Nel caso esaminato dalla Corte, due condomini avevano agito in giudizio nei confronti degli altri condomini, al fine di veder accertato e dichiarato “l'intervenuto acquisto per usucapione di uno spazio adibito a parcheggio, di cui erano proprietari per 2/5”.
Gli altri condomini si costituivano in giudizio, contestando la sussistenza dei presupposti per l’acquisto per usucapione.
La domanda veniva rigettata in primo grado e la decisione veniva confermata anche in grado di appello, in quanto “lo spazio sito nel garage condominiale era risultato utilizzato in modo indiscriminato dagli altri proprietari” ed era “rimasto privo di dimostrazione anche il possesso continuativo per vent'anni, atteso che i posti auto sarebbero stati utilizzati senza alcun ordine predeterminato e, per un certo periodo, anche a rotazione”.
Secondo la Corte d’appello, inoltre, il possesso degli appellanti non poteva definirsi “pacifico”, ai sensi dell’art. 1163 c.c., in considerazione delle “continue discussioni in sede condominiale aventi ad oggetto la propria pretesa di godere in via esclusiva dello spazio in questione”.
Ritenendo la sentenza ingiusta, i condomini proponevano ricorso per Cassazione, evidenziando come la Corte d’appello avesse errato nell’escludere l’intervenuto acquisto per usucapione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva di dover confermare le sentenze pronunciate nei precedenti gradi di giudizio, ribadendo che, affinché “il compartecipe alla comunione inizi il possesso utile ai fini della usucapione, occorra (occorre) che il suo legittimo uso della cosa comune si estenda con il compimento di atti idonei a mutare il titolo del possesso”.
In sostanza, il compartecipe, al fine di iniziare a far decorrere il periodo utile ai fini dell’usucapione, è necessario che inizi a utilizzare il bene in questione come se ne fosse proprietario esclusivo e negando, quindi, il pari diritto di utilizzo da parte degli altri compartecipi.
Evidenziava la Corte di Cassazione, inoltre, come la valutazione circa l’inesistenza di prove circa la continuità del possesso in questione non era consentita alla Corte stessa, dal momento che non erano state riprodotte, in sede di ricorso, le prove documentali che, secondo i ricorrenti, ne avrebbero costituito dimostrazione.
Mancando, dunque, la prova dei presupposti dell’acquisto per usucapione, compresa la continuità del possesso, la Corte di Cassazione giungeva alla conclusione di dover rigettare l’impugnazione proposta, confermando integralmente la sentenza di secondo grado e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.