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Articolo 57 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Attività del cancelliere

Dispositivo dell'art. 57 Codice di procedura civile

Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti [disp. att. 28] (1).

Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale [126, 130, 422; disp. att. 44] (2).

Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice [137; disp. att. 44, 46, 119] (3).

Note

(1) La norma in esame attribuisce al cancelliere funzioni giurisdizionali di documentazione. Inoltre, il cancelliere, nell'esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale e, pertanto, gli atti da compiuti o formati con il suo concorso, sono atti pubblici che hanno pubblica fede, fino a querela di falso e documentanti le attività dei partecipanti al processo.
(2) Uno degli atti certificativi più rilevanti del cancelliere è il processo verbale (si cfr. 126) di dichiarazioni, attività e fatti che si verificano nel corso del processo.
Inoltre, il cancelliere è tenuto a vigilare sull'esplicazione dei poteri di consultazione di atti e documenti inseriti dalle parti nei rispettivi fascicoli; a curare le comunicazioni alle parti, tra cui spicca quella dell'avvenuto deposito della sentenza; a certificare l'avvenuto deposito delle sentenze in calce alle stesse (si cfr. disp. att. 119).
(3) La mancata assistenza del cancelliere nella redazione del verbale d'udienza o l'omessa sottoscrizione del verbale stesso da parte del cancelliere non comporta la nullità o l'inesistenza dell'atto, in quanto la sua funzione ha natura meramente integrativa di quella del giudice. Pertanto, l'idoneità dell'atto allo scopo per cui è stato preordinato non viene menomata.
Alla stessa conclusione si giunge nel caso in cui manchi la sottoscrizione del cancelliere nella sentenza.

Spiegazione dell'art. 57 Codice di procedura civile

Il cancelliere è chiamato a svolgere funzioni di ausilio nei confronti del giudice, le quali consistono in:
  1. documentare l’attività giurisdizionale (si dice al primo comma che documenta le attività proprie, quelle degli organi giudiziari e quelle delle parti);
  2. provvedere alla comunicazione tra le parti ed alla vigilanza sulla consultazione degli atti del processo;
  3. redigere i processi verbali degli atti del giudice.
Si è affermato in giurisprudenza che la mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza o l’omessa sottoscrizione da parte del cancelliere stesso di un atto per il quale è prevista tale formalità, non comporta la nullità o l’inesistenza dell’atto, ma dà luogo alla sua semplice irregolarità.
In tal senso si argomenta dal fatto che la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice e le suddette mancanze non incidono sull’idoneità dell’atto al concreto raggiungimento degli scopi a cui è destinato.
Anche il mancato rispetto delle norme relative alla dettatura e redazione del processo verbale si ritiene che non sia in grado di viziare l’udienza civile e rendere gli atti in essa compiuti inidonei al raggiungimento dello scopo (la sottoscrizione del giudice, infatti, è sufficiente per attribuire pubblica fede a quanto viene documentato nel verbale).
  1. certificare l’autenticità di sentenze e provvedimenti, mediante controfirma dei relativi atti.
In dottrina è stato affermato che non sarebbe corretto includere il cancelliere tra gli ausiliari del giudice, ma che dovrebbe essere piuttosto annoverato tra gli organi amministrativi, in quanto dotato di funzioni proprie e solo alcuni compiti hanno carattere giurisdizionale.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 395/1999, si è distaccata dalla tesi tradizionale secondo cui il cancelliere, nell’espletamento delle sue funzioni, è un pubblico ufficiale e, pertanto, gli atti da lui firmati sono veri fino a querela di falso.
E’ stato affermato, infatti, che in ipotesi di non rispondenza al vero dei verbali redatti nel processo, per falsità materiale o ideologica, il giudice civile ha il potere-dovere di farne rapporto al Procuratore della Repubblica e, nell’ipotesi in cui ometta tale adempimento, le parti hanno facoltà di farne denuncia; non è proponibile, invece, la querela di falso civile, la cui esperibilità postula che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione ((trattasi di presupposti che non sussistono per i verbali del processo, destinati a documentare le attività in esso svolte e che non possono essere eliminati dal processo stesso dalle parti, né totalmente e neppure parzialmente).

Massime relative all'art. 57 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 21704/2011

Quando la data del deposito di un atto in cancelleria deve risultare dall'annotazione del cancelliere sull'atto medesimo e dal suo inserimento nell'apposito registro cronologico, l'eventuale omissione o assoluta incertezza di tali annotazioni non può tradursi in prova del mancato o tardivo deposito, non potendosi escludere che, nonostante la menzionata omissione o incertezza, la parte abbia provveduto a depositare l'atto nel termine stabilito qualora quest'ultima circostanza risulti avvalorata da emergenze documentali oggettive. (In applicazione del ritardato principio, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito che, a fronte di due contraddittorie dichiarazioni rilasciate dalla cancelleria, la prima delle quali segnalava la mancanza di documenti e la seconda al contrario la loro presenza nel fascicolo processuale, aveva prestato fede alla seconda sulla base di molteplici risultanze analiticamente indicate in motivazione).

Cass. civ. n. 395/1999

In ipotesi di non rispondenza al vero dei verbali redatti nel processo, per falsità materiale o ideologica, il giudice civile ha il potere-dovere di farne rapporto al procuratore della Repubblica e, qualora egli ometta tale adempimento, le parti hanno facoltà di farne denuncia, ma non è proponibile contro tali atti la querela di falso civile, la cui esperibilità postula che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione, laddove i verbali del processo, destinati a documentare le attività in esso svolte, non possono essere dal processo eliminati, né in tutto né in parte, a discrezione delle parti, nessuna delle quali ha su di essi qualsiasi potere dispositivo

Cass. civ. n. 11617/1990

La mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza non importa l'inesistenza o la nullità dell'atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice, essendo esplicata in concorso con essa, né, comunque, la predetta mancanza incide sulla idoneità dell'atto al concreto raggiungimento degli scopi cui è destinato.

Cass. civ. n. 3511/1979

La mancata partecipazione del cancelliere alle udienze istruttorie e la conseguente mancata sottoscrizione dei relativi processi verbali non determina nullità della sentenza che definisce il giudizio, in quanto i processi verbali relativi a tale fase del processo assolvono soltanto alla funzione di documentazione dell'attività svolta dal giudice e dalle parti, e la decisione della causa (salvo i casi eccezionali in cui si contenda espressamente sul contenuto di tale attività e l'accertamento di questo punto di fatto abbia rilevanza decisiva per la risoluzione della controversia) non dipende direttamente da tale documentazione, ma, in modo immediato, soltanto dalla discussione svolta, nel contraddittorio delle parti, nella fase collegiale, la cui regolare documentazione è, da sola, sufficiente ad escludere la nullità della sentenza per effetto di precedenti irregolarità. La nullità derivante dalla mancata partecipazione del cancelliere alle udienze istruttorie non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, ma deve essere denunciata nella prima difesa successiva all'udienza in cui essa si sia verificata, sempreché la parte interessata non abbia nel frattempo rinunciato, anche tacitamente, a farla valere (art. 157 c.p.c.). Tale ipotesi può verificarsi quando la parte abbia partecipato all'udienza in cui ha luogo l'assenza del cancelliere senza sollevare eccezioni, ovvero nel caso di mancata denuncia nella fase collegiale del giudizio di primo grado.

Cass. civ. n. 2219/1979

La sottoscrizione dei provvedimenti del giudice da parte del cancelliere, prevista dall'art. 57 comma secondo c.p.c. ha la sola funzione di autentica della sottoscrizione del magistrato che la precede; ne consegue che la sua mancanza non importa la nullità del provvedimento (nella specie: decreto del giudice delegato al fallimento con il quale il curatore era stato autorizzato a proporre il ricorso per cassazione), qualora il cancelliere ne abbia attestato l'avvenuto deposito, in quanto tale attestazione implica e assorbe la predetta funzione autenticatrice.

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Consulenze legali
relative all'articolo 57 Codice di procedura civile

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Marco F. chiede
lunedì 24/02/2020 - Piemonte
“Buongiorno, vorrei avere una delucidazione circa il valore di prova di un registro di cancelleria civile. Per quanto riguarda la materia penale, è stato recentemente affermato (contrariamente a precedente giurisprudenza contraria) che le annotazioni nei registri di cancelleria non valgono come vere e proprie certificazioni e pertanto non hanno fede privilegiata. Questo perché in base ad espressa disposizione di legge (D.M. n. 334/1998), essi sono tenuti in luogo non accessibile al pubblico e possono essere consultati solo dal personale autorizzato.
Per quanto riguarda la materia civile, non ho invece trovato giurisprudenza in merito. Occorre rilevare però che la disciplina in materia civile è regolata da un diverso decreto (D.M. 264/00), ove non è previsto espressamente che i registri di cancelleria siano tenuti, al pari di quelli penali, in luogo non accessibile al pubblico. Anzi all’art. 5 del predetto decreto viene disciplinata sommariamente la modalità di accesso alle informazioni contenute nei registri, secondo vari livelli tra cui quello “pubblico”. Vorrei quindi capire se il principio espresso dalla Cassazione è applicabile anche ai registri civili.
Il caso concreto è il seguente. Nel fascicolo di un vecchio fallimento, non si riesce più a trovare il decreto di chiusura. Di esso non c’è traccia nemmeno nei pubblici registri (immobiliare, registro imprese, ecc.). Il funzionario di cancelleria si è però preso la briga di rilasciare un certificato, in cui, sulla base di quanto rilevato nei registri di cancelleria, certifica che il fallimento risulta chiuso in data X. Su esplicita mia richiesta, il funzionario mi ha specificato che l’annotazione della chiusura nel registro, non è corredata né dal timbro né dalla firma del cancelliere che avrebbe provveduto a tale annotazione, e che in generale la firma non viene mai apposta quando si procede alle annotazioni nei registri di cancelleria. Pertanto, mi chiedo che valore legale possa avere una tale annotazione, che non è espressamente riconducibile a nessuno, e potrebbe quindi essere stata apposta da qualcuno che benché lavori presso la cancelleria, non riveste la qualifica di pubblico ufficiale (si pensi ad esempio all’assistente giudiziario).

Grazie.”
Consulenza legale i 04/03/2020
Il problema che il quesito richiede di affrontare si ritiene che non attenga tanto al valore di prova che può avere un registro di cancelleria, quanto piuttosto all’efficacia probatoria che può assegnarsi ad una certificazione rilasciata dal cancelliere sulla base dei registri in suo possesso.

Quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione III Pen. con la sentenza n. 35864 del 31 agosto 2016 (in netta contrapposizione al precedente orientamento espresso nella sentenza n. 35616 del 2007) attiene, in effetti, al valore probatorio che può attribuirsi ai registri tenuti dalle cancellerie dei Tribunali per i dati da essi risultanti.
Ciò che in detta sentenza si afferma, infatti, è che i registri di cancelleria previsti dal Decreto del Ministero della Giustizia n. 334 del 30.09.1989, poiché per espressa previsione dell’art. 2 comma terzo di tale decreto sono “tenuti in luogo non accessibile al pubblico e possono essere consultati solo dal personale autorizzato”, non sono atti pubblicifidefacienti del loro contenuto, e ciò in considerazione della loro valenza meramente interna e della assenza di carattere di pubblicità.

Ora, a prescindere dal fatto che tale pronuncia è relativa al Registro Modello 16 (registro tipico dei procedimenti penali), in realtà si ritiene che quanto asserito dalla S.C. debba intendersi espressamente limitato ai registri da tenere in materia di procedimento penale (si sottolinea, infatti, che il Decreto 334/1989 contiene il regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale).
Ciò lo si può chiaramente desumere da quanto la stessa S.C. afferma in detta sentenza, ove si legge che in forza della Legge 02.12.1991 n. 399 le modalità di tenuta di tutti i registri previsti dai codici o da leggi speciali, comunque connessi all’espletamento delle attribuzioni e dei servizi svolti dagli uffici giudiziari, sarebbero stati determinati con decreto del Ministero della Giustizia.

In esecuzione di detta legge, in effetti, in data 27 marzo 2000 è stato in un primo momento emanato il Decreto del Ministero della Giustizia n. 264, che ha dettato norme sulla tenuta dei registri, prescrivendone la tenuta di regola in modo informatizzato, e successivamente il Decreto del Ministero della Giustizia 01.12.2001, il quale si è limitato a disciplinare soltanto i registri in materia di procedimento civile.
Da ciò la S.C. ne ha dedotto che per la materia penale ha conservato rilevanza il D.M. 30.09.1989 n. 334, poiché anche il D.M. n. 264/2000, sebbene all’art. 5 sembri dettare una norma di carattere generale relativa ai diversi livelli di accesso alle informazioni contenuti nei registri in generale, di fatto, poi, in sede di individuazione ed elencazione dei registri, fa riferimento soltanto a quelli istituiti in materia civile.

Con ciò sembra volersi ammettere, a contrario, che per la materia civile i registri di cancelleria possano assumere valore certificativo.
Tuttavia, il problema che qui si richiede di affrontare, di fatto è superato dalla circostanza che non si tratta di attribuire pubblica fede a dati ed elementi risultanti da un registro di cancelleria (la cui accessibilità pubblica o meno è alquanto discutibile), quanto piuttosto ad una certificazione del cancelliere rilasciata sulla base dei dati desumibili da tali registri.
E’ su tale tipo di attività che deve, in realtà, spostarsi l’attenzione, ed a tal fine non possono non assumere rilevanza le diverse disposizioni normative che si rinvengono nel nostro ordinamento e che attribuiscono al cancelliere, così come del resto all’ufficiale giudiziario (altro organo ausiliario del magistrato), il suddetto potere certificativo.
Viene in primo luogo in considerazione, quale norma di carattere generale, la Legge 23.10.1960 n. 1196, c.d. Ordinamento del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie e dei dattilografi.
In particolare, l’art. 5 di tale ordinamento, inserito nel Titolo I dedicato tra l’altro alle attribuzioni del personale di cancelleria, dispone che i funzionari della cancelleria di concetto “eseguono le registrazioni degli atti, li conservano in deposito e ne rilasciano le copie, gli estratti ed i certificati…”
L’art. 57 c.p.c., a sua volta, fa rientrare tra le attività del cancelliere, quella di documentare a tutti gli effetti le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti.
L’art. 144 bis delle disp. att. c.p.c., attribuisce al cancelliere uno specifico potere di attestazione in caso di mancato deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio di cui all’art. 371 bis del c.p.c..

Dall’insieme di tali norme può senza alcun dubbio evincersi che tra i poteri e le attribuzioni del cancelliere non può non farsi rientrare quello di rilasciare certificazioni attinenti allo svolgimento dei suoi atti, non potendo che qualificarsi come tale la certificazione con cui si attesta che dalle annotazioni risultanti dai registri in possesso dell’ufficio risulta che quel determinato fallimento è stato chiuso in data X.
Tale certificazione non ha altra finalità che quella di trasfondere in un atto esterno quei dati riportati sui registri, i quali conserverebbero efficacia puramente interna, come giustamente sostenuto dalla Corte di Cassazione (si tratta di registri in uso agli uffici di cancelleria).
In ordine poi al valore probatorio di tale certificazione o documentazione, considerato che i cancellieri nell’esercizio delle loro funzioni sono pubblici ufficiali, deve per forza di cose attribuirsi alla stessa pubblica fede fino a querela di falso, trattandosi di atti formati nell’esercizio delle loro funzioni ed in attribuzioni di un espresso potere da parte della legge.