La questione sottoposta al vaglio dei Giudici di legittimità era nata in seguito al rigetto della domanda di risarcimento del danno, avanzata, ex art. 141 del codice ass. private, da una donna, in qualità di terza trasportata, nei confronti del conducente dell’auto a bordo della quale si trovava nel momento in cui la stessa era stata tamponata da un’altra vettura.
Di fronte al rigetto della propria istanza, all’esito di entrambi i gradi del giudizio di merito, l’attrice ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, eccependo, innanzitutto, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2043, 2056 e 2697 del c.c., nonché degli artt. 132, comma 4, 115 e 116 del c.p.c. A suo avviso, infatti, il Giudice di secondo grado aveva errato nel ravvisare, sulla base della sola consulenza tecnica d’ufficio, la sua esclusiva responsabilità in relazione alle lesioni subite per il fatto di non aver allacciato la cintura di sicurezza, mentre, secondo il suo parere, si poteva, tuttalpiù, configurare un mero concorso di colpa con il conducente dell’auto da cui era trasportata, avendo egli accettato che essa non si allacciasse la cintura.
Parimenti, la ricorrente si doleva del fatto che il Giudice d’appello avesse considerato la consulenza tecnica d'ufficio quale unica fonte di prova. Non era, infatti, stato considerato né il fatto che il soggetto trasportato, danneggiato in seguito ad un sinistro stradale, potesse ottenere il risarcimento senza dover dimostrare la responsabilità dei conducenti coinvolti nell’incidente, né il fatto che il mancato allacciamento della cintura, pur avendo potuto contribuire alla produzione del danno, non potesse pregiudicare totalmente il diritto del danneggiato ad essere risarcito.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso.
Gli Ermellini hanno, innanzitutto, ribadito come la stessa giurisprudenza di legittimità abbia già più volte affermato che “qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all’azione od omissione, non solo del trasportato, ma anche del conducente, il quale prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza, fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento”.
Come chiarito dalla stessa Cassazione, dunque, di fronte a situazioni di questo tipo, oltre all’eventuale responsabilità verso terzi ex art. 2054 del c.c., si deve ritenere risarcibile, a carico del conducente del veicolo tamponato, secondo gli artt. 2043, 2056 e 1227 del c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica subito dal soggetto trasportato in conseguenza del sinistro, tenuto conto del fatto che il suo stesso comportamento, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non è idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente e il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili (cfr. Cass. Civ., n. 6481/2017; Cass. Civ., n. 10526/2011).