Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Firenze si era trovata a decidere in ordine ad una domanda di risarcimento dei danni subiti a seguito di sinistro stradale. La sentenza, attribuiva al danneggiato parte della responsabilità per i danni subiti, in ragione del concorso di colpa nella causazione del sinistro (art. 2729 del c.c.) poiché non aveva indossato la cintura di sicurezza.
In particolare, la Corte quantificava tale concorso di colpa nella misura del 15% dell’intero danno, con corrispondente riduzione del risarcimento riconosciuto.
Ritenendo la sentenza ingiusta, il danneggiato proponeva ricorso in Cassazione.
Secondo il ricorrente, infatti, l’omesso uso delle cinture di sicurezza avrebbe concausato solamente i danni al volto, mentre non avrebbe potuto comportare una riduzione del risarcimento dovuto per i danni subiti agli arti inferiori.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso.
In via preliminare, la Corte evidenziava l’inammissibilità del ricorso proposto, dal momento che, “stabilire se una certa condotta abbia o non abbia causato un certo evento di danno è un tipico apprezzamento di fatto, non una valutazione in diritto”, con la conseguenza che tale accertamento non può essere messo in discussione di sede di giudizio di Cassazione, che si configura come un accertamento di legittimità e non di merito (si ricorda, infatti, che, ai sensi dell’art. 360 del c.p.c., la Corte di Cassazione si limita a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto da parte del giudice del precedente grado di giudizio, senza procedere ad un nuovo esame del merito della controversia).
Secondo la Corte di Cassazione, inoltre, la riduzione del risarcimento per concorso di colpa del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227 del c.c., “non può che applicarsi sull’intero credito risarcitorio, che forma oggetto di una unica obbligazione”.
Nel caso di specie, peraltro, secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado aveva correttamente ritenuto “che dal fatto noto che la vittima abbia patito ferite al volto, potesse risalirsi ex art. 2727 del c.c. al fatto ignorato che non avesse allacciate le cinture di sicurezza, in virtù del rilievo che le ferite al volto non potevano avere altra plausibile causa che l’impatto contro le parti interne dell’abitacolo, favorito dal mancato uso dei sistemi di ritenuta”.
Evidenzia la Corte, in proposito, come il rilievo del ricorrente, secondo cui la riduzione del risarcimento del danno per concorso di colpa avrebbe dovuto applicarsi al solo risarcimento del danno derivato dalle lesioni al volto, derivava da una “lettura distorta della sentenza di merito”.
Secondo la Corte, infatti, “se l’omesso uso delle cinture causò le sole lesioni al volto, e non le altre, come ritenuto dal giudice di merito, è ovvio ed evidente che rispetto al solo danno al volto il concorso della vittima sarebbe dovuto essere del 100%”.
Di conseguenza, “il giudice di merito, riducendo del 15% l’intero danno patito dalla vittima, ha evidentemente mostrato di tenere conto della circostanza che il concorso della vittima ha concausato una sola parte del danno”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.