Cons. Stato n. 5092/2014
In relazione all'obbligatorietà "legale" della VIA, l'Allegato III alla Parte II del D.Lgs. n. 152 del 2006 non individua i progetti da sottoporre a screening ma si limita ad indicare quali sono i progetti da assoggettare a VIA di competenza regionale, includendovi quelli relativi agli impianti eolici. In altri termini, l'Allegato elenca i diversi progetti di competenza nazionale e regionale fermo restando che gli stessi sono soggetti al rispetto delle regole generali previste dall'art. 19 (modalità di svolgimento) del D.Lgs. n. 152 del 2006.
Corte cost. n. 188/2013
L'Allegato III alla Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) comprende nella lettera c-bis), senza alcuna esclusione "sotto soglia", l'intera categoria degli «Impianti eolici per la produzione di energia elettrica, sulla terraferma, con procedimento nel quale è prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali». In conseguenza di ciò, la normativa statale prescrive inderogabilmente la procedura di valutazione d'impatto ambientale per tutti gli interventi, pur se inferiori ai limiti previsti a livello regionale; se, quindi, l'obbligo di sottoporre qualunque progetto alla procedura di VIA attiene al valore della tutela ambientale, eventuali norme regionali che sottraggono a tale obbligo la tipologia degli impianti "sotto soglia", sono invasive dell'ambito di competenza statale esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
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Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 23, della legge della Regione autonoma della Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale), nella parte in cui dispone che gli impianti eolici con potenza complessiva inferiore o uguale a 60 kW sono considerati minieolici e non sono assoggettati alle procedure di valutazione di impatto ambientale.
Cons. Stato n. 3255/2012
Alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero; non può sostenersi, pertanto, che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico - sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all'organo di governo, (nel caso di specie la Giunta regionale).
Cons. Stato n. 1541/2012
Lo studio di impatto ambientale, disciplinato dagli artt. 5 e 22 del D.Lgs. n. 152/2006 nell'ambito della disciplina della V.I.A., deve avere un notevole grado di completezza e articolazione, in quanto integrante la fase progettuale definitiva e, soprattutto, perché volto ad individuare gli effetti ambientali del progetto, inclusi i possibili effetti cumulativi. Qualora il S.I.A. non presenti tali caratteristiche di completezza ed articolazione (in relazione, nella specie, alla insufficiente valutazione degli impatti cumulativi della discarica di rifiuti rispetto ad altre presenti nella zona) è legittimo, a fronte della mutata situazione di inquinamento della falda acquifera, l'avvio di un rinnovato procedimento di V.I.A., dovendosi tutelare da ogni pericolo il fondamentale e primario diritto alla salute che, in quanto tale, prevale nella ponderazione con gli altri interessi e non può essere affievolito per il solo trascorrere del tempo dall'adozione di inadeguati provvedimenti iniziali.
Corte cost. n. 127/2010
La necessità di esperire la procedura di V.I.A., è rimessa dalla normativa comunitaria, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale a valutazioni caso per caso o alla fissazione di soglie. Per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 4 del 2008, l'effettuazione della V.I.A. è ora subordinata, anziché alla determinazione di soglie, allo svolgimento di un subprocedimento preventivo volto alla verifica dell'assoggettabilità dell'opera a V.I.A. medesima. Sicché, atteso il rinvio alla normativa nazionale, se non è dato ravvisare una violazione diretta della normativa comunitaria per i progetti indicati dall'allegato IV al D.Lgs. n. 152/2006, sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle Regioni, non sembra che queste possano derogare all'obbligo di compiere la verifica, potendo solo limitarsi a stabilire le modalità con cui procedere alla valutazione preliminare alla V.I.A. vera e propria.
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La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 46 L. della Regione Umbria n. 11 del 2009, nella parte in cui esclude dalla verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale di cui all'art. 20 D.Lgs. n. 152/2006, i progetti relativi agli impianti mobili per il recupero di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di cui all'allegato C, lettera R5, della parte IV D.Lgs. n. 152/2006 anche se rientranti, con riferimento alle capacità complessivamente trattate, nella tipologia di cui al punto 7 , lett. Zb), dell'allegato IV della parte II D.Lgs. n. 152/2006, qualora trattino quantitativi medi giornalieri inferiori a duecento tonnellate e il tempo di permanenza degli stessi impianti sul sito predeterminato per lo svolgimento della campagna di attività non sia superiore a sessanta giorni. L'obbligo di sottoporre il progetto alle procedure di V.I.A., o, nei casi previsti, alla preliminare verifica di assoggettabilità alla V.I.A., attiene al valore della tutela ambientale che, nella disciplina statale, costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale. La disciplina statale uniforme non consente di introdurre limiti quantitativi all'applicabilità della disciplina, anche se giustificati dalla ritenuta minor rilevanza dell'intervento configurato o dal carattere tecnico dello stesso.
Corte cost. n. 120/2010
La valutazione di impatto ambientale deve essere effettuata in relazione al progetto definitivo e non può essere rimessa alla fase esecutiva della progettazione, dato che solo nella prima fase è configurabile una strategia preventiva, secondo le finalità della procedura di V.I.A. Si può, quindi, affermare che la sottoponibilità a V.I.A. degli impianti esistenti si pone ove non esista un'autorizzazione, o, in dipendenza dell'avvenuto accertamento di irregolarità dell'impianto, la conseguente revoca dell'autorizzazione ripristini una situazione pre-autorizzatoria per cui il conseguimento di un nuovo titolo è subordinato all'esperimento della procedura di V.I.A. (cfr. art. 29 del Codice dell'ambiente). Analogamente, si pone la necessità della V.I.A. ogni volta che si debba procedere al rinnovo dell'autorizzazione, o anche quando, da un regime di provvisorietà autorizzativa, si passi alla necessaria verifica in funzione del conseguimento di un'autorizzazione definitiva: ed è il caso degli elettrodotti autorizzati ab antiquo in base all'art. 113 del R.D. n. 1775 del 1933. Per questi, dunque, la procedura abbreviata di autorizzazione di cui al comma 2 dell'art. 20 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2008, non toglie che la V.I.A. debba comunque essere esperita.
Cons. Stato n. 1142/2010
Anche in caso di progetto "sensibilmente diverso", la norma impone la rinnovazione dell'istruttoria ai fini del rilascio della V.I.A.; a maggior ragione, il successivo procedimento autorizzatorio non può che svolgersi sullo stesso progetto che la V.I.A. abbia ottenuto, sicché, nel caso di variazioni sostanziali del medesimo che portino ad un progetto "sensibilmente diverso" deve al riguardo essere acquisita nuova V.I.A. su quest'ultimo, pena altrimenti l'elusione del giudizio di compatibilità ambientale e restando ovviamente irrilevante l'istruttoria compiuta sul progetto variato in sede di conferenza di servizi.
Cons. Stato n. 1134/2010
La valutazione di impatto ambientale deve assicurare che "per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti della sua realizzazione sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale". Ne consegue l'illegittimità del giudizio di compatibilità ambientale la cui istruttoria sia risultata carente sotto il profilo della valutazione dell'esistenza di insediamenti produttivi circostanti (quali che ne siano i caratteri, ossia irrilevante restando che si tratti di aziende agricole o zootecniche a carattere industriale).
Corte cost. n. 234/2009
Il comma 5 dell'art. 23 contiene una significativa norma di raccordo tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, prevedendo che per i progetti relativi ad opere di protezione civile o disposti in situazioni di necessità e d'urgenza a scopi di salvaguardia dell'incolumità delle persone da un pericolo imminente o a seguito di calamità, nonché per opere di carattere temporaneo (ivi comprese quelle necessarie esclusivamente ai fini dell'esecuzione di interventi di bonifica autorizzati), l'autorità competente comunica alla Commissione europea, "prima del rilascio dell'eventuale esenzione, i motivi che giustificano tale esenzione ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera e), della direttiva 85/337/CEE".
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L'art. 6, comma 1, della direttiva 85/337/CEE si limita ad enunciare il principio del coinvolgimento delle «autorità che possono essere interessate al progetto», lasciando poi agli Stati membri il potere di modulare, nell'esercizio della propria discrezionalità nella fase di attuazione della prescrizione comunitaria, lo svolgimento dell'iter procedimentale. E ciò in linea non solo con la natura della norma comunitaria evocata, ma anche con la regola che demanda normalmente alle autorità nazionali il compito di disciplinare gli aspetti formali e procedimentali relativi alle specifiche competenze dei diversi livelli di governo degli Stati membri dell'Unione. Nella specie, il legislatore statale, rispettando l'obiettivo posto a livello europeo, si è limitato - con il comma 3 dell'art. 26 del D.Lgs n. 152/2006 - ad esonerare il committente o proponente l'opera o l'intervento dall'attivare forme di coinvolgimento dei soggetti di cui al comma 2 dello stesso art. 26 in presenza delle specifiche ragioni puntualmente indicate nella prima parte della disposizione impugnata.
Corte cost. n. 225/2009
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 1, lettera a), 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 e gli allegati I e II alla parte seconda, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, intero testo, sollevata in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., perché la delega sarebbe stata esercitata dal Governo oltre il termine definito dal legislatore. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la delega contenuta nella legge n. 308 del 2004 (art. 1, comma 8, lettera f) non può ritenersi abrogata tacitamente né da parte dell'art. 19, né da parte del combinato disposto dell'art. 1 e dell'allegato B della legge n. 62 del 2005, posto che essa ha un oggetto sostanzialmente diverso riguardando non solo il recepimento della Direttiva n. 2001/42/CE in materia di VAS, ma la complessiva ridefinizione di tutte le valutazioni di compatibilità ambientale ed il loro reciproco coordinamento o accorpamento.
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Va dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 7, commi 3 e 8, 10, commi 3 e 5, 15, comma 1, 17 e 19, comma 2, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Ciò in quanto alcune delle disposizioni in questione sono state abrogate ed interamente sostituite dalla nuova disciplina recata dal D.Lgs. n. 4 del 2008 prima ancora di entrare in vigore (art. 6) mentre altre hanno avuto un breve periodo di vigenza (dal 31 luglio 2007 al 13 febbraio 2008); in tale contesto, la manifestazione di mancanza di interesse rappresentata dalle Regioni ricorrenti può essere interpretata quale affermazione della mancata applicazione di dette disposizioni nei territori regionali in questione, tenuto, altresì, conto che tutte le predette disposizioni non hanno mai avuto applicazione prima della loro definitiva abrogazione.
Cons. Stato n. 3770/2009
L'istituto della V.I.A., in quanto finalizzato alla tutela preventiva dell'ambiente, è caratterizzato da un'ampia discrezionalità amministrativa: le scelte effettuate hanno natura sostanzialmente insindacabile, alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio e all'ambiente.
Cons. Stato n. 137/2009
In caso di leggi-provvedimento volte a "legiferare" scelte che di regola spettano all'autorità amministrativa e incidenti su un numero determinato di destinatari e a contenuto particolare e concreto, la tutela dei soggetti incisi da tali atti viene a connotarsi, stante la preclusione di un sindacato da parte del G.A., secondo il regime tipico dell'atto legislativo adottato, trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale.
C. giust. UE n. 75/2009
La V.I.A. è preordinata alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive che assurge a valore primario ed assoluto in quanto espressivo della personalità umana (cfr.), attribuendo ad ogni singolo un autentico diritto fondamentale, di derivazione comunitaria (direttiva 85/337 cit.), che obbliga l'amministrazione a giustificare, quantomeno ex post ed a richiesta dell'interessato, le ragioni del rifiuto di sottoporre un progetto a V.I.A. all'esito di verifica preliminare.
Trib. Sup. acque n. 35/2009
Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale (ed a maggior ragione nell'effettuare la verifica preliminare) l'amministrazione esercita un'amplissima discrezionalità tecnica sebbene censurabile sia per macroscopici vizi logici, sia per errore di fatto, sia per travisamento dei presupposti.
Cons. Stato n. 1213/2009
La disciplina di cui all'art. 20 D.Lgs. n. 152/2006, configura la stessa procedura di verifica dell'assoggettabilità a V.I.A. come vero e proprio subprocedimento autonomo, caratterizzato da partecipazione dei soggetti interessati e destinato a concludersi con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione e immediatamente impugnabile.
C. giust. UE n. 142/2008
La V.I.A. non deve limitarsi a profili di ubicazione e dimensione del progetto, ma ha l'obbligo di accertarne la natura sostanziale.
Cons. Stato n. 933/2007
Alla stregua della disciplina comunitaria e nazionale (e eventualmente regionale), la V.I.A. non può essere intesa come limitata alla verifica della astratta compatibilità ambientale dell'opera ma si sostanzia in una analisi comparata tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica, tenuto conto delle alternative praticabili e dei riflessi della stessa "opzione zero"; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico che si pervenga a duna soluzione negativa ove l'intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell'interesse diverso sotteso all'iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venire meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste.
Cons. Stato n. 1023/2006
Mentre il legislatore del 2006 all'art. 4, ult. comma del Codice dell'Ambiente, poi, aveva previsto addirittura la più grave sanzione della nullità degli atti di autorizzazione od approvazione non preceduti dalla V.I.A., con l'art. 1, comma 3 del D.Lgs. 16.1.2008 n. 3, che ha modificato il citato art. 29 del D.Lgs. 152/2006, si è tornati all'inquadramento della violazione di legge in esame nella generale categoria dell'annullamento.
Cons. Stato n. 1461/2005
La V.I.A., sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici, sfugge al sindacato giurisdizionale la scelta discrezionale della p.a. di non sottoporre beni di primario rango costituzionale, qual è quello dell'integrità ambientale, ad ulteriori fattori di rischio che, con riferimento alle peculiarità dell'area possono implicare l'eventualità, non dimostrabile in positivo ma neanche suscettibile di esclusione, di eventi lesivi.
Corte cost. n. 6/2004
L'art. 34, c. 1, ult. per. del D.Lgs. 152/2006 ha mantenuto ferma, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche sulla valutazione ambienta le "... l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988...". Tuttavia, tal regola va intesa nel senso che, ferme l'autorizzazione unica ex art. 1 del D.L. 7/2002 e la stabilizzazione dell'intero sistema colà recato grazie al predetto art. 1-sexies, c. 8 - che v'ha fatto integrale rinvio recettizio -, la permanenza delle esigenze energetiche giustifica l'attualità del sistema semplificato, ma non per questo meno garantistico, rispetto al sistema dettato dal ripetuto D.P.C.M. Sicché il richiamo al ripetuto D.P.C.M. al più riguarda l'utilizzabilità di regole tecniche nello stesso contenute e non può prescindere da un giudizio di compatibilità con il principio di semplificazione procedurale di cui al successivo c. 7. In altre parole, fuori dalle regole tecniche colà esistenti - e solo in quest'accezione il Ministero intimato ebbe modo di richiamare le norme dell'art. 6 del ripetuto D.P.C.M. nel corso del lungo procedimento preparatorio al decreto VIA -, il procedimento è e resta soltanto quello evincibile dalla ratio dell'art. 1 del D.L. 7/2002, secondo la lettura all'uopo resa dal Giudice delle leggi.