ammette l'azione in giudizio non può essere data prova contraria, salvo che questa sia consentita dalla legge stessa(1).

Note

(1) Le presunzioni legali possono essere assolute ("iuris et de iure") nel caso non ammettano prova contraria, ovvero relative ("iuris tantum") qualora consentano una prova avversa al ragionamento compiuto e, di conseguenza, abbiano l'effetto di determinare un'inversione dell'onere della prova (v. 2698) in quanto questa non sarà onere della parte che allega il fatto per il quale è prevista la presunzione, bensì dell'altra, che dovrà perciò dimostrare che la circostanza in questione non accadde. Ad esempio, colui che si vede applicare una presunzione di paternità, dovrà dimostrare che, durante il periodo presunto del concepimento, la moglie aveva una relazione extraconiugale oppure che il marito era infermo in ospedale.

Ratio Legis

La norma dispone determinate presunzioni che si dicono legali, quando è la stessa legge ad attribuire ad un fatto valore di prova in ordine ad un'altra circostanza che viene appunto presunta (ad esempio, è presunzione legale quella che stabilisce che chi ha il possesso di una cosa altrui sia in buona fede ex art. 1147, comma 3).

Brocardi

Fictio iuris cessat, ubi veritas locum habere potest
Praesumptio cedit veritati
Praesumptio hominis
Praesumptio iuris et de iure
Probatio vincit praesumptionem

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2728 Codice Civile

Cass. civ. n. 3130/2018

Il possesso da parte del debitore del titolo originale del credito costituisce fonte di una presunzione legale "juris tantum" di pagamento, superabile con la prova contraria di cui deve onerarsi il creditore che sia interessato a dimostrare che il pagamento non è avvenuto e che il possesso del titolo è dovuto ad altra causa, come risulta implicitamente confermato, per i titoli cambiari, dall'art. 45, comma 1, del r.d. n. 1669 del 1933, secondo il quale il trattario che paga la cambiale ha diritto alla sua riconsegna con quietanza al portatore. (Nella specie, la S.C., ha ritenuto che la corte d'appello avesse erroneamente ritenuto che il possesso dei titoli da parte del debitore non esprimesse la volontà di riconoscere il pagamento, in quanto i titoli risultavano troncati nella parte corrispondente alla sottoscrizione dell'emittente, avendo omesso di verificare se, in concreto, la restituzione degli stessi fosse stata operata per ragioni diverse dal pagamento e se la troncatura fosse stata operata dal creditore o da terzi, prima della restituzione, ovvero dalla debitrice, dopo la restituzione, accertandone, ove rilevanti, le ragioni). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 01/07/2014).

Cass. civ. n. 3288/2009

L'ufficio che procede ad accertamento dell'imposta sui redditi ai sensi dell'articolo 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, avvalendosi, ai sensi dell'art. 3, comma 181, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dei parametri per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari previsti dal successivo comma 184, e poi specificati dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, non deve apportare alcun elemento atto a confortare il proprio diverso accertamento, perché gli elementi considerati nell'elaborazione dei parametri stessi e l'applicazione di questi ai dati esposti dal singolo contribuente hanno già i caratteri della presunzione legale, quali richiesti dal primo comma dell'art. 2728 cod. civ., e sono di per sé idonei a fondare un corrispondente accertamento, restando comunque consentito al contribuente di provare, anche con presunzioni, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, l'inapplicabilità dei parametri alla sua posizione reddituale.

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