Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione, la Corte d’appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, resa dal Tribunale della stessa città, aveva rigettato la domanda proposta da una donna nei confronti di Trenitalia, con la quale la stessa aveva chiesto la “rivalutazione dell'idoneità fisica all'assunzione nella posizione di Capo servizio treno”, per la quale Trenitalia aveva indetto una procedura selettiva.
La donna, infatti, era stata esclusa dalla procedura selettiva per il mancato raggiungimento del requisito dell’altezza, il quale, tuttavia era stato stabilito in misura uguale per uomini e donne.
Secondo la Corte d’appello, tuttavia, non poteva imputarsi a Trenitalia alcun comportamento discriminatorio, anche perché la donna non aveva contestato la ragionevolezza del requisito di altezza, bensì la mancata differenziazione del limite tra uomini e donne, “a fronte della quale il rimedio sarebbe da individuarsi nell'elevazione del requisito per gli uomini” ma che non avrebbe comunque determinato il diritto della donna ad essere ritenuta idonea all’espletamento del servizio.
Ritenendo la decisione ingiusta, la donna aveva deciso di impugnare la sentenza dinanzi la Corte di Cassazione, nella speranza di ottenerne l’annullamento.
Secondo la ricorrente, in particolare, la Corte d’appello, nel rigettare la domanda proposta nei confronti di Trenitalia, avrebbe violato gli artt. 3, 4 e 37 della Costituzione, nonché la disciplina antidiscriminatoria di cui al D. lgs. n. 198 del 2006 (Codice delle pari opportunità).
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle doglianze mosse dalla donna, accogliendo il ricorso proposto, in quanto fondato.
Secondo la Cassazione, infatti, la discriminazione rilevata dalla ricorrente era stata denunciata anche sotto il profilo della ragionevolezza del limite di statura previsto nel bando di selezione e Trenitalia non aveva contestato nulla ai suddetti rilievi.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dalla donna, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Roma, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.