La
querela di falso è uno strumento processuale per mezzo del quale si contesta nel processo civile la falsità di un
atto pubblico o di una
scrittura privata riconosciuta, autenticata o verificata che ha efficacia probatoria nel medesimo processo, e viene proposta proprio per togliere efficacia probatoria a tali atti.
La stessa giurisprudenza di legittimità ha statuito che la querela di falso non può essere proposta se non allo scopo di togliere ad un documento (atto pubblico o scrittura privata) la idoneità a far fede e servire come prova di determinati rapporti, sicché, ove siffatte finalità non debbano essere perseguite (in quanto non sia impugnato un documento nella sua efficacia probatoria, né debba conseguirsi l'eliminazione del documento medesimo o di una parte di esso, né si debba tutelare la fede pubblica), ma si controverta soltanto su di un errore materiale incorso nel documento, la querela di falso non è ammissibile.
Competente a decidere su tale materia, ex
art. 9 del c.p.c. comma 2, è il tribunale in composizione collegiale e non il
giudice istruttore come giudice unico, trattandosi di un giudizio in cui è obbligatorio l'intervento del P.M.
La norma in esame svolge una funzione di coordinamento tra il giudizio principale pendente davanti al giudice di pace e quello del giudizio incidentale che si dovrà instaurare davanti al tribunale per la pronuncia sulla querela di falso.
Infatti, viene disposto che il giudice monocratico può sospendere il processo, in attesa che sulla questione di falso si pronunci il tribunale oppure può rimettere al tribunale la sola questione inerente alla querela di falso e nel frattempo proseguire il giudizio.
La sua scelta è subordinata alla rilevanza probatoria del documento impugnato, dovendosi come tale intendere l'utilità che esso può avere per la decisione della causa e non anche la verosimiglianza di fondatezza delle prove addotte a giustificazione dell'impugnazione di falsità.
La domanda di querela del falso viene proposta al giudice di pace, e può proporsi anche con il deposito della stessa in
cancelleria e non solo con dichiarazione da unirsi al verbale di udienza.
Parte della dottrina distingue la proposizione dalla presentazione della querela di falso: la prima si effettua dinnanzi al giudice di pace, mentre la presentazione, intesa come atto di inizio del giudizio di falso civile, avviene davanti al tribunale successivamente all'autorizzazione del giudice rescindente (giudice di pace), che abbia ritenuto ammissibile la querela, valutando la rilevanza del documento ai fini della decisione.
Legittimati a proporre la querela di falso sono la parte personalmente o un
procuratore in possesso di
procura speciale ex
art. 83 del c.p.c. comma 3.
Anche nel procedimento davanti al giudice di pace è ammesso l'istituto dell'interpello, previsto dall’
art. 222 del c.p.c., per mezzo del quale il giudice istruttore interpella la parte che ha proposto il documento se intende valersene o meno in giudizio.
Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in corso di causa e non vi sarà
sospensione del giudizio principale.
Se la risposta è positiva, il giudice, se ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela (l'autorizzazione può avvenire anche implicitamente attraverso la sospensione del giudizio principale), assegnando alle parti un
termine perentorio per la
riassunzione della causa dinnanzi al tribunale ai sensi dell'
art. 65 delle disp. att. c.p.c..
La sospensione del giudizio principale avviene con
ordinanza e può essere totale o parziale.
Ai sensi del secondo comma dell’
art. 225 del c.p.c., la sospensione parziale si realizza quando nel giudizio sono proposte una pluralità di domande, di cui una sola o alcune sono dipendenti dal documento oggetto della querela.
In questo caso, la sospensione avviene solo per le domande la cui decisione dipende dal documento impugnato e il processo continua davanti al giudice di pace per le domande la cui decisione appare autonoma.