Il
cancelliere è chiamato a svolgere funzioni di ausilio nei confronti del
giudice, le quali consistono in:
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documentare l’attività giurisdizionale (si dice al primo comma che documenta le attività proprie, quelle degli organi giudiziari e quelle delle parti);
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provvedere alla comunicazione tra le parti ed alla vigilanza sulla consultazione degli atti del processo;
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redigere i processi verbali degli atti del giudice.
Si è affermato in giurisprudenza che la mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza o l’omessa sottoscrizione da parte del cancelliere stesso di un atto per il quale è prevista tale formalità, non comporta la
nullità o l’inesistenza dell’atto, ma dà luogo alla sua semplice
irregolarità.
In tal senso si argomenta dal fatto che la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice e le suddette mancanze non incidono sull’idoneità dell’atto al concreto raggiungimento degli scopi a cui è destinato.
Anche il mancato rispetto delle norme relative alla dettatura e redazione del processo verbale si ritiene che non sia in grado di viziare l’udienza civile e rendere gli atti in essa compiuti inidonei al raggiungimento dello scopo (la sottoscrizione del giudice, infatti, è sufficiente per attribuire
pubblica fede a quanto viene documentato nel verbale).
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certificare l’autenticità di sentenze e provvedimenti, mediante controfirma dei relativi atti.
In dottrina è stato affermato che non sarebbe corretto includere il cancelliere tra gli ausiliari del giudice, ma che dovrebbe essere piuttosto annoverato tra gli organi amministrativi, in quanto dotato di funzioni proprie e solo alcuni compiti hanno carattere giurisdizionale.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 395/1999, si è distaccata dalla tesi tradizionale secondo cui il cancelliere, nell’espletamento delle sue funzioni, è un
pubblico ufficiale e, pertanto, gli atti da lui firmati sono veri fino a
querela di falso.
E’ stato affermato, infatti, che in ipotesi di non rispondenza al vero dei verbali redatti nel processo, per falsità materiale o ideologica, il giudice civile ha il potere-dovere di farne rapporto al
Procuratore della Repubblica e, nell’ipotesi in cui ometta tale adempimento, le parti hanno facoltà di farne
denuncia; non è proponibile, invece, la querela di falso civile, la cui esperibilità postula che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione ((trattasi di presupposti che non sussistono per i verbali del processo, destinati a documentare le attività in esso svolte e che non possono essere eliminati dal processo stesso dalle parti, né totalmente e neppure parzialmente).