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Articolo 246 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Ispezione di luoghi o di cose

Dispositivo dell'art. 246 Codice di procedura penale

1. All'imputato e in ogni caso a chi abbia l'attuale disponibilità del luogo in cui è eseguita l'ispezione è consegnata, nell'atto di iniziare le operazioni e sempre che essi siano presenti, copia del decreto che dispone tale accertamento(1).

2. Nel procedere all'ispezione dei luoghi, l'autorità giudiziaria può ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore [131, 378](2).

Note

(1) Si ricordi che ex art. 244, comma secondo, l'autorità giudiziaria può disporre rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica, anche in relazione a sistemi informatici o telematici, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione.
(2) Tali poteri dell'autorità giudiziaria devono esercitarsi con provvedimento motivato da ricomprendersi nel verbale.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui privilegiato una disciplina delle ispezioni caratterizzata da un rafforzamento della dimensione garantistica, la cui ratio si ravvisa nell'esigenza di mostrare una maggiore sensibilità legislativa in relazione al profilo di incidenza di tale mezzo di ricerca della prova sui diritti di libertà tutelati costituzionalmente.

Spiegazione dell'art. 246 Codice di procedura penale

L’ispezione appartiene ai mezzi di ricerca della prova, caratterizzati dal fatto che sono funzionali a permettere l’acquisizione di tracce, notizie o dichiarazioni idonee ad assumere rilevanza probatoria. I mezzi di ricerca della prova non vanno confusi con i mezzi di prova che offrono invece al giudice dei risultati direttamente utilizzabili ai fini della successiva decisione.

Le ispezioni, unitamente alle perquisizioni (artt. 247 e ss.) rappresentano due tipici “atti a sorpresa” di cui dispone l’autorità giudiziaria, da cui si evince il preciso intento del legislatore di attribuire tale potere non solo al giudice, ma altresì al pubblico ministero.

Ferma la distinzione tra l’inspicere, destinato ad accertare sulle persone, nei luoghi o nelle cose le tracce e gli altri effetti materiali del reato, tipico delle ispezioni ed il perquirere, diretto a ricercare il corpo del reato o cose pertinenti al reato sulle persone od in luoghi determinati, ovvero ad ivi eseguire l’arresto dell’imputato o dell’evaso (attività tipica delle perquisizioni), il legislatore ha mostrato in entrambi i casi disciplinati un’attenta sensibilità per i diritti di libertà tutelati a livello costituzionale (v. artt. 13 e 14 Cost.).

Per quanto concerne le ispezioni di luoghi o di cose, deve essere sottolineata l’estensione a tali atti della garanzia rappresentata dalla consegna del decreto dell’autorità giudiziaria che l’ha disposta, e questo prima dell’inizio delle operazioni. Copia del decreto va consegnata all’imputato ed alla persona titolare della disponibilità dei luoghi, se presenti.

L’autorità giudiziaria dispone inoltre del potere di impedire coattivamente l’allontanamento di una o più persone dai luoghi dell’ispezione, prima della loro conclusione, e di farle ivi condurre con provvedimento motivato.

Ovviamente, tale disposizione trova la sua ragion d'essere nella necessità avvertita dal legislatore di consentire il più possibile l'efficacia delle operazioni ispettive, evitando la fuga di soggetti che di lì a poco potrebbero essere arrestati per via degli accertamenti effettuati, tutelando inoltre la genuinità del luogo, per evitare che i soggetti stessi portino via corpi del reato o elementi di prova.

Massime relative all'art. 246 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 21539/2009

Nell'ipotesi in cui si accinga ad eseguire un'ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, l'obbligo per l'autorità giudiziaria di procedervi personalmente e di darne avviso al consiglio dell'ordine forense del luogo non viene meno, sebbene il difensore sia persona indagata, quando lo studio professionale risulti cointestato ad altro avvocato nominato suo difensore di fiducia e non sottoposto in quel momento ad indagini, con la conseguente nullità degli atti compiuti ove quelle prescrizioni non siano rispettate. (Rigetta, Trib. La Spezia, 22 Ottobre 2008).

Cass. pen. n. 6002/2007

L'obbligo per l'autorità giudiziaria, che si accinga ad eseguire un'ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, di darne avviso al consiglio dell'ordine forense del luogo non viene meno, sebbene il difensore sia sottoposto all'indagine, se lo studio professionale interessato sia cointestato ad altro avvocato non sottoposto in quel momento all'indagine e che abbia assunto l'ufficio difensivo seppure al di fuori di quel procedimento, con la conseguente nullità, ove l'avviso non sia dato, degli atti compiuti. (Annulla senza rinvio, Trib. lib. Cremona, 6 Aprile 2007).

Cass. pen. n. 2555/1994

Il verbale di sopralluogo, nel quale si descrive una situazione soggetta a modifiche - quale è quella di una sede stradale occlusa considerata nella specie dai verbalizzanti - è un tipico atto per il dibattimento a norma dell'art. 431 lett. b) c.p.p. Il concetto di irripetibilità si riferisce infatti all'impossibilità di attuare in sede dibattimentale quello stesso atto che la polizia giudiziaria ha a suo tempo compiuto. (Nella specie l'ispezione dei luoghi, atto previsto dagli artt. 244 e 246 c.p.p. tra i «mezzi di ricerca delle prove», che consiste nella verifica e descrizione dello stato dei luoghi attuate sul posto ed è strutturalmente diverso dal mezzo di prova costituito dalla testimonianza).

Cass. pen. n. 6861/1993

L'ispezione dei luoghi non è una prova ma un mezzo di ricerca della prova: in quanto tale sfugge alla disciplina dettata dall'art. 495, secondo comma, c.p.p., non essendo consentito ricomprendere nel termine «prova» — intesa come fonte di convincimento — il «mezzo» attraverso il quale la prova stessa viene ricercata per essere poi offerta al giudice ai fini della decisione. Le nozioni di mezzo di prova e di mezzo di ricerca della prova sono fra loro nettamente differenziate anche sotto il profilo normativo, come è dato evincere dal fatto che tutti i «mezzi di prova» — ossia le fonti di prova, personali o reali (testimonianze, esame delle parti, confronti, ricognizioni, esperimenti giudiziali, perizia, documenti) — sono ricompresi nel titolo secondo del libro terzo del codice penale, i «mezzi di ricerca dalla prova» (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni) trovano una loro specifica ed autonoma disciplina nel successivo titolo terzo. Il ruolo che il nuovo codice di rito assegna al giudice gli impedisce di svolgere, di regolare, attività di ricerca della prova, essendo ciò demandato alle parti. Ne consegue che il rifiuto opposto dal giudice di merito di procedere ad ispezione dei luoghi è ricorribile in cassazione a norma dell'art. 606, primo comma, lettera d), c.p.p.

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Raffaele D. chiede
venerdì 16/01/2015 - Emilia-Romagna
“Salve, due verbalizzanti della municipale hanno fermato un mio mezzo ed eseguito il fermo amministrativo perchè guidato da una persona con la patente scaduta (ma non è questo il punto). Hanno requisito della documentazione presente nel mezzo (bolle di accompagnamento, DDT e fatture) senza farne alcun avviso e le hanno trasmesse all'AG. Volevo sapere se potevano requisire i documenti due agenti della municipale (in base a quale normativa) senza neanche poi lasciare un verbale di acquisizione documentazione.
Grazie e distinti saluti”
Consulenza legale i 22/01/2015
Il fermo amministrativo è previsto dal Codice della strada come sanzione accessoria in diversi casi.
Come sancito dalla Circolare del Ministero dell'Interno 21.09.2007 n. 300/26711, "per documentare l’effettuazione del [...] fermo amministrativo e l’affidamento in custodia al proprietario o al conducente devono essere sempre redatti appositi verbali conformi ai modelli allegati [...], avendo cura di compilare in modo completo e puntuale la parte relativa alle condizioni generali del veicolo".
Sul veicolo sottoposto a fermo amministrativo deve essere collocato un sigillo, secondo le modalità e con le caratteristiche fissate dal decreto del Ministro dell’Interno, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 71 del 25.3.2004.

Il verbale di fermo, unitamente al verbale di contestazione, con le modalità fissate dall’art. 201 C.d.S., deve essere sempre notificato al proprietario del veicolo risultante dai pubblici registri: ciò perché questi subisce comunque gli effetti dell’applicazione della sanzione accessoria del fermo e deve essere messo in condizione di assumere la custodia del veicolo ovvero, se la custodia è già stata assunta dal conducente, di rivendicarne il trasferimento nella propria disponibilità.

Il Codice della strada non specifica altro in relazione ad eventuali oggetti o documenti presenti nel veicolo.

Dai fatti descritti sommariamente nel quesito si può dedurre che, essendo stato disposto il fermo amministrativo del veicolo, un reato di qualche tipo sia stato commesso (ad esempio quello previsto dai commi 15 e 17 dell'art. 116 del Codice della strada, ipotesi di conducente che guidi senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici).
Possiamo supporre che la polizia municipale, nella veste di polizia giudiziaria, abbia prelevato la documentazione presente sul veicolo fermato perché ritenuta connessa al reato ravvisato.

In relazione alle indagini preliminari, il codice di procedura penale parla semplicemente di "polizia giudiziaria" (art. 55, "La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria"), ma si tratta di un termine generico, in cui vanno ricompresi anche, in funzione di agenti, gli operatori di polizia municipale. Nell’esercizio delle funzioni di Polizia Giudiziaria, essi dipendono operativamente dall’Autorità Giudiziaria e rivestono tale ruolo nell’ambito dell’orario di servizio e in relazione alle competenze specifiche.

Quindi, secondo quanto disposto dalla legge, quando gli agenti hanno sequestrato i documenti sul veicolo, essi dovrebbero necessariamente aver redatto un apposito verbale, nel quale avrebbero dovuto dare atto delle operazioni compiute. Se non avessero redatto un siffatto verbale, la Procura a cui è stata riferita la C.N.R. (comunicazione di notizia di reato) lo avrebbe certamente fatto notare immediatamente al comandante degli operatori.

Il verbale di sequestro, completo di tutti gli atti e le formalità, viene chiuso mediante la firma dei verbalizzanti (la mancanza delle loro firme rende nullo il verbale in forza di quanto previsto dall’art. 142 c.p.p.) e del custode giudiziale. Una copia del verbale deve essere consegnata alla persona cui le cose sono sequestrate (art. 355 del c.p.p.).

Quindi, in effetti, il proprietario del mezzo avrebbe dovuto ricevere copia del verbale di sequestro.

Poiché la situazione non appare molto chiara, si consiglia di rivolgersi al più presto al comando del reparto al quale appartengono gli operatori che hanno effettuato il fermo, chiedendo le opportune informazioni. E' assolutamente consigliabile rivolgersi anche ad un legale, il quale chiederà alla Procura il rilascio di copia degli atti.

Solo una volta che si sarà compreso il reale andamento dei fatti, si potrà sapere con certezza se il comportamento dei due agenti è stato o meno legittimo.