Il titolo III della Costituzione disciplina in generale i
rapporti economici e contiene le disposizioni fondamentali in materia di rapporti di lavoro e di regime giuridico della proprietà.
L'affermazione dello
Stato sociale ed il riconoscimento dei suoi principi va integrata e resa compatibile con la logica dell'economia di mercato proclamata dal costituente.
L'articolo in esame sancisce innanzitutto il principio di
parità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Al fine di evitare qualsiasi forma di discriminazione di genere, è stata introdotta la L. n. 903/1977. Quest'ultima introduce varie regole dirette ad attuare il principio, tra cui la:
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parità di retribuzione, quando le prestazioni siano di pari quantità e qualità;
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parità di progressione nella carriera;
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parità di diritti in merito all'assunzione degli oneri famigliari.
Fondamentale importanza ha assunto anche il D.Lgs. n. 5/2010, il quale vieta “
qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l'accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione, indipendentemente alle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”.
Per conseguire i medesimi scopi il legislatore ha adottato una serie di disposizioni normative, tra le quali assumono particolare importanza quella che sancisce il divieto di licenziamento della lavoratrice a causa di matrimonio e durante gravidanza e puerperio nonchè quelle che le consentono di conciliare la posizione lavorativa ed il rapporto genitoriale, ad esempio fruendo di congedi o aspettative di lavoro retribuiti. In relazione a questo ultimo aspetto, peraltro, il dettato ordinario ha subito una progressiva evoluzione che ha tenuto conto dell'evoluzione della società: i congedi parentali, ad esempio, sono stati estesi al padre ed anche a genitori non sposati.
Anche il
lavoro minorile è circondato da particolari cautele, volte a garantire sia che lo sviluppo fisico e mentale del minore non sia pregiudicato sia che la sua prestazione lavorativa non possa essere sfruttata (pertanto, ad esempio, non può essere utilizzato per lavori pericolosi, faticosi o insalubri, ed ha diritto, a parità di ore di lavoro, alla medesima retribuzione corrisposta agli adulti). E' importante considerare che il lavoro minorile gode di una tutela autonoma, cioè diversa da quella predisposta, pur nella medesima norma, per il lavoro femminile, e speciale rispetto a quella ordinaria dei lavoratori. Anche a livello comunitario si registra una apposita disciplina, in particolare nell'art. 32 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.