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Articolo 7 Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR)

(Reg. UE 27 aprile 2016, n. 679)

[Aggiornato al 29/04/2022]

Condizioni per il consenso

Dispositivo dell'art. 7 GDPR

1. Qualora il trattamento sia basato sul consenso, il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare che l'interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento dei propri dati personali.

2. Se il consenso dell'interessato è prestato nel contesto di una dichiarazione scritta che riguarda anche altre questioni, la richiesta di consenso è presentata in modo chiaramente distinguibile dalle altre materie, in forma comprensibile e facilmente accessibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro. Nessuna parte di una tale dichiarazione che costituisca una violazione del presente regolamento è vincolante.

3. L'interessato ha il diritto di revocare il proprio consenso in qualsiasi momento. La revoca del consenso non pregiudica la liceità del trattamento basata sul consenso prima della revoca. Prima di esprimere il proprio consenso, l'interessato è informato di ciò. Il consenso è revocato con la stessa facilità con cui è accordato.

4. Nel valutare se il consenso sia stato liberamente prestato, si tiene nella massima considerazione l'eventualità, tra le altre, che l'esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, sia condizionata alla prestazione del consenso al trattamento di dati personali non necessario all'esecuzione di tale contratto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 7 GDPR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. S. chiede
domenica 11/08/2024
“Buongiorno.
Sono già vs iscritto con diverse consulenze anche in attesa di risposta, e quindi necessito ora di altra certezza per eventualmente procedere o meno con denuncia civile, con conseguente risarcimento danni.
Chiedo se una conversazione/litigio dove ero anche io presente, e registrata tramite videosorveglianza può essere usata come prova durante un procedimento civile e penale.
Faccio presente che i fatti registrati sono avvenuti tecnicamente nel modo seguente;
Io sono stato chiamato dai vicini al campanello di casa mia per uscire, e sono uscito nel mio terrazzo al primo piano, i miei vicini erano di sotto in parte comune in linea d'aria di circa 5/10 mt , ma vicino a mio garage videosorvegliato con cartelli di avviso.
C'è stata una discussione con litigio ed ingiurie/offese nei miei confronti, ed io non ho mai offeso ed ingiuriato nessuno nella conversazione.
Io dico che loro non sanno e non sapranno mai da dove è stato registrato, perchè potevo avere anche il mio telefono acceso, no?
Ora indipendentemente da dove provenga l'audio, è vero che se sono anche io presente nel litigio ,e si sente la mia voce, posso usarlo come prova valida in processo eventuale?
Un ultima domanda;
Le telecamere spia piccoline che si possono portare al collo, possono essere sempre usate in caso di reato verso i terzi?
E' vero come mi hanno detto a mediaword, che devo sempre prima dichiarare che ho una telecamera ed audio per potere usare come prova?..se non lo dichiaro e violazione privacy?
Oppure se ho la telecamera al collo e subisco un reato posso sempre ed in ogni caso usarla come prova?..anche senza avere avvisato chi ho di fronte?
In attesa

Consulenza legale i 02/09/2024
In relazione al quesito da Lei proposto è oppurtuno svolgere alcune precisazioni.
Anzitutto, la normativa in materia di videosorveglianza esprime positivamente - previa autorizzazione dell’assemblea - la possibilità di installare una telecamera in condominio da parte di un privato, purchè non inquadri le parti comuni dell’edificio e non pregiudichi i diritti degli altri condomini.

Infatti, il trattamento dei dati ricavati dalle riprese da parte di un soggetto privato per attività che non siano collegate ad un’attività commerciale o professionale, sono da ritenersi, in linea di massima, escluse dall’ambito di applicazione materiale delle disposizioni in materia di protezione dati personali.
Per questo motivo l’ambito di comunicazione dei dati non deve eccedere la sfera personale del Titolare e le immagini non devono essere oggetto di comunicazioni o diffusione a terzi.
Il Trattamento non si deve estendere oltre gli ambiti di stretta pertinenza del Titolare, riprendendo immagini in aree comuni, luoghi o aree di pertinenza di terzi.

Quanto, invece, alla validità di un impianto di videosorveglianza condominiale, il Garante impone l’obbligo di una informativa privacy cd. “breve” (es. cartellonistica o avvisi simili), nonché la previa autorizzazione da parte dell’assemblea condiminiale per la sua installazione.

Quindi, ogni condomino potrà installare un proprio impianto di videosorveglianza su parti comuni ma rivestirà la qualifica di Responsabile del Trattamento dei dati personali dovendo, se chiamato in tal senso, motivare alle competenti autorità le ragioni giustificatrici dell’installazione nel caso in cui la ripresa “si spinga” sino alle parti comuni.

Solo le telecamere dell’impianto condominiale, gestite direttamente dall’amministratore, possono riprendere tali spazi.

Nel caso di specie, la regsitrazione della conversazione/litigo è avvenuta all’interno di un area condominiale comune e, dalla descrizione riportata, erano presenti i cartelli di informativa privacy c.d. “breve”, ma non è chiaro se le riprese siano state eseguite da un impianto condominiale, debitamente approvato e dotato delle caratteristiche e avvisi di legge, oppure sia un impianto personale, che quindi non può inquadrare zone comuni o di pertinenza comune a tutti gli altri condomini.
Ad ogni modo, se le immagini e/o riprese fossero registrate con impianti privati che non rispettino la normativa privacy attualmente in vigore, secondo la scrivente redazione queste pongono diversi problemi quanto alla loro utilizzabilità in sede processuale.
Questo poiché il concetto si inserisce all’interno di un meccanismo di bilanciamento di diritti: da un lato l’esigenza di tutela del Titolare del Trattamento, anche nell’eventuale sede processuale, e dall’altro il diritto relativo alla riservatezza di coloro che venissero ripresi dalla telecamera (condomini e terzi in generale).
Deve essere svolta una valutazione approfondita e caso per caso prima di poter ritenere legittima o meno l’installazione.

Quanto all’ultima domanda:
Generalmente la registrazione immagini operata con un dispositivo di ripresa personale viene considerata legittima dalla giurisprudenza di legittimità, alla stregua di una cd. prova atipica ex art. 186 c.p.p., in ragione all’oggetto. Nello specifico la Corte di Cassazione ha affermato in principio seconod cui “ciò che accade nell'ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi, i quali, rispetto alle azioni che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza, trattandosi di luoghi, che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall'esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti” (Cass. Pen., Sez. IV, 24 gennaio 2012, n. 10697).
Questo proprio perché la percettibilità all'esterno di tali luoghi fa venir meno le ragioni della tutela dello stesso, anche se di proprietà privata, non potendo sussistere alcuna intrusione esplicita nella privata dimora o nell'altrui domicilio.
Tuttavia, per quanto la Corte consideri come presunta la legittimità della collocazione e dell’utilizzo dei mezzi di registrazione a tutela della proprietà privata, questo rischia di porsi in contrasto con l’eventuale violazione della disciplina privacy sopra menzionata, potendo venire considerati tali metodi illegittimi in ragione della suddetta normativa speciale e, di conseguenza, inutilizzabili in giudizio.
Pertanto il dispositivo da Lei descritto potrebbe non rispondere ai canoni imposti dalla normativa di legge, in quanto prescinde dal consenso esplicito del diretto interessato che viene ripreso.

Tuttavia, qualora si subisse un reato quale, ad esempio, un furto o una rapina, non vi è alcun dubbio circa la prevalenza del diritto alla propria difesa e tutela e quindi per l’utilizzabilità della ripresa medesima che deve, pertanto, prevalere nell’ottica del bilanciamento sopra menzionato.

Si precisa infine che non esiste una “denuncia civile” nel nostro ordinamento.
L’azione può essere avviata in sede civile e in questo caso sarebbe finalizzata ad una richiesta risarcitoria, oppure in sede penale, mediante atto di denuncia-querela alla Procura della Reppublica territorialmente competente per i reati che verranno eventualmente ravvisati nel caso in esame.