Cass. pen. n. 13095/2017
Il potere giudiziale di revoca, per superfluità, delle prove già ammesse è, nel corso del dibattimento, più ampio di quello esercitabile all'inizio del dibattimento stesso, momento in cui il giudice può non ammettere soltanto le prove vietate dalla legge o quelle manifestamente superflue o irrilevanti; con la conseguenza che la censura di mancata ammissione di una prova decisiva si risolve, una volta che il giudice abbia indicato in sentenza le ragioni della revoca della prova già ammessa, in una verifica della logicità e congruenza della relativa motivazione, raffrontata al materiale probatorio raccolto e valutato.
Cass. pen. n. 12858/2017
Ai fini dell'identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice ben può utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, così come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l'onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario.
Cass. pen. n. 2511/2017
È viziata da nullità relativa l'ordinanza con la quale il giudice abbia revocato il provvedimento di ammissione dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità, integrando una violazione del diritto della parte di "difendersi provando", stabilito dal comma secondo dell'art. 495 cod. proc. pen., corrispondente al principio della "parità delle armi" sancito dall'art. 6, comma terzo, lett. d), della CEDU, al quale si richiama l'art. 111, comma secondo, della Costituzione in tema di contraddittorio tra le parti.
Cass. pen. n. 42965/2015
In tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in sede di appello, il giudice, ove trattasi di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, deve disporre la detta rinnovazione osservando i soli limiti previsti dall'art. 495, comma primo, cod. proc. pen. che richiama la regola generale stabilita dall'art. 190, comma primo, cod. proc. pen., secondo cui il giudice ammette le prove escludendo quelle vietate dalla legge o quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti; ne consegue che l'assunzione delle dette prove nuove deve sempre essere vagliata dal giudice di appello sotto il profilo dell'utilità processuale, non invece sotto il profilo della loro indispensabilità o assoluta necessità.
Cass. pen. n. 9687/2015
Il giudice che, senza aver assunto le testimonianze a discarico ammesse, invita le parti alla discussione, esercita implicitamente il potere di revoca dell'ammissione della prova e non ha un obbligo di motivazione esplicita in sentenza dei motivi della revoca se, dal contesto delle argomentazioni, è possibile evincere che le ragioni del convincimento prescindono dalle prove ammesse e non assunte. (In motivazione, la Corte ha anche precisato che la revoca implicita non integra la violazione del dovere di sentire le parti, ex art. 495 comma quarto, cod. proc. pen., in quanto l'invito a formulare le conclusioni costituisce una modalità scelta del giudice per provocare il contraddittorio in ordine allo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale).
Cass. pen. n. 19498/2013
In tema di intercettazioni, qualora venga contestata l'attribuzione delle voci degli interlocutori, compiuto dal giudice di merito, la perizia fonica e l'ascolto in contraddittorio delle registrazioni non possono ricondursi al concetto di prove decisive richieste a norma dell'art. 495, comma secondo, c.p.p. di cui all'art. 606, comma primo, lett. d), c.p.p., poiché tale disposizione riguarda il diritto dell'imputato all'ammissione delle prove da lui dedotte a discarico sui fatti oggetto della prova a carico, mentre sia la perizia che il riascolto dei nastri costituirebbero non prove a discarico contrapposte a quelle di accusa, ma semplici mezzi, in sé neutri, di verifica ed interpretazione delle prove vere e proprie, rappresentate esclusivamente dalle registrazioni delle conversazioni.
Cass. pen. n. 8700/2013
La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello implica, a norma dell'art. 495, comma primo, cod. proc. pen., che, a fronte dell'ammissione di prove a carico, l'imputato ha diritto all'ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prime, nel rispetto dei parametri previsti dagli artt. 190 e 190 bis cod. proc. pen., con esclusione, quindi, delle sole prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva respinto la richiesta di ammissione di prove a discarico ritenendo le stesse 'non necessariè).
Cass. pen. n. 5863/2012
La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale disposta nel giudizio di appello, anche a seguito di rito abbreviato (nella specie per prova sopravvenuta alla pronuncia della sentenza di primo grado), implica il diritto delle parti all'ammissione della prova contraria.
Cass. pen. n. 35986/2008
Non sussiste la violazione del dovere di sentire le parti, ex art. 495, comma quarto, c.p.p., qualora il giudice ritenga non più necessario acquisire la prova ammessa e non ancora espletata e le parti, invitate a rassegnare le conclusioni, nulla eccepiscano in ordine alla completezza dell'istruttoria, in quanto tale invito non è altro che una modalità scelta dal giudice per sentire le parti in ordine all'andamento e allo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale.
Cass. pen. n. 29389/2007
In tema di istruzione dibattimentale, il giudice che — nell'esercizio del potere eccezionale di cui all'art. 507 c.p.p. — ammetta l'assunzione di una nuova prova deve ammettere anche l'eventuale prova contraria; tuttavia, nel caso sia ammessa ai sensi dell'art. 507 cod. proc.pen. l'audizione del consulente tecnico di parte civile, non viola l'art. 495, comma secondo, c.p.p. la mancata audizione del c.t. della difesa, che non può equipararsi all'assunzione di un mezzo di prova, in quanto le risultanze della attività del c.t. sono documentate nell'elaborato — nella specie già acquisito unitamente all'audizione del c.t. di parte — nel quale si concreta, in forma scritta, l'opera di assistenza tecnica svolta a favore della parte.
Cass. pen. n. 38812/2002
Il potere del giudice di revocare l'ammissione di prove “superflue” in base alle risultanze dell'istruttoria dibattimentale (art. 495, comma 4, c.p.p.) è ben più ampio di quello riconosciuto all'inizio del dibattimento (art. 190, comma 1, c.p.p.) di non ammettere le prove vietate dalla legge e quelle “manifestamente” superflue o irrilevanti, in relazione al diverso grado di conoscenza della regiudicanda che caratterizza i due distinti momenti del processo.
Cass. pen. n. 17048/2001
Non è abnorme, né nullo il provvedimento con il quale il giudice di appello revochi precedente ordinanza ammissiva della rinnovazione parziale del dibattimento, in quanto abbia poi ritenuto sufficienti le prove acquisite.
Cass. pen. n. 11264/1999
La rinuncia ad un teste formulata dalla parte che ne aveva richiesto l'ammissione è immediatamente operante, sicché l'unica possibilità di assumere il mezzo istruttorio rinunciato è data dall'esercizio dei poteri officiosi di integrazione probatoria riservati al giudice ai sensi dell'art. 507 c.p.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale si deduceva la violazione del diritto alla prova per avere il giudice di merito omesso — senza il consenso della difesa — di assumere la prova testimoniale alla quale il pubblico ministero aveva rinunciato in dibattimento).
Cass. pen. n. 1582/1998
Il sopralluogo, specie se eseguito a distanza di tempo dai fatti, differisce radicalmente dall'esperimento giudiziario. Mentre infatti il secondo costituisce un mezzo di prova, il sopralluogo tardivo altro non è che una modalità di interpretazione dei dati processuali, uno strumento sussidiario per la formazione del convincimento del giudice. Se in qualche caso può essere assimilato ad una ispezione in senso proprio (alla cui categoria deve essere riferito), ugualmente non può formare oggetto di richiesta ai sensi dell'art. 495 c.p.p. e perciò il suo rifiuto non può mai rientrare nell'ipotesi prevista dall'art. 606 comma 1 lett. d) c.p.p., mentre, quando sia stato effettuato in fase di indagine preliminare, costituisce atto irripetibile e come tale confluisce direttamente nel fascicolo del dibattimento.
Cass. pen. n. 7721/1996
Seppure l'art. 468, secondo comma prevede che il presidente del collegio giudicante possa escludere le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti, tuttavia, la norma va letta congiuntamente agli artt. 187 e 190 c.p.p., che indicano come parametro di ammissibilità anche quello della pertinenza al thema probandum. Ne deriva che il diritto alla prova, riconosciuto alla parte, con il più ampio potere di richiesta, non può significare che solo in sede dibattimentale, ex art. 495 c.p.p., il giudice possa esercitare legittimamente il potere di esclusione della testimonianza. La pertinenza, ossia l'inerenza al tema della prova è limite coessenziale all'ammissibilità della prova stessa, sicché l'esclusione, ove essa difetti, può avvenire anche nella fase degli atti preliminari (e non solo in quella degli atti introduttivi al dibattimento).
Cass. pen. n. 9788/1994
L'art. 495, comma 2, c.p.p., sancisce il diritto dell'imputato all'ammissione delle prove da lui dedotte «a discarico» sui fatti costituenti oggetto della prova «a carico»; il diritto alla controprova, tuttavia, non può avere ad oggetto l'espletamento di una perizia, mezzo di prova per sua natura neutro e, come tale, non classificabile né «a carico» né «a discarico» dell'accusato, oltreché sottratto al potere dispositivo delle parti e rimesso essenzialmente al potere discrezionale del giudice la cui valutazione, se assistita da adeguata motivazione, è insindacabile in sede di legittimità; deve conseguentemente negarsi che l'accertamento peritale possa ricondursi al concetto di «prova decisiva» la cui mancata assunzione costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, lettera d), c.p.p.
Cass. pen. n. 8842/1993
Con il disposto dell'art. 495, secondo comma, c.p.p., che riconosce all'imputato il diritto all'ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, si è recepita nel nostro ordinamento la norma contenuta nell'art. 6, n. 3, lettera b) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per la quale ogni accusato ha diritto di ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni di quelli a carico. Trattasi di un vero e proprio diritto il cui esercizio può essere denegato dal giudice solo quando le prove richieste sono manifestamente superflue o irrilevanti (art. 190, primo comma, c.p.p.) e la cui violazione comporta la nullità della sentenza.
Cass. pen. n. 8246/1993
Fermo restando il potere del giudice di consentire l'acquisizione delle prove da cui il P.M. sia stato decaduto, valendosi dei poteri conferitigli dall'art. 507 c.p.p., la decadenza del P.M. dalla prova diretta non esclude il suo diritto all'ammissione delle prove a carico dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico.
Cass. pen. n. 11837/1992
Secondo il testo letterale dell'art. 495 c.p.p. anche in materia di prove il giudice si pone normalmente in una situazione di terzietà e, pertanto, non dispone di alcun potere di imporre ad una delle parti del procedimento l'esibizione, ed anche la semplice indicazione di elementi di prova, dei quali quella fosse venuta eventualmente in possesso, ovvero a conoscenza. Al giudice del dibattimento, salvo casi eccezionali determinati dalla assoluta necessità, è conferito soltanto il potere di valutare l'ammissibilità delle prove proposte dalle parti.