Quando si possiede un immobile donato, decidere di venderlo può risultare particolarmente complesso. La donazione è un contratto previsto dall’art. 769 del c.p.c., mediante il quale un soggetto (detto donante), per spirito di liberalità, decide di conferire gratuitamente un bene ad un altro soggetto (il donatario) o di assumere un’obbligazione nei suoi confronti.
L’atto di donazione è dunque un atto volontario, posto in essere dalla persona che desidera regalare qualcosa ad altri.
Ai sensi dell’art. 782 del c.c. la donazione, sia di cose mobili che di beni immobili, deve essere fatta mediante atto pubblico, a pena di nullità.
Vista la presenza del notaio a garantire sulla provenienza del bene, qualcuno potrebbe chiedersi come mai la vendita di un immobile ricevuto in donazione è un evento non privo di problemi.
Innanzitutto, va detto che la legge italiana offre una notevole tutela nei confronti degli eredi legittimari in caso di morte del donante. Quando ritengano che la donazione effettuata dal de cuius abbia leso la propria porzione ereditaria (porzione legittima), gli eredi del donante hanno la possibilità di impugnarla mediante azione di riduzione, come previsto all’art. 553 del c.c.. Poiché l’eredità è accettabile nei dieci anni successivi alla morte del donante, trascorso inutilmente questo periodo la donazione non sarà più impugnabile da parte di eventuali eredi ad essa contrari.
È possibile che vi siano soggetti contrari alla donazione anche nel caso in cui il donante sia in vita: essi potranno farlo mediante la notifica di un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione, da notificare al donatario, ai sensi del quarto comma dell’art. 563 del c.c.. Hanno diritto ad opporsi alla donazione il coniuge del donante oppure i suoi parenti in linea retta; questo atto stragiudiziale ha come effetto quello di interrompere il termine di venti anni, decorso il quale la donazione non sarà più impugnabile. In questa ipotesi, poiché il diritto di opporsi alla donazione è un diritto personale e rinunciabile degli eredi, essi potranno rinunciarvi, nel caso in cui non siano interessati a rivendicare la proprietà dell’immobile.
L’atto di donazione è dunque un atto volontario, posto in essere dalla persona che desidera regalare qualcosa ad altri.
Ai sensi dell’art. 782 del c.c. la donazione, sia di cose mobili che di beni immobili, deve essere fatta mediante atto pubblico, a pena di nullità.
Vista la presenza del notaio a garantire sulla provenienza del bene, qualcuno potrebbe chiedersi come mai la vendita di un immobile ricevuto in donazione è un evento non privo di problemi.
Innanzitutto, va detto che la legge italiana offre una notevole tutela nei confronti degli eredi legittimari in caso di morte del donante. Quando ritengano che la donazione effettuata dal de cuius abbia leso la propria porzione ereditaria (porzione legittima), gli eredi del donante hanno la possibilità di impugnarla mediante azione di riduzione, come previsto all’art. 553 del c.c.. Poiché l’eredità è accettabile nei dieci anni successivi alla morte del donante, trascorso inutilmente questo periodo la donazione non sarà più impugnabile da parte di eventuali eredi ad essa contrari.
È possibile che vi siano soggetti contrari alla donazione anche nel caso in cui il donante sia in vita: essi potranno farlo mediante la notifica di un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione, da notificare al donatario, ai sensi del quarto comma dell’art. 563 del c.c.. Hanno diritto ad opporsi alla donazione il coniuge del donante oppure i suoi parenti in linea retta; questo atto stragiudiziale ha come effetto quello di interrompere il termine di venti anni, decorso il quale la donazione non sarà più impugnabile. In questa ipotesi, poiché il diritto di opporsi alla donazione è un diritto personale e rinunciabile degli eredi, essi potranno rinunciarvi, nel caso in cui non siano interessati a rivendicare la proprietà dell’immobile.
Vi sono poi dei casi in cui la donazione di un immobile viene effettuata nel tentativo di eludere i creditori, quando il debitore decida di donare i propri beni per cercare di “scongiurare” il pericolo che gli siano pignorati e, dunque, evitare di pagare i propri debiti. In questo caso, se il creditore trascrive il pignoramento entro un anno dalla donazione, questa non avrà effetti nei suoi confronti e potrà comunque aggredire il bene oggetto di pignoramento. Decorso un anno dalla donazione, il creditore potrà opporsi solo attraverso l'esperimento di un’azione revocatoria in tribunale.
È da precisare che un’eventuale impugnazione della donazione, qualunque siano le motivazioni che la sorreggano, deve essere fatta entro vent’anni dall’atto di donazione. Infatti, il termine di dieci anni si calcola solo nel caso in cui il donante sia deceduto: in tutti gli altri casi, se il bene donato non è parte di un patrimonio ereditario, l’impugnazione della donazione dev’essere fatta, da chiunque ne abbia interesse, entro vent’anni, pena la perdita del diritto di impugnarla.
Operata questa doverosa premessa, chi desidera vendere un bene immobile ricevuto in donazione non deve scoraggiarsi: è possibile farlo in tutta sicurezza, anche quando manchi molto tempo al decorso dei dieci o venti anni necessari a rendere la donazione definitiva.
Spesso, infatti, gli istituti di credito sono reticenti ad erogare un mutuo nei confronti dei potenziali acquirenti di un immobile donato, dal momento che un’eventuale impugnazione della donazione può avvenire anche dopo che il bene sia stato venduto, ed in quel caso il bene potrebbe dover tornare nella proprietà e nel possesso degli aventi diritto, con conseguente “annullamento” della donazione. Per lo stesso motivo, spesso gli acquirenti sono spaventati dall’incertezza giuridica della situazione e sono titubanti al pensiero di acquistare un bene acquisito dal venditore mediante donazione.
Tuttavia, c’è un modo per cambiare questo andazzo e dare alle banche – o ai potenziali acquirenti – maggiore sicurezza: come detto in precedenza, gli eredi del donante o (quando il donante sia ancora vivo) gli aventi diritto, possono rinunciare all’impugnazione mediante atto di rinuncia scritto, validato dalla presenza di un notaio.