Cass. civ. n. 3128/2008
L'ordinanza collegiale con la quale sia stata dichiarata l'improcedibilità dell'appello e la derivante estinzione del giudizio ha il contenuto decisorio di una sentenza, con la conseguenza che la medesima, ove sia sottoscritta dal solo presidente che non ne risulti anche relatore o estensore, è viziata da inesistenza giuridica, in quanto non sottoscritta con l'osservanza delle forme di cui all'art. 132, terzo comma, c.p.c.; pertanto, nei confronti di siffatto provvedimento, sono esperibili i mezzi di impugnazione correlati alla sua natura di sentenza e non è proponibile l'impugnazione per revocazione di cui all'art. 395 c.p.c. (come, invece, inammissibilmente formulata nella specie), dovendosi escludere che la mancata sottoscrizione del giudice estensore implichi un vizio revocatorio, pur restando fermo che il giudice dell'impugnazione può rilevare anche d'ufficio la suddetta inesistenza ai sensi dell'art. 161, secondo comma, c.p.c., indipendentemente, perciò, dall'esercizio dell'ordinario rimedio impugnatorio.
Cass. civ. n. 27143/2006
Al fine di stabilire se un determinato provvedimento abbia carattere di sentenza o di ordinanza e sia, pertanto, soggetto o meno ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, è necessario avere riguardo agli effetti giuridici che esso è destinato a produrre; ne consegue che deve essere definito come sentenza il provvedimento con il quale il giudice definisce la controversia soggetta al suo giudizio, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo processuale; mentre non è definibile come sentenza il provvedimento adottato in ordine all'ulteriore corso del giudizio, anche se con esso siano state decise questioni di merito o di procedura, essendo tali questioni soggette al successivo riesame in sede decisoria. (Cassa senza rinvio, App. Milano, 12 Novembre 2002).
Cass. civ. n. 8041/2006
Il provvedimento dichiarativo dell'estinzione del processo adottato dal giudice monocratico del tribunale ha natura sostanziale di sentenza, ancorché sia pronunciato in forma di decreto; come tale, esso, quando sia stato pronunciato in primo grado, è impugnabile con l'appello, non con il ricorso straordinario per cassazione (che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile). (Dichiara inammissibile, Trib. Sassari, 11 giugno 2002).
Cass. civ. n. 3816/2005
Al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, occorre aver riguardo, non già alla forma adottata, ma al suo contenuto (cosiddetto "principio di prevalenza della sostanza sulla forma"). Pertanto, siccome il provvedimento - impropriamente qualificato ordinanza - con cui il giudice monocratico affermi (decidendo la relativa questione senza definire il giudizio) la propria giurisdizione ha natura di sentenza non definitiva ai sensi dell'art. 279 c.p.c., secondo comma, numero 4, deve ritenersi preclusa, in mancanza di riserva di impugnazione (la cui omissione determina il passaggio in giudicato della relativa decisione), la riproposizione della questione di giurisdizione attraverso l'impugnazione della sentenza definitiva, non rilevando che, con quest'ultima, lo stesso giudice abbia poi ribadito la propria giurisdizione. (Nella specie il Giudice di pace, in un giudizio secondo equità, dopo essersi riservato di decidere sulle contrapposte tesi delle parti in tema di giurisdizione, sciolse la riserva decidendo, con provvedimento definito ordinanza, su tale questione, e rinviò quindi il procedimento ad un'udienza successiva per la precisazione delle conclusioni).
Cass. civ. n. 950/2005
In tema di conclusione del processo civile, il provvedimento di estinzione del giudizio, adottato dal tribunale in composizione unipersonale o monocratica, ai sensi dell'art. 305 c.p.c., ha il contenuto sostanziale di una sentenza, in quanto contiene una pronuncia definitiva sui presupposti e condizioni processuali della domanda giudiziale. Infatti, posto che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia o meno carattere di ordinanza o di sentenza, deve darsi prevalenza alla sostanza piú che alla forma della decisione, si è in presenza di un'ordinanza quando il provvedimento dispone circa il contenuto formale delle attività consentite dalle parti, mentre si è dinanzi ad una sentenza quando il giudice, nell'esercizio del suo potere giurisdizionale, si pronuncia in via definitiva o non definitiva sul merito della controversia o sui presupposti processuali. Pertanto, ove una parte abbia, in un primo tempo, proposto reclamo avanti allo stesso tribunale che ha emesso la pronuncia estintiva (avente contenuto di sentenza), e questo reclamo sia stato correttamente dichiarato inammissibile, essa — ove intenda dolersi della pronuncia estintiva del giudizio — non deve proporre impugnazione contro il provvedimento d'inammissibilità del reclamo ma avverso il primo, ossia contro quello che abbia dichiarato estinto il giudizio di prime cure (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha cassato con rinvio la pronuncia della corte d'appello che aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione, perchè proposta anzichè contro il secondo provvedimento, nei riguardi del primo, ossia quello dichiarativo dell'estinzione del giudizio, così come correttamente aveva fatto la parte, dopo la prima, erronea, sua iniziativa processuale).
Cass. civ. n. 14637/2004
Al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia, quindi, soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, occorre aver riguardo non già alla sua forma esteriore ed alla qualificazione attribuitagli dal giudice che lo ha emesso, ma agli effetti giuridici che è destinato a produrre, dovendosi rilevare, sotto tale ultimo profilo, che il provvedimento non ha il carattere della decisorietà e della definitività quando la pronuncia spieghi i suoi effetti solo sul piano processuale, producendo la sua efficacia soltanto all'interno del processo. Ne consegue che, qualora il giudice di primo grado, rilevata la nullità della citazione introduttiva, fissi all'attore un termine perentorio per la rinnovazione della citazione, ai sensi dell'art. 164, quinto comma c.p.c., tale provvedimento non è suscettibile di autonoma impugnazione innanzi al giudice di secondo grado, potendo la sua legittimità (anche nella eventualità in cui, come nella specie, si deduca la inapplicabilità della disposizione de qua alle controversie soggette al rito del lavoro) essere contestata in sede di impugnazione della sentenza emessa da quel giudice sulla domanda successivamente alla avvenuta integrazione della citazione introduttiva.
Cass. civ. n. 11211/2004
La decisione con la quale viene dichiarata l'inammissibilità del ricorso per Cassazione, se adottata all'esito di una udienza pubblica, deve essere assunta (non con ordinanza, ma) con sentenza, le cui forme debbono ritenersi prescritte (salvo le deroghe che risultino espressamente stabilite dalla legge) tutte le volte che, all'esito di una pubblica udienza di discussione, si adotti un provvedimento collegiale che comporti la definizione del giudizio davanti al giudice adito.
Cass. civ. n. 10946/2004
Al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia quindi soggetto o meno ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, occorre aver riguardo, non già alla sua forma esteriore ed alla qualificazione attribuitagli dal giudice che lo ha emesso, ma agli effetti giuridici che esso è destinato a produrre. Pertanto, siccome il provvedimento — impropriamente qualificato ordinanza — con cui il giudice monocratico affermi la propria giurisdizione ha natura di sentenza non definitiva, deve ritenersi preclusa, in mancanza di riserva di impugnazione, la riproposizione della questione di giurisdizione attraverso l'impugnazione della sentenza definitiva.
Cass. civ. n. 5238/2004
I provvedimenti emessi dal giudice dell'esecuzione sono normalmente assunti, ai sensi dell'art. 487, primo comma, c.p.c., con ordinanza, e sono modificabili o revocabili finchè non abbiano avuto esecuzione, costituendo anch'essi espressione del potere di direzione del processo e, in quanto diversamente regolanti quanto già disciplinato dal provvedimento precedentemente adottato, sono soggetti a riesame mediante opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 709/2004
Per stabilire se un provvedimento abbia carattere di sentenza o di ordinanza occorre avere riguardo non già alla forma esteriore e alla denominazione data al provvedimento dal giudice che l'ha pronunciato bensì al contenuto sostanziale del medesimo, e cioè all'effetto giuridico che esso è destinato a produrre, trattandosi di sentenza solamente quando il giudice, nell'esercizio del suo potere giurisdizionale, pronuncia, in via definitiva o non definitiva, sul merito della controversia o su presupposti e condizioni processuali. (Nel fare applicazione del suindicato principio, la S.C. ha qualificato come ordinanza il provvedimento formalmente denominato come "sentenza non definitiva" col quale il giudice del merito si è nel caso limitato ad enunciare principi generali senza decidere in concreto nessuna delle questioni sottopostegli, con dispositivo formulato espressamente nei termini: "accerta che il presupposto oggettivo della contiguità dei fondi va inteso non soltanto come adiacenza di confini, ma anche come potenziale unificazione funzionale dei fondi", senza alcun riferimento alla specifica condizione dei due fondi in contestazione. La S.C. ha al riguardo posto in rilievo che "la volontà del Tribunale di non decidere una qualsiasi questione preliminare di merito oggetto di controversia ... ma soltanto di "fissare i principi di diritto ai quali il Collegio ritiene di attenersi per la ulteriore fase di giudizio all'esito dell'integrazione del contraddittorio" è apertamente enunciata ... nella motivazione del provvedimento, a conferma della sua natura "latu sensu" ordinatoria; ulteriormente ribadita dalla necessità ... di disporre, "in via pregiudiziale", l'integrazione del contraddittorio ... In questo contesto, anche l'affermata "effettiva anche se non fisica adiacenza" dei due fondi, nonostante la presenza della strada di proprietà dell'Ente di riforma aperta al pubblico transito, deve intendersi non come anticipazione di un giudizio, avente efficacia immediata sulle posizioni giuridiche contrapposte, ma come semplice predisposizione di un criterio orientativo da tener presente nel prosieguo del giudizio, in sede di decisione della causa, soltanto "all'esito dell'integrazione del contraddittorio").
Cass. civ. n. 10731/2001
Al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia, quindi, soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, occorre aver riguardo non già alla sua forma esteriore ed alla qualificazione attribuitagli dal giudice che lo ha emesso, ma agli effetti giuridici che è destinato a produrre. Sotto un tal profilo, il provvedimento non ha il carattere della decisorietà e della definitività quando la pronuncia spieghi i suoi effetti solo sul piano processuale, producendo la sua efficacia soltanto all'interno del processo. Conseguentemente esso, in tali casi, non è suscettibile di impugnazione innanzi al giudice di grado superiore (nella specie, la S.C., in forza di detto principio, ha confermato la pronuncia di inammissibilità di un appello proposto avverso un'ordinanza avente carattere meramente ordinatorio).
Cass. civ. n. 644/1979
Poiché per la individuazione della natura di un provvedimento giurisdizionale è decisiva non già la forma esteriore o la denominazione che il giudice gli abbia dato, sibbene il suo intrinseco contenuto, deve riconoscersi natura di sentenza, in quanto decide parzialmente il merito della controversia — ed è come tale impugnabile con l'appello — al provvedimento con il quale il tribunale, in relazione alla domanda di pagamento dell'indennizzo da corrispondere ai proprietari di impresa elettrica espropriata per effetto della legge di nazionalizzazione, stabilisce i criteri legali applicabili nel caso concreto per la determinazione dell'indennizzo medesimo.
Cass. civ. n. 2753/1975
La natura di un provvedimento giudiziale dev'essere desunta non già dalla forma esteriore o dalla denominazione che il giudice gli abbia dato, sibbene dal suo intrinseco contenuto. Pertanto, si ha ordinanza quando il provvedimento disponga in ordine al contenuto formale delle attività consentite alle parti; si ha, invece, sentenza quando il giudice, nell'esercizio pieno del suo potere-dovere giurisdizionale, si pronunci in via definitiva o non definitiva, sul merito della controversia o su presupposti o condizioni processuali.
Cass. civ. n. 2960/1969
Poiché qualsiasi provvedimento giurisdizionale, consta sia della motivazione che del dispositivo, i quali rappresentano un tutt'uno inscindibile, al fine di stabilire se il singolo provvedimento abbia o meno natura decisoria, non ci si può fermare al dispositivo, ma occorre esaminare l'atto nel suo complesso.