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Articolo 807 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Effetti della revocazione

Dispositivo dell'art. 807 Codice Civile

Revocata la donazione per ingratitudine [801 c.c.] o sopravvenienza di figli [803 c.c.], il donatario deve restituire i beni in natura(1), se essi esistono ancora(2), e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda [808, 1148 c.c.].

Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore, avuto riguardo al tempo della domanda, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda stessa.

Note

(1) Il donatario non è tenuto a rispondere del deterioramento subito dal bene prima della domanda giudiziale di revocazione, in quanto è proprietario del bene donato.
Ove abbia apportato miglioramenti al bene, ha diritto ad un'indennità pari all'aumento di valore di questo.
(2) Ove il bene sia perito prima della domanda giudiziale, nessun obbligo si configura in capo al donatario. Viceversa, ove il perimento si verifichi dopo, il donatario deve risarcire il danno provocato per non aver adempiuto all'obbligo di custodire con diligenza i beni donati.

Ratio Legis

Tra le parti la revocazione, comportando l'obbligo di restituire il bene e i suoi frutti, ha effetto parzialmente retroattivo rispetto al momento di presentazione della domanda.
Al contrario nei confronti dei terzi, gli effetti della revocazione non travolgono i diritti da questi acquistati fino alla proposizione della domanda (v. l'art. 808 del c.c.).

Brocardi

Facultas poenitendi

Spiegazione dell'art. 807 Codice Civile

La revoca opera ex nunc, sia cioè determinata da ingratitudine o da sopravvenienza di figli.
Gli effetti che seguono alla revoca una volta pronunciata vanno considerati: a) rispetto alle parti; b) rispetto ai terzi (art. 808).
Nei rapporti tra donante e donatario, vige l’art. 807, e per esso sono da distinguere due casi:
a) che la restituzione dei beni donati sia possibile in natura: in tale ipotesi, non prevista dal vecchio codice del 1865, che nell’art. #1089# disponeva solo la corresponsione dell’aestimatio delle cose alienate, la restituzione dei beni donati va fatta in natura;
b) che tale restituzione non sia più possibile per avere il donatario alienato i beni; allora costui sarà tenuto a rendere conto del loro valore quale risulta accertato al tempo della domanda giudiziale; tanto nell’una, quanto nell’altra ipotesi, deve restituire i frutti pure dal giorno della domanda.
Nulla dispone la legge per il caso in cui alle cose donate siano stati fatti dei miglioramenti o causati deterioramenti o che le cose stesse siano addirittura perite. Queste tre situazioni vanno considerate separatamente.
a) miglioramenti: sembra indubbio che essi debbano essere dovuti al donatario, quindi costui, se restituisce i beni in natura, ha diritto al rimborso dei miglioramenti; se, invece, rende conto della aestimatio, si dovrà da questa dedurre l’importo dei miglioramenti che, in entrambe le ipotesi, saranno valutati sulla somma minore tra lo speso ed il migliorato: come possessore di buona fede il donatario ha diritto anche nel primo caso al ius retentionis;
b) deterioramenti: non è mancato chi ha sostenuto che il donatario non ne risponde in quanto, essendo egli proprietario, è tenuto a restituire la cosa nello stato in cui si trova; sembra, però, che egli sia sempre responsabile, poiché la contraria soluzione contrasta con principi ovvi di ordine giuridico e morale: si darebbe modo, altrimenti, al donatario di limitare gli effetti dell’azione di revoca deteriorando la cosa in previsione del fatto ingiurioso che può legittimare la domanda di revoca;
c) perimento: si comprende che se questo è avvenuto per colpa del donatario, costui sarà tenuto a risponderne; se, invece, esso è dovuto a caso fortuito, occorre distinguere se il caso fortuito si è verificato prima della domanda giudiziale, nel qual caso nulla è dovuto dal donatario, oppure dopo la medesima, e qui è il caso ancora di precisare: se il perimento si fosse verificato quando la cosa era stata già consegnata (ad esempio, una casa distrutta dal terremoto), il donatario nulla deve; se, invece, non sarebbe perita (es.: il bestiame donato è perito per un’epidemia scoppiata nella stalla del donatario), il donatario risponde della cosa distrutta.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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Consulenze legali
relative all'articolo 807 Codice Civile

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M. A. chiede
domenica 26/08/2018 - Lazio
“Salve,
Il 09.04.2015 è stata regolarmente registrata presso un notaio una donazione di somma di denaro a mio favore da una persona (la mia ex fidanzata, nessun congiungimento legale).
Nell’oggetto della donazione non ci sono patti, clausole o condizioni particolari, si precisa solamente quanto segue:
- che non esiste tra di noi alcun vincolo di parentela in linea retta ne vincolo di coniugio;
- che è la prima donazione effettuata tra di noi.
Dopo aver acquisito la somma donata, l’ho utilizzata interamente per acquistare una casa (la mia prima casa) in data 09.07.2015 intestata esclusivamente a me (ho anche ottenuto un mutuo per integrare la somma mancante per l’acquisto dell’immobile).
La donante ha come parenti più vicini: la madre, il fratello (attualmente coniugato) ed una nipote, il padre è defunto.

Premesso quanto sopra, ad oggi se la donante decidesse di impugnare la donazione e quindi pretendesse che gli restituissi la somma donata, io a che rischi vado incontro?
La donazione può essere annullata? Se si, in che modo ed entro quanto tempo?
La donante può far modo che io venda “obbligatoriamente” la casa acquistata? (Di solito la prima casa non può essere venduta se non prima di 5 anni).
Esiste un modo per tutelarmi? Posso eventualmente avere la facoltà di non restituire la somma? O nella peggiore delle ipotesi restituirla a rate consone al mio reddito?
A parte la casa, non ho altri averi a me intestati.

In attesa di un vostro parere vi porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 02/09/2018
Dispone l’art. 800 del c.c. che la donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli, salvo che si tratti di donazione remuneratoria o di donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio.
Alla individuazione dei casi di ingratitudine provvede il successivo art. 801 del c.c., ed il donante ed i suoi eredi hanno un anno di tempo dalla conoscenza del fatto a cui è connessa l’ingratitudine per agire in giudizio contro il donatario o i suoi eredi e far revocare la donazione.

Cinque anni, invece, è il termine per chiedere la revocazione della donazione nel caso di successiva nascita, riconoscimento o notizia dell’esistenza di figli del donante, termine che il legislatore fa decorrere dal verificarsi di uno di tali eventi (così art. 804 del c.c.).
Qualora si verifichi uno di tali casi ed il donante riesca ad ottenere la revocazione della donazione, il donatario dovrà restituire ex art. 807 c.c. i beni in natura, se esistono ancora, oppure il loro valore qualora gli stessi siano stati alienati; nel nostro caso, ovviamente, non si porrà il problema della restituzione dell’equivalente, essendo il denaro per sua natura un bene fungibile, il che comporta che oggetto della restituzione dovrà necessariamente essere la somma di denaro oggetto di donazione, comprensiva dei relativi frutti, ossia gli interessi (frutti civili).

Al di là di questi, che sono casi di revocazione della donazione, la stessa può essere invece annullata qualora si dimostri che sia stata posta in essere da persona incapace di intendere e di volere ovvero dall’inabilitato.
In tali ipotesi, di cui si occupano l'art. 775 del c.c. e l'art. 776 del c.c., il legislatore si è preoccupato di fissare un termine entro cui esperire l’azione di annullamento, disponendo che tale azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui la donazione è stata fatta (termine che, nel caso di specie, andrebbe a scadere il 9 aprile 2020).

Ma vi è ancora un altro aspetto che rende incerto il permanere in vita della donazione, ossia il fatto che la stessa potrebbe essere soggetta a riduzione da parte degli eredi legittimari del donante.
Nel quesito, infatti, si dice che la donante ha come parenti più vicini la madre, il fratello ed una nipote, figlia del fratello.
Ebbene, tenuto conto che ex art. 536 del c.c. una quota di eredità deve essere necessariamente riservata a coniuge, figli e ascendenti del de cuius, avremo che, sempre nel nostro caso, la madre, quale ascendente, potrebbe reclamare la quota di riserva, qualora risultasse lesa, e così chiedere la riduzione della donazione ai sensi del successivo art. 555 del c.c. per riuscire ad ottenere quanto per legge le spetta.
Il legislatore non ha disciplinato un termine specifico per l’esercizio di tale azione, il che comporta che troverà applicazione il termine ordinario decennale.

Analizzato l’aspetto teorico della donazione e dei suoi effetti sul patrimonio del donante e del donatario, vediamo adesso come rendere applicabili i suddetti principi al caso che ci riguarda, cercando di rispondere analiticamente ad ogni singola domanda.

A) Se la donante decidesse di impugnare la donazione e quindi pretendesse che gli restituissi la somma donata, a che rischi vado incontro?
La donazione potrebbe essere revocata o annullata solo se si verificano le ipotesi di ingratitudine, sopravvenienza di figli o se si dimostra l’incapacità naturale del donante.
Se la donante dispone di tali elementi in suo favore, avrà diritto di ottenere la restituzione della somma donata ed i frutti civili (ossia gli interessi al tasso legale) dal giorno della donazione.

B) La donazione può essere annullata?
Certo, ma solo nel caso previsto dall’art. 775 c.c., ossia se fatta da persona che si dimostri essere stata incapace di intendere e di volere al momento della stipula dell’atto di donazione.

C) Se si, in che modo ed entro quanto tempo?
Il donante o i suoi eredi dovranno instaurare un ordinario giudizio di cognizione volto a far dichiarare l’annullamento della donazione, dando prova dell’incapacità del donante ed avranno cinque anni di tempo per esercitare tale azione.

D) La donante può fare in modo che io venda “obbligatoriamente” la casa acquistata? Di solito la prima casa non può essere venduta se non prima di 5 anni.
La donante non può avanzare alcuna pretesa direttamente sulla casa, seppure frutto in parte del denaro che ha deciso di donare; semmai, qualora riuscisse a far revocare o annullare la donazione per una delle ragioni sopra enunciate, ed il donatario non disponesse del denaro liquido da restituire, potrebbe agire esecutivamente sul patrimonio dello stesso donatario, aggredendo l’unico bene di cui dispone, ossia la casa.
In tal caso a poco, purtroppo, varrebbe il fatto che si tratti di prima casa, in quanto, al di fuori dei debiti di natura tributaria, anche la prima casa può costituire oggetto di esecuzione forzata, ossia di espropriazione immobiliare e conseguente vendita coattiva all’asta.

E) Esiste un modo per tutelarmi?
Purtroppo no. L’unica forma di tutela si sarebbe potuta attuare preventivamente in sede di stipula dell’atto di donazione, facendo constare da quell’atto che la donazione veniva fatta a titolo remuneratorio ovvero in riguardo di un futuro matrimonio; sotto tale veste giuridica, la donazione sarebbe quantomeno sfuggita ad una successiva revoca per ingratitudine e/o sopravvenienza di figli.

F) Posso eventualmente avere la facoltà di non restituire la somma? O nella peggiore delle ipotesi restituirla a rate consone al mio reddito?
Qualora il donante riuscisse ad ottenere la revoca o l’annullamento dell’atto di donazione, non vi sarebbe modo per sfuggire all’obbligo di restituire la somma; in difetto di ciò subentrerebbe il disposto dell’art. 2740 del c.c. (secondo cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri), a meno che nel frattempo non ci si sia spogliati del tutto di ogni bene mobile e immobile.
Una restituzione a rate, invece, può solo convenirsi consensualmente con l’altra parte ovvero, nell’ipotesi di esecuzione forzata, se ne può fare istanza affinchè sia il giudice dell’esecuzione a concederla secondo quanto previsto dai commi 1 e 4 dell’art. 495 del c.p.c.


Pasquale chiede
sabato 02/07/2011 - Calabria

“Se è stato donato un immobile a uso abitativo, la revocazione della donazione stessa colpisce questo bene?”

Consulenza legale i 18/07/2011

Il nostro ordinamento prevede che solo in due ipotesi si possa parlare di revoca delle liberalità: per ingratitudine del donatario e per sopravvenienza di figli del donante. La revoca non ha efficacia retroattiva reale e pertanto sono salvi i diritti acquistati dai terzi anteriormente alla domanda. Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore con riguardo al tempo della domanda. La revocazione colpisce anche quando la donazione abbia ad oggetto un immobile ad uso abitativo. Sono in alcuni casi le liberalità sono irrevocabili: quelle fatte a titolo di rimunerazione, quelle non soggette a collazione e le donazioni obnuziali.