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Articolo 624 bis Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Sospensione su istanza delle parti

Dispositivo dell'art. 624 bis Codice di procedura civile

(1)Il giudice dell'esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi. L'istanza può essere proposta fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o, nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a quindici giorni prima dell'incanto. Sull'istanza, il giudice provvede nei dieci giorni successivi al deposito e, se l'accoglie, dispone, nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 490, che, nei cinque giorni successivi al deposito del provvedimento di sospensione, lo stesso sia comunicato al custode e pubblicato sul sito Internet sul quale è pubblicata la relazione di stima. La sospensione è disposta per una sola volta L'ordinanza è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito comunque il debitore.

Entro dieci giorni dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire.

Nelle espropriazioni mobiliari l'istanza per la sospensione può essere presentata non oltre la fissazione della data di asporto dei beni ovvero fino a dieci giorni prima della data della vendita se questa deve essere espletata nei luoghi in cui essi sono custoditi e, comunque, prima della effettuazione della pubblicità commerciale ove disposta. Nelle espropriazioni presso terzi l'istanza di sospensione non può più essere proposta dopo la dichiarazione del terzo.

Note

(1) La riforma del 2005 prima e quella delle esecuzione del 2006 hanno inserito una nuova ipotesi di sospensione che il giudice può concedere fino a 24 mesi, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e sentito il debitore. A differenza dell'analoga ipotesi disciplinata all'art. 296 del c.p.c. che richiede il consenso di tutte le parti del processo di cognizione, l'articolo in commento richiede solamente l'accordo dei creditori muniti di titolo esecutivo. Il debitore, che si trova in una posizione di soggezione ha solo il diritto di essere sentito dal giudice dell'esecuzione.

Spiegazione dell'art. 624 bis Codice di procedura civile

Con la norma in esame è stata introdotta la possibilità per i creditori muniti di titolo esecutivo di chiedere al giudice dell'esecuzione la sospensione dell'esecuzione per un periodo non superiore a ventiquattro mesi.

Si parla di c.d. “sospensione concordata”, e si distingue a seconda della fase in cui l'interesse alla sospensione viene manifestato:
  1. prima della vendita soltanto le parti interessate, ossia i creditori muniti di titolo esecutivo (che hanno il potere di dare impulso al processo esecutivo) possono differire l'esito naturale della procedura esecutiva, rappresentato dalla vendita del bene pignorato;
  2. nella fase diretta alla trasformazione del bene in denaro (ossia quella della vendita), invece, prevalgono le esigenze di ordine pubblico a che si proceda più rapidamente possibile alla vendita del bene pignorato.

Legittimati ad avanzare l'istanza di sospensione sono tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, singolarmente o congiuntamente; tale legittimazione compete anche ai difensori dei creditori, e ciò perché la sospensione non comporta una disposizione del diritto soggettivo né una rinuncia agli atti.

La norma richiede che il debitore venga sentito dal G.E., mentre non occorre che presti il suo consenso; si esclude la necessaria partecipazione dei creditori privi di titolo (costoro potranno formulare osservazioni non vincolanti per il giudice).
Qualora il creditore dovesse acquisire nel corso del processo il titolo, costui sarà legittimato a manifestare il suo dissenso all'accordo nel frattempo intervenuto, compiendo atti di impulso del processo esecutivo.

Per quanto concerne il termine ultimo per la proposizione dell'istanza di sospensione, la legge distingue per le espropriazioni immobiliari in relazione alle modalità della vendita, stabilendo che, nel caso di vendita senza incanto, il ricorso debba essere depositato fino a venti giorni prima delle offerte di acquisto mentre, nel caso di vendita all'incanto, fino a quindici giorni prima dell'incanto (nulla viene detto in ordine al temine iniziale, ma sembra che esso coincida con l'inizio dell'esecuzione).

Nell'espropriazione mobiliare, non è più possibile avanzare istanza di sospensione non solo quando siano stati compiuti tutti gli adempimenti per la pubblicità commerciale, ma anche quando sia già stato effettuato l'asporto o sia stata organizzata la vendita sul posto, e ciò all'evidente scopo di evitare alla procedura esecutiva un inutile dispendio di mezzi e di risorse.

Nell'espropriazione presso terzi, il termine ultimo entro cui poter richiedere l'istanza di sospensione è dato dalla "dichiarazione del terzo", espressione con la quale si ritiene che il legislatore abbia voluto riferirsi all'udienza dinanzi al giudice.

Decorsi i termini previsti dalla norma in esame, l'unico strumento che residua e di cui ci si può avvalere è quello previsto dall'art. 161 delle disp. att. c.p.c.., il quale stabilisce che dopo la presentazione della cauzione da parte degli offerenti, il rinvio della vendita può essere disposto solo “con il consenso dei creditori e degli offerenti che abbiano prestato cauzione” ai sensi degli artt. 571 e 580 c.p.c.

Presentato il ricorso in cancelleria, il giudice dell'esecuzione è tenuto a provvedere sull'istanza in contraddittorio con tutte le parti interessate, compreso il debitore, la cui convocazione ed audizione è imposta dalla legge.
La decisione in ordine alla sospensione è presa dal giudice dell'esecuzione nell'esercizio del suo potere discrezionale, che riguarda sia l'an che la durata della procedura (sarà soltanto il giudice, dunque, a valutare se sussistono tutte le circostanze che giustificano la temporanea stasi del processo esecutivo).

L’ordinanza così emessa sarà soggetta ad opposizione agli atti esecutivi, non trattandosi di provvedimento cautelare (secondo parte della dottrina sarebbe applicabile analogicamente il secondo comma dell'art. 624 del c.p.c., nella parte in cui prevede il reclamo).
Nel caso in cui, scaduto il termine di sospensione, nessun creditore faccia istanza di fissazione dell'udienza, il processo esecutivo si estingue, ex art. 630 del c.p.c..

Va evidenziato che, seppure sia possibile che secondo quanto disposto dall'art. 624 bis l'ordinanza possa essere revocata in qualsiasi momento su istanza anche di un solo creditore, si deve ritenere che la volontà di quest'ultimo non è comunque da sola sufficiente alla revoca dell'istanza, in quanto il giudice dell'esecuzione può disattendere tale richiesta laddove siano emersi apprezzabili motivi in contrario.

Infine, malgrado la norma faccia riferimento alla sola espropriazione, si ritiene che non sussistano ostacoli logici alla possibilità di disporre la sospensione dell'esecuzione su istanza delle parti anche nel campo delle esecuzioni specifiche, in quanto anche in tali tipi di procedimenti può ipotizzarsi l'eventualità di un accordo tra parte istante e soggetto esecutato.

Massime relative all'art. 624 bis Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 6015/2017

Nell’ipotesi di sospensione dell’esecuzione su accordo delle parti ai sensi dell'art. 624 bis c.p.c., la parte interessata alla riassunzione del processo è tenuta soltanto al deposito, nel termine perentorio di dieci giorni dalla cessazione del periodo di sospensione, della relativa istanza, mentre il decreto di fissazione dell’udienza deve essere comunicato a cura della cancelleria.

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G. B. chiede
lunedì 28/10/2024
“Buongiorno,
riassumiamo in breve la nostra situazione riguardante un'esecuzione immobiliare relativa al nostro ristorante.
Lo scorso maggio dopo una lunghissima ed estenuante trattativa, a fronte di un debito iniziale di 422.000 euro, firmiamo un saldo e stralcio per il valore di 500.000 euro.
La controparte ci imponeva una proposta di pagamento entro il 31/12/2024 e per l'urgenza dei tempi si conveniva un'ultima scadenza al 27/12/2024 di 100.000 euro , che nelle promesse verbali poteva essere rinnovata al 2025.
Viene richiesta dalla controparte - e concessa dal tribunale - la sospensione per 24 mesi della procedura.
Attualmente sono andati a buon fine e con regolarità pagamenti per complessivi 400.000 euro e siamo andati a richiedere il rinnovo della scadenza del 27/12/24 che al momento ci è stata negata.
Chiediamo cortesemente un parere sul da farsi nel caso che non si arrivi ad un accordo con la controparte.
Ringraziamo anticipatamente”
Consulenza legale i 08/11/2024
L’accordo tra le parti prevede una rateizzazione del debito con ultima rata da pagare entro il 27.12.2024.
L’accordo prevede espressamente che i termini di pagamento sono da considerarsi essenziali e quindi che il ritardato pagamento di una sola rata implica la risoluzione di diritto dello stesso.
Ciò significa che il creditore potrà presentare istanza al giudice dell’esecuzione per chiedere la revoca della sospensione come stabilito dall’art. 624 bis c.p.c e quindi dare l’impulso per la ripresa della procedura.

La legge stabilisce che la sospensione possa essere richiesta una sola volta per cui non sarà possibile per il debitore chiedere un’ulteriore sospensione.

È possibile però, solo al fine di evitare che sia disposta la vendita del bene, chiedere la conversione del pignoramento ai sensi dell’art. 495 del c.p.c.. In questo modo il bene pignorato verrà sostituito da una somma di denari pari al debito residuo, oltre a spese interessi.
Ciò significa però che l’accordo a saldo e stralcio verrebbe a cadere e che il debito totale tornerebbe ad essere quello iniziale per cui è stato fatto il pignoramento oltre ad interessi e spese legali, dedotti gli acconti già versati.
La dottrina e la giurisprudenza sembrano ammettere la presentazione di questa istanza anche durante la sospensione del procedimento esecutivo poiché il divieto di compiere atti esecutivi, vigente durante la sospensione, si riferisce solo ad atti volti alla progressione della procedura esecutiva (Cass. civ. n. 8998/2023).
Si consiglia dunque di rivolgersi ad un legale affinché possa valutare se in concreto è possibile percorrere questa strada.

Si ritiene, in ogni caso, che la soluzione migliore sia quella di trovare un accordo con la controparte in modo da non far lievitare i costi con la ripresa della procedura esecutiva o con la conversione del pignoramento.